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per la prima volta si fece uso di gas asfissianti al cloro, che provocarono il
terrore tra le truppe franco-britanniche. Il primo rudimentale rimedio agli
attacchi chimici era costituito da fazzoletti bagnati con acqua e/o urina,
solo in seguito sarebbero state sperimentate le prime maschere antigas.
Nel corso della guerra i gas al cloro sarebbero stati poi sostituiti in
seguito da cloropicrina, poi fosgene, per giungere infine al tipo di gas più
evoluto, sparato da proiettili, l'iprite (dal nome della stessa città di
Ypres).
La mitragliatrice, che consentiva di sparare centinaia di colpi al minuto
agevolando molto la difesa delle trincee. L'uso della mitragliatrice, che
impediva le manovre di grandi formazioni in campo aperto fu uno degli
elementi che più di ogni altro contribuì al rapido volgersi del conflitto in
una massacrante guerra di trincea.
I lanciafiamme, introdotti dai tedeschi a Hooge il 30 luglio 1915.
I carri armati, che suscitarono lo stesso stupore e terrore provocato dal
gas a Ypres, pur non essendo usati per lo sfondamento delle linee
nemiche, ma solo per il semplice supporto alla fanteria.
Ognuna di queste nuove armi inizialmente provocò panico e sconcerto tra i
nemici, ma non riuscì a produrre un vantaggio sostanziale e duraturo. Anche se
all'inizio tutte le armi furono appannaggio di una sola parte, poi entrambi gli
schieramenti svilupparono tutte queste armi.
AEREOPLANI E U-BOOT
L'aviazione militare ottenne rapidi progressi, dallo sviluppo delle (inizialmente
primitive) mitragliatrici sincronizzate per
poter sparare in avanti, introdotte
dall'aviazione tedesca nell'autunno del
1915, allo sviluppo dei bombardieri usati
contro Londra (luglio 1917): ancor più
drammatico, almeno per i britannici, fu
l'uso dei sottomarinitedeschi (U-Boot, dal
tedesco Unterseeboote) contro i
mercantili alleati in acque internazionali
dal febbraio 1915.La decisione tedesca di
togliere le restrizioni all'attività
sottomarina (la cosiddetta "guerra
sottomarina indiscriminata", dal1º febbraio 1917) fu strumentale all'entrata in
guerra degli Stati Uniti dalla parte degli alleati (6 aprile). L'affondamento del
transatlantico Lusitania fu un successo controverso per gli U-Boot.
DALLA NEUTRALITA' ALL'ENTRATA IN GUERRA
Pochi giorni dopo lo scoppio della guerra, il 3 agosto 1914, il governo guidato
dal conservatore Antonio Salandra
dichiarò che l'Italia non avrebbe
preso parte al conflitto, forte del
fatto che la Triplice Alleanza aveva
carattere difensivo, mentre in
questo caso era stata l'Austria-
Ungheria ad attaccare. In realtà, sia
Salandra sia il ministro degli esteri
Sidney Sonnino avviarono presto
trattative con i due schieramenti 3
per capire cosa avrebbero potuto ottenere da una o dall'altra parte. E, anche se
la maggioranza del parlamento era assolutamente contraria all'entrata in
guerra, primo tra tutti l'ex presidente del Consiglio Giolitti, molti intellettuali e
alcuni politici si schierarono con gli «interventisti», per lo più nazionalisti e
parte dei liberali.Alla fine, il 26 aprile del 1915, al termine di un'ardua
trattativa, l'accordo con l'Intesa si concretizzò nel Patto di Londra, firmato da
Sonnino all'insaputa del parlamento italiano, in aperta violazione dell'art. 5
dello Statuto Albertino che prevedeva che il governo per impegnarsi in conflitti
che implicavano un impegno finanziario necessitasse dell'appoggio del
parlamento. Con il Patto di Londra l'Italia ricevette la promessa di ottenere, in
