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divina - la piena felicità, e con essa l'immortalità. L'allegoria assume connotati
a nostro parere esplicitamente platonici proprio nella favola di Amore e Psiche,
dove i nomi stessi dei protagonisti non possono non evocare alla mente la
teoria dell'eros platonico. Ma già prima di Platone, Empedocle aveva parlato di
amore nella sua concezione cosmologica della realtà. La filosofia di Empedocle
si presenta come un tentativo di combinazione sintetica delle precedenti
dottrine. Egli accoglie l'idea del divenire, del continuo e incessante mutamento
delle cose. Accetta la tesi dell'immutabilità e dell'eternità dell'Essere. Egli
risolve questa apparente contraddizione distinguendo la realtà che ci circonda,
mutevole, dagli elementi primi, immutabili, che la compongono. Chiama tali
elementi radici, e afferma che ne sono quattro: fuoco (Zeus), aria (Era), terra
(Edoneo) e acqua (Nesti). L'unione di tali radici determina la nascita delle cose
e la loro separazione: la morte. Si tratta perciò di apparenti nascite e apparenti
morti, dal momento che l'Essere (le radici) non si crea e non si distrugge, ma è
soltanto in continua trasformazione.
L'aggregazione e la disgregazione delle radici sono determinate dalle due forze
cosmiche e divine Amore e Discordia (o Odio), secondo un processo ciclico
eterno. In una prima fase, tutti gli elementi e le due forze cosmiche sono riunite
in un Tutto omogeneo, nello Sfero, il regno dove predomina l'Amore. Ad un
certo punto, sotto l'azione della Discordia, inizia una progressiva separazione
delle radici. L'azione della Discordia non è ancora distruttiva dal momento che
le si oppone la forza dell'Amore, in un equilibrio variabile che determina la
nascita e la morte delle cose, e con esse quindi il nostro mondo. Quando poi la
Discordia prende il sopravvento sull'Amore, e ne annulla l'influenza, si giunge al
Caos, dove regna la Discordia e dove è la dissoluzione di tutta la materia. A tal
punto il ciclo continua grazie ad un nuovo intervento dell'Amore che riporta il
mondo alla condizione intermedia in cui le due forze cosmiche si trovano in
nuovo equilibrio che dà nuovamente vita al mondo. Infine, quando l'Amore si
impone ancora totalmente sulla Discordia, si ritorna alla condizione iniziale
dello Sfero. Da qui il ciclo ricomincia. Il processo che porta alla formazione del
mondo è quindi una progressiva aggregazione delle radici. Tale unione, lungi
dall'avere un benché minimo carattere finalistico, è assolutamente casuale. E
tale casualità si evidenzia a proposito degli esseri viventi. All'inizio infatti le
radici si uniscono a formare arti e membra separati, che solo in seguito si
uniranno, sempre casualmente tra di loro. Nascono così mostri di ogni specie
(come ad esempio il Minotauro), che, dice Empedocle quasi anticipando
Charles Darwin, sono scomparsi solo perché una selezione naturale favorisce
alcune forme di vita rispetto ad altre, meglio organizzate e perciò più adatte
alla sopravvivenza.
Platone è il primo che ci ha lasciato una trattazione filosofica dell'Amore: da
essa vengono assunti e conservati i caratteri dell'amore sessuale, nello stesso
tempo tali caratteri vengono generalizzati e sublimati. In primo luogo l'Amore è
mancanza, insufficienza, bisogno e nello stesso tempo desiderio di acquistare e
conservare ciò che non si possiede. In secondo luogo, l'Amore si dirige verso la
bellezza la quale non è altro che l'annuncio e l'apparenza del bene, e quindi
desiderio di esso. In terzo luogo, l'Amore è desiderio di vincere la morte ( com'è
dimostrato dall'istinto di generare proprio di tutti gli animali) ed è quindi la via
attraverso la quale l'essere mortale cerca di salvarsi dalla mortalità, non
rimanendo sempre lo stesso, come fa l'essere divino, ma lasciando dopo di sé
in cambio di ciò che invecchia e muore, qualcosa di nuovo che gli somiglia. In
quarto luogo, Platone, distingue tante forme dell'Amore quante sono le forme
del bello, a partire dalla bellezza sensibile per finire con la bellezza della
sapienza, che è la più alta di tutte e l'Amore per essa, cioè la filosofia, è quindi
Fedro
il più nobile. Il è diretto appunto a mostrare la via attraverso la quale
Amor di sapienza,
l'Amore sensibile può diventare cioè filosofia, e il delirio
erotico diventare una virtù divina, che allontana dai modi di vita consueti e
impegna l'uomo alla difficile ricerca dialettica, come fece Dante nel
Convivio( il cui scopo era di offrire un "banchetto di sapienza" a tutti coloro che
non conoscevano il latino, esso doveva infatti contenere tutto lo scibile
umano). Questa dottrina platonica dell'Amore, oltre a contenere gli elementi di
un'analisi positiva del fenomeno, offre anche un'analisi metafisica dell'Amore.
