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“The roaring Twenties” (i ruggenti anni ‘20):
La Grande Guerra aveva trasformato gli USA da debitori in creditori, infatti, tra il 1923 e il 1929 il reddito
nazionale aumentò del 23% e la popolazione, in virtù delle leggi restrittive sull’immigrazione, aumentò solo
del 9%, e la forza lavoro dell’11%; questa maggior disponibilità di capitali consentì agli USA di diventare il
paese più prospero al mondo e di poter concedere cospicui prestiti alle nazioni europee (ma anche
all’America latina, al Canada e ad altri paesi asiatici) per permettere una loro ripresa economica, soprattutto
nei confronti della Germania, dove si confidava nel ritmo di crescita del mercato statunitense, che avrebbe
fatto in modo che i prestiti non fossero richiamati entro poco tempo.
Questo periodo di prosperità (sorprendente
soprattutto nel settore automobilistico con Ford,
General Motors e Chevrolet), vide il proliferare
delle industrie che aggiravano le leggi anti-trust
riguardo al diritto concorrenziale (come il
monopolio creato dalla Standard Oil che deteneva
il 64% del mercato del combustibile americano) e
che resero i centri finanziari, commerciali e
industriali (come New York, Detroit, Cleveland,
Los Angeles e Chicago) delle grandi metropoli. La
produzione di automobili passò da 500˙000 nel John D. Rockefeller Henry Ford
1913 a oltre 5˙500˙000 nel 1929.
In generale vigeva un clima di fiducia nello sviluppo, così che anche le banche concedevano prestiti, facendo
poca attenzione, perché convinte che i debitori avrebbero estinto il pagamento e che loro avrebbero
guadagnato grazie al tasso d’interesse. Agricoltori e industriali si indebitavano per aumentare la produzione
delle proprie imprese grazie ad investimenti, che si accompagnavano alle nuove forme di produzione, su tutte
la catena di montaggio, adottata da Henry Ford per la produzione del Modello T e teorizzata dal taylorismo
(Frederick Winslow Taylor, “L’organizzazione scientifica del lavoro”), tra il 1922 e il 1929 la produzione
industriale aumentò del 64% (contro il 12% del decennio precedente).
Catena di montaggio Ford T Model
Inizialmente la domanda superava l’offerta, infatti, la pubblicità, la possibilità di pagamento a rate e la nuova
forma di distribuzione attraverso i grandi magazzini moltiplicarono i consumi, estendendoli ad un maggiore
strato sociale; convinto che la prosperità non potesse avere termine il presidente Coolidge proclamò:
“L’affare dell’America sono gli affari”. Questo ottimismo occorse soprattutto in Borsa, dove tra il 1925 e il
1929, il numero dei valori scambiati raddoppiò, il numero di azioni trattate alla Borsa di New York (New
York Stock Exchange, NYSE) passò da 500˙000 ad oltre 1˙100˙000 e il loro valore medio da 159 a 381
punti, infatti, si era sviluppato un fattore psicologico trainante, ossia la convinzione che fosse possibile un
arricchimento facile, legato ad audaci attività speculative piuttosto che al lavoro e alla produzione.
Le azioni sono piccole quote che rappresentano il capitale di una società, il loro valore tendenzialmente
cresce quanto più sono ottimistiche le previsioni dei profitti e quanto più basso è il tasso d’interesse.
Questa possibilità di guadagni rapidi fece diventare l’investimento in Borsa un fenomeno di massa, tuttavia
la vertiginosa crescita del valore delle azioni, vide aumentare il numero di speculatori anche tra i piccoli
risparmiatori piuttosto che di cassettisti (lo speculatore acquista le azioni per rivenderle poco dopo
incassando la differenza, non è interessato ad investimenti a lungo termine ma il suo guadagno si basa sulla
plusvalenza dei titoli, il cassettista invece tende a tenere le azioni per lunghi periodi perché interessato a
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diritti di natura amministrativa come la possibilità di voto, con cui può prevedere l’entità dei dividendi, sui
quali si fonda il suo guadagno). Acquistare le azioni era poco impegnativo, infatti, il compratore pagava solo
una parte dei titoli e prendeva il resto a prestito, dando in garanzia le azioni stesse e con il guadagno
realizzato in breve tempo, contava di rendere il denaro riuscendo lo stesso ad ottenere un profitto. Questa
corsa all’acquisto nel momento in cui era duratura, avvalorava se stessa grazie alle quotazioni sempre
crescenti, e il sistema andava costruendosi su di sé, accentuando le tendenze di mercato che non
rispecchiavano più l’economia reale.
