Sintesi
COCO CHANEL



Se ho scelto di affrontare questo argomento è perché ho sempre avuto un particolare interesse per il mondo della moda e Chanel è una delle stiliste che adoro di più in assoluto per tre motivi: per lo stile che ha inventato, per come ha interpretato i tempi che cambiano e per la donna che è stata. Oggi la chiameremmo una self-made woman. L’infanzia difficile, le esibizioni nei cabaret di Parigi, infine il successo planetario: la sua vita dalle tante ombre farebbe la gioia di giornalisti e blogger.
Al contrario di altre donne famose dell’epoca come Marylin Monroe o Audrey Hepburn, lei non è la musa, bensì l’artista, l’imprenditrice. Una sorta di Steve Jobs con il tailleur, una maestra di semplicità e di design facile da portare. Gabrielle fa la sua rivoluzione eliminando corsetti, introducendo la comodità del jersey e dei completi, fino all’intuizione per la quale ogni donna la ringrazia ogni giorno: la tracolla.
Coco afferma che la moda è destinare a diventare fuori moda, ma per lei non sarà così. Basta guardare le vetrine, non solo quelle del suo storico atelier in Rue Cambon a Parigi: anche nella più economica delle linee, nel più semplice dei grandi magazzini, le sue innovazioni sono sempre presenti.
Ecco il motivo per cui siamo ancora a parlare di una signora che avrebbe compiuto 134 anni ad agosto. Perché è stata una lottatrice, perché ogni sua biografia continua ad appassionare e perché il suo stile non tramonta mai.

Chanel era una spia nazista?

Coco Chanel una volta disse: "Per essere insostituibili bisogna essere diversi". E lei sicuramente lo era. Forse anche più di quanto fino a oggi si immaginasse.
Secondo i documenti emersi dagli archivi inglesi e americani e da quelli sovietici, dove erano finite le carte del servizio segreto di Berlino, l’Abwher, la famosa stilista e icona francese è stata una spia nazista.
I media francesi e la stessa stilista hanno sempre negato, ma Chanel di certo antisemita lo era stata, almeno a parole, anche se era in affari con esponenti della finanza e dell’imprenditoria ebraica, come i fratelli Wertheimer; anticomunista e antisocialista pure; amici tedeschi e nazisti li aveva avuti o ne era stata l’amante, come l’agente dell’Abwher Hans Guenther von Dincklage, o come il vicecomandante della Gestapo, e il traditore francese e spia per la Germania barone Louis de Vaufreland. Ma aveva avuto anche amanti come il duca di Westminster, il poeta Pierre Reverdy, combattente della Resistenza; era amica di Winston Churchill e del figlio Randolph. Una personalità contraddittoria, per certi versi debole e per altri di una forza di volontà incrollabile, manipolatrice e manipolabile, alla quale Hitler e il nazismo interessavano nella misura in cui riuscisse a servirsene e, nel caso servisse, in nome degli affari e dei vestiti.

Dai documenti dell’Abwher era emerso che Chanel aveva un ‘numero di matricola’: F-7124, e un nome in codice: Westminster, probabilmente per la sua amicizia con l’omonimo ricchissimo duca, prima della guerra suo mentore e amante.

