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CAPITOLO 1
Smarrimento e inquietudini scuotono la società
[1.1] Munch – Un urlo annuncia la crisi
'Le malattie, la pazzia e la morte furono gli angeli neri che vegliarono sopra la mia culla e mi
accompagnarono fin dall'infanzia' (Edvard Munch)
La “malattia” di Munch deriva dal disaddattamento socio-relazionale, come incapacità
comunicativa tra se stessi ed il resto del mondo, tra il proprio mondo interiore e la realtà
esterna. La sua attività artistica ha in un certo qual modo ripristinato la capacità comunicativa,
attraverso l'espressione, in forma pittorica, della dimensione simbolica dei suoi vissuti interiori e,
forse, attraverso l'espressione di conflitti inconsci irrisolti, esternati e sublimati nell'oggetto
artistico.
La poetica di Munch si esprime formalmente in un linguaggio oscuro e profondamente
innovativo che segnerà tutta la pittura a lui successiva e, in particolare, l’Espressionismo.
Nel 1893 l’artista norvegese E. Munch realizza un quadro che, da simbolo dell’angoscia e dello
smarrimento caratteristico di tutta la vita del pittore, divenne ben presto emblema della
disperazione e del’ inquietudine culturale e ideologica proprie dell’intera civiltà moderna,
preannunciando la crisi di valori che contraddistingue il XX sec; il quadro in questione è
“L’urlo”. Di quest’opera l’artista realizza, negli anni seguenti, altre versioni: il dipinto faceva
parte di una narrazione ciclica, “Il fregio della vita” (1893/1918), un gruppo di opere, sul tema
del ciclo della vita, morte e amore ( “L’urlo”, “Il bacio”, “Gli occhi negli occhi”, “Vampiro”, “Danza
della vita”).
Munch imprime sulla tela un momento reale e particolare della sua vita: mentre si trovava a
passeggiare con alcuni amici su un ponte della cittadina di Nordstrand, il suo animo fu pervaso
dal terrore e dall’angoscia. Rappresenta quindi una figura umana fisicamente stravolta nelle
sembianze da un irrazionale terrore che la sconvolge e deforma sia interiormente che
esteriormente: si tratta dell’espressione, resa attraverso riferimenti simbolici, della solitudine
individuale (la figura isolata in primo piano), della difficoltà di vivere e dell’inquietudine per un
futuro incerto (il ponte da attraversare), dell’egoismo e della superficialità propri dei rapporti
umani (le due figure sullo sfondo, amici estranei ai sentimenti che turbano l’uomo). In questo
modo l’esperienza individuale si estende fino a compenetrarsi nel dramma collettivo,
dell’umanità, e cosmico, della natura.
Munch descrive con lucida consapevolezza la condizione esistenziale dell’uomo del
Novecento mediante uno stile pittorico crudo e inquietante: in primo piano l’uomo, l'artista
stesso, urla. Egli è un corpo lontano da ogni naturalismo, la testa completamente calva pare un
teschio, gli occhi-orbite dallo sguardo allucinato e terrorizzato, il naso appena accennato. Dalla
cavità della bocca aperta, vero centro compositivo dell'opera, si dipartono le onde sonore del
grido, rappresentate da una serie di pennellate sinuose che innestano in tutto il quadro un
movimento a spirale, che “contagia” la natura circostante, il paesaggio, il cielo, trascinandoli in
un vortice di irresistibile potenza dove tutto si annichilisce. L’ impulso dinamico del movimento
ondulatorio domina quindi l'insieme, coinvolgendo la figura, la natura, definendo la tipica
deformazione espressionista che, insistendo sulla forma, vuol farne liberare l'angoscia
interiore, facendola esplodere con un grido liberatorio. E’ l’urlo dell’inconscio collettivo della
civiltà del Novecento.
Nelle opere di Munch, l’immagine ha lo scopo di penetrare, colpire nel profondo, nell’inconscio;
anche per questo motivo la concezione dell’immagine di Munch ha avuto conseguenze decisive
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in quella che può considerarsi la più moderna e più efficace tecnica dell’immagine, il
cinematografo.
