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Il verismo è una corrente letteraria italiana nata all'incirca fra il 1875 e il 1895 ad opera di un

gruppo di scrittori che costituirono una vera e propria "scuola" fondata su precisi principi. Il

Verismo nasce sotto la diretta influenza del clima del positivismo, quell'assoluta fiducia nella

scienza, nel metodo sperimentale e negli strumenti infallibili della ricerca che si sviluppa dal

. L

1830 a Milano e opere veriste rappresentano soprattutto le realtà sociali dell'Italia centrale,

meridionale e insulare. Così la Sicilia è descritta nelle opere di Giovanni Verga . Una

principio

caratteristica distintiva del verismo rispetto ad altre tecniche narrative, è l'utilizzo del

dell'impersonalità , tecnica che, come mostra il Verga, consente di immergersi, “eclissarsi”

nell’oggetto. Il verismo, come si vede in Verga si interessa molto delle questioni socio-culturali

dell'epoca in cui vive e si sviluppa. In Giovanni Verga, per esempio, ritroviamo in molte opere la

questione della situazione meridionale, dei costumi e delle usanze, del modo di vivere assai

.

diverso rispetto a quelli del nord Italia

GIOVANNI VERGA: VITA E OPERE

Vega nasce a Catania nel 1940 da una famiglia di agiati proprietari terrieri. Trascorse la sua

giovinezza nella città natale che era a quei tempi un attivo centro

culturale e compì presso maestri privati i suoi primi studi.

Si formò alla scuola del letterato patriota Antonino Abate. Da lui

assorbe il gusto letterario romantico e il fervente patriottismo. L'Abate

faceva leggere ai suoi allievi, oltre che Dante, Petrarca, Ariosto, Tasso,

Monti, Manzoni, i suoi poemi. La formazione del Verga narratore

avvenne sulle pagine di Castorina e su "Il Progresso e la Morte"

dell'Abate e a soli quindici anni, Verga scrisse il suo primo romanzo

d'ispirazione risorgimentale "Amore e patria" rimasto inedito. I suoi

studi superiori non furono regolari. Iscrittosi nel 1858 alla Facoltà di

legge all'Università di Catania, non concluse gli studi, preferendo

dedicarsi all'attività letteraria e al giornalismo politico. Con il denaro

datogli dal padre per concludere gli studi, il giovane pubblicò a sue

spese un secondo romanzo, "I carbonari della montagna". Nel 1863

pubblicava a puntate nelle appendici della rivista fiorentina "La nuova Europa" il suo terzo romanzo,

"Sulle lagune". Il romanzo si apre all'intreccio sentimentale, con la vicenda d'amore di un ufficiale

austriaco ed una giovane donna veneziana. Nel 1865 lascia la provincia e si reca per la prima volta a

Firenze.

Nel frattempo, nel 1866 , pubblicherà "Una peccatrice", primo romanzo fortemente autobiografico,

in cui si affermano la vena sentimentale e l'interiorità della sua ricerca esistenziale prima che

letteraria. Nel 1872, Verga si trasferisce a Milano, che era in quel periodo il centro culturale più vivo

dell'intera penisola e quello maggiormente aperto alle sollecitazioni europee. A Milano termina il

romanzo "Eva" che aveva iniziato a Firenze. Con questo romanzo il Verga si avvicina all'accesa

polemica anticapitalista che caratterizza la Scapigliatura. A questo romanzo di carattere polemico

seguono i romanzi d'analisi di sottili passioni mondane, "Eros", storia dell'inaridirsi progressivo di un

giovane dell'aristocrazia, corrotto da una società senza valori, e "Tigre reale" dove viene analizzato il

l’innamoramento di un giovane di una donna "fatale", divoratrice di uomini. Nel 1874, intanto era

stata pubblicata la novella "Nedda", che l'autore definì un "bozzetto siciliano". Nedda rimane sola,

per la morte del suo uomo e perde il bambino appena nato. Nel 1880 vengono intanto raccolti, nel

volume "Vita dei campi", una serie di racconti che erano stati pubblicati in riviste tra il 1879 e il

1880 e che continuano la maniera inaugurata da "Rosso Malpelo". e Parallelamente alle novelle

Verga inizia a delineare il progetto di un Ciclo dei Vinti di romanzi. Il primo romanzo del ciclo è I