Tutto ebbe inizio quando, nel maggio del 1940, la madame della moda aveva abbandonato in fretta e furia Parigi per rifugiarsi nella tenuta della moglie del nipote André Palasse, catturato dai tedeschi e rinchiuso in un campo di prigionia. Amica della figlia del Primo Ministro di Vichy, nell’autunno del 1940 Chanel pensò di sfruttare i suoi rapporti per rientrare a Parigi, senza tuttavia manifestare propensioni filotedesche. Le uniche cose che la preoccupavano erano i suoi affari e la sorte del nipote prigioniero.
Perde però la testa quando incontrò un personaggio che aveva ben frequentato negli anni Trenta: Hans Günter von Dincklage, il suo ‘Spatz’, bello, colto, playboy impenitente, ora in pieno splendore nella divisa di ufficiale tedesco, agente segreto, nonché uomo del controspionaggio. A 57 anni Coco tornò ad ardere d’amore per Spatz. Come ha raccontato la nipote della stilista, il tedesco ‘era la spalla su cui aveva bisogno di appoggiarsi e un uomo che l’avrebbe aiutata a riportare il nipote André a casa’.
Grazie a lui le si aprirono le porte del settimo piano dell’Hotel Ritz di Parigi, quartier generale dell’aviazione militare tedesca, dove alloggiò insieme a gerarchi nazisti come Goering e Goebbels, che la reclutò perfetta come spia grazie alle sue relazioni con Londra, nella neutrale Spagna e nel bel mondo parigino.
Nella primavera del 1941, in un incontro a tre nell’atelier di rue Cambon, che però Chanel smentì al magistrato che glielo contestava nel dopoguerra, il tenente Hermann dell’Abwher, le propose: la libertà per André in cambio di informazioni politiche da cercare a Madrid. Ed fu così che tutto ebbe inizio.
A Chanel vennero affidate due missioni: quella a Madrid e l’operazione ‘Modelhut’ (cappello da modella), entrambe fallite. Rientrata in Francia, Chanel fece un viaggio a Berlino per incontrare il capo della Gestapo e spiegare per quale motivo anche ‘Modellhut’ fosse fallita. Dovette essere convincente, se poté tornare a Parigi, alloggiare di nuovo al Ritz e riprendere la sua attività, comprese le serate mondane in compagnia della crème del collaborazionismo e degli occupanti tedeschi.

Liberata la Francia, s’iniziarono le epurazioni e le vendette. I servizi segreti gollisti e le FFI (Forze Francesi dell’Interno) sapevano tutto di Chanel. Fu arrestata una prima volta dai ‘fifi’, come lei chiamava i giovanotti delle FFI, che la trattarono piuttosto rudemente per rilasciarla però dopo qualche ora. Arrestata e interrogata una seconda volta, fu di nuovo rimessa in libertà. Secondo alcune voci, per intervento diretto di Winston Churchill, suo amico sì, ma soprattutto preoccupato che, dinanzi a un’accusa e a un processo per collaborazionismo, Chanel potesse rivelare i rapporti fra il duca di Windsor, l’ex Re Edoardo VII, e Adolf Hitler. Fatto sta che la famosa stilista, nonostante le prove schiaccianti, non passò che più di qualche ora in prigione.
Forse, vale ancora quanto rispondevano i francesi, sul periodo dell’occupazione tedesca: ‘Furono giorni molto duri. Accaddero cose strane, in quegli anni. Meglio gettarsi tutto alle spalle’.








