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I

Introduzione pag. 7

L’anima catalana e il franchismo pag. 8

Antoni Gaudì pag. 18

Juan Mirò pag. 104

Federico Garcia Lorca pag. 124

Olympic Game pag. 140

F.C. Barcellona pag. 142

Robert Capa pag. 222

Gerda Taro pag. 232

Le pubblicità di Barcellona pag. 238

Bibliografia pag. 244

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t o e

I

Ho scelto di trattare questo argomento per il semplice motivo che

nell’anno corrente, la nostra classe ha avuto modo di visitare que-

sta splendida città ricca di storia, tramite il viaggio d’istruzione. Mi

ha molto affascinata, anche se già vi avevo trascorso qualche giorno

anni addietro, così ho deciso di raccontare, più che le mie emozioni,

la sua storia e quella degli artisti che in questa città hanno lascia-

to il proprio segno e le proprie opere. Artisti come Antoni Gaudì e

Juan Mirò in arte, Federico Garcia Lorca in letteratura e Robert Capa

e Gerda Taro in fotografia. Infine, in questo libro saranno presen-

ti foto fatte da me stessa durante il viaggio, foto che rappresenta-

no sia i monumenti di Barcellona, sia il folklore che vi è presente. 7

e

catalana il franchismo

L’anima

Seconda città di Spagna ma primo centro della Catalogna, Barcellona è

una metropoli affacciata sul mare dalle tante e contraddittorie anime.

L’anima catalana è la più spiccata e la rende una città gelosa della

propria cultura, delle tradizioni secolari e orgogliosa della propria lin-

gua. Il nome catalogna è di origine incerta. Secondo alcuni deriva da

Gotalania, a sua volta derivato dai nomi delle due etnie che fondarono

un primo nucleo politico, i Goti e gli Alani, entrambi provenienti dalle

steppe ucraine. La teoria più accreditata ritiene invece che il nome

della regione tragga origine dai numerosi castells (castelli) eretti in

zona durante l’alta media.

8 La Barcellona cosmopolita è invece quella da sempre aperta alle ten-

denze straniere, approdate grazie a un porto attivissimo e alla vici-

nanza dei confini nazionali ed interpretate qui in maniera originale.

Città culturalmente vivace e protagonista di un vertiginoso progresso

economico la capitale catalana è anche espressione concreta di una

continua volontà di rinnovamento, sia esso dettato da necessità civiche

o da esigenze strutturali.

Il turista che la raggiunge scopre una città antica e moderna al tem-

po stesso, dove alle maggiori rappresentazioni del gotico catalano si

affiancano spettacolari espressioni del modernismo e dove l’acco-

stamento tra un vecchio quartiere dei pescatori e una moderna città

olimpica non sembra poi così irriverente.

Le prime notizie di Barcellona risalgono al terzo secolo avanti Cristo e 9

parlano di una città, Barcino (antico nome di Barcellona) fondata dai

cartaginesi. Conquistata dai romani nel 218 a.C. la città fu battezzata

con il nome di Colonia Iulia Augusta Faventia Paterna Barcino e or-

ganizzata come un castrum (un campo militare fortificato) situato a

Mons Taber, una collina dove oggi sorgono da una parte il municipio e

dall’altra la sede Generalitat.

La zona è poi terra di conquista per Visigoti, Mori e infine dei Franchi di

Carlo Magno, che proclama Barcellona della “Marca Hispanica”.

Il matrimonio tra l’erede della dinastia catalana e la discendente della

casa d’Aragona con la conseguente unione delle due regioni segna

l’inizio di un periodo di grande prosperità per l’intera catalogna. Il

1474 è, infatti, l’anno delle nozze tra Ferdinando d’Aragona e Isabella

di Castiglia e della nascita di una Spagna unita, composta da Castiglia,

10 Catalogna e Aragona.

Successivamente Barcellona perde gradualmente la sua importanza

economica e mercantile: infatti, la scoperta dell’America provoca lo

sviamento degli interessi economici della Corona dal mare mediter-

raneo all’Atlantico, fatto che provoca lo stallo, la posteriore decadenza

della Corona d’Aragona e di conseguenza della città di Barcellona.

