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Sintesi
Attualità: La storia di Iqbal, Troppa povertà e tanti bambini sfruttati

Storia: La genesi sociale di Rosso Malpelo

Italiano: Vita dei campi-Rosso Malpelo di Giovanni Verga

Diritto: La normativa in Italia-Le organizzazioni interazionali (ONU, UNICEF)
Estratto del documento

ISTITUTO TECNICO

COMMERCIARE E PER

GEOMETRI

“P. CUPPARI” Jesi (AN)

Anno Scolastico 2011/2012

Classe 5^b

Corso Programmatori

TESINA DI MATURITÀ

di Sbarbati Agnese Pagina 1 di 25

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INDICE

 Introduzione pag. 4

 La storia di Iqbal pag. 5

 Troppa povertà e tanti bambini sfruttati pag. 8

 La genesi sociale di Rosso Malpelo pag. 10

 Vita dei campi pag. 12

 Rosso Malpelo pag. 13

 La normativa pag.14

 L’impegno del Governo Italiano e

del Ministero della Pubblica Istruzione pag. 16

 Le organizzazioni internazionali pag. 17

L’ONU pag. 17

o L’UNICEF pag. 20

o

 Bibliografia pag. 25

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INTRODUZIONE

Lo sfruttamento minorile può sembrare un problema ormai superato ma non è

così. Ho deciso di analizzare questo tema perché la violazione dei diritti dei

bambini anche oggi viene perpetrata. Lo dimostra “La storia di Iqbal”, un libro

attualissimo, del 2001, che narra di una storia sfruttamento di più ragazzini

pakistani e un articolo di giornale del “Resto del Carlino”.

Passerò poi ad analizzare dal punto di vista storico il problema con Franchetti e

Sonnino e dal punto di vista letterario con la novella “Rosso Malpelo” di Giovanni

Verga.

Infine mi sono soffermata sull’ambito giuridico-internazionale, che a mio avviso è il

più interessante perché ho potuto capire come le situazioni critiche riguardo la

protezione dei diritti dei bambini, vengono affrontate dall’Unicef. Pagina 4 di 25

LA STORIA DI IQBAL di Francesco D’Adamo

AUTORE: Francesco D’Adamo. Questo scrittore è milanese e ha pubblicato

diversi romanzi di vario genere. La collana di cui fa parte questo libro ha ricevuto il

premio Andersen nel 1994.

GENERE DEL LIBRO: Questo romanzo è di tipo sociale e più specificatamente un

romanzo di denuncia, infatti Francesco d’Adamo, nel suo libro, tratta una storia

vera, al fine di denunciare le condizioni di vita di molti bambini costretti a lavorare

fin da piccoli, gratuitamente e trattati come degli schiavi. Il libro “Storia di Iqbal” è

dunque una testimonianza, un piccolo contributo per rinvigorire la memoria.

AMBIENTE GEOGRAFICO: Il racconto si svolge in Pakistan e il personaggio

principale, realmente esistito, è un ragazzo di nome Iqbal Masih, che riesce a

trovare il coraggio di ribellarsi ai suoi padroni e di denunciare “la mafia dei tappeti”

a costo della sua stessa vita.

TRAMA: L’autore del libro, partendo

dalla storia di Iqbal, è riuscito a

ricreare la situazione in cui vivevano

i bambini, sebbene luoghi e

personaggi siano puramente

inventati.

Una ragazza di diciassette anni di

nome Fatima, abbandonata dai suoi

genitori a causa di problemi economici e costretta a lavorare in una fabbrica di

tappeti, racconta del suo incontro con Iqbal quando aveva dodici anni ed era

costretta a tessere uno dei tanti tappeti per un proprietario di nome Hussain Khan

che poi li vendeva ai clienti stranieri. Pagina 5 di 25

La fabbrica era occupata da molti bambini tra cui Karim, molto pauroso del proprio

padrone in quanto frustava i bambini che erano lenti nelle loro mansioni e che non

obbedivano; il suo compito era quello di sorvegliante dei bambini; Salman, dal

carattere molto brusco, proveniva da una fabbrica di mattoni. La piccola Maria,

talmente silenziosa da essere considerata muta, stava sempre attaccata alla

gonna di Fatima. Lei era molto timida e timorosa nei confronti di tutte le persone

che la circondavano. Successivamente Maria trovò la forza di esporsi e di

insegnare ai suoi amici a leggere e a scrivere e questo aiutò tutti i bambini

prigionieri dell’industria a scappare e a farsi ascoltare dalle forze di polizia. Infine

c’era Mohammad, che era robusto e balbuziente; Fuscello, al contrario, era un tipo

alto, molto magro, strano e divertente e Alì che era piccolo e furbo come una

volpe.