Col Cristianesimo la nozione dell'Amore subisce una trasformazione, da un lato
esso viene inteso come un rapporto che si deve estendere ad ogni “prossimo”,
dall'altro lato esso si trasforma in un comando che non ha connessioni con le
situazioni di fatto; l'Amore si propone di trasformare queste situazioni e di
creare una comunità che non esiste ancora ma che dovrà rendere tutti gli
uomini come fratelli: il regno di Dio. Secondo quanto riportato dalla Prima
lettera di Giovanni, Dio stesso è Amore. L'Amore di Dio, secondo il
Cristianesimo, è in particolare Amore Misericordioso.
Per i cristiani ogni gesto di Dio ( creazione, redenzione dopo il peccato
originale, provvidenza verso le sue creature) è compiuto per amore. S. Paolo,
nella lettera agli Efesini, afferma che Dio "per il grande amore, con il quale ci
ha amati, ci ha fatto rivivere in Cristo". Per il credente, l'evento centrale del
Cristianesimo, cioè la morte e resurrezione di Gesù Cristo, è proprio una prova
dell'amore di Dio. L'amore venne definito da Dio una delle più importanti
caratteristiche per poter vivere. Scrive Paolo, nella Prima lettera ai Corinzi:
«L'amore è paziente, è benevolo; l'amore non invidia; l'amore non si vanta, non
si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse,
non s'inasprisce, non addebita il male, non gode dell'ingiustizia, ma gioisce con
la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni
cosa. L'amore non verrà mai meno» (1cor 13:4-10)
S. Agostino cerca di unire i concetti di Amore di Dio e Amore del prossimo quasi
a formare un concetto unico. Amare Dio significa amare l'Amore, ma, dice
Agostino, “non si può amare l'Amore se non si ama chi ama”. Non è Amore
quello di colui che non ama nessuno. L'uomo perciò non può amare Dio, che è
l'Amore, se non ama l'altro uomo. L'Amore fraterno tra gli uomini “non solo
deriva da Dio, ma è Dio stesso”: è la rivelazione di Dio, in uno dei suoi aspetti
essenziali, alla coscienza degli uomini. La nozione di Amore, per S. Agostino, è
quindi, quasi, “una vita che unisce o tende ad unire due esseri, l'amante e ciò
che si ama”.
Per Schopenhauer la vita è un continuo alternarsi di dolore e noia: il dolore è
provocato dal bisogno, dal desiderio non appagato. Quando però questo
desiderio trova il suo appagamento, subentra la noia, questa situazione si
ripete all’infinito come un circolo vizioso. Schopenhauer ricorre a tre vie di
liberazione dal dolore: l’arte, la morale e l’ascesi.
L’amore, a primo impatto, potrebbe sembrare un’altra via di fuga dal dolore,
ma non è così, anzi, è visto dal filosofo come un’estrema forma di dolore.