Dopo il 1778, alla Catalogna fu concesso di commerciare con l’America

e le fortune della regione cominciarono piano piano a migliorare. La

prima rivoluzione industriale spagnola basata sul cotone iniziò proprio

qui; in quel periodo, inoltre, si svilupparono anche altre industrie, basa-

te sul vino, sul sughero e sul ferro.

Negli anni tra il 1830 e il 1840 il Romanticismo riaccese l’interesse

per la cultura e la lingua catalane che stavano per scomparire. La 11

Renaixenca (Rinascimento) catalana fu una sorta di crociata guidata da

scrittori e poeti per rendere popolare la lingua della loro gente.

Comincia a nascere così un forte sentimento indipendentista che cre-

scerà sempre di più nei secoli. La prima vera dichiarazione di autono-

mia è del 1931 quando viene proclamata la costituzione della “Genera-

litat de Catalunya”, ma la gloria di Barcellona capitale dura solo fino alla

guerra civile che vede la città roccaforte dei repubblicani sconfitta, nel

gennaio del 1939, dall’esercito franchista.

Nel 1923 inizia un periodo di dittatura della Spagna e, di conseguenza

per la Catalogna, dopo il fallimento della c.d. Mancomunidad Catalana,

embrione di un governo autonomo. L’ascesa al potere di Primo de Ri-

bera, appoggiato dalla borghesia, significò un duro colpo per ciò che

rappresentava il catalanismo politico e culturale.

12 Con l’esposizione internazionale del 1929 l’emigrazione massiva verso

la città pone in moto il “Pla Cerdà”, a seguito del quale Barcellona ingloba

i paesi vicini che andranno a perdere la loro indipendenza a favore

della città.

Con la caduta di Primo de Ribera nel 1931 e, come si è detto, l’in-

staurazione in Catalogna della seconda Repubblica catalana, con Luìs

Companys come Presidente, il Principato riconquista la sua autonomia

e nell’intera Spagna si instaura la Repubblica. Tuttavia la recessione

economica, l’instabilità politica e la debolezza del Governo provocano nel

1936 la ribellione militare guidata dal generale Francisco Franco, dando

l’avvio così a una guerra civile estremamente sanguinosa nella quale la

Catalogna si schierò per la Repubblica.

Secondo il pensiero di Sergio Romano, quando la guerra comincia 13

nell’estate del 1936, la violenza esplode con una carica di rabbia e pau-

ra che si è progressivamente accumulata nel sottosuolo della società.

Poche guerre civili sono state altrettanto crudeli e “religiose”. Si uccide,

da una parte e dall’altra, per “pulire” il Paese, “purificare” la società di-

struggere e annientare i microbi che minacciano il suo futuro. In que-

sta guerra si inseriscono rapidamente altre potenze: ciascuna di esse,

però, combatte per ragioni diverse da quelle dei principali protagonisti:

l’Italia per estendere la propria influenza al Mediterraneo occidentale,

la Germania per verificare la preparazione della propria aeronautica

militare, l’Unione Sovietica per esportare il comunismo in Europa.

Non si riesce a spiegare la ferocia della guerra civile come l’eccidio, da

parte repubblicana, di settemila ecclesiastici nei primi mesi del con-

flitto, l’apertura delle tombe nelle chiese e la fucilazione degli scheletri,

14 ovvero l’uso strategico del terrore da parte delle truppe nazionaliste

che una volta conquistata una città grande o piccola procedevano si-

stematicamente all’annientamento dei prigionieri, se non si cerca di

comprendere quale fosse il clima politico della Spagna negli anni che

precedettero il “pronunciamento” dei generali ribelli.

I protagonisti del dramma (i militari, la Falange, i socialisti, gli anar-

chici, i liberaldemocratici, i comunisti, la Chiesa) hanno una matrice

europea e referenti internazionali ma ciascuno di essi ha risentimenti,

aspirazioni e timori che risalgono alle generazioni precedenti. Pertanto,

sempre secondo Sergio Romano, l’espressione guerra civile è troppo

restrittiva e dovremmo forse parlare delle molte guerre spagnole che

vennero combattute in quello sventurato Paese tra il 1936 e il 1939.

In particolare, la Catalogna fu uno dei territori più colpiti dalla nuova 15

tecnica di guerra adottata dall’esercito dei sollevati. Si contano oltre

settemila vittime ossia il 70% del totale dei morti per attacchi aerei che

si registrarono in tutta la Spagna.

