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e la ricercatezza tendono ad appiattire il registro verbale, come succede per l’uso di metafore e

comparazione che talvolta complicano ed intensificano momenti carichi di tensione. È naturale che

la sintassi sia prettamente paratattica, in grado di rafforzare la tendenza all’elencazione, alla

comparazione, all’anafora e che la prosa sia ricca, allusiva e musicale, tanto da assumere una

funzione espressiva, non più comunicativa. Non dimentichiamo che D’Annunzio affida la

narrazione delle vicende ad un narratore onnisciente in terza persona; che usa fare riferimenti ad

opere letterarie ed artistiche per conferire un tono più elevato al romanzo, senza prescindere da

vocaboli in inglese, francese e latino. In ultimo, per smorzare una narrazione generalmente statica,

segnata da un’eccessiva narrazione che prevale sui dialoghi, e nel tentativo di coinvolgere l’autore,

D’Annunzio fa uso del flashback.

La vita

Gabriele d'Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863. Il padre era Francesco Paolo Rapagnetta,

che era stato adottato dallo zio acquisito Antonio D'Annunzio, un ricco commerciante e armatore.

Tuttavia Francesco Paolo (che con un decreto del tribunale civile dell'Aquila assunse il cognome dei

D'Annunzio) fu dedito a una vita dispendiosa e in pochi anni dissipò il patrimonio familiare

lasciando solo la casa di famiglia agli eredi, che riuscirono a sopravvivere grazie all'eredità dello

zio. Gabriele visse un'infanzia felice tra numerosi fratelli e sorelle tra i quali spiccava per

intelligenza e vivacità.

Se vogliamo trovare un segno dell'ambiente familiare nelle vicende biografiche del poeta,

sicuramente questo aspetto esuberante ed edonistico del carattere paterno non può passare

inosservato.

D'altronde il giovane Gabriele non tardò a manifestare una personalità priva di complessi e

inibizioni, portata al confronto competitivo con la realtà. Per comprendere meglio il senso di questa

osservazione, è bene leggere la lettera che il sedicenne Gabriele scrisse a Giosuè Carducci, mentre

frequentava il liceo al prestigioso istituto Cicognini di Prato, ricordando che allora Carducci era il

più rinomato poeta italiano. Proprio il padre sovvenzionò nel 1879 la pubblicazione della prima

raccolta di poesie del giovane studente, "Primo vere", attorno alla quale nacque immediatamente

quello che sarebbe diventato il "fenomeno dannunziano".

Accompagnato da un'entusiastica recensione critica sulla rivista romana «Fanfulla della Domenica»,

il successo del libro venne gonfiato dallo stesso D'Annunzio che fece diffondere la falsa notizia

della propria morte per una caduta da cavallo; notizia che ebbe l'effetto, insieme alle successive

smentite, di richiamare l'attenzione del pubblico romano sul romantico studente abruzzese,

facendone un personaggio da leggenda. E sulle ali di questa leggenda, D'Annunzio giunse a Roma

nel 1881. Proprio a quella Roma in cui, senza portare a termine gli studi, conduce una vita sontuosa,

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ricca di amori e avventure. In breve tempo, collaborando a diversi periodici, sfruttando il mercato

librario e giornalistico e orchestrando intorno alle sue opere spettacolari iniziative pubblicitarie, il

giovane D'Annunzio diviene figura di primo piano della vita culturale e mondana romana.

I dieci anni trascorsi nella capitale (1881-1891) furono decisivi per la formazione dello stile

comunicativo di D'Annunzio, e nel rapporto con il particolare ambiente culturale e mondano della

città si formò quello che possiamo definire il nucleo centrale della sua visione del mondo.