In antitesi con la contemporanea corrente impressionista, l'opera di Munch non si proietta verso
il mondo esterno, la natura, ma si rivolge all'inconscio, ripiegandosi su un' interiorità della
quale scopre tutta l’ incontrollabile violenza emotiva, descrivendo con lucida consapevolezza
la crisi della coscienza e della cultura occidentale. Temi dominanti diventano quindi, il dolore, la
sofferenza di vivere, l'angoscia esaminarsi, la disperazione dell'uomo e della natura, aspetti
che definiranno la poetica dell’Espressionismo tedesco ed austriaco.
[1.2] Società, economia e cultura del primo Dopoguerra - trasformazioni e
innovazioni
La guerra aveva provocato perdite umane e materiali senza precedenti: l’economia europea
tra il 1920 e il 1925 attraversò una fase di ristagno. L’indebolimento degli Stati belligeranti (le
industrie che avevano prodotto materiale bellico dovevano essere riconvertite) e il dissesto dl
mercato internazionale provocarono una grave inflazione. La stasi degli investimenti impedì il
riassorbimento della vasta disoccupazione. Si verificano mutamenti nei rapporti sociali, negli
orientamenti politici, nel costume e nella vita intellettuale.
Gli ex combattenti importano un nuovo spirito di disciplina e di solidarietà; la tendenza
all’organizzazione e la partecipazione alla vita politica diventarono fenomeni di massa; la
maturazione politica estesa a tutte le classi lavoratrici portò a grandi movimenti collettivi
che interessavano tutti i maggiori paesi europei.
In America prevalsero le tendenze isolazioniste e più conservatrici. Il timore bolscevico portò
all’adozione di restrizioni nei confronti dell’emigrazione, considerata vincolo di infiltrazioni
comuniste.
In Germania invece fu proclamata la repubblica di Weimar, che affermò l’egemonia della
socialdemocrazia; ma all’interno del movimento operaio si affermarono anche tendenze
rivoluzionarie estremiste, tra cui il Partito Socialista capeggiato da Adolf Hitler.
L’italia del dopoguerra era un paese profondamente provato, economicamente (a causa
dell’arretratezza industriale, della sostanziale differenza economica e sociale tra Nord e Sud,
della disoccupazione, l’incremento demografico, l’inflazione, il crollo della lira) e moralmente
(presa di coscienza pure da parte dei contadini, grazie anche all’esperienza della guerra, la
formazione di una corrente nazionalista, dovuta alle delusioni riguardo il patto di Versailles, che
fomentò appunto il mito della “vittoria mutilata” per sobillare la popolazione); in questo contesto,
la forza democratica che stava per nascere e svilupparsi fu sopraffatta “repentinamente” da una
forza più potente e influente nella società: il fascismo di Benito Mussolini, che conquistò presto
le redini del governo.
La pressione politica femminista, sostenuta ora dai partiti democratici e socialisti, fu
accompagnata da una rivoluzione nella moda e nel costume.
Un profondo rinnovamento culturale e artistico si svolse sotto il segno dell’abbandono di
valori morali e civili della tradizione come pure dei modi di espressione che avevano
caratterizzato le arti figurative, poetiche o narrative: la crisi del rapporto tra individuo e società
si esprime con tragica lucidità nelle pagine di Franz Kafka (1883-1924), dove al senso di
solitudine si accompagna l’ansia di superamento dei limiti individuali. La forza critica e
demistificatrice del narratore irlandese James Joyce (1882-1941), travolge anche la struttura
tradizionale della sintassi e del linguaggio, alla ricerca della più immediata espressione dei
sentimenti e dei moti più profondi dell’animo. In questo quadro avvenne inoltre il “boom” di
una nuova forma popolare di spettacolo: il cinematografo, che ebbe l’ambizione di
rappresentare una nuova e più efficace forma d’arte. Fu soprattutto nel cinema che l’esperienza
rivoluzionaria diede i suoi più importanti frutti culturali. L’industria cinematografica, già
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fortemente sviluppatasi prima della Guerra, soprattutto negli Stati Uniti, produsse tra il 1920 e il
1929 film di alto livello artistico, come per esempio quelli di Fritz Lang e Fred W.Murnau.