L’età dei bambini si aggirava tra i dieci e i dodici anni tranne Maria, che ne aveva

sette, e Alì otto.

Iqbal tentò di scappare dalla fabbrica molte volte, ma inutilmente. Ma un giorno

riuscì a fuggire passando per la finestrella del bagno. Si diresse verso la piazza

principale della città perché c’era il mercato e quindi per Hussain sarebbe stato più

difficile trovarlo. Durante la sua fuga in città, assistette ad una manifestazione del

“Fronte di Liberazione del Lavoro Minorile”, guidato da Eshan Khan, così si rivolse

ad un poliziotto e spiegò la sua situazione e quella dei suoi amici. Così il giorno

seguente, due poliziotti accompagnati da Iqbal, si recarono nella fabbrica, ma il

padrone, corruppe la polizia; e per punizione Iqbal venne mandato nella Tomba:

un “buco” molto caldo e sporco dove per settimane doveva tentare di sopravvivere

senza mangiare né bere. Probabilmente non ce l’avrebbe fatta senza l’aiuto dei

suoi amici che quasi ogni giorno lo andavano a trovare di nascosto e gli portavano

il necessario per sopravvivere.

Riuscì in seguito a riscappare e a rintracciò Eshan Khan il capo, del “Fronte” e la

moglie.

In seguito, Eshan Khan e gli uomini del Fronte, si recarono assieme a Iqbal nella

casa di Hussain. Qui il ragazzo mostrò loro la tessitura e la Tomba; liberarono così

i bambini che poterono riabbracciare le loro famiglie, ma per qualcuno come per

Fatima e Maria la ricerca della famiglia durò più a lungo in quanto era difficilissimo

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ritrovarle in quanto i bambini non si ricordavano più né il nome del villaggio in cui

vivevano né i nomi dei genitori.

Iqbal e Maria restarono nella sede del Fronte e dopo molti studi e riunioni, Iqbal,

riuscì a liberare altre tredici fabbriche e vinse il premio della “GIOVENTU’ IN

AZIONE” di 15.000 dollari che furono destinati al Fronte.

Ma, il giorno di Pasqua del 1995 a Muritke, un villaggio a trenta chilometri da

Lahore, in Pakistan, mentre Iqbal stava passeggiando, una macchina lo affiancò e

qualcuno sparò. “<L’ha ucciso la mafia dei tappeti> disse Eshan Khan”.

Fatima, ormai a casa e sola con i suoi

due fratelli, ricevette una lettera da

Maria in cui la informava

dell’assassinio di Iqbal. Gli esecutori e

i mandanti del suo assassinio non

furono mai trovati.

Da quel momento, il nome di Iqbal

diventò il simbolo della lotta contro la

schiavitù e la violenza subite da molti

bambini.

“Ma questo è stato Iqbal per me: la mia libertà. L’unica libertà, forse, della

mia vita. […] Per lui io non ero invisibile. Io esistevo.” Questo è quello che ha

detto Fatima mentre ricordava il suo amico Iqbal. Pagina 7 di 25

TROPPA POVERTA’ E TANTI BAMBINI SFRUTTATI

Scritto il 19.04.12 sul Resto del Carlino

“Secondo l’UNICEF circa un miliardo di bambini e ragazzi non hanno abbastanza

da mangiare, né acqua potabile, o sono privi di assistenza sanitaria o non

possono andare a scuola: sono esclusi dai bisogni vitali e spesso <invisibili>,

ossia ignorati, perché non registrati all’anagrafe. Nei paesi meno sviluppati oltre la

metà dei bambini non viene registrata, quindi non esistono come cittadini. A causa

dell’estrema povertà muoiono molti più bambini di quelli registrati e anche lo

sfruttamento minorile è più esteso di quanto appaia dalle statistiche. Secondo

l’Unicef lavorano a tempo pieno oltre 315 milioni di minori tra i 5 e 17 anni.