Schopenhauer ne distingue due tipi: l’eros e l’agape( pietà). L’eros è un istinto
distruttivo che non porta nulla di buono. Esso è atto alla perpetuazione della
specie, ed esiste solo sotto forma di impulso sessuale. Anche chi crede di
essere realmente innamorato, secondo il filosofo di Danzica, in realtà
inconsciamente sta solo cercando di perpetuare la specie. Anche l’ideale di
bellezza ha questo scopo: l’uomo, cercando il bello, cerca di migliorare la sua
specie. Insomma, l’amore è visto come un semplice bisogno fisiologico e un
atto procreativo tanto che, dopo il momentaneo godimento successivo all’atto
sessuale, l’uomo non prova appagamento, perché non ha fatto nulla per sé, ma
ha semplicemente obbedito alla Natura, di cui è lo «zimbello», e al quale la
stessa ha affidato la missione di procreazione. Il simbolo dell’amore sensuale
diventa così la mantide religiosa, che prima si accoppia, poi uccide il suo
partner. Dunque Schopenhauer, privando ormai l’amore di ogni aspetto
romantico e di ogni idealizzazione, afferma che esso è costituito da «due
infelicità che si incontrano, due infelicità che si scambiano, una terza infelicità
che si prepara», dal momento che, generando una nuova vita, la si destina
inevitabilmente a quella sofferenza che è comune a tutti gli uomini.
La pietà, invece, è l'unica forma positiva d’amore: per Schopenhauer infatti è
l’unico amore degno di elogio con cui noi compatiamo il nostro prossimo e
giungiamo ad identificarci col suo tormento.
Anche Freud, nella sua indagine psicanalitica, si è interessato alla forza
dell'amore. Egli ha spiegato la dualità della mente umana attraverso il
riconoscimento di due tipi di pulsioni: Eros, l'istinto di vita; e Thanatos, l'istinto
di morte. L'Eros viene identificato con la libido, ossia la tendenza alla
riproduzione di sensazioni di piacere, e l'amore è la specificazione e
sublimazione di essa. Attraverso i processi di inibizione( conflitto tra diverse
informazioni nel processo di apprendimento) e sublimazione( meccanismo che
sposta una pulsione sessuale o aggressiva verso una meta non sessuale o non
aggressiva) della libido si sviluppano le forme superiori dell'amore e con esse le
emozioni morali, le forme superiori della cultura e l'intera civiltà. In questo
senso Freud critica l'amore universale ritenendolo una deviazione dell'amore
genitale, deviazione nata dal desiderio di evitare di perdere l'oggetto amato, e
considera “amare il nostro prossimo come noi stessi” come la più forte difesa
contro l'aggressività umana, ma impossibile da rispettare. In “Al di là del
principio di piacere”, Freud studia il dualismo pulsionale( vita/morte,
amore/odio) che si rivela come tendente ad un unico scopo cioè la ripetizione di
uno stato si unità originaria. Freud sottolinea come il principio di piacere appare
al servizio del principio di morte in quanto persegue la riduzione della tensione
e la ricostruzione dell'unità originaria.
L'ideale romantico persiste anche nel '900 dietro la teoria dell'amore sessuale
di Sartre. Per Sartre l'amore è un tentativo di realizzare l'unità tra l'io e l'altro al
fine di dare un senso alla propria esistenza. Nell'amore ognuno vuole essere
per l'altro l'assoluto, ma, poiché entrambi vogliono la stessa cosa, l'unico
risultato dell'amore è il conflitto. Sartre trova una strada affinché si realizzi
l'assimilazione di uno nell'altro: il masochismo ossia il farsi assorbire dall'altro e
sbarazzarsi della propria soggettività. Come l'amore può tendere al
masochismo, così il desiderio sessuale può tendere al sadismo, cioè il progetto
di ridurre l'altro a un semplice oggetto.
Per concludere, l'amore e la sessualità attirano ma in fondo deludono sempre,
poiché nessuno può mai trovarvi ciò che veramente cercava: una
giustificazione alla propria ingiustificabile esistenza.
L'impossibilità dell'unione tra l'io e l'altro era un concetto già visitato da William
Shakespeare nel celeberrimo “Romeo and Juliet”.
Love is one of the most important aspects of Romeo and Juliet. In the first act
Romeo is presented as a man belonging to the courtly love convention
because of he had intense adoration and respect for a lady who is chaste and
unattainable. He uses the image of light typical of this kind of love: when he
first sees Juliet, he compares her to the brilliant light of the torches that
illuminate Capulet's great hall; Juliet is the light that frees him from the
darkness of his perpetual melancholy. In the famous balcony scene Romeo
associates Juliet with sunlight, daylight, and the light emanating from angels,