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di Almangano Elena
cl. 3^C a.s. 2008/2009
Etimologia
Critica al tempo dei greci: tra Ellenismo e tradizione.
Critica al tempo dei latini: Persio e Giovenale.
Critica nella letteratura italiana: Francesco De Sanctis.
Critica nella filosofia: Marx
Critica nell’arte: Il realismo di Courbet
Critica nella fisica: il concetto di campo.
Bibliografia:
www.criticamente.com/marxismo/marx-engels/Marx_Karl_-_L_ideologia_tedesca.htm
Marco Fantuzzi; Il sistema letterario della poesia alessandrina; Lo spazio letterario della Grecia
antica, Tomo II, Salerno Editrice.
Giulio Guidorizzi, Il mondo letterario greco, Dall’età ellenistica all’età cristiana, Einaudi Scuola
Marco Bona Castellotti, Percorso di storia dell’arte, Dal Neoclassicismo ai minimalisti, Einaudi Scuola
Maurizio Bettini, Limina, L’età imperiale e la tarda antichità, La Nuova Italia
Antonio Caforio – Aldo Ferilli, Dalla Meccanica alla costituzione della materia 2A, Le Monnier
Squarotti – Balbis – Gigliozzi – Genghini – Mercuri – Pardini, Letteratura (vol 4A), Edizione Atlas
Francesco De Sanctis, Storia della letteratura italiana, 2006 Edizione radiciBUR
In allegato:
Quadri di Courbet, Gericault e Delacroix
Passi a scelta de “L’Ideologia tedesca” di Marx.
Passi scelta tratti dalle opere di Persio e Giovenale.
Etimologia che
L’etimologia del termine critica deriva dal verbo greco propriamente
che
significa separare, esaminare, giudicare,da cui deriva il sostantivo a sua
volta significa separazione, giudizio.
Il termine poi è stato anche ripreso nel latino diventando criticus, critici e critica,
criticorum ma già con un’accezione di giudizio su opere letterarie, mentre il termine
latino per giudizio diventa iudicium, iudicii sia in senso giuridico sia in senso di
espressione di opinioni.
La lingua italiana ha fondamentalmente mantenuto questa divisione latina anche se nel
tempo molto spesso il termine è stato usato anche nella sua accezione greca.
Il giudizio critico ed in generale l’indagine critica ha sempre contraddistinto l’uomo e
ritengo che anche oggi nella società di massa persista l’occhio critico che in molti casi ha
permesso e permetterà il progresso. Purtroppo la mancanza di spirito critico ed il
prevalere del conformismo hanno causato eventi assolutamente tragici, basti citare le due
guerre mondiali, e, a mio parere, nella società moderna sono una piaga che continua ad
espandersi anche a causa degli organi di comunicazione che diffondono una realtà
pressoché univoca e tendono a soffocare le voci critiche.
Critica al tempo dei greci: tra Ellenismo e tradizione.
Con il termine Ellenismo si vuole indicare il periodo storico compreso tra la morte di
Alessandro Magno, 323 a.C. , e la caduta dell’ultimo regno Ellenistico, l’Egitto,
avvenuta nel 31 a.C. Proprio il grande impero creato dal condottiero macedone aveva
già posto le basi per un cambiamento all’interno del mondo greco: infatti,
l’inserimento del mondo greco ristretto al mediterraneo occidentale in questo
immenso impero provoca una crisi (separazione) nella mentalità greca. Il cittadino
perde
della i propri confini e diventa cittadino del mondo.
(perdendo anche quei punti di riferimento che caratterizzavano
l’ambiente della città: come ad esempio la partecipazione diretta al governo,
l’appartenenza sentita alla comunità ed una cultura accessibile alla maggioranza dei
cittadini resa possibile dal teatro.
