Anteprima
Vedrai una selezione di 6 pagine su 21
Crisi del '29 (28111) Pag. 1 Crisi del '29 (28111) Pag. 2
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Crisi del '29 (28111) Pag. 6
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Crisi del '29 (28111) Pag. 11
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Crisi del '29 (28111) Pag. 16
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Crisi del '29 (28111) Pag. 21
1 su 21
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi
Storia: il boom degli anni '20

Scienze delle finanze: la finanza neutrale e funzionale

Matematica: la ricerca operativa

Italiano: Italo Svevo (la coscienza di Zeno)

Economia: i costi

Inglese: la crisi del '29 (il New Deal)

Diritto: stati sociali e Welfare State

Estratto del documento

Ma la crisi, oltre che borsistica, industriale, agricola e commerciale, fu anche una crisi

bancaria. Infatti sia l'industria che l'agricoltura erano fortemente indebitate con le

banche. Durante gli "anni ruggenti", le banche avevano ecceduto nei prestiti, nella

previsione di una restituzione regolare e nella fiducia nei risparmiatori che avrebbero

dovuto accrescere i loro depositi.

Ma con la crisi, un enorme numero di imprese non fu in grado di pagare i debiti alle

scadenze e intanto, le banche, erano premute da coloro che avevano depositato soldi,

e che ora chiedevano la restituzione delle somme depositate. Di conseguenza,

trovatesi di fronte alla pressione dei depositanti e all'impossibilità di far rientrare i

prestiti, molte banche furono costrette a chiudere.

Inoltre, per tutelarsi, gli USA, tesero a ritirare gli investimenti dal mercato

internazionale al quale si aggiunse la politica doganale. La "Hawley-Smoot", la dura

tariffa doganale che gli Stati Uniti adottarono dal giugno del 1930, ebbe

caratteristiche duramente protezionistiche portandoli a scegliere la via

dell'isolazionismo o del nazionalismo economico.

Dow Jones Industrial Avarage 1929-1940

400

350

300

250

Valore 200

150

100

50

0 ott-28 ott-29 ott-30 ott-39 ott-40

ott-31 ott-32 ott-33 ott-34 ott-35 ott-36 ott-37 ott-38

Data

Disoccupazione USA 1928-1940

32000000] 30

25

circa 20

di 15

[totale 10

Percentuale 5

0 1928 1929 1930 1931 1932 1933 1934 1935 1936 1937 1938 1939 1940

Data

Primi rimedi

Di fronte alla crisi, la reazione dell'opinione pubblica statunitense fu varia, ma quella

del presidente repubblicano, Herbert Hoover, non fu incisiva. Inizialmente egli si

oppose alla misure deflazionistiche, stimolando la spesa per opere pubbliche e facendo

pressione sugli industriali perché non riducessero i salari. Infine, nel 1930, creò la

"Grain Stabilization Corporation" e la "Cotton Stabilization Corporation" per

sostenere i prezzi dei cereali e del cotone che erano in rapida caduta. Ma d'altro

canto, si rifiutò di creare un piano di pubblica assistenza per le famiglie, facendo,

invece, affidamento sulla carità privata e sull'azione dei governi locali. Le famiglie,

quindi, non potendo più pagare i mutui fondiari, vennero espropriate della loro casa e

molte si trasferirono altrove in cerca di un lavoro.

Dal punto di vista delle relazioni internazionali, la Società delle Nazioni, convocò

solamente una riunione nel febbraio del 1930 per attuare una sorta di tregua doganale

che però non si attuò mai.

La disoccupazione

Come tutte le crisi, anche questa scaricò nella massa i suoi effetti e il più evidente

fra tutti fu la disoccupazione che fu aggravata dalle politiche deflazionistiche

adottate per evitare ripercussioni inguaribili nel bilancio dello stato come la riduzione

degli stipendi, la tassazione diretta anche sui salari e la riduzione della spesa pubblica.

Politica intrapresa da Hoover, candidato repubblicano, per salvaguardare il valore

della moneta che fu la causa fondamentale della disoccupazione mondiale.

1933: il New Deal

Il crollo della borsa e la crisi economica squalificarono, di fronte all'opinione pubblica

americana, gli ambienti capitalistici che durante gli "anni ruggenti" erano stati esaltati

per il loro spirito d'iniziativa. Questa sfiducia si abbatté anche sul Partito

Repubblicano che era il maggior rappresentante del mondo capitalista; quindi, alle

elezioni del 1932 il Partito Repubblicano venne sconfitto da quello Democratico,

rappresentato da Franklin Delano Roosevelt, che fu sostenuto soprattutto dai

lavoratori.