Malavoglia del 1881, la storia di una famiglia di pescatori siciliani che a causa delle difficoltà

economiche dell'Italia post-unitaria portano a compiere una speculazione commerciale che segnerà

l'inizio di una serie interminabile di sventure. Nell’ 1882 Verga pubblica il secondo romanzo "Il

marito di Elena" che analizza le inquietudini di una moglie piccolo borghese, che con le sue

ambizioni conduce il marito alla rovina. Nel 1883 uscirà la seconda raccolta nel volume "Novelle

rusticane" che ripropongono personaggi e ambienti della campagna siciliana, in una prospettiva però

più amara e pessimistica, che porta in primo piano il dominio dei movimenti economici dell’agire

umano e rivela come la fame e la miseria soffochino ogni sentimento disinteressato. Un’indagine

analoga, viene condotta anche sul proletariato cittadino nelle novelle di Per le vie, pubblicate nello

stesso anno . Poi Verga nel 1884 tenta l’esperienza del teatro con il dramma Cavalleria Rusticana,

tratto da Vita dei campi, che ottiene un clamoroso successo di pubblico per la rappresentazione di

costumi esotici e di passioni primitive. Nel 1889 Verga pubblica Mastro-don Gesualdo che narra

l’ascesa sociale di un muratore che, con le sue forze riesce ad accumulare un’enorme fortuna.

Disprezzato dai nobili e odiato dai propri famigliari, muore solo e “vinto” assistendo allo sperpero

delle proprie ricchezze. Dopo il Mastro-don Gesualdo Verga lavora a lungo, al terzo romanzo del

ciclo, La Duchessa di Leyra, ma il lavoro non sarà mai portato a termine.

Nel 1893 Verga ritorna a vivere definitivamente a Catania, successivamente lo scrittore si chiude in

un silenzio totale e la sua vita è dedicata solamente alla cura delle sue proprietà ed è ossessionato

dalle preoccupazioni economiche. Muore nel 1922.

GIOVANNI VERGA: ROSSO MALPELO

Rosso Malpelo è un ragazzo dai capelli rossi, che nel pregiudizio popolare indicava il suo modo di

essere "malizioso e cattivo" ; da qui il soprannome "Rosso Malpelo". A causa di ciò Malpelo è

maltrattato da tutti e non trova affetto neanche in famiglia: la madre non si fida di lui, infatti,

tornato dal lavoro gli chiede se avesse

sottratto dei soldi dallo stipendio, e per

sicurezza la sorella lo accoglieva

picchiandolo. Malpelo lavora con il padre,

Mastro Misciu (la bestia), in una cava dove

si estrae la rena. I due sono molto legati:

Misciu infatti è l'unico ad avergli mai dato

affetto, e Malpelo, appena gli altri operai

deridono il pover'uomo, lo difende. Un

giorno il padre deve terminare un lavoro

preso a cottimo, per eliminare un pilastro

dalla cava, malgrado sia molto pericoloso. Si

diceva che solo un testardo avrebbe

accettato di eseguire lavori di quel genere.

La sera tardi, mentre Malpelo gli sta dando una mano, il pilastro cade all'improvviso addosso al

padre. Rosso Malpelo, alla notizia, preso dalla disperazione, iniziò a scavare con le unghie fino a

farle sanguinare e ad urlare. Quando anche Zio Mommu, detto "lo Sciancato", viene a sapere

della disgrazia, è ormai troppo tardi, perché sono passate quattro ore e Mastro Misciu è già

morto. Nessuno invece fa caso al figlio, che inutilmente scava nella rena lacerandosi le unghie

nello sforzo di salvarlo. Dopo la morte del padre Malpelo divenne ancora più cattivo agli occhi di

chi lo osservava e riprese a lavorare alla cava proprio nella galleria dove era morto il padre.

