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completamente asservita alle decisioni del gruppo dirigente hitleriano: ed

infine nel 1938 ebbe inizio la “politica di potenza” con l’espansione territoriale

e la soppressione delle libertà.

Intervento pubblico e autarchia nell’Italia fascista

La depressione si avvertì fortemente anche in Italia, tuttavia Mussolini non

ricorse alla svalutazione ma ribadì la sua volontà di mantenere la parità aurea

della lira. Le misure adottate dal Duce furono dirette essenzialmente a

mantenere il commercio e il cambio esteri, inasprendo i dazi sulle importazioni

e favorendo le esportazioni con il sistema del drawback (il governo restituiva ai

produttori il costo dei dazi pagati sulle materie prime purché queste fossero

trasformate in prodotti finiti ed esportati). Inoltre era proibito comprare titoli

all’estero o esportare capitali. In questi anni il dirigismo fascista ebbe la sua

completa attuazione con la legge del 1934 sulle Corporazioni quali organi di

controllo dell’amministrazione statale sulla struttura produttiva del Paese. In

questo modo si crearono accordi tra produttori che soffocarono la competitività

a scapito dell’efficienza industriale; queste operazioni favorirono gli

imprenditori ma furono a scapito della collettività che dovette sostenerne i

costi. La concentrazione industriale fu favorita dalle banche, che concedevano

prestiti a lungo termine agli imprenditori, ma la loro azione creditizia si rivelò

insufficiente, per cui furono fondati due enti pubblici di finanziamento, l’IMI

(Istituto Mobiliare Italiano) e l’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale),

quest’ultimo avente anche il compito di salvare le banche private indebitate

con la Banca d’Italia. In questo modo l’IRI rilevò dalle banche indebitate parte

dei titoli industriali che avevano subito forti ribassi e si trovò quindi a

controllare direttamente queste aziende. Nel 1937 l’IRI fu trasformato in

istituzione permanente e divenne il principale strumento di intervento dello

Stato nell’economia. Dal punto di vista finanziario, si cercò di ridurre il deficit

con aumenti delle imposte e diminuzioni dei salari, ma senza successo. La

disoccupazione restava alta e anche la bilancia commerciale e dei pagamenti

erano in deficit. La grave crisi economica rafforzò i progetti coloniali di

Mussolini, e nel 1935 le truppe italiane invasero l’Etiopia. La Società delle

Nazioni condannò l’aggressione italiana, sanzionando il commercio

internazionale da se verso l’Italia stessa. Tuttavia queste sanzioni furono

aggirate facilmente e alla fine favorirono il processo di coesione interna attorno

all’impresa bellica. Le commesse statali fecero diminuire la disoccupazione, ma

la guerra ebbe breve durata perché già nel 1936 l’Italia conquistò l’Etiopia e la

Società delle Nazioni si affrettò a ritirare le sanzioni. Le vicissitudini

internazionali convinsero Mussolini della necessità dell’autarchia, cioè

dell’autosufficienza dell’economia italiana. Furono stimolate la produzione

agricola e quella industriale e soprattutto i rami produttivi in relazione con la

guerra. La politica autarchica ebbe benefici effetti sull’industria e sulla

disoccupazione, ma unita ai costi della guerra etiopica fece aumentare

paurosamente il deficit. Il sistema bancario fu riformato: la Banca d’Italia

divenne un istituto di diritto pubblico e le tre banche maggiori (Banca

Commerciale, Credito Italiano e Banco di Roma) furono destinate ad occuparsi

di finanziamenti commerciali evitando gli investimenti industriali. Fu

abbandonata la politica di deflazione adottata per difendere la lira che nel 1936

fu svalutata del 41% rispetto all’oro. Ma nel frattempo il governo italiano era

ormai avviato ad imitare quello autoritario della Germania: furono approvate le

leggi razziali; fu soppressa la Camera dei Deputati e fu istituita quella dei Fasci

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e delle Corporazioni, a carattere permanente; fu firmata l’alleanza con la

Germania (il Patto d’Acciaio); in questo modo il Paese era pronto per la guerra.