Il patto che Roosevelt presentò agli americani, il New Deal, non si inspirava ad una

precisa dottrina economico-politica, ma all'interno di questo programma ci furono

degli importanti punti fermi:

1. La decisione di affrontare la crisi tramite l'intervento dello Stato;

2. L'impegno a dirigere le attività economiche e a mediare i contrasti di classe per

dimostrare la compatibilità tra sistema capitalistico e regime democratico.

Tramite il Brain Trust, cioè un gruppo di collaboratori competenti, durante il primo

periodo della sua presidenza mise in atto una serie di provvedimenti, inspirati alle idee

di Keynes:

1. Per ridurre la disoccupazione, il governo promosse una vasta serie di lavori pubblici

(costruzione di case, strade, ponti, opere pubbliche) e fondò un Corpo Civile per la

Conservazione della Natura che impiegò circa 3 milioni di giovani in opere di

rimboscamento. Fondò, inoltre, la famosa Tennessee Valley Authority, che in circa

venti anni portò a termine i lavori di sistemazione della valle del Tennessee,

costruendo dighe e centrali per fornire energia elettrica a costi più bassi di quelli

praticati dalle industrie private;

2. Concesse dei sussidi agli agricoltori perché diminuissero la produzione o perché

distruggessero una parte del raccolto, per evitare una caduta dei prezzi;

3. Affidò all'Ente Nazionale per la Ripresa Industriale il compito di stimolare il

rilancio industriale e di formulare un "codice dei concorrenza leale" per mantenere i

prezzi ad un livello adeguato. Dall'altra parte le aziende dovevano dare ai lavoratori un

minimo salariale e non dovevano aumentare il numero pattuito d'ore lavorative per

settimana;

4. Per trovare i fondi necessari a questa nuova politica, fondata sull'espansione della

spesa statale, si ricorse all'aumento del debito pubblico: si accettò il deficit statale

non pretendendo più il pareggio ad ogni costo; si stampò più carta moneta in rapporto

alla quantità di riserve auree, creando un'inflazione controllata che svalutò il dollaro

ma permise una più facile esportazione.

Tamponati gli aspetti più pericolosi della crisi, dal 1935 venne creato un programma di

riforme per consolidare questo sistema. La legge sulla sicurezza sociale fissò

consistenti indennità per la disoccupazione, l'invalidità e la vecchiaia. Una riforma

fiscale rese fortemente progressive le imposte sui redditi e rese più difficoltosa

l'evasione fiscale. La legge sui rapporti di lavoro riconobbe giuridicamente i sindacati.

Ma se inizialmente il New Deal era stato accettato da tutti come l'unica soluzione alla

crisi, le riforme successive incontrarono una forte opposizione nell'ambiente

capitalistico che, per salvaguardare i propri interessi, accusava il presidente di

autoritarismo e di concessioni al collettivismo. Nonostante ciò Roosevelt venne

rieletto nel 1936, ma nel 1937, mentre il governo restringeva la spesa pubblica per non

aumentare troppo il deficit dello Stato, l'ostilità dei capitalisti si manifestò in un

cosiddetto "sciopero bianco del capitale" che consistette in un decremento degli

investimenti: ne seguì una ripresa della disoccupazione per far fronte al quale il

governo, ricorse nuovamente all'espansione della spesa pubblica.

Nel 1938, la politica del New Deal, può considerarsi conclusa. Infatti, le minacce del

nazismo e dell'imperialismo nipponico, indussero il governo a moltiplicare le spese per

gli armamenti, che da sole riuscirono a far superare la crisi, tanto che la

disoccupazione sparì velocemente.

Roosevelt venne rieletto nel 1940 e nel 1944 e tenne la presidenza fin quasi al termine

della Seconda Guerra Mondiale: morì, infatti, il 12 aprile del 1945, alla vigilia della

vittoria sul nazismo.

