Anteprima
Vedrai una selezione di 5 pagine su 16
Cristianesimo nell'800 Pag. 1 Cristianesimo nell'800 Pag. 2
Anteprima di 5 pagg. su 16.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Cristianesimo nell'800 Pag. 6
Anteprima di 5 pagg. su 16.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Cristianesimo nell'800 Pag. 11
Anteprima di 5 pagg. su 16.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Cristianesimo nell'800 Pag. 16
1 su 16
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Il Cristianesimo in Hegel e nei suoi successori

G.W.F. Hegel: il Cristianesimo come “religione assoluta”

Il ruolo che Hegel attribuì, nel suo sistema, alla religione (e, in particolare, al

Cristianesimo) fu oggetto di dibattito già all’indomani della sua morte (come

vedremo in seguito). Considerando dunque la complessità del problema, cercherò ora

di ricostruire brevemente i tratti principali della riflessione hegeliana sulla religione.

Nella sua grandiosa ricostruzione storica del rivelarsi della Coscienza come

Spirito, Hegel riconosce alla religione un ruolo fondamentale: è il secondo momento

della dialettica dello Spirito Assoluto (Arte, Religione, Filosofia) ed attraversa essa

stessa un “travaglio dialettico”, passando da religione “naturale” (il divino alberga

nella natura, come nelle religioni primitive) a religione “personale” (Dio è

identificato con un’entità antropomorfa, come nell’ebraismo o nella religione greco-

romana) risolvendosi infine in religione “assoluta” (Dio è ricondotto a unità di

corporeità e trascendenza, come nel Dio cristiano incarnatosi), dove la triplice natura

del divino (Padre, Figlio, Spirito) rispecchierebbe l’intrinseca dialettica del Reale.

Il Cristianesimo sarebbe dunque, secondo Hegel, l’unica religione in cui <<Lo

Spirito Assoluto non manifesta più oltre momenti astratti da sé, ma manifesta sé

medesimo>> e dunque <<La rivelazione del medesimo Spirito, che esplica la sua vita

nel circolo delle figure concrete del pensiero rappresentativo>> ( Hegel, Enz. – Spirito

)

Assoluto – Religione rivelata § 564, 571

Ma è proprio qui che si apre la detta questione sul ruolo della religione, in

particolare nella sua conciliabilità con il momento successivo (e conclusivo) del

cammino dello Spirito: la Filosofia. Proseguendo infatti nella lettura

dell’Enciclopedia, troviamo che <<Il contenuto della filosofia e della religione è il

medesimo>> e che <<Questa conoscenza [la filosofia] è, dunque, il riconoscimento di

questo contenuto e della sua forma, liberazione dalla unilateralità delle forme ed

elevazione di esse nella forma assoluta, che si determina da sé stessa come contenuto

e resta identica nel contenuto>> ( ).

Hegel, Enz. – Spirito Assoluto – Filosofia §573

Se il contenuto della religione e della filosofia è, dunque, il medesimo, differenti

sono le forme: la forma della religione è la rappresentazione, il “mito”; quella della

filosofia è il concetto, la “forma assoluta”.

2

Qual è, dunque, <<La relazione della filosofia con la religione>>? Dice Hegel:

<<Tutto il punto consiste nella differenza tra le forme del pensiero speculativo e le

forme della rappresentazione. […] La filosofia può ben riconoscere le sue proprie

forme nelle categorie del modo religioso di rappresentare, e per tal guisa riconoscere

il proprio contenuto, e rendergli giustizia. Ma l’inverso non ha luogo: giacché il modo

religioso di rappresentare non applica a se stesso la critica del pensiero e non

comprende se stesso, epperò, nella sua immediatezza, esclude gli altri modi>>.

( ).

Hegel, Enz. - Spirito Assoluto – Filosofia §573

La Filosofia sembra quindi presentarsi come superamento dialettico della

Religione, in quanto unico sapere in grado di spiegare e storicizzare tutti gli altri,

dando il concetto della realtà.

Il dualismo di questo nucleo del pensiero hegeliano scatenerà, alla morte del

maestro, una polemica che sarà destinata ad assumere i caratteri di un vero e proprio

scontro politico: se per Hegel, infatti, <<La religione è per l’autocoscienza la base

dell’Eticità e dello Stato>> ( ) l’idea di un

Hegel, Enz. – Spirito Oggettivo – Eticità § 552

totale superamento della religione nella filosofia farà tremare le basi dello Stato

tradizionale e stimolerà la riflessione di chi cercherà nella filosofia stessa il punto di

partenza per la concezione di una nuova società.

