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“L D N ’E
A EMOCRAZIA ELL RA
D G ”
ELLA LOBALIZZAZIONE
Percorso multidisciplinare di
Nuzzi Angela
Istituto Tecnico Commerciale “Nicola dell’Andro”
Classe V sez. A IGEA
Anno Scolastico 2009 – 2010
S
ommario
INTRODUZIONE
T entare un esame critico degli effetti della globalizzazione, non è un compito
agevole. Le principali difficoltà sono dovute alla natura di un fatto sociale che
incide in diverse tematiche, impegnando vari ambiti di ricerca e tutti i saperi
teorici lavorano in stretta collaborazione alla definizione di un concetto chiaramente
complesso. Ma, come avviene per ogni impresa ritenuta in partenza difficile, spesso ci si
lascia tentare. In questo caso, l’interesse viene ulteriormente sollecitato dal fatto che la
globalizzazione contemporanea, nella vita sociale e politica, sta incessantemente
modificando, contenuti etici e valori, scelte politiche collettive, economiche e libertà
individuali, forme istituzionali e del potere, e tutto ciò in una fitta trama di interdipendenze
e reciproche interferenze teoriche ed empiriche.
Nella delimitata prospettiva di indagine e riflessione teorica scelta per questo lavoro, si
cercherà di discernere quali condizioni, risorse o limiti possano contribuire a fare
dell’idea democratica, l’orizzonte etico e politico di riferimento futuro per i processi della
globalizzazione, nella speranza di uno sbocco, politico e più umano, civile e di reale
libertà per tutti gli individui.
Per quanto riguarda la suddivisione del presente percorso multidisciplinare, per prima
cosa, ho ritenuto necessario ed opportuno definire la globalizzazione nella sua
dimensione originaria, rintracciando gli accordi internazionali che hanno segnato l’avvio
al processo di integrazione delle economie, delle rotte commerciali ecc.
Questa lettura “sociologica” di base della globalizzazione è stata poi integrata con
un’analisi delle caratteristiche di un evento sociale che è già riuscito ad imporre, forse più
di altri nella storia dell’umanità, i suoi effetti nei territori della politica e delle istituzioni.
La globalizzazione, travolgendo tutte le barriere che intralciano la formazione di un unico
mercato mondiale, aumenta il volume del commercio mondiale e produce nuove possibilità
di benessere e d’espansione dei consumi. La concorrenza aumenta e le imprese devono
internazionalizzarsi a livello globale e competere con strategie nuove puntando
all’innovazione e a nuovi paradigmi organizzativi e manageriali. In questo contesto
l’informazione riveste un ruolo di cruciale importanza, ma la complessità dei dati in
circolazione è proprio la causa dell’incertezza insita nell’attività dell’imprenditore, e nella
possibilità che le aspettative degli agenti economici vengano disattese.
Allo stesso tempo, le forze internazionali del mercato sfuggono al controllo degli Stati, i
cui strumenti monetari e fiscali di regolazione dell'economia hanno perso
progressivamente la loro efficacia. Così le grandi concentrazioni produttive e finanziarie
multinazionali sono in grado di eludere il controllo di qualsiasi Stato. In definitiva, la
globalizzazione ha scavato un fossato sempre più profondo tra lo Stato, rimasto nazionale,
e il mercato, diventato mondiale.
In assenza d’efficaci istituzioni politiche mondiali, la crescita dell'interdipendenza è
destinata a risolversi in un'accentuazione delle disuguaglianze e nella crescita del
disordine e dei conflitti internazionali.
Ecco allora che è possibile, e forse necessario, non smettere di pensare in modo critico e
complesso, al difficile rapporto tra globalizzazione e democrazia, politica e ruolo, inedito,
che le istituzioni nazionali e internazionali sono chiamate a svolgere nel secolo che si è
appena aperto.
Fondamentale è anche il ruolo della cultura; nel mondo contemporaneo è più che mai
urgente costituirsi come soggetto morale in quanto spesso si va incontro a una forma di
conformismo sociale. La nostra società ha si disarticolato i vecchi riferimenti ma ha anche
dilatato gli “spazi” di libertà.