[1.3] Il cinema horror espressionista – “Il gabinetto del dottor Caligari”
Nel febbraio del 1920, a Berlino, veniva proiettato per la prima “Il gabinetto del dottor
Caligari” (Das Cabinet des Dr.Caligari) di Robert Wiene
Girato interamente in interni, il film aprì la via a una delle stagioni più ricche del cinema tedesco,
inaugurando il filone dell'horror psicologico. La storia era concepita dagli sceneggiatori come
parabola politica sullo sfrenato autoritarismo seguito al cataclisma bellico: Caligari
simboleggiava lo Stato, mentre Cesare rappresentava le masse di sonnambuli inviate a
uccidere ed essere uccise.
L'incubo che avvolgeva i personaggi veniva ricreato attraverso gli elementi tipici della
cinematografia espressionista: scenografie geometrizzate che distorcevano la prospettiva,
angoli di ripresa inusuali e la recitazione dai toni esasperati e antinaturalistici.
L'espressionismo era apparso intorno al 1908, principalmente nel campo della pittura e del
teatro; adottato in diversi paesi, raggiunse la sua più intensa manifestazione in Germania.
Questa corrente artistica rappresentava una reazione al realismo, il tentativo di esprimere,
attraverso distorsioni estreme, le emozioni più vere e profonde, nascoste sotto la superficie
della realtà. Solo a partire dal 1919, anno in cui venne girato “Il gabinetto del dottor Caligari”, il
movimento espressionista trovò compiuta espressione anche in campo cinematografico.
Nei film espressionisti era comune il ricorso a superfici stilizzate. L'uso della stilizzazione
consentiva di relazionare elementi diversi della messa in scena e l'uso di forme distorte ed
esasperate trasfiguravano gli oggetti.
L’espressionismo portò nel cinema i primi mostri e il regno delle ombre, utilizzando luci e
ombre, costumi spettrali e cercando di avventurarsi nell’inconscio, luogo di paure e incubi.
[1.4] Grande Depressione e sviluppo del cinema
Gli anni '30 in Europa furono all'insegna della crisi economica e dell'avvento del totalitarismo
(Mussolini, Franco, Hitler).
Il cinema subì una notevole trasformazione per effetto dell'avvento del sonoro e della
riconosciuta importanza politica del film. Con la prevedibile influenza di Hollywood, i film si
volsero a sfruttare la nuova risorsa della voce e furono strumentalizzati per imporre una
visione della vita.
La nascita di una cultura di massa (dovuta alla massiccia diffusione di mass- media quali il
giornale e la radio) favorì le strategie di propaganda. In Italia e in Germania, paesi
cinematograficamente già prosperi, le trasformazioni politiche e sociali ebbero un influsso
nefasto.
Nel gennaio 1931, le vaghe paure, che avevano minacciato l’economia l’anno precedente,
divennero reali. Il Comitato d’emergenza per il sollievo dalla disoccupazione del presidente
Hoover confermò le cifre: la Depressione era un problema reale, in costante peggioramento.
Pochi mesi dopo la Banca nazionale austriaca fallì, innescando il collasso economico
europeo. In Germania, la crisi conseguente avrebbe contribuito in misura significativa all’incubo
in embrione del nazionalsocialismo.
In questa situazione i film offrivano una fuga istintiva e terapeutica: la durezza di massa
condivisa nella Depressione galvanizzò i film come forma dominante di espressione culturale.
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Nel corso dei mesi successivi, periodo più scuro della Grande Depressione, furono distribuiti o
ultimati per il pubblico consumo quattro archetipi dell’orrore hollywoodiano. Con il Golem,
Caligari e Nosferatu, il cinema assume in pieno la sua natura il mostro. Fu però
l’espressionismo a fornire i maggiori stereotipi del cinema dell’orrore: il mostro (Der Golem di
Wegener), il vampiro (Nosferatu di Murnau), lo sdoppiamento scienziato-automa o padrone-
schiavo (Das Kabineth des dr. Caligari di Wiene).
In seguito alla Grande Depressione si faranno strada generi più realistici e socialmente critici.
I quattro archetipi fiorivano nella coscienza di massa in reazione al trauma della Grande