La crisi:
Nell’Estate del 1929 a causa di un calo della domanda interna americana, la produzione industriale ebbe un
rallentamento generalizzato, tuttavia le quotazioni dei titoli continuavano a salire e il loro valore non
rispecchiava più lo stato economico delle aziende, infatti, non era conseguenza di un aumento dei dividendi
delle azioni, ossia dei profitti delle società, ma era solo il frutto di un intenso movimento speculativo
riguardante la previsione di crescita.
L’indice Dow Jones raggiunse il picco di 381,17 punti il 3 Settembre 1929, (il DJIA “Dow Jones Industrial
Average” è un indice del NYSE, creato dal fondatore del Wall Street Journal: Charles Dow per valutare il
ritmo di crescita dell’economia; esso si riferisce al valore dei principali 30 titoli di Wall Street), valore che
sarà nuovamente raggiunto solo nel 1954.
L’euforia speculativa declinò improvvisamente nell’Autunno del 1929, quando, il timore che le quotazioni
azionarie gonfiate fossero destinate ad un calo imminente, spinse molti operatori a liquidare i propri titoli e il
panico si diffuse sul mercato. La crisi inizialmente si manifestò come un rallentamento momentaneo della
crescita economica e Martedì 22 Ottobre, il presidente della National City Bank dichiara: “Non mi risulta ci
sia nulla di fondamentalmente negativo nel mercato azionario, nelle imprese e nella struttura creditizia ad
esso relativa”. Questa lieve recessione causata dalla lungimiranza di alcuni investitori assunse le proporzioni
di una grande crisi nel cosiddetto “Giovedì nero”, il 24 Ottobre 1929, quando furono scambiate 12,9 milioni
di azioni, cedute a prezzi nettamente inferiori a quelli d’acquisto. Venerdì 25, diversi banchieri si
incontrarono per trovare una soluzione al panico e al caos nella sala contrattazioni, tra i quali Thomas
Lamont, capo della Morgan Bank, Albert Wiggin, capo della Chase National Bank e Charles Mitchell,
presidente della National City Bank. Essi incaricarono Richard Whitney, vice presidente del NYSE, affinché
sfruttando le loro risorse finanziarie facesse offerte di acquisto per blocchi di azioni di importanti società
(come la U.S. Steel) a un prezzo superiore a quello di mercato; questa tattica doveva riuscire a fermare la
caduta di quel giorno, tuttavia la tregua fu solo temporanea, con le quotazioni che restarono invariate per
quella giornata. Lunedì 28, altri investitori decisero di uscire dal mercato e il giorno seguente, il 29 Ottobre
1929, detto “Martedì nero”, furono scambiate 16,4 milioni di azioni, un numero che superò il record stabilito
cinque giorni prima e che resterà ineguagliato fino al 1969. Il mercato perse 14 miliardi di dollari di valore,
portando la perdita della settimana a 30 miliardi.
Un minimo relativo nell’indice fu toccato nel Novembre 1929, con il
Dow Jones che chiuse a 238,61, poi da quel momento il mercato
recuperò per diversi mesi, e fu raggiunto un picco di 274,03 punti
nell’Aprile del 1930, grazie soprattutto a grandi imprenditori come
William Crapo Durant, fondatore di General Motors nel 1908 e di
Chevrolet nel 1911 (insieme a Louis Chevrolet) e John Davison
Rockefeller, fondatore della Standard Oil, che comprarono grosse
quantità di azioni in modo da dimostrare al pubblico la loro fiducia
nel mercato, ma i loro sforzi non riuscirono a fermare la discesa che
riprese ad essere costante fino all’8 Luglio 1932, quando il Dow
chiuse a 41,22 punti, concludendo un declino dell’89% rispetto al
massimo raggiunto nel Settembre del 1929; questo fu il valore più
basso che l’indice abbia mai toccato nel XX secolo. William C. Durant
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Cronaca del Giovedì nero da un articolo del “New York Times” del 30 Ottobre 1929:
Ieri, i prezzi di Borsa hanno subito una sorta di collasso, sono crollati con perdite gigantesche nella seduta