spesa pubblica

La è costituita dall’insieme dei mezzi finanziari erogati dallo

Stato e dagli Enti pubblici per il raggiungimento di un fine collettivo. Il

fabbisogno finanziario [indebitamento netto (entrate totali – uscite totali)+

saldo delle partite finanziarie (entrate = restituzione crediti – uscite =

anticipazioni, partecipazioni azionarie, conferimenti)] è la quantità di moneta

necessaria alla Pubblica amministrazione in un determinato periodo di tempo

per la realizzazione degli obiettivi prefissati. Sotto l’aspetto economico, la

spesa pubblica è il complesso delle risorse che in un determinato periodo di

tempo sono gestite dal settore pubblico per organizzare i servizi e produrre i

beni pubblici oppure per sovvenzionare le famiglie, le imprese e gli enti locali. Il

rapporto tra spesa pubblica (tributi, contr. sociali, prestiti, entrate originarie) e

Pil (redd. nazionale) indica la pressione finanziaria: quanta parte del reddito

nazionale è gestita ogni anno dalla Pubblica amministrazione e quanta parte

del reddito è destinata alla realizzazione dei fini collettivi. Questo permette di

confrontare l’estensione del settore pubblico rispetto a quello privato e di

valutare l’incidenza della finanza pubblica sull’economia di un paese.

Incremento della spesa pubblica

La spesa pubblica tende ad aumentare nel corso del tempo. A partire dall’800

questo aumento si è verificato in tutti gli stati. Wagner ha osservato che negli

stati moderni la spesa pubblica cresce maggiormente rispetto alla crescita della

popolazione. Questo incremento si nota sia perché la spesa pubblica è sempre

maggiore e sia in rapporto al reddito, infatti la spesa pubblica utilizza una

percentuale sempre maggiore del reddito nazionale. Negli ultimi anni gli stati

hanno frenato questa continua crescita e hanno dato luogo quindi ad un

inversione di tendenza. L’aumento della spesa è solo apparente, infatti le spese

sono espresse in moneta e il valore di questa cambia nel corso del tempo. Se

diminuisce il potere di acquisto della moneta e i prezzi aumentano, aumenterà

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anche il costo di tutti i servizi e quindi aumenterà anche la spesa pubblica,

anche se l’attività dello stato non è cambiata. Un aumento reale della spesa

pubblica si ha quando lo stato si propone la realizzazione di nuovi obbiettivi ed

estende la sua attività e anche quando intensifica la sua attività per realizzare

obbiettivi preesistenti.

L’attività pubblica è indirizzata a due finalità:

All’attività istituzionale, che garantisce l’indipendenza dello stato e

l’ordinata convivenza della popolazione. Si manifesta mediante la difesa

militare, la cura delle relazioni internazionali, la prevenzione e la

repressione dei reati, la regolamentazione dei rapporti fra i privati.

Migliorare le condizioni di vita sul piano economico e sociale, quindi

politica economica e politica sociale:

La politica sociale ha come obbiettivo lo sviluppo intellettuale e

o materiale della società e il benessere degli individui. Inizialmente

questi compiti non erano dello stato, ma appartenevano ai singoli,

alle famiglie e organizzazioni private. Successivamente lo stato ha

esteso i suoi interventi anche nella cultura, nella sanità,

nell’istruzione, ecc.

La politica economica ha lo scopo di favorire l’incremento e

o l’efficiente impiego delle risorse e correggere eventuali squilibri nel

mercato. Anche questi compiti inizialmente erano lasciati ai privati,

successivamente inizia ad occuparsene lo stato.

Le ragioni di incremento della spesa pubblica sono varie. Alcune sono legate

allo sviluppo industriale, altre all’evoluzione degli stati in senso democratico.

