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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: La crisi del '29 negli USA
Autore: Viganò Giovanni
Descrizione: indagine sugli aspetti storici, politici, economici ed artistici legati alla crisi del 1929.
Materie trattate: Storia, Arte, Economia
Area: umanistica
Sommario: Storia, I ruggenti anni 20, Crisi del 1929, I primi rimedi di Hoover, New Deal di Roosevelt. Arte, manifesti di incentivazione del lavoro della Mather&Co, fotografie della Grande Depressione. Economia, Le cause della crisi, Gli effetti, Il liberismo, L'interpretazione di John Maynard Keynes.
Prefazione:
Questa tesina è nata dal mio interesse per la storia, specialmente quella del ‘900 e per l’ambito
economico. La scelta dell’argomento tra i molti possibili, è stata influenzata anche dalla situazione
attuale con una nuova crisi di portata mondiale sviluppatasi negli Stati Uniti, per poi diffondersi in
Europa e in maniera non meno rilevante in tutti gli altri continenti.
L’idea originaria era quella di un raffronto tra le cause e le modalità con cui si sono manifestati
questi episodi ma durante la realizzazione ho modificato il progetto iniziale per concentrarmi
totalmente sulla crisi del ‘29, sia per la maggior semplicità a livello economico, sia per l’interesse -
maggiore di quello atteso- che mi ha invogliato ad approfondire questo momento storico.
Oltre all’analisi politico-economica, un altro punto attorno a cui verte il mio lavoro, suggeritomi dal
professore di storia, è la parte artistica in cui analizzo la nascita dei poster come modo di incentivare
il lavoro dei dipendenti nelle fabbriche durante il boom economico degli anni ‘20 e della fotografia
documentaria in seguito alla grande depressione del ‘29. Per quanto riguarda questa sezione, in base
ad una personale inclinazione, ho voluto favorire un discorso sull’interconnessione tra momento
storico e movimento artistico piuttosto che un discorso a carattere esplicitamente tecnico e artistico.
Casualmente leggendo un articolo di giornale: American Blues, immagini dall’altra crisi (Corriere
della Sera del 16 Maggio 2009, di Francesco Cevasco) mi sono imbattuto in un articolo che
presentava la mostra “USA 1929-Lavoro, successo e miseria tra gli anni ruggenti e la grande
depressione” presso la Fondazione Antonio Mazzotta (Foro Bonaparte 50, Milano) così ho deciso di
cogliere al volo l’occasione e visitarla; da lì ho tratto la maggior parte degli spunti presentati per
questa sezione finale. 3
Situazione Politica: PACE DEMOCRATICA
(democratico ‘12-‘20)
Woodrow Wilson
14 punti per mantenere una pace duratura.
Istituzione della banca centrale Federal Reserve (FED) nel 1913. ISOLAZIONISMO
(repubblicano ‘20-‘22) elezioni presidenziali 1920
Warren Harding
Rifiuto di ratificare il Trattato di Versailles.
Gli USA non entrano a far parte della Società delle Nazioni.
IMPOSIZIONE RIGIDA MORALITA’ PURITANA
(repubblicano ‘22-‘28)
Calvin Coolidge
Immigration Act (1 Luglio 1924) legislazione restrittiva sull’immigrazione (Italia: 3˙848 cittadini l’anno).
Condanna a morte degli italiani Sacco e Vanzetti, giustiziati il 23 Agosto 1927 a Dedham.
Episodi di razzismo, atteggiamenti xenofobi e aumento degli iscritti al Ku Klux Klan.
Mantenimento del proibizionismo (18° emendamento e Prohibition Act del 1919).
Lotta fra gang: Alphonse Gabriel “Al” Capone vs North Side Gang di George “Bugs” Moran (irlandese),
Massacro di San Valentino (14 Febbraio 1929, Chicago).
POLITICA DEFLAZIONISTICA
(repubblicano ‘28-‘32)
Herbert Hoover
Grain Stabilization Corporation e Cotton Stabilization Corporation (1930) per sostenere i prezzi dei cereali e
del cotone.
Fece pressione sugli industriali affinché non riducessero gli stipendi, ma non attuò un piano di pubblica
assistenza, preferendo fare affidamento sulla carità privata e sull’intervento dei governi locali (molte
famiglie impossibilitate a pagare i mutui si videro espropriate della propria casa).
Cercò di ristabilire la fiducia nel mercato con discorsi rassicuranti (sosteneva che solo una riduzione del
numero di lavoratori avrebbe riportato la prosperità).
