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Albert Einstein

e la teoria che cambiò il mondo

la vita

la relatività ristretta

la relatività generale

Emidio Tedeschi

1

La teoria della relatività

Introduzione

Il XX secolo è stato teatro di grandi conquiste del pensiero

scientifico: basti pensare alla teoria della relatività, alla meccanica

quantistica o alla biologia molecolare. Si tratta di ricerche e

conquiste teoriche i cui risultati non sono rimasti patrimonio di una

ristretta cerchia di specialisti, ma hanno esercitato in profondità i loro

effetti sulla cultura contemporanea. Possiamo sicuramente

affermare che le teorie relativistiche hanno stravolto le concezioni

della fisica classica togliendo a concetti, come lo spazio e il tempo, il

valore di assolutezza che possedevano prima del Novecento. Non

solo i concetti espressi dalla fisica classica entrano in crisi: difatti

tutto il mondo delle ideologie ottocentesche e dei valori tradizionali

perde la centralità nel sistema culturale del XX secolo. In letteratura

questo contribuisce alla nascita di un nuovo personaggio: l’inetto.

L’inetto è un uomo socialmente frustrato, estraneo alla vita, che non

vive ma esiste, non ha una personalità, non ha più certezze né

valori; di solito è un impiegato, insoddisfatto del suo lavoro e

frustrato. Dunque il mondo artistico-culturale e quello scientifico non

possono essere considerate come due realtà nettamente separate;

si possono trovare nelle arti, nelle letterature, nelle scienze, elementi

comuni che dimostrano una stretta relazione e un rapporto di

reciproca influenza tra le varie tipologie culturali (scientifica,

letteraria, artistica).

Ora parlerò del più grande uomo che la scienza abbia mai avuto al

suo servizio e della sua nuova e sconvolgente teoria: mi riferisco ad

Albert Einstein ed alla sua teoria della relatività.

2

Albert Einstein: cenni biografici

Albert Einstein, nato nel 1875 ad Ulm, piccola

ma famosa cittadina tedesca, è morto nel

1955 a Princeton nel New Jersey. Trascorse la

sua prima giovinezza a Monaco educato nel

rigido sistema scolastico bavarese; dopo un

breve soggiorno a Milano si trasferì a Zurigo

dove continuò gli studi fino al dottorato di

matematica e fisica presso il Politecnico.

Dopo la laurea continuò a dedicarsi

intensamente ad alcuni problemi di fisica

teorica anche quando, per risolvere i più gravi

ed immediati problemi economici, prese la

cittadinanza svizzera per assumere un modesto impiego presso

l'Ufficio Brevetti di Berna. Nel 1905 pubblicò tre articoli sugli Annalen

der Phisik (grazie al quale ricevette il premio Nobel per la Fisica nel

1921), il primo sui quanti di luce, il secondo sul moto browniano,

destinato a confermare l'atomicità della materia, il terzo sui

fondamenti della relatività ristretta. Questi ormai storici lavori furono

l'avvio di una lunga e brillante carriera accademica, iniziata a Zurigo

e proseguita in terra tedesca fino al 1932 quando, a causa delle

persecuzioni antisemitiche naziste, fu costretto ad abbandonare la

Germania per essere accolto a braccia aperte negli U.S.A.. Einstein,

naturalizzato cittadino americano, si stabilì a Princeton, dove

insegnò presso l'Institute for Advanced Studies fino al 1945, anno

del suo ritiro dall'attività accademica.

Nella storia del potere creativo del pensiero umano, Einstein

rappresenta un simbolo, un personaggio che ha colpito la fantasia

della gente, uno scienziato che ha dato un alto e qualificato

contributo allo sviluppo della fisica moderna. Quest'uomo

considerato da molti artista e quasi profeta che disprezzava la

violenza e la guerra fu, suo malgrado, doppiamente coinvolto nella

realizzazione della bomba atomica di cui è considerato il padre: in

primo luogo perché uno dei risultati della teoria della relatività,

2

riguardante la cosiddetta equivalenza massa - energia (E=mc ),

doveva rappresentare il punto di partenza del successivo sviluppo

dell'energia nucleare; in secondo luogo perché si deve al suo

3

intervento (voluto da altri) se il governo degli U.S.A. mise a

disposizione i capitali che portarono alla costruzione della bomba di

Hiroshima. Tornando alle ricerche teoriche di Einstein, dobbiamo

ricordare "I fondamenti della teoria della relatività generale" (1916)

frutto di oltre dieci anni di studio. Fino agli ultimi anni della sua vita

egli tentò più volto di elaborare una teoria capace di unificare su una

comune base geometrica i fondamentali campi allora meglio

conosciuti: il capo gravitazionale e il campo elettromagnetico.