caso di vittoria, Trento e il territorio attiguo fino al Brennero, le città di Gorizia,
Trieste e Gradisca d'Isonzo, l'Istria (esclusa Fiume) fino al Quarnaro e parte
della Dalmazia. Inoltre vennero raggiunti accordi per la sovranità sul porto
albanese di Valona, la provincia di Adalia in Turchia, e parte delle colonie
tedesche in Africa.Gli alleati austriaci avevano invece offerto, in cambio della
neutralità, parte di Trentino e Friuli, con l'esclusione di Gorizia e Trieste. Le
motivazioni degli interventisti, in parte ideologiche in parte strumentali, si
fondavano sul fatto che l'Austria-Ungheria era la potenza contro la quale si era
combattuto durante le guerre d'indipendenza e che entrare in guerra al suo
fianco o rimanere neutrali avrebbe smentito tutta la tradizione risorgimentale.Il
3 maggio l'Italia, si disimpegnò dalla Triplice Alleanza. Nei giorni seguenti
Giolitti e il parlamento, in maggioranza neutralista, combatterono l'ultima
battaglia per salvare l'Italia dal conflitto, mentre i nazionalisti manifestavano in
piazza per l'entrata in guerra ("le radiose giornate di maggio", secondo la
definizione di Gabriele D'Annunzio). I parlamentari neutralisti ricevettero
minacce e intimidazioni, e lo stesso Giolitti dovette assumere una scorta. Il 13
maggio Salandra presentò al Re le dimissioni; Giolitti, nel timore di
approfondire una grossa frattura all'interno del paese, di provocare una crisi
istituzionale di larga portata e di compromettere il paese all'esterno, rinunciò
alla successione e fece in modo in sostanza che l'incarico venisse conferito
nuovamente a Salandra. L'Italia entrò perciò in guerra per volontà di un gruppo
di relativa minoranza, chiamando a combattere i militari lungo più di 750
chilometri di fronte,che andavano dal Mare Adriatico al confine svizzero.La
scelta di campo dell'Italia ebbe un peso notevole sull'esito complessivo della
guerra, perché impegnò a lungo una larghissima parte delle truppe dell'Austria-
Ungheria, truppe che altrimenti avrebbero fatto sentire il loro peso su altri
fronti. INTERVENTISTI E NEUTRALISTI IN ITALIA
Alla vigilia della guerra, l'opinione pubblica italiana era così divisa:
Interventisti
I liberal-conservatori, che speravano in un rafforzamento delle istituzioni
in senso autoritario, tra cui Antonio Salandra e Sidney Sonnino, Albertini
e il Corriere della Sera.
Gli irredentisti, che vedevano la guerra come una prosecuzione del
Risorgimento, un'occasione per liberare le terre italiane irredente,
rimaste in mano austriaca.
I socialisti rivoluzionari, che speravano che la guerra avrebbe accelerato
il compimento della rivoluzione socialista, tra cui Benito Mussolini.
I nazionalisti, che esaltavano la guerra come strumento per dare potenza
e prestigio alla Nazione.
Gli industriali dell'industria pesante, che avrebbero fatto ingenti guadagni
4
attraverso la produzione bellica.
La massoneria e gli intellettuali come D'Annunzio, Corradini, Marinetti e
molti altri.
Neutralisti
I cattolici, sia per i principi evangelici sia per non andare contro la
cattolicissima Austria.
I socialisti, che vedevano la guerra come una inutile strage, e che
volevano proteggere gli interessi sovranazionali della Seconda
Internazionale Socialista.
Giolitti e i giolittiani, che ritenevano di poter ottenere comunque
dall'Austria le terre irredente in cambio della neutralità.
Gli industriali che producevano per l'esportazione, che speravano di poter
sostituire sui mercati internazionali la Germania impegnata nella guerra.