In questo nuovo periodo la popolazione diventa suddita di un sovrano e consapevole
dell’impossibilità di un ritorno al passato; viene dato spazio alla libera iniziativa dei
singoli con lo sviluppo di una classe borghese che influenza la produzione letteraria
che diventa elitaria e raffinata; perciò la cultura non è più accessibile a tutti anche a
,
causa dell’abrogazione dello cioè il pagamento della giornata lavorativa
per partecipare alle rappresentazioni teatrali. Questa crisi porta allo sviluppo di una
cultura molto differente che spesso attacca con forte senso critico la tradizione
precedente. In poesia l’autore che più volte attacca direttamente la tradizione è
Callimaco. Callimaco fu essenzialmente il poeta di corte di Alessandria d’Egitto
diventata ormai capitale della cultura grazie alla sua Biblioteca. Dalle opere del poeta
possiamo desumere un modo di fare cultura completamente diverso, basato sulla
brevitas (e sulla raffinata ricercatezza sia del linguaggio sia dello stile
sia dell’argomento. Infatti, era destinata ad un pubblico ristretto, colto, in grado di
cogliere i dotti riferimenti e desideroso di argomenti leggeri e poco impegnati(quella
che noi oggi chiamiamo letteratura di evasione). Si ritorna in un certo qual modo alla
citarodia omerica destinata alla declamazione nei luoghi di corte e per un pubblico
d’elite. Si diffonde anche la produzione di libri scritti (a scapito della divulgazione
orale) diretti alle classi colte che leggevano sempre più ed erano diffuse in pratica in
buona parte delle terre conosciute. La scrittura opera una comunicazione che implica
una disgiunzione fra l’autore ed il destinatario, il lettore, che è costretto a ricostruire
il pensiero il modo di porsi dell’autore e l’ambiente. Tali concetti ci possono
sembrare familiari, ma dovettero essere una vera rivoluzione per l’epoca. Callimaco
operò la sua critica grazie ad uno studio approfondito condotto nell’ambito della
Biblioteca di Alessandria con piena consapevolezza dei generi letterari della
tradizione grazie all’immane opera di filologi operata dagli studiosi alessandrini,
tanto che si può parlare di normativa-a-rovescio poiché, dopo aver redatto le regole
della tradizione, le violano criticandole aspramente. Callimaco esprime
esplicitamente la propria critica nel “Prologo ai Telchini” e nell’epigramma “Il poema
del ciclo”.
Critica al tempo dei latini: Persio e Giovenale
Persio e Giovenale furono entrambi simbolo della satira intesa come giudizio negativo, critico, nei
confronti della società romana del tempo. Vissero entrambi nel primo secolo d. C. ed entrambi
svilupparono una satira diversa dalla tradizione oraziana in età imperiale, già di per sé elemento
critico, perché abbandonava la moderazione e l’ironia oraziane, per approdare ad uno stile più
graffiante tanto che Giovenale prenderà come sua musa l’indignatio che definisce come unico
mezzo attraverso il quale poter produrre opere poetiche, ma che può anche causare parecchi guai
(Satira I, vv. 73-80).
Procedendo cronologicamente, si può affermare che Persio sia l’iniziatore di questo nuovo e critico
modo di scrivere satire, tuttavia la sua vita fu troppo breve per permettergli di sviluppare e delineare
compiutamente le tematiche delle sue opere tanto che molto spesso risultano di difficile
comprensione e traduzione. Persio mostra la sua erudizione mescolando termini del linguaggio
aulico e del linguaggio popolare rendendo sì poco comprensibile il periodo, ma offrendoci anche un
raro esempio di filastrocca popolare e squarci della vita familiare. Nonostante ciò la silloge di
componimenti redatta dal maestro Cornuto postuma, chiamata appunto Saturae, comprende sei
satire di argomenti vari tra cui spiccano: la critica alla produzione letteraria del tempo volta solo a
raggiungere un posto al sole tra i letterati famosi; la critica alla dissolutezza dei costumi ed un invito
a vivere con semplicità impiegando bene il proprio tempo; evitare di giudicare gli altri senza
conoscere i propri difetti; ricercare la libertà interiore. Trattazione del tema del vivere correttamente
è offerta dalla Satira V in cui l’autore afferma che la saggezza va di pari passo con una vita corretta
e caratterizzata dalla virtus, altrimenti si è preda della corruzione “e sotto un limpido volto conservi
nel cuore corrotto la natura dell’astuta volpe”. Alle domande poste con insistenza l’uomo retto deve
rispondere affermativamente e sarà “libero e sapiente”, l’uomo corrotto invece simulerà soltanto.