Nonostante lo sforzo di elaborazione tecnica, i risultati non furono

quelli sperati. "La natura non si lasciò convincere a fare ciò che

forse non è nella sua stessa natura". Dopo la seconda guerra

mondiale, Einstein cercò in tutti i modi di favorire la pace nel mondo,

promuovendo una vasta campagna popolare contro la guerra e le

persecuzioni razziste. Proprio una settimana prima di morire,

insieme ad altri sette Nobel, compilò una dichiarazione pacifista

contro le armi nucleari. Questo messaggio all'umanità, che

rappresenta una specie di testamento spirituale dello scienziato,

termina con queste parole:

"Noi rivolgiamo un appello come esseri umani a esseri umani:

ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se sarete capaci

di farlo è aperta la via di un nuovo paradiso, altrimenti è davanti a

voi il rischio della morte universale".

La relatività

Nel 1919 Einstein scrisse per il "London Times" un articolo ("Che

cos'è la teoria della relatività?") in cui spiegava ad un pubblico di

non specialisti la sua celebre teoria.

«…la teoria della relatività»- afferma Einstein-«assomiglia ad un

edificio a due piani separati: la teoria speciale e la teoria generale.

La teoria speciale […] si applica a tutti i fenomeni fisici tranne la

gravitazione. La teoria generale conduce alla legge della

gravitazione e alle relazioni di essa con altre forze della natura.»

La teoria della relatività speciale o ristretta fu formalizzata per la

prima volta attraverso un saggio pubblicato nel 1905.

Successivamente, nel 1916, il fisico propose una nuova teoria (la

teoria della relatività generale) che superava la precedente,

4

includendola come caso limite. Tre anni dopo, nel 1919, questa

teoria ebbe, ad opera di Eddington, una clamorosa conferma

sperimentale.

Relatività ristretta (o speciale)

La relatività ristretta di Einstein si basa essenzialmente su due

postulati che possono essere enunciati come segue:

1) Tutte le leggi fisiche sono le stesse in tutti i sistemi di

riferimento inerziali, ossia che si muovono l’uno rispetto

all’altro di moto lineare uniforme.

2) La velocità della luce è indipendente dal moto della

sorgente.

Sostanzialmente il primo postulato era già noto dal XVII secolo ed

era stato formalizzato come principio di Newton: nella relatività

Einstaniana, però, questo principio viene esteso non solo ai

fenomeni meccanici ma include tutti i tipi di misure fisiche.

Ognuno dei due postulati sembrerebbe ragionevole: eppure dai due

postulati presi insieme derivano alcune implicazioni che

contraddicono il senso comune, cioè il nostro modo intuitivo di

concepire la realtà. Una conseguenza immediata di questi postulati

è che:

ogni osservatore misura lo stesso valore per la velocità della

luce, indipendentemente dal moto relativo della sorgente e

dell'osservatore.

Facciamo un esempio per capire meglio quest'ultima affermazione.

Consideriamo una sorgente luminosa S e due osservatori O e O

1 2

uno fermo e l'altro in movimento verso S con velocità v.

5 8

Naturalmente la velocità della luce misurata da O è c=3 ∙ 10 m/s.

1

La velocità della luce misurata da O non è c + v, come ci si

2

potrebbe aspettare, bensì c.

La prima conseguenza di quanto abbiamo scritto è la riformulazione

delle trasformazioni Galileiane sul moto relativo.

Consideriamo un osservatore in quiete O ed un altro O che si

1 2

muova di moto rettilineo uniforme rispetto al primo con velocità V r

Si supponga ora che un oggetto P si allontani con moto lineare

uniforme con velocità V rispetto a O con la stessa direzione di V

p 1 r

P V

O p

2 V

r

O

1

E’ intuitivo pensare che l’osservatore O veda l’oggetto P allontanarsi

2

con la velocità V = V – V (a)

2 p r

Tale ipotesi è anche confermata dalle trasformazioni Galileiane con

semplici passaggi matematici. 6

Tuttavia, Galileo partiva da un’ipotesi ragionevole ed intuitiva,

tuttavia in contraddizione con il secondo enunciato della relatività

ristretta, ossia che la velocità della luce sia infinita e che quindi la

misura del tempo (o meglio dell’intervallo di tempo) sia la stessa per

tutti gli osservatori.

