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Introduzione
L ’a re a d e lla d ig a d e l V a jo n t è o g g i a l c e n tro d e lle a tte n z io n i d e i
tu ris ti c h e , a q u a ra n ta tre a n n i d a l d is a s tro c a u s a to d a ll’u o m o , la
v is ita n o d o c u m e n ta n d o s i s u i lu o g h i d e lla m e m o ria .
Il te rm in e m e m o ria n o n è tu tta v ia a p p lic a b ile a q u e s t’a re a u n ic a m e n te
p e r g li a c c a d im e n ti d e ll’o tto b re 1 9 6 3 ; il te m p o d a q u e lla n o tte s i è
fe rm a to n e lla v a lla ta , c h e g ià a llo ra fa tic a v a a d e s s e re c o in v o lta n e l
p ro g re s s o in d u s tria le ita lia n o ; o g g i v i s i p e rc e p is c o n o a n c o ra i s a p o ri
d e l p a s s a to . In q u e s ta c o rn ic e la n a tu ra g io c a u n ru o lo d a p a d ro n a e s i
è ria p p ro p ria ta d e l te rrito rio a v v o lg e n d o lo in u n ’a tm o s fe ra p u ra e
m is te rio s a .
Il te rrito rio d e l C o m u n e d i E rto e C a s s o , a p p a re n te m e n te p o v e ro e
s e m p lic e , fo rn is c e lo s p u n to p e r a ffro n ta re tre te m a tic h e ric c h e d i
p o s s ib ili a p p ro fo n d im e n ti: l’a rtific io , la n a tu ra e le tra d iz io n i.
Q u e s ti te m i c o in v o lg o n o d iv e rs i e le m e n ti p re s e n ti s u l te rrito rio e h a n n o
il lo ro m a s s im o e s p o n e n te n e lla d ig a d e l V a jo n t, g ra n d e e le m e n to fu o ri
s c a la , a rtific io in m e z z o a lla n a tu ra , o rig in e d i u n a s to ria tu tta
p a rtic o la re , s im b o lo d i ro ttu ra fis ic a e d i s a lto te m p o ra le .
Il disastro del Vajont è il peggior disastro
ambientale mai accaduto nel mondo.
Avvenne il 9 ottobre 1963 alle ore 22.39.
Fu causato da una frana staccatasi dal monte Toc
e precipitata nel bacino artificiale creato dalla diga
del Vajont, provocando un'onda che scavalcò la
diga e travolse distruggendolo il paese di
Longarone; 1917 le vittime di cui 1450 a
Longarone, 467 in comuni limitrofi
L'idea di sfruttare come bacino idroelettrico la
valle del fiume Vajont venne concretizzata dalla
Società idroelettrica Veneta, poi assorbita dalla
SADE , particolarmente attiva alla fine
dell'ottocento e nella prima metà del novecento
nella distribuzione elettrica, prima dell’arrivo
dell’ENEL. Nel nord-est italiano, all'epoca, la
maggior parte dell'energia elettrica prodotta era
costituita dalle turbine idroelettriche perché l'Italia,
abbondante di montagne, mancava di materie
prime, come il carbone, e quindi questa politica di
“energie rinnovabili” era una soluzione pressoché
obbligata, ma non considerava le interazioni
uomo-ambiente e le necessità di rispetto di
quest'ultimo.
Lo scopo del progetto era quello di creare in
mezzo ai monti dolomitici una riserva di acqua
che permettesse di sfruttare l'energia
gravitazionale, sotto forma di potenza idrica, per
portare energia elettrica a Venezia, anche nei
periodi di secca dei fiumi.
La gola del torrente Vajont sembrava essere il
luogo più adatto: lungo il corso del torrente,
all'altezza dei paesi di Erto e Casso (PN), il
geologo Giorgio Dal Piaz e il progettista Carlo
Semenza individuarono il luogo più adatto per
costruire la diga a doppio arco più alta del mondo
a Longarone.
Alle 22:39 del 9 ottobre 1963, si staccò dalla costa del
Monte Toc (che in friulano significa "marcio") una frana
lunga 2 km di oltre 270 milioni di metri cubi di rocce e
terra.
La frana arrivò a valle, generando una scossa sismica e
riempiendo il bacino artificiale.
