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Sintesi

partendo dall'esperienza di emigrato del mio trisnonno ai primi del 1900 ho sviluppato l'argomentazione analizzando il fenomeno emigratorio italiano e la città  di New York.

Materie trattate: Storia, Impianti, Progettazione, Costruzioni.

Estratto del documento

CAUSE E SVILUPPI SOCIALI

DELL’IMMIGRAZIONE ITALIANA

Marco Generali Classe 5B a.s. 2006/2007 “Koenig Albert” 9

La maggior parte degli immigrati non partì mai col progetto di stabilirsi definitivamente

in America. C’è addirittura un'espressione coniata appositamente per gli italiani:

”Uccelli di passaggio”. Nonostante il 75% degli emigrati italiani fossero agricoltori in

Italia, non aspiravano ad esserlo negli Stati Uniti (in

quanto questo implicava una permanenza che non

era nei loro piani). Al contrario, si diressero verso

le città dove c’era richiesta di lavoratori e dove le

paghe erano relativamente alte. Molti uomini

lasciarono a casa mogli e bambini, perché convinti

di ritornare (e molti lo fecero). In ogni caso, per

molti immigrati italiani l’emigrazione non fu mai da

intendere come un ripudio dell’Italia. In effetti,

essa rappresentò una difesa dello stile di vita

italiano, in quanto i soldi spediti a casa aiutavano al mantenimento della struttura

tradizionale. Piuttosto che una sistemazione permanente, cercavano in città la

possibilità di lavorare per un salario (relativamente) alto, così da risparmiare abbastanza

da poter tornare in Italia a condurre una vita migliore. Fatto certamente lodevole,

anche considerate le difficili condizioni di vita dell’Italia meridionale in quei tempi.

Queste condizioni furono il risultato di molti fattori diversi.

STORIA

La maggior parte dell'immigrazione italiana venne dalle regioni meridionali del nostro

paese. All’ unificazione dell’Italia, in queste regioni, seguirono anni di guerre civili e

privazioni economiche da parte del governo. Stremate da una continua pressione

fiscale e da una crisi agricola che peggiorava di anno in anno, alle famiglie non restava

altra scelta che emigrare fuori dal nostro paese.

A questa situazione di stallo si arrivò in modo graduale ma inarrestabile. Le basi della

crisi economica sono da ricercare nel perpetrare, nelle regioni meridionali, nell’uso del

sistema feudale. Questo sistema di gestione delle terre non dava possibilità di

miglioramento della condizione sociale dei poveri contadini, ma serviva più che altro

ad aumentare il guadagno ed il potere dei signori locali.

A queste cause sociali si aggiunse poi, specialmente dalla seconda metà dell’’800,

l’arretratezza del meridione nell’industria. A seguito della seconda rivoluzione

industriale, infatti, le fabbriche sorsero solo nelle regioni del nord, in particolare in

Lombardia, Veneto e Piemonte. Questo causò un ulteriore impoverimento delle zone

meridionali che non potevano più beneficiare delle materie prime che ora venivano

esportate al nord ed usate nella produzione in serie. Questa situazione può essere

paragonata a quella degli odierni stati africani.

Marco Generali Classe 5B a.s. 2006/2007 “Koenig Albert” 10

LA VITA IN AMERICA

Iniziò così l’odissea del popolo del meridione in cerca di fortuna. La tendenza era

quella di recarsi fuori dall’Europa, specialmente nel Nord e Sud America. Dal 1880 la

quantità di emigrati all’anno crebbe in maniera esponenziale, finchè circa 5 milioni di

persone lasciarono il nostro paese.

Arrivati in America, i giovani contadini scoprirono che non era la terra di ricchezza e

speranza della quale gli avevano raccontato. Si trovarono davanti una nazione che li

sfruttava e li emarginava. L’unico rifugio erano i quartieri etnici, nel quale ognuno

ritrovava almeno un pezzetto del paese che aveva dolorosamente lasciato.