Come afferma il grande Einstein:
“Lo sviluppo della scienza e, in generale, delle attività creative dello spirito
richiede ancora un altro genere di libertà, definito come “libertà
interiore”.Questa libertà dello spirito consiste nell’indipendenza del pensiero
dalle limitazioni imposte dai pregiudizi e dall’autorità e in genere dalla
meccanica routine e dalle abitudini inveterate”.
A questo proposito Pier Paolo Pasolini, cogliendo con grande lucidità il cambiamento
antropologico operato dall’omologazione globalizzante dei consumi, dall’industria
dirompente della pubblicità e dei mezzi di comunicazione, ha assunto, con il suo pensiero
coerente e provocatorio, il compito dell’intellettuale”autentico”nella società moderna.
Dovremo in sostanza chiederci: come è possibile, oggi, per le istituzioni, la società e la
politica democratica, difendere significati propri e spazi d’intervento, rivendicare alcune
indiscutibili priorità? Con quali atteggiamenti culturali e categorie non tradizionali, la
filosofia politica contemporanea può mostrarsi attrezzata al fine di sostenere una
prospettiva democratica e liberale, se vogliamo globale, che sia però politicamente attiva
e capace, senza farsi ridurre in un modello ideologico, unico ed economicistico, che
sembra attualmente imporsi nella globalizzazione? Sono queste le domande decisive che
intendo sollevare e alle quali cercherò di fornire delle risposte.
1. L
E SPINTE E I FRENI DELLA
GLOBALIZZAZIONE
Le fasi storiche
I
l concetto di “globalizzazione”, così come conosciuto e ampiamente divulgato oggi, è
legato solo all'attualità immediata o può essere, per così dire, retrodatato e verificato alla
luce di eventi storici di primaria importanza, accaduti nel corso di varie fasi, perlomeno,
dell'epoca moderna e contemporanea dell'umanità?
Il recente e acceso dibattito sugli aspetti positivi e negativi del processo
di globalizzazione economica potrebbe far pensare che tale fenomeno
sia relativamente nuovo e che le forze che lo sostengono caratterizzino
solamente i decenni più recenti. In realtà il processo di globalizzazione è
un fenomeno di lunga data che va di pari passo con l'integrazione
capitalistica mondiale sviluppatasi a partire dalla rivoluzione industriale.
Certamente, la globalizzazione non si è manifestata in modo uniforme
nello spazio e nel tempo. Al contrario, negli ultimi 200 anni di storia, si
sono alternate fasi di accelerazione, ristagno e rallentamento, ciascuna
caratterizzata da forze propulsive e costrittive. I singoli paesi e popoli
hanno partecipato al processo di integrazione in modo molto disuguale;
alcuni si sono posti alla testa del processo, altri hanno seguito e altri
sono rimasti indietro rispetto al trend globale. L’eterogeneità spaziale e
temporale della globalizzazione, tuttavia, non impedisce di individuarne
un trend storico di accresciuta integrazione e indipendenza economica,
né di identificarne gli elementi e le forze propulsive comuni.
È opinione condivisa tra gli studiosi che, alla luce dell'evoluzione di
diversi indicatori economici e dell'ampiezza geografica delle aree
tre distinte fasi
coinvolte, si possano identificare di accresciuta
integrazione economica su scala mondiale, intervallate da un lungo
periodo di recessione e chiusura autarchica in quasi tutti i paesi.
La prima fase:
la «belle époque» [1870-1914]
La prima fase del processo di globalizzazione viene comunemente
identificata col periodo che va dal 1870 ai 1914. E’, infatti, possibile
identificare dei tratti comuni negli scambi internazionali e
nell'integrazione avvenuti durante questi anni.