di scambi certamente più disastrosa di tutta la storia del mercato borsistico. Miliardi di dollari di valori
quotati a mercato aperto furono cancellati appena i prezzi si sbriciolarono sotto la pressione della
liquidazione di titoli che erano stati venduti ad ogni prezzo. […] Gli sforzi per stimare le perdite di mercato
di ieri sono vani a causa del grande numero di azioni quotate al banco e degli scambi effettuati fuori città
circa i quali non è possibile effettuare alcun calcolo. Tuttavia, è stato stimato che ieri 880 emissioni alla
Borsa di New York hanno perduto tra gli 8 miliardi e i 9 miliardi di dollari. […] Il sostegno bancario, che in
circostanze normali avrebbe dovuto essere imponente ed efficace, fu violentemente spazzato via, dal
momento che pacchetti di azioni su pacchetti, di proporzioni tremende, inondarono il mercato. I prezzi di
offerta che banchieri, leaders industriali e agenti di cambio avanzavano nel tentativo di porre un termine
alla caduta furono polverizzati; le loro ordinazioni venivano immediatamente esaudite, mentre le quotazioni
continuavano la loro abissale discesa nel corso di una giornata caratterizzata dalla disorganizzazione, dalla
confusione e dalla impotenza finanziaria. […] Gruppi di uomini, con qua e là qualche donna, stavano
presso recipienti di vetro, che ieri si trovavano capovolti ovunque nella city, osservando le strisce di nastri di
telescrivente srotolati su cui erano segnate le quotazioni, e come la leggera carta, diventata sempre più
lunga, giungeva a toccare i piedi, le loro fortune si erano dileguate. Altri, imperturbabili, erano sdraiati
sulle poltrone reclinate nelle stanze per i clienti che si trovavano nelle sedi delle agenzie di cambio e
avevano lo sguardo fisso alla propria ricchezza che svaniva nel momento in cui le quotazioni del giorno
attraversavano silenziosamente lo schermo del tabellone luminoso. Era tra gruppi di persone che come
queste erano state divorate dalla febbre speculativa del mondo finanziario di cui lo Stock Exchange è il
cuore, che il dramma e forse la tragedia doveva essere ricercata. […] Non vi erano sorrisi. Ma non vi erano
neppure pianti. Era rinvenibile invece proprio quello spirito cameratesco che si instaura tra persone che
soffrono degli stessi mali. Ognuno ci teneva a dire al proprio vicino quanto aveva perso. Nessuno voleva
ascoltare. Era un racconto sempre uguale.
Dow Jones Industrial Avarage 1929-1940
400
350
300
250
Valore 200
150
100
50
0 ott-28 ott-29 ott-30 ott-31 ott-32 ott-33 ott-34 ott-35 ott-36 ott-37 ott-38 ott-39 ott-40
Data
7
PIL USA 1929-1940
120
100
dollari] 80
di
[miliardi 60
40
Valore 20
0 1930 1932 1936 1938 1940
1929 1931 1933 1934 1935 1937 1939
Data
Disoccupazione USA 1928-1940
30
32000000] 25
circa 20
di 15
[totale 10
Percentuale 5
0 1928 1929 1930 1931 1933 1934 1935 1938 1939 1940
1932 1936 1937
Data
8
Indice produzione industriale USA 1929-1933
10
9
8
100] 7
6
=
[2002 5
4
Valore 3
2
1
0 gen-30 gen-32
gen-29 ott-29 apr-30 ott-30 gen-31 apr-31 ott-31 ott-32 gen-33 ott-33
apr-29 lug-29 lug-30 lug-31 apr-32 lug-32 apr-33 lug-33
Data
Risparmio pubblico USA 1929-1940
1,5
1
0,5
dollari] 0
-0,5
di
[miliardi -1
-1,5
-2
Valore -2,5
-3
-3,5 1929 1931 1933 1934 1936 1938 1940
1930 1932 1935 1937 1939
Data
9
Investimenti privati USA 1929-1940
120
100
dollari] 80
di
[miliardi 60
40
Valore 20
0 1933 1934
1929 1930 1931 1932 1935 1936 1937 1938 1939 1940
Data
Esportazioni USA di merci e servizi 1929-1940
40
35
dollari] 30
25
di
[miliardi 20
15
Valore 10
5
0 1929 1930 1939 1940
1931 1932 1933 1934 1935 1936 1937 1938
Data
10
Consumi personali USA 1929-1940
900
800
dollari] 700
600
di 500
[miliardi 400
300
Valore 200
100
0 1929 1931 1935 1938 1940
1930 1932 1933 1934 1936 1937 1939
Data
Valuta in circolazione USA 1919-1940
10
9
dollari] 8
7
6
di
[miliardi 5
4
3
Valore 2
1
0 gen-20 gen-21 gen-23 gen-25 gen-26 gen-28 gen-32 gen-34 gen-35 gen-37 gen-40