POLITICA INFLAZIONISTICA
(democratico ‘32-‘45)
Franklin Delano Roosevelt
New Deal (“A new deal for the American people”: una nuova mano di carte per gli americani, la celebre
frase pronunciata il 2 Luglio 1932 al Congresso dei democratici in cui Roosevelt accettò la nomina alla
candidatura della presidenza).
Unico presidente nella storia degli Stati Uniti d’America a vincere le elezioni presidenziali per quattro volte.
W. Wilson W. Harding C. Coolidge H. Hoover F. D. Roosevelt
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“The roaring Twenties” (i ruggenti anni ‘20):
La Grande Guerra aveva trasformato gli USA da debitori in creditori, infatti, tra il 1923 e il 1929 il reddito
nazionale aumentò del 23% e la popolazione, in virtù delle leggi restrittive sull’immigrazione, aumentò solo
del 9%, e la forza lavoro dell’11%; questa maggior disponibilità di capitali consentì agli USA di diventare il
paese più prospero al mondo e di poter concedere cospicui prestiti alle nazioni europee (ma anche
all’America latina, al Canada e ad altri paesi asiatici) per permettere una loro ripresa economica, soprattutto
nei confronti della Germania, dove si confidava nel ritmo di crescita del mercato statunitense, che avrebbe
fatto in modo che i prestiti non fossero richiamati entro poco tempo.
Questo periodo di prosperità (sorprendente
soprattutto nel settore automobilistico con Ford,
General Motors e Chevrolet), vide il proliferare
delle industrie che aggiravano le leggi anti-trust
riguardo al diritto concorrenziale (come il
monopolio creato dalla Standard Oil che deteneva
il 64% del mercato del combustibile americano) e
che resero i centri finanziari, commerciali e
industriali (come New York, Detroit, Cleveland,
Los Angeles e Chicago) delle grandi metropoli. La
produzione di automobili passò da 500˙000 nel John D. Rockefeller Henry Ford
1913 a oltre 5˙500˙000 nel 1929.
In generale vigeva un clima di fiducia nello sviluppo, così che anche le banche concedevano prestiti, facendo
poca attenzione, perché convinte che i debitori avrebbero estinto il pagamento e che loro avrebbero
guadagnato grazie al tasso d’interesse. Agricoltori e industriali si indebitavano per aumentare la produzione
delle proprie imprese grazie ad investimenti, che si accompagnavano alle nuove forme di produzione, su tutte
la catena di montaggio, adottata da Henry Ford per la produzione del Modello T e teorizzata dal taylorismo
(Frederick Winslow Taylor, “L’organizzazione scientifica del lavoro”), tra il 1922 e il 1929 la produzione
industriale aumentò del 64% (contro il 12% del decennio precedente).
Catena di montaggio Ford T Model
Inizialmente la domanda superava l’offerta, infatti, la pubblicità, la possibilità di pagamento a rate e la nuova
forma di distribuzione attraverso i grandi magazzini moltiplicarono i consumi, estendendoli ad un maggiore
strato sociale; convinto che la prosperità non potesse avere termine il presidente Coolidge proclamò:
“L’affare dell’America sono gli affari”. Questo ottimismo occorse soprattutto in Borsa, dove tra il 1925 e il
1929, il numero dei valori scambiati raddoppiò, il numero di azioni trattate alla Borsa di New York (New
York Stock Exchange, NYSE) passò da 500˙000 ad oltre 1˙100˙000 e il loro valore medio da 159 a 381
punti, infatti, si era sviluppato un fattore psicologico trainante, ossia la convinzione che fosse possibile un
arricchimento facile, legato ad audaci attività speculative piuttosto che al lavoro e alla produzione.
Le azioni sono piccole quote che rappresentano il capitale di una società, il loro valore tendenzialmente
cresce quanto più sono ottimistiche le previsioni dei profitti e quanto più basso è il tasso d’interesse.