ESTETISMO DANNUNZIANO.
La moda può essere spiegata attraverso vari abbinamenti. C’è chi si accontenta di seguirla, chi invece non può fare a meno di infrangerne le regole con accostamenti a dir poco indecenti. Alcuni però, e parlo di quelli più curiosi, si chiedono cosa sia veramente. Per tutta risposta ho deciso di abbinare la moda alla letteratura, più precisamente a quella ottocentesca. Un connubio particolare, quello tra estetismo e moda, ma necessario a delinearne gli aspetti più significativi. Nato nella seconda metà dell’Ottocento, l’estetismo è una corrente letteraria che dà importanza non più alla sostanza delle cose, ma alla loro forma. Il culto dell’esteriorità prevale quindi sulla virtù, bellezza e fantasia diventano la rappresentazione stessa dell’arte, che diviene parte integrante della vita dell’esteta. L’esteta per eccellenza è Gabriele D’Annunzio, intenditore e appassionato della casa di moda di Chanel e che, delle donne, apprezzava soprattutto il profumo, meglio se Chanel n°5.
Gli elementi distintivi dell'estetismo sono il culto della bellezza e dell’arte, recuperando i canoni greci; in pratica l’importanza sta più nella forma che nella sostanza. L’artista cioè l’esteta cerca con questo atteggiamento raffinato, elegante e sensibile di elevarsi alla massa. Per fare questo crea con il proprio gusto le regole della moda e del comportamento, trasformando la propria vita in un’opera d’arte. D’Annunzio si riteneva un dandy, un anticonformista che andava contro ogni regola dell’epoca perbenista.
Seguendo il suo ideale estetico, D’Annunzio scrive il romanzo “Il Piacere” che fa parte del Ciclo della Rosa. Il romanzo, ambientato nella Roma dell’800, ha come protagonista Andrea Sperelli, un giovane aristocratico amante della bellezza e dell’arte. Il giovane ha avuto un’intensa storia d’amore con Elena Muti, bruscamente interrotta dalla donna. Deluso dalla donna che amava, si rifugia in diverse avventure amorose finché incontra Maria Bandinelli Ferres, che si contraddistingue per i modi gentili che colpiscono il giovane Andrea. L’amore verrà corrisposto ma mai consumato. Maria parte per un viaggio e Andrea ritorna alla sua vita fatta di amori avventurosi finché rincontra Elena con cui però non riuscirà a riallacciare il rapporto di un tempo. Tornata dal viaggio, Maria cede tra le braccia di Andrea ma, durante un incontro amoroso, Andrea la chiamerà con il nome di Elena e lei fuggirà via. Andrea nelle ultime pagine del romanzo si ritrova solo e pieno di debiti a vagare per la di-mora dei Ferres ormai svuotata da ogni bene, quindi avrà assunto la posizione dell’inetto, cioè di colui che non è riuscito a raggiungere i propri scopi.
Il romanzo dannunziano vuole rappresentare le abitudini e le usanze della società romana dell’800, sviluppando il tema della dissoluzione dei valori della società devastata dall’egoismo. Ben presto, però, D’Annunzio si rende conto che l’esteta non ha la forza di opporsi realmente alla borghesia in ascesa, che a fine secolo si avvia sulla strada dell’industrialismo.
La costruzione dell’estetismo entra allora in crisi. Il piacere, in cui confluisce l’esperienza mondana e letteraria vissuta sino a quel momento, ne è la testimonianza più esplicita. Al centro dei romanzi c’è la figura di un esteta, Andrea Sperelli, il quale non è che un “doppio” di D’Annunzio stesso, in cui l’autore denuncia la sua crisi e la sua insoddisfazione. Nei confronti di questo suo “doppio letterario” D’Annunzio ostenta un atteggiamento quasi critico, facendo pronunciare dal narratore duri giudizi nei suoi confronti. In realtà il romanzo è percorso da una sottile ambiguità, poiché Andrea non cessa di esercitare un sottile fascino sullo scrittore. Quindi, pur segnando un punto di crisi e di consapevolezza, nel suo impianto narrativo il romanzo risente ancora della lezione del realismo ottocentesco e del verismo, che conservava in quegli anni grande vitalità.



Pierre Reverdy, che aveva combattuto nella Resistenza, aveva rotto con i suoi amici che avevano parteggiato per Vichy e avevano collaborato con i tedeschi ed era stato innamorato di Chanel, prima di morire, scrisse per lei questo epitaffio:


Ecco,
Coco carissima
il meglio di ciò che ho fatto
e il meglio di me stesso
te lo offro
con il mio cuore
o con la mia mano
prima di dirigermi
verso la fine della strada.
Condannata
o perdonata
sappi che sei amata.