3

Il dibattito intorno al rapporto religione-filosofia alla morte del

maestro

La morte di Hegel (1831) fu parallelamente accompagnata dalla crisi della Santa

Alleanza: tra il 1830 e il 1831 si verificò una nuova ondata rivoluzionaria che scosse i

fragili equilibri della Restaurazione e pose le basi per i moti del’48. È in questo

clima, dunque, che si sviluppa l’acceso dibattito sul ruolo attribuito dal maestro al

Cristianesimo nel divenire dialettico del reale, dibattito destinato (come già

accennato) ad assumere caratteri fino ad allora sconosciuti alle dispute accademiche.

Il problema di fondo consisteva, come detto in precedenza, nella conciliabilità o

meno del Cristianesimo con la filosofia hegeliana nel suo complesso. Si vennero

dunque a formare due correnti di pensiero che interpretavano in maniera opposta la

dialettica dello Spirito Assoluto (rinominate “Destra” e “Sinistra” hegeliane).

I discepoli più anziani (di “Destra”) consideravano la religione cristiana

perfettamente compatibile con il sistema del maestro e vi ravvisavano il fondamento

etico dello Stato: vedevano dunque in Hegel un esaltatore del rigido ordinamento

prussiano inteso come la massima espressione della razionalità della Spirito.

Gli allievi schierati a “Sinistra” insistevano invece sulla definizione hegeliana

della religione come espressione dello Spirito tramite rappresentazione e sul

superamento dialettico di essa nella “realtà elevata al concetto” (la Filosofia).

Parimenti, dunque, il divenire storico delle forme politiche non si sarebbe potuto

arrestare con lo stato prussiano, ma esso stesso avrebbe generato, secondo il

procedere dialettico, la propria antitesi che avrebbe dato il via a nuove

trasformazioni.

A questo proposito è bene ricordare l’opera di colui che per primo mise in luce

questi contrasti nell’opera di Hegel: L. Feuerbach. Tra i piu’ importanti esponenti

della Sinistra, Feuerbach si fece promotore di una svolta sociale che si fondasse

proprio su una critica della religione: radicalizzando l’assunto hegeliano secondo cui

“l’oggetto non è che l’essenza del soggetto che si rivela fuori di sé”, egli arriva a

considerare Dio un’alienazione dell’uomo, una proiezione umana di ciò che è

nell’uomo e che non può essere realizzato in terra. Dunque, <<Anche l’oggetto e il

contenuto della religione cristiana sono umani e nient’altro che umani>> e

<<L’esistenza di Dio […] è un antropomorfismo>>. ( Feuerbach, L’essenza del

)

Cristianesimo 4

5

K. Marx: la religione come “oppio del popolo”

Fu però Karl Marx il primo ad immaginare un processo organico di azione

rivoluzionaria che, muovendo dalla trasformazione dei rapporti economici su cui si

fondava la società capitalistica, pervenisse al superamento delle istituzioni del tempo

(e, quindi, anche della religione). Nel pensiero di Marx, la religione rientra in ciò che

egli chiama “sovrastruttura”, in quella “ideologia” (vestito di idee) che sarebbe

semplicemente l’espressione dell’interesse della classe sociale che, grazie alla

proprietà dei mezzi di produzione, domina nella “struttura”.

<<Essa [la religione] è l’oppio del popolo. Eliminare la religione in quanto

illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale>>. ( Marx, Critica della

)

filosofia hegeliana del diritto pubblico

Il pensiero marxiano considera dunque la religione un mero strumento di

controllo nelle mani della classe dominante: essa avrebbe un potere “narcotizzante”

in grado di distogliere l’attenzione dei proletari dalla loro condizione di “alienazione”

illudendoli con la speranza di una felicità ultraterrena.

6

Il Cristianesimo nella Letteratura italiana

G. Leopardi: “La Ginestra”

Accanto al Leopardi “romantico” dell’idillio, dell’“Infinito”, spesso si trascura la

presenza di un altro Leopardi, anti-idillico, radicalmente materialista e anticlericale. È

il Leopardi della “Ginestra”. In questo canto, composto poco prima di morire (1836),

l’autore si scaglia violentemente contro le filosofie ottimistiche del suo tempo e in

particolare contro lo spiritualismo cattolico, colpevole, a suo dire, di riportare l’uomo

alla barbarie medievale da cui il razionalismo moderno aveva faticosamente cercato

di emanciparsi.