Questa possibilità di guadagni rapidi fece diventare l’investimento in Borsa un fenomeno di massa, tuttavia
la vertiginosa crescita del valore delle azioni, vide aumentare il numero di speculatori anche tra i piccoli
risparmiatori piuttosto che di cassettisti (lo speculatore acquista le azioni per rivenderle poco dopo
incassando la differenza, non è interessato ad investimenti a lungo termine ma il suo guadagno si basa sulla
plusvalenza dei titoli, il cassettista invece tende a tenere le azioni per lunghi periodi perché interessato a
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diritti di natura amministrativa come la possibilità di voto, con cui può prevedere l’entità dei dividendi, sui
quali si fonda il suo guadagno). Acquistare le azioni era poco impegnativo, infatti, il compratore pagava solo
una parte dei titoli e prendeva il resto a prestito, dando in garanzia le azioni stesse e con il guadagno
realizzato in breve tempo, contava di rendere il denaro riuscendo lo stesso ad ottenere un profitto. Questa
corsa all’acquisto nel momento in cui era duratura, avvalorava se stessa grazie alle quotazioni sempre
crescenti, e il sistema andava costruendosi su di sé, accentuando le tendenze di mercato che non
rispecchiavano più l’economia reale.
La crisi:
Nell’Estate del 1929 a causa di un calo della domanda interna americana, la produzione industriale ebbe un
rallentamento generalizzato, tuttavia le quotazioni dei titoli continuavano a salire e il loro valore non
rispecchiava più lo stato economico delle aziende, infatti, non era conseguenza di un aumento dei dividendi
delle azioni, ossia dei profitti delle società, ma era solo il frutto di un intenso movimento speculativo
riguardante la previsione di crescita.
L’indice Dow Jones raggiunse il picco di 381,17 punti il 3 Settembre 1929, (il DJIA “Dow Jones Industrial
Average” è un indice del NYSE, creato dal fondatore del Wall Street Journal: Charles Dow per valutare il
ritmo di crescita dell’economia; esso si riferisce al valore dei principali 30 titoli di Wall Street), valore che
sarà nuovamente raggiunto solo nel 1954.
L’euforia speculativa declinò improvvisamente nell’Autunno del 1929, quando, il timore che le quotazioni
azionarie gonfiate fossero destinate ad un calo imminente, spinse molti operatori a liquidare i propri titoli e il
panico si diffuse sul mercato. La crisi inizialmente si manifestò come un rallentamento momentaneo della
crescita economica e Martedì 22 Ottobre, il presidente della National City Bank dichiara: “Non mi risulta ci
sia nulla di fondamentalmente negativo nel mercato azionario, nelle imprese e nella struttura creditizia ad
esso relativa”. Questa lieve recessione causata dalla lungimiranza di alcuni investitori assunse le proporzioni
di una grande crisi nel cosiddetto “Giovedì nero”, il 24 Ottobre 1929, quando furono scambiate 12,9 milioni
di azioni, cedute a prezzi nettamente inferiori a quelli d’acquisto. Venerdì 25, diversi banchieri si
incontrarono per trovare una soluzione al panico e al caos nella sala contrattazioni, tra i quali Thomas
Lamont, capo della Morgan Bank, Albert Wiggin, capo della Chase National Bank e Charles Mitchell,
presidente della National City Bank. Essi incaricarono Richard Whitney, vice presidente del NYSE, affinché
sfruttando le loro risorse finanziarie facesse offerte di acquisto per blocchi di azioni di importanti società
(come la U.S. Steel) a un prezzo superiore a quello di mercato; questa tattica doveva riuscire a fermare la
caduta di quel giorno, tuttavia la tregua fu solo temporanea, con le quotazioni che restarono invariate per
quella giornata. Lunedì 28, altri investitori decisero di uscire dal mercato e il giorno seguente, il 29 Ottobre
1929, detto “Martedì nero”, furono scambiate 16,4 milioni di azioni, un numero che superò il record stabilito
cinque giorni prima e che resterà ineguagliato fino al 1969. Il mercato perse 14 miliardi di dollari di valore,
portando la perdita della settimana a 30 miliardi.
Un minimo relativo nell’indice fu toccato nel Novembre 1929, con il
Dow Jones che chiuse a 238,61, poi da quel momento il mercato
recuperò per diversi mesi, e fu raggiunto un picco di 274,03 punti
nell’Aprile del 1930, grazie soprattutto a grandi imprenditori come
William Crapo Durant, fondatore di General Motors nel 1908 e di
Chevrolet nel 1911 (insieme a Louis Chevrolet) e John Davison
Rockefeller, fondatore della Standard Oil, che comprarono grosse
quantità di azioni in modo da dimostrare al pubblico la loro fiducia
nel mercato, ma i loro sforzi non riuscirono a fermare la discesa che
riprese ad essere costante fino all’8 Luglio 1932, quando il Dow
chiuse a 41,22 punti, concludendo un declino dell’89% rispetto al
massimo raggiunto nel Settembre del 1929; questo fu il valore più