Nessuno sa con esattezza quanti siano quelli che lavorano nelle industrie e nelle

piantagioni o cercano tra i rifiuti delle discariche tutto ciò che si può vendere o

mangiare. Spesso i bambini sono ridotti in schiavitù: comprati dai padroni in

cambio di una piccola somma data alla famiglia, sono costretti a lavorare in media

16 ore al giorno con una paga minima o per niente. Un’altra forma di sfruttamento

minorile è il lavoro domestico in casa altrui. Vi sono costretti milioni di bambini per

salari bassissimi. La prima conseguenza per loro è che non possono frequentare

la scuola: sono destinati a restare analfabeti o semianalfabeti. Altre conseguenze

derivano dai lavori pesanti e rischiosi cui sono obbligati. Pericoloso è anche il

lavoro domestico nel quale i bambini vengono anche sottoposti ad abusi e

violenze. Per la salvaguardia del rispetto dei diritti dei bambini operano l’Unicef e

altre organizzazioni. La convenzione garantisce i fondamentali diritti umani a ogni

bambino e adolescente senza distinzione di razza, sesso, lingua, ceto sociale e

opinione politica dei genitori. Ogni bambino ha diritto alla vita, alla sopravvivenza

e allo sviluppo. Come primo atto deve essere registrato alla nascita e da allora ha

diritto ad un nome, a una cittadinanza e a conoscere i suoi genitori essendo

allevato da loro. La convenzione impegna quindi ad eliminare il problema dei

bambini “invisibili”. Per affrontare questo grave fenomeno l’Onu nel 2007 ha

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tenuto con l’America Latina la prima conferenza regionale sulla registrazione alla

nascita e al diritto di identità. L’obiettivo è di garantire entro il 2015 la registrazione

immeditata e gratuita di tutti i bambini latino-americani. Per risolvere questo

problema occorre eliminarne la causa: la povertà che spinge le famiglie a non

registrare i figli perché l’anagrafe è distante, poi per fame malattie e quant’altro,

tenendo anche presente l’impercorribilità delle strade.” Pagina 9 di 25

La genesi sociale di Rosso Malpelo e l’influenza dell’Inchiesta in Sicilia di

Franchetti e Sonnino: il lavoro dei “CARUSI”

“Il lavoro di fanciulli consiste nel trasporto sulla schiena, del minerale in sacchi o

ceste, dalla galleria dove viene scavato dal picconiere, fino al luogo dove all’aria

aperta si fa la basterella delle casse dei diversi picconieri, prima di riempire il

calcarone. […] È sempre il picconiere che pensa a provvedere i ragazzi necessari

per eseguire il trasporto del minerale da lui scavato, fino a dove si formano le

casse. Ogni picconiere impiega in media da 2 a 4 ragazzi. Questi ragazzi, detti

carusi, s’impiegano dai 7 anni in su; il maggior numero conta dagli 8 agli 11 anni.

Essi percorrono coi carichi di minerale sulle spalle le strette gallerie scavate a

scalini nel monte, con pendenze talora ripidissime, e di cui l’angolo varia in media

dai 50 agli 80 gradi. Non esiste nelle gallerie alcuna regolarità degli scalini;

generalmente sono più alti che larghi, e ci posa appena il piede. Le gallerie in

media sono alte da circa metri 1,30 a metri 1,80, e larghe da metri 1 a metri 1,20,

ma spesso anche meno di metri 0,80; e gli scalini alti da metri 0,20, a 0,40;

profondi da metri 0,15 a 0,20. I fanciulli lavorano sotto terra da 8 a 10 ore al giorno

dovendo fare un determinato numero di viaggi, ossia trasportare un dato numero

di carichi dalla galleria di escavazione fino alla basterella che vien formata all’aria

aperta. I ragazzi impiegati all’aria aperta lavorano da 11 a 12 ore. Il carico varia

secondo l’età e la forza del ragazzo, ma è sempre molto superiore a quanto possa

portare una creatura di tenera età, senza grave danno alla salute, e senza pericolo

di storpiarsi. I più piccoli portano sulle spalle, incredibile a dirsi, un peso da 25 a

30 chili; e quelli di sedici a diciotto anni fino a 70 e 80 chili. Ogni viaggio

comprende l’andata e il ritorno. Il numero dei viaggi che fa ogni ragazzo in un

giorno varia molto, secondo le profondità così diverse delle miniere e delle

gallerie. Citiamo un esempio, che togliamo a caso dai molti che abbiamo

appuntati. A G… visitammo una galleria di 44 metri di profondità verticale sotto il

livello della bocca d’entrata. Per portar fuori il minerale i ragazzi percorrono 100

metri sotto terra, e 50 metri all’aria aperta. La discesa è in alcuni punti ripidissima,

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la galleria stretta, e gli scalini dei più incomodi. Un ragazzi fa in media 29 viaggi al

giorno. La miniera essendosi incendiata, il calore dell’aria nel punto dove si

raccoglie lo zolfo è di 38° Réaumur. Il guadagno giornaliero di un ragazzo di otto

anni sarà di L. 0,50, dei più piccoli e deboli L. 0,35; i ragazzi più grandi, di sedici e

diciotto anni, guadagnano circa L. 1,50, e talvolta anche L. 2 e 2,50. La vista dei

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