In tale prospettiva, la religione cristiana attira dunque le ire impietose di un

Leopardi che vede nell’accettazione della fatale infelicità degli uomini la base di una

nuova società dell’uguaglianza e della solidarietà.

Riporto ora la seconda strofa del canto, dove il poeta si scaglia con veemenza

contro il suo “secol”, “padre” di uomini che “vollero piuttosto le tenebre che la luce”

(citazione aspramente polemica dal Vangelo secondo Giovanni, III, 19 posta come

epigrafe al canto)

<<…Qui mira e qui ti specchia,

Secol superbo e sciocco, Di questo mal, che teco

Che il calle insino allora Mi fia comune, assai finor mi rido.

Dal risorto pensier segnato innanti Libertà vai sognando, e servo a un tempo

Abbandonasti, e volti addietro i passi, Vuoi di novo il pensiero,

Del ritornar ti vanti, Sol per cui risorgemmo

E procedere il chiami. Della barbarie in parte, e per cui solo

Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti, Si cresce in civiltà, che sola in meglio

Di cui lor sorte rea padre ti fece, Guida i pubblici fati.

Vanno adulando, ancora Così ti spiacque il vero

7

Ch'a ludibrio talora Dell'aspra sorte e del depresso loco

T'abbian fra sé. Non io Che natura ci diè. Per questo il tergo

Con tal vergogna scenderò sotterra; Vigliaccamente rivolgesti al lume

Ma il disprezzo piuttosto che si serra Che il fe' palese: e, fuggitivo, appelli

Di te nel petto mio, Vil chi lui segue, e solo

Mostrato avrò quanto si possa aperto: Magnanimo colui

Ben ch'io sappia che obblio Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle,

Preme chi troppo all'età propria increbbe. Fin sopra gli astri il mortal grado estolle...>>

8

Fede e Provvidenza nell’opera di A. Manzoni

Il rapporto di Alessandro Manzoni con la fede e il Cristianesimo fu, come è noto,

assai diverso. Poco dopo essere tornato a Milano dalla trasferta parigina, il giovane

poeta, illuminista e classicista di formazione, sposa Henriette Blondel, giovane donna

convertitasi dal Calvinismo al Cattolicesimo: da questo momento, sicuramente

influenzato dall’abate Eustachio Degola (guida spirituale della moglie), Manzoni si

“convertirà” e farà della fede il fulcro della sua opera, nonché della sua stessa vita.

Assistiamo dunque ad un mutamento radicale nella produzione poetica

manzoniana testimoniato in primis dagli “Inni Sacri”.

In un clima culturale dominato dall’esaltazione del Monti e del Foscolo, gli “Inni

Sacri” manzoniani si discostano fortemente dai modelli imperanti rivalutando e

rivalorizzando la coscienza cristiana popolare e ponendola al centro dell’attenzione

del poeta. Così facendo, Manzoni intende promuovere una nuova poetica di stampo

romantico che abbia <<L’utile per iscopo (la trasmissione al lettore di insegnamenti

morali), il vero per soggetto (un “vero” per i lettori del tempo, in opposizione al

“falso” mito antico) e l’interessante per mezzo>>. Questo aforisma può riassumere

l’intera produzione letteraria manzoniana successiva alla conversione e ci fornisce la

chiave di lettura della più famosa delle Odi del poeta: “Il cinque maggio”.

Ho voluto qui riportare le ultime strofe dell’ode, in cui Manzoni riferisce della

riconciliazione con la fede di Napoleone morente, mostrando come anche il più

superbo e potente conquistatore si sia inchinato “al disonor del Golgota”.

<< […] ma valida Bella Immortal! benefica

venne una man dal cielo, Fede ai trïonfi avvezza!

e in più spirabil aere Scrivi ancor questo, allegrati;

pietosa il trasportò; ché più superba altezza

al disonor del Gòlgota

e l'avvïò, pei floridi giammai non si chinò.

sentier della speranza,

ai campi eterni, al premio Tu dalle stanche ceneri

che i desideri avanza, sperdi ogni ria parola:

dov'è silenzio e tenebre il Dio che atterra e suscita,

la gloria che passò. che affanna e che consola,

sulla deserta coltrice

accanto a lui posò.>>

9

Dettagli
Publisher
16 pagine
245 download