L'impatto con l'acqua generò tre onde:
-) la prima si diresse verso l'alto, lambì le abitazioni di
Casso e ricadendo sulla frana andò a scavare il bacino
del laghetto di Massalezza;
-) la seconda si diresse verso le sponde del lago e
attraverso un'azione di dilavamento delle stesse
distrusse alcune località in Comune di Erto-Casso
-) la terza (di circa 50 milioni di metri cubi di acqua),
sfiorò il ciglio della diga (che rimase pressoché intatta),
distrusse la strada di circonvallazione e precipitò verso la
valle sottostante.
I circa 25 milioni di metri cubi d'acqua che
riuscirono a scavalcare l'opera, caddero sul greto
sassoso del fiume Piave e asportarono consistenti
detriti che si riversarono su Longarone e altri
paesi limitrofi causando la quasi completa
distruzione della cittadina e la morte nel
complesso di più di 1900 persone.
Alle ore 05.30 della mattina del 10 ottobre 1963 i
militari italiani arrivarono sul luogo per portare
soccorso e recuperare i morti, tuttavia non tutti i
cadaveri risultarono recuperabili.
Gli errori
Sono stati commessi tre fondamentali errori
umani che hanno portato alla strage:
1) l'aver costruito la diga in una valle non
idonea sotto il profilo geologico;
2)l'aver innalzato la quota del lago artificiale
oltre i margini di sicurezza;
3)il non aver dato l'allarme la sera del 9
ottobre per attivare l'evacuazione in massa
delle popolazioni residenti nelle zone a
rischio di inondazione.
Dopo la strage...
Iniziano le operazioni di messa in sicurezza della
valle. L'Enel installa una stazione di pompaggio
per mantenere il livello del lago residuo entro limiti
di sicurezza e contemporaneamente vengono
avviati i lavori di ripristino e prolungamento oltre lo
sbarramento della galleria di bypass costruita
prima del disastro. Nonostante le rassicurazioni
dei geologi si decide però di trasferire la
popolazione di Erto.
Vengono fatti tutta una serie di lavori di dubbia
utilità come ad esempio l'impermeabilizzazione
del passo di S.Osvaldo con uno schermo di
cemento profondo 80m (rimosso nel 1998) noto
come il Muro della Vergogna, o del Pianto.
I responsabili del disastro davanti la
giustizia
20 di febbraio 1968 il Giudice istruttore di Belluno, Mario
Fabbri, deposita la sentenza del procedimento penale contro
Alberico Biadene, Mario Pancini, Pietro Frosini, Francesco
Sensidoni, Curzio Batini, Francesco Penta, Luigi Greco, Almo
Violin, Dino Tonini, Roberto Marin e Augusto Ghetti. Due di
questi, Penta e Greco, nel frattempo muoiono, mentre Pancini
si toglie la vita il 28 novembre di quell'anno.
Il processo... parte I
Il 29 novembre inizia il Processo di Primo Grado, che si tiene
a L'Aquila, e che si conclude il 17 dicembre del 1969.
L'accusa chiede 21 anni per tutti gli imputati (eccetto Violin,
per il quale ne vengono richiesti 9) per disastro colposo di
frana e disastro colposo d'inondazione, aggravati dalla
previsione dell'evento e omicidi colposo plurimi aggravati.
Biadene, Batini e Violin vengono condannati a sei anni, di cui
due condonati, di reclusione per omicidio colposo, colpevoli di
non aver avvertito e di non avere messo in moto lo
sgombero; assolti tutti gli altri. La prevedibilità della frana non
viene riconosciuta.
Il processo... parte II
Dal 15 al 25 marzo del 1971 a Roma si svolge il processo di
Cassazione, dove viene confermato il verdetto del processo
di secondo grado, ma vengono ridotte le pene a Biadene e a
Sensidoni: il primo è condannato a due anni di reclusione, il
secondo a dieci mesi.
Nel 1997 la Montedison (che aveva acquisito la SADE) fu
condannata a risarcire i comuni colpiti dalla catastrofe. La
vicenda si concluse nel 2000 con un accordo per la
ripartizione degli oneri di risarcimento danni tra ENEL,
Montedison e Stato Italiano al 33,3% ciascuno.