COCO CHANEL À PARIS
Coco Chanel, femme libre et active, est sans aucun doute la reine indiscutable de Paris.
L’agence offre la possibilité de découvrir les sites qui ont marqué la vie de Coco à Paris où son esprit habite encore les lieux à visiter.
L’itinéraire à pied prend trois à quatre heures et il part de la Place Vendôme au Ritz, l’hôtel dans lequel la femme s'établit en 1937 : d’abord dans une suite avec vue sur la place, puis dans deux chambres avec des fenêtres sur la rue Cambon. C’est ici que la styliste est morte dans une nuit de janvier de 1971.
Après la visite de sa suite à l’hôtel, on va au numéro 18 de Place Vendôme. Ici il y a le vieux Hôtel Cressart que la Maison Chanel a entièrement fait restructurer en 1997 pour recevoir les collections de bijouterie.
Elle fut la première femme et la première styliste à entrer dans cet univers luxueux dans lequel brille toujours son nom.
À dix minutes à pied de la place, on arrive Rue Cambon, synonyme de Chanel, surtout le numéro 21 ou tout a commencé en 1910 quand Gabrielle ouvre une boutique de chapeaux.
Il y a puis le numéro 29, 27, 25, le 25 et le numéro 19 où, saison après saison, on a exposé les collections de Coco.
Finalement on entre au numéro 31 pour monter les escaliers parcourus des clients et des personnages illustres.
Coco a rhabillé les murs de miroirs pour multiplier à l'infini l'image des habits et devenir légende.
C'est fantastique de s'asseoir sur une marche, point d'observation à partir duquel Mademoiselle, sans être vue, suivait la présentation de ses collections.
Dans le cœur du bâtiment il y a l'atelier où la styliste créait et modelait les habits sur les modèles, la cigarette entre les lèvres, ciseaux au cou et épingles à portée de main.
En suivant l’Avenue des Champs-Elysées, on arrive au Grand Palais où on peut assister au célèbre spectacle des défilés Chanel.
Sous son gigantesque dôme en fer, les scénographies révolutionnent chaque collection. Il y a aussi une série d'arbres, un lion de Venise haut 12 mètres et un énorme jardin à la Française valorisé par des fontaines d'eau.
Après le Grand Palais, c’est le moment de visiter le Musée de la Mode et du Textile, un musée situé sur Rue de Rivoli dans le centre de Paris. C'est une partie d'Arts Les Décoratifs, une section du Louvre. Ce musée est juste à côté de différentes attractions touristiques comme le Musée du Louvre, le Jardin des Tuileries et le Palais Royal.
En logeant plus de 5,000 articles, sa collection inclut les travaux de beaucoup de célèbres concepteurs français, comme Christian Dior, Hubert de Givenchy et, bien sûr, comme Coco Chanel. Le musée est ouvert du mardi au dimanche et c’est un must pour les amateurs de mode et de Chanel.
La visite se termine avec le déjeuner au restaurant Le Fumoir pour goûter les délices parisiennes.