Attratto alla frequentazione della Roma "bene" dal suo gusto per l'esibizione della bellezza e del

lusso, D'Annunzio si era dovuto adattare al lavoro giornalistico soprattutto per esigenze

economiche; infatti nel 1883 aveva dovuto sposare, con un "matrimonio di riparazione" nella

cappella di Palazzo Altemps a Roma, Maria Hardouin duchessa di Gallese, da cui ebbe tre figli

(Mario, Gabriellino e Veniero). Ma le esperienze per lui decisive furono quelle trasfigurate negli

eleganti e ricercati resoconti giornalistici. In questo rito di iniziazione letteraria egli mise

rapidamente "a fuoco" il proprio mondo di riferimento culturale, nel quale si immedesimò fino a

trasfondervi tutte le sue energie creative ed emotive.

Si può quindi parlare, tanto nelle opere quanto nella vita di D'Annunzio, di una idealizzazione del

mondo, che viene ad essere circoscritto nella dimensione del mito; la sua fantasia lottò

prepotentemente per imporre sulla realtà del presente, vissuto con disprezzo, i valori "alti" ed

"eterni" di un passato visto come modello assoluto di vita e di bellezza.

“Amor patrio”

2° Guerra Mondiale

Amore inteso come impegno sociale.

Il patriottismo è il vivo e sincero amore per la propria patria. La patria (o madrepatria) può anche

essere una regione o una città, ma il patriottismo di norma si riferisce ad una nazione e/o uno Stato-

nazione e si esprime attraverso una molteplicità di sentimenti quali: l’orgoglio per i progressi

conseguiti o la cultura sviluppata dalla patria, il desiderio di conservarne il carattere ed i costumi,

l'identificazione con altri membri illustri della nazione...

Affine al patriottismo è il nazionalismo, al punto che spesso sono utilizzati come sinonimi.

Strettamente parlando, però, il nazionalismo è una ideologia che in primo luogo sostiene

l'affermazione, l'esaltazione ed il potenziamento della nazione e, per raggiungere questi obiettivi,

sostiene solo strumentalmente lo sviluppo e la manifestazione di sentimenti patriottici. In ogni caso

entrambi possono indurre sentimenti negativi verso patrie e/o nazioni altrui.

In generale, si distingue tra il nazionalismo democratico o liberale che si affermò in Europa e

America Latina durante la prima metà dell'800, ed il nazionalismo della seconda metà del XIX

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secolo. Il primo pensava alla nazione come comunità che coesiste pacificamente e pariteticamente

con altre nazioni, mentre il secondo è legato alla reazione contro la democrazia parlamentare ed

all'espansionismo delle nazioni d'Europa impegnate nella gara di supremazia extraeuropea, il

colonialismo.

L'unificazione tedesca del 1870 sconvolse gli equilibri europei e accelerò lo sfascio dei vecchi

imperi multinazionali, il nazionalismo assunse caratteri diversi nelle varie nazioni: l'Inghilterra si

identificò nella missione imperiale britannica, la Germania si sforzò di creare uno stato autoritario a

forte vocazione protezionista e con suggestioni pangermaniste, la Francia si strinse attorno al

tradizionalismo monarchico e cattolico della destra.

In questa fase il nazionalismo italiano si presentò come movimento elitario, tra cui spiccò la figura

di Gabriele D'Annunzio; successivamente si passò ad una fase più propriamente politica, legata al

nome di Corradini, con un programma che guardava al rafforzamento dell'autorità statale come

rimedio contro il particolarismo politico, e alla guerra per l'affermazione del prestigio italiano. Il

giornale Il Regno fu il primo organo ufficiale del movimento nazionalista italiano. Il nazionalismo

svolse un ruolo importante in alcuni momenti della storia d'Italia, come in occasione della guerra di

Libia (1911-1912), dell'interventismo alla vigilia del primo conflitto mondiale, della campagna sulla

"vittoria mutilata" nel primo dopoguerra. Il movimento si fuse con il fascismo nel febbraio del

1923. In Italia, Spagna e Germania, il nazionalismo giocò un ruolo fondamentale nell'elaborazione

delle ideologie dei fascismi al potere. Il rapporto tra nazionalità, nazionalismo e imperialismo dei

regimi totalitari è stato al centro del dibattito storiografico post-seconda guerra mondiale.

Il nazismo sposa una forma nazionalistica e totalitaria di socialismo (opposta al socialismo

internazionale di stampo marxista).