Furono colpite ben 137 località e tra queste, furono particolarmente

importanti i bombardamenti subiti da Reus, Manresa, la Bisbal, Lerida

o Granollers. L’episodio di Lerida è rimasto impresso nella memoria

collettiva grazie alle immagini del celebre fotografo Agustì Centelles

che immortalò il grave bombardamento del 2/11/1937 su di un liceo

che provocò la morte di 50 persone tra alunni e professori.

Una volta vittorioso Franco bandì il catalano e riempì la regione con

immigrati provenienti dall’Andalusia nella speranza di reprimere così

i movimenti indipendentisti catalani. Fu bandita una delle più allegre

espressioni catalane, la sardana, una danza pubblica che si fa in cer-

16 chio.

Franco era appena stato sepolto quando il movimento indipendentista

catalano ricominciò a farsi sentire, la lingua catalana fu riadattata e

venne fondata la Generalitat, il parlamento locale, intorno al quale an-

cora oggi la gente si riunisce per danzare la sardana. Si parla ancora

di indipendenza, ma, intanto, Barcellona è diventata una delle città più

vivaci del paese e ha tutta l’intenzione di restarlo. 17

Antoni

Gaudì

Quando Gaudì nasce nel 1852 a Reus vicino a Barcellona, la Catalogna

vive una fase di cambiamento sociale. La rivoluzione industriale mo-

difica non soltanto le antiche strutture sociali, ma anche le concezioni

urbanistiche.

Al cambiamento dei modi di produzione industriali, pilotato dal ceto

borghese, conseguono infatti: la crescita rapida delle città; la neces-

sità di costruire nuove tipologie edilizie, residenziali e commerciali; in

particolare l’invenzione di mezzi di comunicazione come treno e nave,

dapprima a vapore; un generale abbandono del mondo agricolo na-

zionale. La Catalogna arriva certamente in ritardo, a questo traguar-

18 do, rispetto ad altre aree dell’Occidente europeo e americano, ma è

in largo anticipo rispetto alle restanti regioni della penisola Iberica. Le

sue matrici di cultura contadina, soprattutto la coesione della struttura

familiare, rimangono a lungo salde. Si attiva tuttavia, in tempi brevi, un

dinamismo di relazioni fra i diversi strati sociali in forte contrasto con

la burocratica lentezza della capitale statale, Madrid, città ancora di

modeste dimensioni.

Barcellona è già pienamente coinvolta dai processi di sviluppo indu-

striale, di trasformazione sociale, di dibattiti culturali e artistici, quando,

nel 1868, il giovane Antoni Gaudì accompagna a Barcellona il fratello

Francesc, che intende iniziare gli studi di medicina. Nel settembre dello

stesso anno la Spagna è scossa da dure rivolte, socialiste e repubbli-

cane, che si concludono con la caduta del regno della regina Isabella 19

II. I due giovani sono raggiunti in città dal padre, che si prende cura

di loro e che, per aiutarli negli studi, vende presto anche alcuni terreni

di famiglia. I tre uomini vengono dal vicino entroterra, dalla cittadi-

na di Reus, non priva di una sua vitalità culturale. Il padre, come i

suoi genitori e quelli della moglie, è un artigiano calderaio. Antoni aveva

spesso frequentato, durante l’infanzia e l’adolescenza, la bottega fa-

miliare, aveva ammirato i solidi volumi delle pentole e le delicate forme

di alambicchi che vi si producevano. La lavorazione spaziale di quegli

oggetti colpisce con forza la sua immaginazione, orientandola ad una

non comune capacità di percezione e rappresentazione mentale dei

volumi e delle geometrie tridimensionali. Il temperamento riflessivo e

pensoso, approfondito da precoci malattie reumatiche, lo rende inoltre

perspicace osservatore della natura, delle forme di alberi, fiori e ani-

20 mali. Durante gli studi giovanili infine era già affiorato in lui il gusto per

il disegno e l’interesse per l’architettura.

Per accedere alla Scuola provinciale di Architettura, istituita nel 1870 e

modificata nel 1875 in Scuola Ufficiale, si iscrive ai corsi propedeutici

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