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1. ANTISEMITISMO
“Avversione nei confronti dell’ebraismo maturatasi in forma di persecuzione o addirittura di mania
collettiva di sterminio, dovuta a degenerazione i pseudoconcetti storico-religiosi o a ricerca di un
capro espiatorio da parte di classi politiche impotenti” (da Dizionario della Lingua Italiana,
Le Monier,
Devoto, Holi)."Nel cercare di comprendere le vere ragioni per cui le persone hanno agito come semplici
ingranaggi della macchina dello sterminio, a nulla ci serviranno le riflessioni sulla storia tedesca e sul cosiddetto
carattere nazionale tedesco, le cui potenzialità, quindici anni fa, erano del tutto ignote a coloro i quali
conoscevano molto profondamente la Germania. C'è molto di più da imparare dalla personalità tipica dell'uomo
che può vantarsi di essere lo spirito organizzatore dell’assasino Heinrich Himmler non è uno di quegli intellettuali
provenienti dall'oscura No-Man's Land (...); egli non è un bohemien come Goebbels, nè un criminale sessuale
come Streicher, né un pervertito fanatico come Hitler, né un avventuriero come Goering. E' un bourgeois, con
tutte
tutte le caratteristiche esteriori della respettabilità, le abitudini di un buon pater familias (...) Divenne
chiaro che un uomo simile era pronto a sacrificare per la pensione, per l'assicurazione sulla vita e per la sicurezza
della moglie e dei figli le proprie credenze, il proprio onore e la propria dignità umana. Ci voleva solo il genio
satanico di Himmler per scoprire che, dopo una simile degradazione, quest'uomo sarebbe stato completamente
disposto a fare letteralmente di tutto quando la posta si fosse alzata e la piatta esistenza della sua famiglia fosse
minacciata. La sola condizione che poneva era quella di non essere_considerato responsabile di ciò che faceva.
La SHOAH
1.1
(...) Diversamente dalle prime unità delle SS e della Gestapo, l'organizzazione totale di Himmler non conta sui
fanatici, nè sugli assassini per natura, né sui sadici; essa fa interamente assegnamento sulla normalità dei
lavoratori e dei padri difamiglia.
(...) Costoro non sono nemmeno tutti assassini o traditori a causa della loro natura perversa. Non è nemmeno
certo che si presterebbero a svolgere questa attività se rischiassero solo la loro vita o il loro futuro. Si sentivano
responsabili solo verso le loro famiglie (non avevano bisogno di temere Dio, era l'organizzazione burocratica delle
loro azioni a tranquillizzare la loro coscienza).
La trasformazione del padre di famiglia da membro responsabile della società, interessato a tutte le questioni
pubbliche, in bourgeois attento solo alla propria esistenza privata e ignaro di ogni virtù civica, è un fenomeno
moderno internazionale. Le esigenze del nostro tempo possono trasformarlo in ogni momento uomo-massa e
fare di lui lo strumento di qualunque follia ed orrore. (...) Dietro la facciata delle virtù nazionali proclamate e
propagandate, come l'"amor di patria", il "coraggio tedesco", la "fedeltà tedesca", si celavano veri e propri vizi
nazionali,.opposto.di.quellevirtù."(...) 6
CRONISTORIA
1.2
E’ naturale chiedersi perché la ferocia nazista si sia appuntata proprio contro gli Ebrei. In realtà, i
nazisti portarono all’estrema della barbarie, ma non “inventarono”, un atteggiamento che era già
presente in Germania e in Europa da tempi remoti. L’ostilità, o diffidenza, o pregiudizio negativo nei
confronti degli Ebrei, si chiama comunemente antisemitismo. Questo a ben guardare, è un termine
improprio, perché gli Ebrei erano solo uno dei tanti popoli che si fanno risalire ad una comune
famiglia, quella detta appunto “semitica”. Ad essa appartenevano i Sumeri, i Babilonesi, gli Assiri, i
Fenici, popoli la cui identità etnica e culturale non si è conservata, ma che sono confluiti,
mescolandosi, nel vario e complesso mondo dell’umanità mediterranea e medio orientale. Sono
semiti anche gli arabi la cui lingua è molto simile all’ebraico. Ma quando noi europei parliamo di
antisemitismo, ci riferiamo al razzismo contro gli Ebrei, non a quello contro gli arabi. Questo dipende
dal fatto che solo gli Ebrei hanno vissuto per secoli e secoli nei vari paesi d’Europa, a stretto contatto
con le diverse popolazioni europee, ma senza convertirsi al cristianesimo e conservando spesso la loro
religione e la cultura e le usanze ad esso collegate. Gli Ebrei hanno vissuto, di generazione in
generazione, per quasi duemila anni, disseminati per i vari paesi d’Europa sempre come minoranze di
religione ebraica in mezzo alla maggioranza di religione cristiana.