Il nazismo trae origine dal partito politico guidato da Adolf Hitler, l'NSDAP (Nationalsozialistische

Deutsche Arbeiterpartei, Partito operaio nazionalsocialista tedesco), ed è basato sul programma

politico indicato da questi nel libro Mein Kampf. Una volta raggiunto il potere tramite una regolare

elezione, si trasformò in dittatura, con un programma di eliminazione anche fisica sia degli

avversari politici che di persone appartenenti a categorie ritenute inferiori o dannose per la società,

quali gli ebrei, gli slavi, gli omosessuali, i portatori di handicap e i ritardati mentali.

Il risentimento tedesco nei confronti del trattamento subito dopo la fine della prima guerra mondiale

e le susseguenti difficoltà economiche permisero ad Adolf Hitler e al suo movimento estremista

nazionalista (NSDAP) di prendere il potere in Germania e assumere il controllo totale della

Nazione. Ignorando i vincoli imposti dal Trattato di Versailles, egli ricostruì l'esercito tedesco.

Rimilitarizzò la zona di confine con la Francia, ottenne l'unificazione di Germania e Austria

(Anschluss), e si annesse parti della Cecoslovacchia (i Sudeti, la Conferenza di Monaco). 5

Nel 1922 Benito Mussolini e il suo Partito Fascista avevano preso il potere in Italia e nel maggio

1939 strinsero il famoso Patto d'acciaio con la Germania.

L'Impero giapponese invase la Cina nel settembre del 1931, usando la messa in scena del

sabotaggio ferroviario di Mukden come pretesto per l'invasione della Manciuria. Anche se il

governo giapponese si oppose all'azione, l'esercito fu in grado di agire in maniera indipendente e

instaurò un governo fantoccio, creando uno stato separato: il Manchukuo.

La Germania stipulò un trattato, il Patto Molotov-Ribbentrop, con l'Unione Sovietica e nel 1939

avanzò pretese territoriali su parte della Polonia (il famoso Corridoio di Danzica). La Polonia

rigettò le pretese e la Germania, il 1° settembre 1939, la invase. Il 3 settembre, Regno Unito e

Francia inizialmente riluttanti a morire per Danzica dichiararono guerra alla Germania.

“Romeo and Juliet”

Shakspeare

Birth of a Fresh and spontaneous love, enthusiasm of the juvenile age, absence of one

critical and responsible vision.

Love is one of the most important aspects of Romeo and Juliet. In the first act Romeo is presented

as a man belonging to the courtly love convention because of his intense adoration and respect for

a lady who is chaste and unattainable. He uses the image of light typical of this kind of love:

when he first sees Juliet, he compares her to the brilliant light of the torches that illuminate

Capulet's great hall; Juliet is the light that frees him from the darkness of his perpetual

melancholy. In the famous balcony scene Romeo associates Juliet with sunlight, daylight, and the

light emanating from angels, "O speak again bright angel". In turn, Juliet compares their new -

found love to lightning, primarily to stress the speed at which their romance is moving, but also to

suggest that, as the lightning is a glorious break in the blackness of the night sky, so their love

turns out to be a flash of wonderful radiance in a dark world.

Ideal or spiritual love appears from the second act onward and from this point on there is a

progression towards darkness, which becomes one of the central images. The final indication that

darkness has triumphed over light comes from the last act when Romeo finds his love lying

motionless in the tomb. Now it is time for him to prove his love for Juliet, as she has done for

him. He finds a deadly poison and proceeds to eternal darkness, so does Juliet, who draws a

sword and takes her own life beside her fallen husband.

This story has assumed in the time a symbolic value, becoming the archetype of the perfect but

opposed love from the society. In the moonlight, Romeo, hidden under the balcony of the girl he

loves, listens to her speak on her own and discovers that she loves him too. There’s a passionate

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monologo of Romeo and an unexpected Juliet’s confession of love. She halts between the juvenile

passion and the doubt to have an impossible history with a young Montecchi. Being the families

Capuleti and Montecchi fairs enemies, Juliet reflects on the inconsistent value of the names: a name

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