Indicative anche le frasi “se stendi un dito, sbagli” e “Non è possibile mescolare saggezza e
stoltezza”,come afferma anche Quintilino parlando dell’oratore. Inoltre per uno stoico come Persio
è inconcepibile una vita dedita all’ignavia come quegli uomini maturi che si comportano da bambini
(Satira III).
In Giovenale predomina, come già sottolineato, l’indignatio, tuttavia questa musa ispiratrice è
soprattutto presente nelle prime otto satire della raccolta Saturae, in cui il tono è fortemente vicino
alla denuncia vera e propria. Inoltre Giovenale per non incorrere in punizioni severe o addirittura
nella pena di morte si serve di tipi umani per descrivere la decadenza e la corruzione diffuse nella
società romana. Nelle successive otto satire, invece, l’autore paragona le epoche passate a quelle
presenti sottolineando la dissolutezza dilagante nella comunità romana a causa dell’abbandono del
mos maiorum e del fatto che la cultura della latinitas ha accolto altre culture uscendone gravemente
contaminata. Tale concezione porta Giovenale a sviluppare una tesi fortemente xenofoba.
Tornando alle prime otto satire, è interessante soffermarsi anche sui versi 147-171 sempre della
Satira I che può essere considerata programmatica per le sue caratteristiche. Indicativo è già il verso
147 “ Di peggio niente è possibile” e spiega il motivo per cui utilizza tipi umani generici e cioè
poiché la ridotta libertà concessa dall’impero non permette di attaccare direttamente le alte cariche
dello stato pena la morte. Perciò Giovenale si inserisce a pieno titolo nella polemica sorta nel I
secolo d. C. concernente la minore libertà concessa agli intellettuali dell’epoca di cui si occupano
anche Tacito nel Dialogus de oratoribus, Petronio nel Satyricon e l’anonimo del Sublime.
Tuttavia è necessario specificare che sia Persio che Giovenale operarono una mera critica senza
proporre un soluzione efficace alla situazione denunciata. Simile atteggiamento si può ritrovare
nella poetica verista di fine ottocento.
Persio
L’Ignavia (Satura III, vv. 44-62)
Da bambino, ricordo, spesso mi ungevo gli occhi con olio,
se non volevo imparare le solenni parole di Catone morituro,
e che mio padre ascoltava sudando con gli amici condotti
fin troppo elogiate dal maestro un po' tocco di mente, con sé.
Giustamente il mio desiderio più grande consisteva nel sapere
cosa mi fruttasse un buon colpo da sei, quanto mi sottraesse
un rovinoso uno, non fallire lo stretto collo di un'anfora,
e che nessuno mi superasse nel far girare la trottola con la frusta.
Ma ormai non dovresti essere inesperto nel redarguire il malcostume,
e di ciò che insegna il sapiente Portico dipinto dei bracati
Medi, per cui la gioventù veglia insonne e rasa
le chiome, nutrita di baccelli e di grosse fette di polenta;
e a te la lettera del filosofo di Samo dai divergenti rami,
già mostrò la via che si leva sul destro lato.
Ma continui a russare, e la testa ti ciondola come slogata,
sbadiglia il vino di ieri con le mascelle sgangherate da ogni parte!
V'è qualcosa cui miri, quasi bersaglio al tuo arco?
O insegui qua e là i corvi con cocci e zolle
di terra, affidando al caso i tuoi passi e vivendo alla giornata?
Il recte vivere (Satura V, vv. 98-122)
La legge di natura, comune a tutti gli uomini, ingiunge
l'ignoranza che non può nulla, osservi almeno i divieti.
Se diluisci l'ellèboro, non sai fermare al punto giusto
l'ago della bilancia: te lo vieta l'arte medica.
Se un contadino con gli zoccoli pretende di comandare una nave e non sa
nemmeno qual è Lucifero, Melicerta griderebbe che il pudore
e scomparso dal mondo. L'arte della vita ti ha insegnato a camminare
con passo diritto, e sai distinguere l'apparente dal vero,
affinché non batta falsa una moneta d'oro che ha sotto