L'ITALIA ENTRA IN GUERRA
L'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria il 23 maggio 1915, e alla Germania
quindici mesi più tardi.Il comando delle forze armate italiane fu affidato al
generale Luigi Cadorna. Il nuovo fronte aperto dall'Italia ebbe come teatro
l'arco alpino dallo Stelvio al mare Adriatico e lo sforzo principale tendente allo
sfondamento del fronte fu attuato nella regione della valli isontine, in direzione
di Lubiana. Anche qui, dopo un'iniziale avanzata italiana, gli austro-ungarici
ricevettero l'ordine di trincerarsi e resistere. Si arrivò così a una guerra di
trincea simile a quella che si stava svolgendo sul fronte occidentale: l'unica
differenza consisteva nel fatto che, mentre sul fronte occidentale le trincee
erano scavate nel fango, sul fronte italiano erano scavate nelle rocce e nei
ghiacciai delle Alpi, fino ed oltre i 3.000 metri di altitudine.Nei primi mesi di
guerra l'Italia sferrò quattro offensive contro gli austro-ungarici ad est. Queste
furono:
Prima battaglia dell'Isonzo: 23 giugno - 7 luglio 1915
Seconda battaglia dell'Isonzo: 18 luglio - 3 agosto 1915
Terza battaglia dell'Isonzo: 18 ottobre - 3 novembre 1915
Quarta battaglia dell'Isonzo: 10 novembre - 2 dicembre 1915
Si arrivò così all'inizio del 1916. Mentre in febbraio gli austro-ungarici
ammassarono truppe in Trentino, l'11 marzo, per otto giorni, si svolse la Quinta
battaglia dell'Isonzo, che non portò ad alcun risultato.A giugno gli austro-
ungarici sfondarono in Trentino arrivando ad occupare tutto l'altopiano di
Asiago; l'esercito italiano riuscì a fatica a fermare l'offensiva e gli austro-
ungarici si ritirarono tornando a rinforzare le loro posizioni sul Carso. L'offensiva
fu significativamente chiamata Battaglia degli Altipiani Strafexpedition (ovvero
"spedizione punitiva"). Il 4 agosto iniziò la Sesta battaglia dell'Isonzo che portò
il 9 agosto alla conquista della città di Gorizia che, pur non essendo di
importanza strategica, verrà presa ad un prezzo altissimo. L'anno si concluse
con altre tre offensive:
Settima battaglia dell'Isonzo: 14 settembre - 16 settembre 1916
Ottava battaglia dell'Isonzo: 1º novembre 1916
Nona battaglia dell'Isonzo: 4 novembre 1916
Non portarono a conquiste significative. Nell'ultima parte dell'anno gli italiani
riuscirono ad avanzare di qualche chilometro in Trentino, ma per tutto l'inverno
del 1916-1917, sul fronte dell'Isonzo, tra il Carso e Monfalcone, la situazione
rimase stazionaria.
La speranza dell'Intesa era che con l'entrata in guerra degli italiani si
indebolisse l'esercito degli Imperi Centrali, che sarebbe stato impegnato su tre 5
fronti, ma questo avvenne solo in parte, anche a causa dell'indebolimento della
Russia sul fronte interno.
La ripresa delle operazioni arrivò in maggio. Dal 12 maggio al 28 maggio si
svolse la Decima battaglia dell'Isonzo. Dal 10 giugno al 25 giugno si svolse
invece la Battaglia del Monte Ortigara voluta da Cadorna per riconquistare
alcuni territori del Trentino rimasti in mano austro-ungarica. Il 18 agosto ebbe
inizio la più imponente delle offensive italiane, l'Undicesima battaglia
dell'Isonzo: anche questa non porterà significativi cambiamenti e verrà pagata
a caro prezzo, sia come perdite che come conseguenze.
LA DISFATTA DI CAPORETTO
Visti gli esiti dell'ultima offensiva italiana, austro-ungarici e tedeschi decisero di
contrattaccare. Il 24 ottobre gli austro-ungarici e i tedeschi sfondarono il fronte
dell'Isonzo a nord convergendo su Caporetto e accerchiarono la 2a Armata
italiana, in particolare il IV ed il XXVII Corpo d'armata, comandato dal generale
Pietro Badoglio. Il generale Luigi Capello, comandante della 2a armata italiana,
come pure il capo di stato maggiore dell'esercito Luigi Cadorna da tempo
avevano sentito di un probabile attacco, ma sottovalutarono tali notizie e
anche l'effettiva capacità offensiva delle forze nemiche. A seguito della
disfatta, il generale Cadorna, nel comunicato emesso il 29 ottobre 1917, indicò,
in modo errato e strumentale «la mancata resistenza di reparti della II armata»
come la motivazione dello sfondamento del fronte da parte dell'esercito austro-
ungarico. In seguito Cadorna, invitato a far parte della Conferenza interalleata
a Versailles, venne sostituito, per volere del nuovo presidente del consiglio
Vittorio Emanuele Orlando, dal generale Armando Diaz, l'8 novembre 1917,
dopo che la ritirata si stabilizzò definitivamente sulla linea del Monte Grappa e
del Piave. DA CAPORETTO ALLA FINE DELLA GUERRA
Gli austro-ungarici e i tedeschi chiusero l'anno 1917 con le offensive sul Piave,
sull'Altipiano di Asiago e sul monte Grappa. Gli italiani, decimati dopo
Caporetto, furono costretti, per riempire i vuoti d'organico a chiamare al fronte i
Ragazzi del '99, appena diciottenni, mentre si decise di conservare la leva del
1900 per un ipotetico sforzo finale, nel 1919.Se la severa disciplina di Cadorna,
oltre alle dure parole di papa Benedetto XV sull'«inutile strage» che avevano
colpito i militari più religiosi e ai lunghi mesi in trincea, aveva fiaccato