Nonostante le discriminazioni, gli operai italiani entrarono prepotentemente a far parte

dell’economia americana. Fortunatamente

giunsero in un periodo di grande crescita del

paese, e non ebbero difficoltà ad adattarsi a

svolgere ogni tipo di lavoro. Gli immigrati

italiani ebbero un ruolo importantissimo

soprattutto nello sviluppo delle città. La

manodopera straniera era la più abbondante

e permise di costruire edifici imponenti in

tempi strettissimi.

Gli immigrati furono però per alcuni anni

restii ad inserirsi nella società americana e

vissero confinati nei loro quartieri cercando di limitare al minimo i contatti col mondo

esterno. Crearono giornali propri e società per aiutarsi a vicenda, in modo da non

rinnegare mai le proprie radici.

Gli immigrati non influirono solo sull’economia americana, ma anche su quella

italiana. I giovani inviavano infatti parte dei guadagni nel loro paese d’origine e fu

grazie anche a queste sovvenzioni che il meridione riuscì lentamente ad uscire dalla

crisi economica.

Molti però non ce la fecero ad adattarsi ad uno stile di vita forse troppo diverso da

quello italiano e tornarono a casa pochi anni dopo essere partiti. Tornati nel loro paese

ricominciarono a fare lo stesso lavoro di prima come se non se ne fossero mai partiti,

come se in Italia il tempo si fosse fermato il giorno della partenza.

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NEW YORK

LA GRANDE MELA

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Il 20° secolo è stato forse uno dei periodi più significativi per la città di New York,

caratterizzato da una forte crescita economica, industriale e demografica. La

definizione “grande mela” , ideata ad inizio ‘900 dallo scrittore Edward S. Martin, è

quella che meglio rappresenta la città. Viene infatti paragonata ad un melo, con le

radici nella valle del Mississipi ed il frutto più prelibato nella grande città.

IL 1900

New York è probabilmente la città che ha saputo meglio sfruttare le innovazioni

derivate della seconda rivoluzione industriale. In questo periodo si denota infatti un

incredibile progresso nella società, con la creazione

di un gran numero di prodotti atti a migliorare il

benessere della popolazione. Le due invenzioni più

importanti per la città furono l’acciaio e l’ascensore.

La produzione dell’acciaio crebbe in modo

esponenziale dal 1870 al 1913 grazie al

perfezionamento dei metodi di produzione, che

consentivano di realizzare il materiale in grandi

quantità e con costi più bassi di quanto non fosse

possibile in passato. L’acciaio, insieme all’introduzione dei primi elevatori sicuri,

consentì alla città di svilupparsi verticalmente con la realizzazione dei primi grattacieli,

elementi simbolo della città e della potenza americana.

La grande affluenza di immigrati dall’Europa portò un incremento dei consumi,

facendo ulteriormente sviluppare l’economia della città. Il grande afflusso di abitanti fa

aumentare la popolazione di New York da 3 milioni e mezzo di abitanti nel 1900 a

quasi 7 milioni nel 1930. IL 1920

Il vero boom economico della città si ebbe dal 1920 al 1929, anno del crollo della

borsa. Terminata la prima guerra mondiale, New York era una delle poche capitali a

non essere state danneggiate dal conflitto e questo permise alla città di affermarsi sul

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mercato europeo. Gli Stati Uniti si erano ormai affermati come grande potenza

mondiale.

Sono gli anni del proibizionismo e della mafia, ma anche degli sfarzi di Broadway: New

York viene vista in Europa come la capitale del mondo.

Dal 1922 in poi si ebbe un forte incremento della produzione industriale ed il miraggio

della ricchezza facile si fece presto strada tra i newyorchesi. La borsa di Wall Street

divenne il fulcro della vita pubblica con la maggior parte degli abitanti della città che

partecipava agli scambi azionari e le grande aziende che investivano in capitali fissi.

IL 1929

Paradossalmente a questo periodo di grandi sfarzi seguì uno dei periodi più bui che la

città abbia mai attraversato. La forte crisi economica, che ebbe effetti anche

sull’economia europea, iniziò con una crisi di sovrapproduzione. Questa fu causata

dall’incentrarsi dell’industria sulla produzione di beni durevoli, senza considerare la

graduale saturazione del mercato. In aggiunta, dalla metà degli anni venti si ebbe un

ritorno sul mercato mondiale dei prodotti europei, limitando molto il mercato dei

prodotti americani e creando grandi eccedenze nella produzione del paese.