L’HOTEL RITZ E CHANEL
Come ho precedentemente detto, Coco Chanel visse 34 anni all’hotel Ritz di Parigi, tanto che arrivò a considerarlo casa sua e, proprio per questo, iniziò a riempire la sua suite di soprammobili e oggetti che la rappresentassero e questi oggetti sono ancora oggi custoditi gelosamente dai proprietari del Ritz che hanno fatto di quella stanza una vera e propria attrazione turistica.
L’Hotel Ritz, uno dei più famosi e prestigiosi hotel di Parigi sulla Place Vendome, ha adottato una strategia di marketing ben precisa: aprire ai clienti le stanze dove hanno soggiornato illustri personaggi della scena parigina e non. Possiamo trovare infatti, tra le “suite prestigio” la stanza di Chopin, la stanza di Charlie Chaplin, la stanza di Lady Diana che lì ha passato l’ultima notte prima dell’incidente e, appunto la stanza di Coco Chanel.
Adesso l’Hotel è meta di pellegrinaggio per i fashionisti di tutto il mondo che, pagando cifre non poco elevate, hanno la possibilità di dormire in quello che fu il suo letto ed essere circondati dagli effetti personali che furono tra i più cari della stilista come gli specchi barocchi, i paraventi laccati e il celebre divano scamosciato beige con cuscini trapuntati, ritratto in tante foto dell'epoca.
Ma il nuovo proprietario dell’Hotel non si è limitato a questo. Nel 2010 decide in fatti di chiudere l’hotel per effettuare delle modifiche e riapre nel 2015 inaugurando la nuova SPA Chanel, la prima di una nuova collezione di spa della Maison. Il nuovo esclusivo centro benessere, situato all'interno del Ritz, è un vero e proprio tempio dedicato alla bellezza, che utilizzo i prodotti della vasta gamma della maison per la cura del corpo e della pelle e che è aperta sia per i clienti dell'hotel che per gli ospiti esterni con tanto di tunnel riservato per i VIP che tengono alla loro privacy.
Traendo quindi ispirazione da Chanel, l’hotel ha trovato il gancio per attirare i fan della stilista più famosa della storia della moda dando loro l’opportunità di vivere un’esperienza che rifletta fedelmente quella che era la routine quotidiana di Coco e con la spa, spiegano dall'azienda, tenterà di offrire ad ogni donna ''una beauty experience sensoriale, unica e personalizzata''.


COCO CHANEL’S LOGO IN LONDON
Walking around the City of Westminster maybe you had taken a close look at the black lamp posts and you had seen that many of these contain a motif that looks like two Cs back-to-back, like the logo of Coco Chanel.
It may seem an example of sponsorship but maybe the story is more romantic.
Chanel enjoyed an affair with the second Duke of Westminster. The legend says that the duke appended her initials to his street furniture as an act of love. He wanted to marry her but Coco couldn’t have sons, so the Duke had to break up with the stylist because he needed an heir, but in the name of his love, he put on Coco Chanel’s logo in every lamp posts saying “There have been several Duchesses of Westminster. There is only one Chanel”.

Sadly for romantics, the story is false. The lampposts were installed in the 1950s, long after Chanel had split with the duke so the 'CC' derive from ‘City Council’, and it's usually accompanied by a fancy 'W' indicating 'Westminster'.



COCO CHANEL E LA COSTITUZIONE
Coco Chanel è stata una delle prime donne “rivoluzionarie”, la prima a dare grinta alle tante le figure femminili che nel corso del tempo, hanno “fatto la storia”; come ad esempio le 21 Madri Costituenti elette il 2 Giugno del 1946: donne di valore, coraggiose e intelligenti che riuscirono a far capire agli uomini l’importanza di inserire le donne nei processi democratici, come elemento fondamentale di sviluppo per un popolo.
Il 2 Giugno del 1946, con il referendum istituzionale e con la conseguente nascita della Repubblica Italiana, si votò anche per l’Assemblea Costituente e vennero eletti i Padri e le Madri costituenti, il quale compito era quello di elaborare il testo della nuova Costituzione repubblicana.
La sua elaborazione richiese il duro lavoro di 75 deputati (La commissione dei settantacinque) un anno e mezzo di tempo. Fu discussa approfonditamente e poi approvata dall’assemblea costituente il 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1° Gennaio del 1948.
Le caratteristiche della Costituzione italiana erano adesso diverse: essa è scritta, è votata, poiché è discussa e approvata dall'assemblea costituente; lunga, perché si articola in 139 articoli e 18 disposizioni transitorie finali ed è in grado di spiegare sia i diritti e i doveri dei cittadini, sia i poteri degli organi costituzionali; ed è rigida perché per modificare anche un solo articolo serve una legge di revisione costituzionale.
La costituzione non è interamente applicata. Per questo motivo si distingue tra Costituzione formale e Costituzione materiale.
La Costituzione formale è rappresentata da tutti gli articoli che sono stati approvati dall’Assemblea costituente, mentre per la Costituzione materiale si intendono gli articoli realmente applicati.
Fra Costituzione formale e materiale esistono differenze a volte profonde. Infatti molti articoli della Costituzione sono stati applicati in ritardo e alcuni articoli sono tuttora disapplicati o applicati solo in parte. Può accadere che la costituzione formale sia completamente differente da quella materiale: basti pensare al ventennio fascista in cui lo Statuto albertino era totalmente disapplicato perché l’ordinamento fascista era del tutto diverso.