Alcune sono:

 La necessità di un impegno maggiore per adempire alle funzioni

istituzionali dello stato, ad esempio la difesa militare richiede mezzi

tecnologicamente avanzati;

 Gli elevati investimenti pubblici per le infrastrutture necessari per

assicurare la crescita dell’economia;

 La nascita di nuovi bisogni collettivi dovuti all’industrializzazione;

 La necessità di servizi pubblici tecnologicamente più avanzati;

 La richiesta di servizi sociali;

 L’affermazione di principi costituzionali di uguaglianza e solidarietà, e

quindi politiche d’intervento in favore delle classi economicamente più

deboli;

 L’azione dei partiti di massa e dei sindacati per ottenere maggiori

condizioni di benessere a favore degli strati della popolazione;

 La tendenza degli organi politici ad approvare progetti di spesa per

ottenere maggiori consensi;

 La diffusione delle teorie keynesiane che vedono nella spesa pubblica lo

strumento per combattere la disoccupazione e stabilizzare l’economia.

Classificazione delle spese pubbliche

Sotto il profilo economico si possono distinguere:

spese per beni e servizi

Le , che sono le somme sostenute per produrre

i beni e i servizi pubblici e metterli a disposizione della collettività, ad

esempio spese per la costruzione di opere pubbliche, per lo svolgimento

delle funzioni pubbliche istituzionali, per la prestazione di servizi di

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pubblica utilità. Dato che presuppongono una controprestazione sono

dette spese-prezzo.

spese per i trasferimenti

Le , che sono somme che la pubblica

amministrazione eroga a favore di alcune categorie di soggetti senza

ricevere in cambio nessuna controprestazione, e per questo sono dette

spese-sussidio. A seconda dei destinatari si distinguono in:

Trasferimenti a favore delle famiglie, come pensioni, assegni

o familiari, borse di studio;

Trasferimenti a favore delle imprese, come i contributi a fondo

o perduto sovvenzioni e premi;

Trasferimenti a favore degli enti pubblici o altre istituzioni, le

o erogazione e Regioni, Comuni enti locali, ecc.

Spese correnti , che sono quelle spese che esauriscono la loro funzione

nel corso dell’esercizio. Sono sostenute per assicurare il normale

funzionamento delle istituzioni e dei servizi pubblici. Sono spese correnti

gli stipendi del personale, le spese per l’ordinaria manutenzione degli

edifici pubblici, le pensioni, gli assegni familiari, ecc.

Spese in conto capitale , che sono quelle spese che svolgono la loro

funzione nel periodo medio lungo. Servono per incrementare le risorse

produttive del paese attraverso la produzione di infrastrutture e beni

pubblici durevoli o attraverso il trasferimento di capitali a favore di

aziende private. Sono spese in conto capitale le spese per l’acquisto di

immobili, impianti o attrezzature.

Sotto il profilo giuridico amministrativo.

Secondo lo scopo si distinguono in:

Spese di governo , destinate a soddisfare i fini di interesse pubblico, es

spese per il funzionamento degli organi pubblici, per gli interventi in

campo sociale ed economico;

Spese d’esercizio , che sono sostenute per procurarsi le entrate, ad

esempio le spese per l’accertamento e la riscossione di tributi.

Secondo il regime giuridico si distinguono in:

Spese obbligatorie , che sono quelle spese previste da disposizioni

vincolanti e inderogabili che ne determinano l’ammontare e la scadenza,

e la Pubblica amministrazione è obbligata ad eseguirle senza possibilità

di limitarne l’onere;

Spese discrezionali , che sono spese disciplinate da norme che

attribuiscono alla Pubblica amministrazione il potere di eseguirle quando

si presenta la necessità, ad esempio l’acquisto di beni, l’esecuzione di

opere, ecc.

Secondo il tempo si distinguono in:

Spese ordinarie , che sono spese che ricorrono con una certa regolarità

in quanto assicurano il soddisfacimento dei bisogni collettivi a carattere

continuativo, ad esempio spese per la giustizia, per i servizi sociali;

Spese straordinarie , che sono spese che si verificano una volta ogni

tanto, come ad esempio spese per un terremoto o per la guerra.

Gestione amministrativa della spesa

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La gestione della spesa pubblica è affidata alla Pubblica amministrazione.

Il procedimento per l’erogazione delle spese si articola in quattro fasi:

impegno

L’ , che è l’atto con cui l’organo competente destina una somma

di denaro ad una determinata spesa;

liquidazione

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