In questa prima fase:
numero di mercati finanziari aumenta
il , i tassi di interesse tendono a
convergere e la gamma di strumenti finanziari si espande. La forza
lavoro si muove da aree ad alta densità verso territori e paesi meno
popolati. Durante la prima fase, approssimativamente il 10% della
popolazione europea si sposta verso gli Stati Uniti e altri paesi. I flussi
dei beni e dei fattori produttivi sono quindi complementari, in quanto
seguono rotte e direzioni simili;
l'innovazione tecnologica contribuisce ad avviare e sostenere questa
prima fase del processo di globalizzazione. In particolare, nella seconda
metà del XIX secolo, le innovazioni nei trasporti marittimi e ferroviari e
l'apertura del Canale di Suez, nel 1869 contribuiscono al rapido crollo
dei costi e dei tem pi di trasporto internazionale . Inoltre, l'introduzione
del servizio telegrafico transatlantico abbassa incredibilmente i costi di
comunicazione;
dal punto di vista politico, si susseguono
una serie di accordi commercia li bilaterali
che liberalizzano gli scambi, in particolar
modo in Europa. Pochi grandi paesi, quali
Inghilterra, Francia, Olanda, Germania e Stati Uniti, si contendono ampie
aree di influenza politico-commerciale. Le forze endogene che
alimentano il fenomeno di concentrazione delle industrie
(manifatturiere) in poche aree e in pochi paesi del Nord sono rappresen-
tate dalle economie di scala, dalle economie di agglomerazione (dati dai
vantaggi per le imprese derivanti dalla vicinanza ai consumatori finali e
ai fornitori di beni intermedi) e dall'alta mobilità dei fattori produttivi (sia
lavoro, sia capitale). La poderosa crescita dei paesi del Nord si spiega,
inoltre, con il permanerne vantaggio tecnologico di cui beneficiano i
paesi di prima industrializzazione, rispetto agli altri inseguitori. Questo
contribuisce a mantenere elevato il differenziale di crescita tra paesi
industrializzati e non. La Torre Eiffel, progettata per l’Esposizione.
Universale di Parigi del 1889, divenne l’emblema
dello sviluppo tecnologico della Belle époque.
Nel complesso si ha quindi un generale miglioramento in termini
economici, aumenta il tasso medio di apertura commerciale dell’Europa,
crescono le esportazioni e il reddito pro capite, e di conseguenza
migliorano le condizioni di vita della maggior parte della popolazione.
Nazionalismo, guerre e protezionismo [1914-1945]
II periodo che va dal 1914 al 1945 registra una notevole contrazione
degli scambi commerciali e finanziari. Infatti, non soltanto il sostenuto
ritmo di crescita dell'interdipendenza e integrazione economica
mondiale si interrompe, ma si verifica un vero e proprio regresso che
porta le lancette dell'orologio indietro di parecchi decenni. Questo
fenomeno è particolarmente forte a partire dagli anni '30 quando la
grande depressione, la crisi del Gold Exchange Standard e l'inizio di
rappresaglie commerciali determinano un netto peggioramento negli
scambi e nelle relazioni internazionali.
I volumi di beni scambiati a livello internazionale crollano. Durante
questi anni, nonostante le regolamentazioni americane rese più
restrittive, riducano i flussi di migranti e tendano a farli divergere verso
paesi dell’'America Latina, l'emigrazione
non si blocca del tutto, ma rallenta consi-
derevolmente. Il tasso di crescita mondiale
si contrae di circa il 30%. In termini
quantitativi, perciò, questo periodo
estingue l'espansione degli anni della
prima fase del processo di globalizzazione.
Dal punto di vista delle condizioni globali
di povertà e disuguaglianza, si registra un
marcato peggioramento nella maggior
parte dei paesi. La disuguaglianza e il nu-
mero di poveri crescono nonostante miglioramenti e scoperte sanitarie
contribuiscano a un allungamento delle aspettative di vita.
Le cause del collasso del processo di integrazione non vanno ricercate
nell'andamento delle innovazioni tecnologiche che proseguono e, addi-
rittura, contribuiscono a un'ulteriore diminuzione dei costi di trasporto
marittimi. E’ piuttosto l'assetto politico internazionale
a mutare così profondamente da determinare
un’involuzione del processo di integrazione. Le due
guerre mondiali, certamente, costituiscono i due
maggio ri shock politico-economici dell'età
contemporanea, ma non sono le sole cause del
regresso. Una profonda inversione di tendenza nel
campo delle politiche commerciali e il fallimento della