IL BINOMIO PROGRESSO-ELETTRICITÀ
CHE SCONVOLGE IL MODO DI VIVERE NEL XIX SECOLO
Nel 1824, nella sua opera Catechismo degli industriali Henri de Saint-Simon utilizza per la prima volta il termine Positivismo, che viene associato a una mentalità progressista e viene diffuso dal 1830 con Auguste Comte e il suo volume Corso di filosofia positiva. Partita dalla Francia, questa nuova corrente positiva si sviluppa in Europa, soprattutto nei paesi fortemente industrializzati, nella seconda metà dell’ Ottocento, tra la classe borghese, che crede nel progresso che può migliorare le sorti dell’ uomo. Questa idea positiva, che si va a sostituire al pensiero idealista, si caratterizza per il tentativo di applicare il metodo scientifico a tutte le sfere della conoscenza e della vita umana. Nell’ Italia appena giunta all’ unità, Verga descrive ne I Malavoglia la situazione dei più deboli che vengono travolti da questa ondata di progresso scientifico e sociale. Quasi un secolo dopo, in Inghilterra, Orwell scrive in 1984 di come questo progresso, iniziato nell’ era positiva e poi passato in mani sbagliate, può rivelarsi dannoso per la società. Un altro decadentista quale Svevo esprime lo stesso pensiero antiprogressista nel finale de La coscienza di Zeno.
Tornando nell’ Ottocento, Comte, considerato il massimo esponente del Positivismo, descrive l’ evoluzione dell’ umanità, e delle scienze, articolandola in tre stadi. Per Comte una scienza, dopo essere arrivata all’ ultimo stadio, quello positivo, porta i frutti delle sue ricerche mediante l’ applicazione delle nuove tecnologie scoperte. È proprio nella seconda metà dell’ Ottocento che l’ idea positivistica di progresso si concretizza nello sviluppo delle nuove tecnologie legate all’ energia elettrica. L’ elettricità arriva in tutte le case e il suo utilizzo cambia fortemente il modo di vivere. Nella sua evoluzione, anche il concetto di elettricità ha avuto i suoi tre stadi. Nell’ antichità i fenomeni elettrici osservabili in natura erano associati a essenze mistiche o divinità. Già in Grecia, con Talete e poi Platone, si inizia ad attribuire all’ elettricità un aspetto quasi metafisico, quale quello di un flusso di qualcosa che scorre negli oggetti responsabili di fenomeni elettrici. Il concetto di materia fluida che scorre dura fino alla fine del Settecento. Qui con Galvani e Volta e molti altri si comincia a cercare una teoria scientifica che spieghi i fenomeni elettrici. Lo studio dell’ elettricità arriva così allo stadio positivo co Oersted ed Ampere, che studieranno anche la relazione tra fenomeni elettrici e fenomeni magnetici. L’ elettromagnetismo arriverà così al suo sviluppo con Faraday che, scoprendo come si potrebbe trasformare energia meccanica in energia elettrica e viceversa, lancerà la costruzione di dinamo, alternatori e vere e proprie centrali elettriche. In tutte queste scoperte scientifiche, come Comte descrive con la classificazione delle scienze, è la matematica a fare da base. Ampliando il modello matematico dai numeri reali ai numeri complessi si amplia la classe di fenomeni che esso può descrivere, come le impedenze in corrente alternata. L’ algebra dei numeri complessi compare nel 1500 con Tartaglia e Cardano (anche se si pensa che fin dall’ Antico Egitto si utilizzassero i numeri complessi) e entra a far parte della matematica vera e propria solo due secoli dopo con Cartesio, Eulero e Gauss. Ai tempi d’ oggi il progresso continua ad avanzare, chissà forse un giorno si troverà il sostituto dell’ elettricità.