Qualche tempo dopo alla cava venne a lavorare un ragazzino piccolo e debole che prima faceva

il muratore, ma fu costretto ad abbandonare il mestiere a causa di una caduta da un ponteggio

in cui si era lussato il femore. Il ragazzo, soprannominato Ranocchio per il modo in cui cammina,

diventa oggetto di sfogo di Malpelo che lo tormenta: lo picchia, lo insulta, e se Ranocchio non si

difende, lui continua, perché vuole che impari a reagire. In realtà il motivo di tale cattiveria è

dato dal fatto che Malpelo gli vuole bene e vuole che impari la dura lezione della vita; Malpelo

infatti spesso gli dà la sua razione di cibo pur di non farlo morire di fame, oppure lo aiuta con i

lavori pesanti. Dopo qualche tempo viene ritrovato il corpo di Mastro Misciu: per lo shock

Malpelo si allontana per qualche giorno dalla cava e quando torna decide di andare a lavorare in

un'altra galleria. Tutto ciò che gli rimane dal padre sono i suoi pantaloni, che la madre di Malpelo

sistema per adattarli all'altezza del figlio, il piccone e un paio di scarpe, che Malpelo custodisce

come tesori. Secondo Malpelo la morte è la liberazione di tutto, e per i deboli sarebbe meglio

non essere mai nati. Ranocchio invece gli spiega del Paradiso, il posto dove i vivi che sono stati

brave persone vanno a riposare in eterno. Non molto tempo più tardi Ranocchio, il quale

deperiva da un po', si ammala di tubercolosi e muore in breve tempo. Malpelo adesso è

effettivamente solo, dato che la madre ha trovato un nuovo compagno e la sorella ha un marito

e nessuno lo vuole più in casa. Alla fine Malpelo muore alla cava: gli era stato infatti affidato il

compito di verificare un tratto di una galleria ancora inesplorato. Nessuno voleva prendersi un

simile compito, ma Malpelo accetta subito dato che non ha nessuno che possa rimpiangerlo.

Prese gli attrezzi del padre e partì, nessuno seppe più nulla di lui e nemmeno le sue ossa furono

ritrovate. Oramai Malpelo non è altro che una leggenda della cava, i ragazzi hanno infatti paura

a parlare del ragazzo per il timore di vederselo comparire davanti. Alcuni videro anche il suo

corpo come un fantasma.

LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

L’espressione lavoro minorile è oggi utilizzata per definire l’impiego di minori in generale,

specialmente per lavori che potrebbero interferire con la loro educazione o danneggiare la loro

salute. L’utilizzo di manodopera minorile non fu considerato un problema sociale fino alla

Rivoluzione industriale, che introdusse diversi tempi e ritmi di lavoro, mutandone completamente

l’organizzazione. Poiché la Gran Bretagna fu la prima a sperimentare la Rivoluzione industriale, essa

fu anche la prima a manifestare particolari problemi di lavoro minorile nella produzione industriale.

Alla fine dell’ottavo secolo, i possessori di cotonifici raccoglievano gli orfani e i figli di famiglie

povere in tutto il paese, utilizzandoli in cambio del semplice mantenimento; in alcuni casi, fanciulli

di cinque e sei anni erano costretti a lavorare dalle tredici alle sedici ore al giorno. Le cattive

condizioni imposte ai fanciulli poveri ben presto si generalizzarono. I risultati erano l’analfabetismo,

l’ulteriore impoverimento di famiglie già povere e una moltitudine di fanciulli ammalati e storpi. Per

rivoluzione industriale si intende un processo di evoluzione economica che da un sistema agricolo-

artigianale-commerciale porta ad un sistema industriale moderno caratterizzato dall'uso

generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall'utilizzo di nuove fonti energetiche

(come ad esempio i combustibili fossili). Spesso si distingue fra prima e seconda rivoluzione

industriale. La prima riguarda prevalentemente il settore tessile-metallurgico e comporta

l'introduzione della spoletta volante e della macchina a vapore. nella seconda rivoluzione

industriale viene introdotta dell'elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio. Talvolta ci si riferisce

agli effetti dell'introduzione massiccia dell'elettronica e dell'informatica nell'industria come alla terza

rivoluzione industriale, che viene fatta partire dal 1970. La rivoluzione industriale comportò un

generale stravolgimento delle strutture sociali dell'epoca, attraverso una impressionante

accelerazione di mutamenti che portò nel giro di pochi decenni alla trasformazione radicale delle

abitudini di vita, dei rapporti fra le classi sociali, e anche dell'aspetto delle città, soprattutto le più

grandi. Fu infatti prevalentemente nei centri urbani, che si avvertirono maggiormente i mutamenti

sociali, con la crescita di grandi sobborghi a ridosso delle città, nei quali si ammassava il

sottoproletariato che dalle campagne cercava lavoro nelle fabbriche cittadine. Si trattava per lo più di

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