Wall street crolla nel cosiddetto “giovedì nero”, il 24 Ottobre

1929. Questo era il risultato della corsa alla vendita dei titoli

posseduti, alla costante e frenetica ricerca del guadagno. In quel

solo giorno vennero venduti 13 milioni di titoli. Il crollo colpì

prevalentemente i benestanti e le ricche società, ma ebbe effetti

sull’economia di tutti gli Stati Uniti. Quel fatidico giorno il

mercato perse 14 miliardi di dollari. Centinaia di persone, ormai

rovinate, si suicidarono gettandosi dai palazzi della città.

Ci fu forte aumento della disoccupazione, che ridusse

ulteriormente il potere di acquisto della società. In aggiunta le

grandi holdings, invece di tagliare i prezzi, ridussero l’offerta in modo da tutelare i

propri profitti. I titoli azionari continuarono a scendere fino al 1934.

Per cercare di risollevare le sorti del paese, negli Stati Uniti si adottò il protezionismo,

con una graduale chiusura verso il mercato mondiale. Questo portò la crisi in Europa,

la cui economia si basava anche sulle importazioni dall’America.

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FRANKLIN DELANO ROOSEVELT

Nel 1932 venne eletto presidente Franklin Delano Roosevelt, che come primo atto

emanò il New Deal. Lo stato iniziò ad occuparsi di una economia

prima lasciata libera.

Il presedente avviò molti lavori pubblici, per aumentare

l’occupazione, e decise poi di iniziare a mettere in circolo altro

denaro per aumentare i consumi, creando una inflazione controllata.

Nel 1938 iniziarono gli stanziamenti governativi per l’industria bellica

e con lo scoppio della seconda guerra mondiale la crisi venne risolta.

POST GUERRA

Negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale ci fu un

incremento dei consumi, che risollevò l’economia della città. Nel 1952 venne

inaugurata la sede dell’Organizzazione Delle Nazioni

Unite (ONU) sull’East River.

A questi anni di crescita, seguì il declino industriale degli

anni ’60, al quale si cercò rimedio promuovendo la Fiera

Mondiale svoltasi nella città nel 1964.

Questa non raggiunse però l’obbiettivo prefissato e quegli

anni di disagio sociale sfociarono negli scontri civili nel

forte aumento dei crimini degli anni ’70. Nel 1975 il governo delle città fu vicino alla

bancarotta, scongiurata poi grazie a delle sovvenzioni federali e private.

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LA NEW YORK MODERNA

Finalmente, dopo molti anni di difficoltà per la città,

negli anni ’80 Wall Street riuscì a reinserirsi

nell’economia mondiale, portando ad una rinascita di

New York.

Da allora, la città è in continuo sviluppo economico e

sociale, ed è diventata una metropoli multiculturale.

L’ultima tragedia che ha colpito la città è quella

accaduta l’11 Settembre 2001, quando due jet di linea

si schiantarono contro le Torri Gemelle del World Trade Center causandone il crollo

(vedere approfondimento). A testimonianza della volontà della popolazione della città

di andare avanti, il governo di New York ha già iniziato a sovvenzionare il progetto di

riedificazione della zona.

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GLI ASCENSORI

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Elemento fondamentale in una città con un così evidente sviluppo verso l’alto sono gli

ascensori. Per definizione un elevatore è un apparecchio a motore che collega piani

definiti mediante una cabina, che si sposta lungo guide rigide, destinata al trasporto di

persone e/o cose e munita di comandi situati alla portata dell’operatore.

STORIA

L’uso di montacarichi per sollevare oggetti per brevi tratti è antichissimo. Uno dei

primi progetti si deve ad Archimede, genio siciliano del 250 a.c.. Questi primi

macchinari erano tutti ovviamente azionati dalla forza umana e col passare dei secoli si

cercarono nuove soluzioni per superare i limiti imposti da questo sistema.

L’impulso decisivo per lo sviluppo degli elevatori si ebbe a metà 800 da parte

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