L'interpretazione Keyneysiana

Uno studio approfondito della crisi del '29, venne effettuato da uno dei più brillanti

economisti del secolo: John Maynard Keynes nel suo libro "La teoria generale

dell'occupazione, dell' interesse e della moneta". Secondo la sua tesi, la depressione

nasce a causa della riduzione degli investimenti nell'economia che si riflette nella

riduzione della produzione dei beni strumentali. Di conseguenza, ne deriva una minore

occupazione e un minor consumo da parte di coloro che percepiscono reddito. Di

seguito peggiorano le prospettive di guadagno di altri gruppi di imprenditori e, quindi,

l'incentivo ad investire. Avviene una diminuzione dei consumi e tramite una serie a

catena, la situazione tende a peggiorare. In particolare, gli imprenditori non trovano

conveniente utilizzare in investimenti i risparmi monetari di coloro che percepiscono

un reddito. Il nodo della crisi risiede, appunto, in questa discordanza tra le decisioni

dei percettori di reddito, che non ritengono conveniente consumare, ma anche che non

investono direttamente; e quelle degli imprenditori che non ritengono conveniente

utilizzare il denaro per aumentare i loro investimenti. A questo punto deve intervenire

lo Stato, per cercare di arrestare il processo. Ciò può avvenire tramite una spesa

pubblica che, se effettuata tempestivamente, può invertire la tendenza, mantenendo

stabili i prezzi. Dopo di che termina l'intervento dello Stato.

In conclusione, Keynes sostiene che l'intervento dello stato deve essere limitato nel

tempo e basato su un programma di spesa pubblica, o finalizzato a contenere la

domanda.

Bilancio del New Deal

Com'è facile immaginare, la politica di Roosevelt cambiò alcuni dei fondamentali della

civiltà americana.

Il fattore più evidente, è la scomparsa delle tesi del liberismo, introducendo la pratica

dello "Stato assistenziale" (Welfare State), non solo in America, ma in molti paesi

capitalisti.

La ripresa economica che era tra gli obiettivi del presidente, fu attuata in buona

parte, ma non fu raggiunto il pieno impiego della manodopera, cosa che avverrà solo

con il riarmo, che non apparteneva, però, alla logica di Roosevelt.

Fu conseguita in misura notevole la ridistribuzione dei redditi e venne allargata e

tutelata la libertà dei sindacati, assieme a quella politica, tanto che gli Stati Uniti

divennero il rifugio di molti intellettuali durante la persecuzione nazista e fascista

(Albert Einstein, Thomas Mann, Enrico Fermi, Sigmund Freund, Bertold Brecht, ecc.).

SCIENZE FINANZE

Finanza neutrale e finanza funzionale

- Il ruolo dello stato in economia –

Lo Stato, nel momento in cui svolge un’attività finanziaria, esercita un’attività di spesa

a cui corrisponde un’attività di entrata. L’intervento dello Stato in economia si

atteggia in modo diverso a seconda di quale di gamma di servizi pubblici intende

offrire.

Nel corso degli ultimi due secoli sono state elaborate diverse teorie sull’opportunità

di un massiccio intervento dello Stato in economia; principalmente si sono

contrapposte due diverse teorie , che prendono il nome di finanza neutrale e finanza

funzionale.

La finanza neutrale: è una teoria economica elaborata da alcuni economisti alla fine

del 1800 secondo la quale lo Stato doveva limitare al massimo il proprio intervento

nell’economia; infatti, sempre secondo questa teoria, l’intervento dello Stato sarebbe

risultato dannoso, in quanto finiva per alternare gli equilibri che il sistema economico

naturalmente raggiunge. Si parla anche di politica del “lasciar fare”, cioè di lasciare

l’innovativa economia in mano ai privati; questi ultimi infatti nel tentativo di perseguire

il proprio benessere personale , finirebbero indirettamente per arrecare un beneficio

a tutta la collettività. Secondo l’economista Adam Smith è come se ci fosse una “mano

invisibile” che guida il privato nelle sue attività finendo per arrecare beneficio a tutta

l’economia dello Stato. Viceversa, se lo Stato fosse intervenuto in economia, volendo

offrire una maggiore gamma di servizi pubblici, avrebbe finito per invadere il campo

dell’iniziativa economica privata, ed inoltre avrebbe dovuto aumentare la pressione

tributaria, sottraendo risorse economiche ai cittadini. Tutto questo crea delle

condizioni di squilibrio che invece non esisterebbero se il mercato fosse lasciato “ a se

stesso “, in quanto quest’ultimo ha in se le forze per raggiungere l’equilibrio di piena

occupazione; con questa espressione ci si riferisce ad un mercato in cui i tre principali

fattori produttivi ( terra, lavoro, capitale ) sono pienamente occupati. Per tutti questi

motivi lo Stato deve rimanere neutrale, non deve intervenire nell’economia se non al

limitato fine di offrire i tre servizi pubblici essenziali, con conseguente limitazione al

Dettagli
21 pagine
4522 download