VIAGGIARE PER FARE SHOOPING
Viaggi e shopping vanno di pari passo. Difficile pensare di non comprare nulla quando si visita un posto nuovo, fosse anche solo per portare a casa un ricordo. Ogni città ha il suo stile e il suo modo di coinvolgere i visitatori. Per alcune la presenza di negozi di lusso o, al contrario, di negozietti vintage e low cost rappresenta un vero e proprio marchio distintivo.
Nel corso della Global Fashion Conference, organizzata il 13 ottobre a New York, si è parlato di città, di ambiente e di futuro. Da qualche anno è chiaro, infatti, che la moda non è soltanto il mondo effimero e scintillante delle passerelle, ma un'importante industria in grado di condizionare lo sviluppo urbano, sociale ed economico a livello globale.
Molti economisti hanno quindi iniziato ad analizzare il rapporto tra moda e città e le reciproche influenze. Da qui emerge che la moda ha contribuito alla trasformazione storica e sociale di molte città nel mondo tra cui Milano, Parigi, Londra e New York.
A rendere New York capitale della moda furono le donne e gli immigrati responsabili della creazione dell'industria dell'abbigliamento. Il loro lavoro, le riforme sociali, l’attivismo politico, generarono una graduale trasformazione urbana, che la moda seppe cogliere ed interpretare, facendo diventare New York appunto uno dei pilastri della moda nel mondo.
A dare concretezza a questi concetti sono i dati relativi alla città di New York forniti durante il convegno.
L’impatto economico che questa industria ha sulla città è enorme: 180mila persone lavorano in questo settore generando dei salari annuali pari a quasi 11miliardi di dollari.
Solo la New York Fashion Week impiega il 6% della forza lavoro della città e produce un fatturato annuo di 850milioni dollari.
Si stima che circa 900 aziende di moda abbiano sede a New York che non è quindi soltanto la meta di chi va per vedere i suoi grattacieli, ma anche di quelli che la visitano per fare shopping nei negozi dei suoi designer più famosi, tra cui Michael Kors e Marc Jacobs.
Un evento che attira ogni anno migliaia di turisti è la Settimana di moda, nota per i suoi scandali e le innovazioni. Ogni anno durante la settimana americana di moda le stelle e i turisti spendono fino a 700 milioni di dollari per soggiornare in alberghi del centro, partecipare ai prestigiosi party post-sfilate, ecc.
Ovviamente la settimana è lunga e i turisti, dopo aver partecipato agli eventi fashion, frequentano ristoranti, visitano i musei e fanno uso dei mezzi pubblici. Tutto ciò porta senza dubbio tanto denaro nelle tasche di chi, a New York, lavora nel campo del turismo e non.
Proprio per la fama che negli anni si sta costruendo, la città di New York sta iniziando a mobilitarsi per creare dei veri e propri itinerari fashion che prevedono diverse tappe: la famosissima Fifth Avenue, la quinta strada dove si possono trovare negozi di lusso, come quello di Chanel; la spettacolare Madison Avenue che mette a disposizione di spendaccioni curiosi negozi di gioielli e di pelletteria; poi c’è ovviamente Times Square dove è d'obbligo dare un'occhiata ai negozi, passando dal goloso store dedicato ad M&Ms al mondo del make up con Sephora; c’è anche da fare un salto a Soho, a sud di Houston street, uno dei più bei posti per dedicarsi allo shopping nella città con botteghe di antiquariato, negozi di lusso e gallerie d'arte.
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