Considerando valido invece il secondo enunciato della relatività

ristretta invece, tralasciando i passaggi matematici, la velocità

misurata dall’osservatore in moto risulta essere

V V

p r

V (b)

2 

V V

p r

1 2

c

Si può subito notare che, se si considera la velocità della luce

infinita o, meglio, molto maggiore delle velocità V e V , come

p r

avviene per le comuni misure della meccanica classica, il termine a

denominatore tende a 1 e quindi la (b) coincide con la (a),

confermando la validità della trasformazione Galileiana, se si

accettano le semplificazioni fatte.

Si noti inoltre, che nel caso in cui P sia un impulso luminoso, ossia

V = c, dalla (b) risulta essere

p V = V = c

2 p

ossia entrambi gli osservatori vedono il punto P allontanarsi con

velocità c, il che conferma quanto detto in precedenza.

Conseguenze della trasformazione relativistica

Einstein riuscì a dimostrare che le ampiezze degli intervalli di tempo

e di spazio tra due eventi dipendono dal sistema di riferimento nel

quale si osservano gli eventi, violando uno dei concetti più radicati

nel pensiero umano, sia filosofico che intuitivo, ossia

dell’assolutezza del tempo e dello spazio.

7

La contrazione delle lunghezze

Supponiamo che due osservatori O ed O siano rispettivamente,

1 2

uno in quiete rispetto ad una barra di lunghezza L , l’altro in moto

1

relativo uniforme nella direzione della lunghezza della barra con

velocità V .

2 L <L

2 1

O

2 V 2

O

1

Einstein riuscì a dimostrare matematicamente, applicando le

cosiddette trasformazioni di Lorentz, che la lunghezza misurata

dall’osservatore O risulta contratta del fattore

2 1

  2

V 2

1 2

c

dove con γ si indica il cosiddetto trasformatore di Lorentz che è

sempre maggiore di 1.

Di conseguenza, la lunghezza misurata da O risulta essere:

2

8

L

1

 

L L

2 1

La dilatazione dei tempi

Supponiamo che due osservatori O ed O siano rispettivamente,

1 2

uno in quiete rispetto, l’altro in moto relativo uniforme rispetto ad un

punto nel quale si manifestano 2 eventi (es. 2 segnali luminosi) a

distanza di tempo ΔT secondo l’orologio di O .

1 1

Anche in questo caso, Einstein riuscì a dimostrare

matematicamente che l’intervallo di tempo ΔT misurato

2

dall’osservatore in moto risulta essere diverso da quello

dell’osservatore in quiete, precisamente

ΔT = γ ∙ ΔT

2 1

ossia, la durata degli eventi per un osservatore in moto è maggiore

che per un osservatore in quiete.

Viceversa, come conseguenza, 2 eventi che si verificano

contemporaneamente in punti diversi dello spazio, secondo un

osservatore, si verificano in tempi diversi per un altro osservatore

che sia in moto relativo rispetto al primo.

Da una prima analisi dei postulati della relatività risulta evidente

quindi, come la teoria Einstaniana contraddica spesso il "senso

comune".

Accettando la relatività, i concetti di spazio e di tempo dettati dalla

fisica classica cambiano enormemente e bisogna quindi

abbandonare la convinzione che certe relazioni siano assolute.

9

Si noti inoltre che nel fattore γ, la velocità V non può superare c in

2

quanto viceversa avremmo sotto radice un fattore negativo; ne

consegue che la velocità c della luce è la massima velocità

misurabile.

Questo non vieta l'esistenza di particelle che viaggino sempre a

velocità superiori a c, senza mai scendervi sotto: i cosiddetti

tachioni. Pur essendo un'interpretazione interessante, al momento

non c'è alcuna evidenza sperimentale di simili particelle: la teoria

prevede peraltro che esse non possano interagire con la materia

ordinaria (di cui è necessariamente costituito un eventuale

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