Questa dispersione – che si chiama col termine greco – risale al tempo dell’Impero romano,
diaspora
quando gli Ebrei si ribellarono al dominio romano e furono sconfitti dall’Imperatore Tito, che mise a
ferro e a fuoco Gerusalemme, incendiando il Tempio, centro spirituale dell’ebraismo. Infatti,
Augusto e Roma volevano soprattutto il Mediterraneo e la Giudea era quella parte orientale
dell’Impero, importantissima via di comunicazione. Ben presto si scatena una guerra dovuta anche a
motivi di insoddisfazione verso il dominio romano, guidata da Vespasiano e dal figlio Tito: la rivolta
dei giudei inizia nel 66 dopo Cristo e agli inizi del 70 circa 80.000 uomini assediano la città Santa
degli Ebrei. Gli Ebrei perduta anche l’indipendenza e l’unità politica avevano conservato più di altri
popoli dell’antichità la loro identità culturale, a causa del carattere particolare della loro religioni che
– come si sa – a differenza di tutte le altre religioni antiche era monoteista. E conservarono la propria
7
identità culturale anche nella diaspora, appunto perché la religione continuò a costituire per loro un
potente motivo di unione al loro interno e, contemporaneamente, di separatezza rispetto agli altri
popoli politeisti, ma anche rispetto al cristianesimo.
Quando il mondo occidentale, gradualmente, divenne cristiano, gli Ebrei rimasero fedeli alla loro
religione. La necessità di conoscere il loro testi sacri fece mantenere la conoscenza dell’ebraico. La
necessità di istruire i loro figli nella conoscenza della religione dei padri comportava che i rabbini
facessero anche da maestri di scuola, e quindi favorì presso gli Ebrei un livello medio di cultura
superiore a quello dei cristiani, negli anni bui del medioevo.
Queste capacità da un lato, e dall’altro il fatto che molte attività e funzioni sociali fossero loro vietate
spinse gli Ebrei a dedicarsi al commercio, all’artigianato e a quelle che oggi si chiamano libere
professioni, come quella del medico.
Queste loro attività e specialità erano spesso preziose per i paesi in cui essi risiedevano e perciò
accadeva che gli Ebrei potessero svolgervi un ruolo importante dal punto di vista economico e
potevano guadagnare e diventare anche ricchi.
Con la rivoluzione francese, nei paesi dell’Europa occidentale la situazione degli Ebrei cambiò
profondamente. Si impose il diritto di uguaglianza dei diritti fra gli uomini. I ghetti vennero aboliti,
gli Ebrei si videro aprire possibilità, professioni e carriere prima impensabili.
Col tempo poterono diventare anche avvocati, funzionari, professori, uomini politici. Essendo cadute
molte delle barriere che prima li separavano dagli altri cittadini, ebbe inizio per loro un processo di
integrazione col resto della popolazione, o come si diceva, di assimilazione.
Gli Ebrei dell’Europa orientale, invece, si assimilarono poco perché continuavano ad essere tenuti in
condizioni di non parità. Essi continuarono fino alla prima guerra mondiale e oltre a vivere sotto
l’incubo dei I pogrom era lo scatenarsi della violenza antisemita di massa.
pogrom.
Folle inferocite, ignoranti e fanatizzate assalivano i quartieri e i villaggi degli Ebrei assassinando,
devastando, saccheggiando ed incendiando. Le autorità non faceva nulla per impedire queste
periodiche violenza popolari, e anzi le incoraggiavano indirettamente. Le masse popolari, infatti,
erano esasperate dalle condizioni di miseria e di oppressione in cui vivevano e alle autorità riusciva
utile che il malcontento si scaricasse contro un falso obiettivo, gli Ebrei, piuttosto che contro quello
vero, la tirannide di chi li governava. Ma verso la fine dell’ottocento i maggiori stati europei si
orientarono verso una politica di forte rivalità economica e politica, e di esasperato nazionalismo, che
sconfinava nel razzismo. Fu così che, che in quest’epoca di forte nazionalismo in Europa, sorse il
movimento nazionalista ebraico, il (da antico nome di Gerusalemme).
sionismo sion,
Esso si propose di dare agli Ebrei una terra dove essi potessero fondare un proprio stato, per non
essere più minoranze sopportate o perseguitate in casa d’altri, ma un popolo sovrano sul suo
territorio.
Cominciò così, alla fine dell’ottocento, l’emigrazione di gruppo di Ebrei che dall’Europa partivano
come coloni verso la Palestina. La Palestina (che i sionisti scelsero come loro futura patria poiché era
la “terra promessa” della Bibbia) era allora una provincia dell’Impero turco dove viveva da secoli una
popolazione prevalentemente araba e musulmana. Per gli abitanti della Palestina gli immigrati Ebrei
erano intrusi che essi non potevano vedere di buon occhio.Ma con l’avvento del nazismo, e dopo la
seconda guerra mondiale, tutto cambiò. Molti di coloro che erano riusciti a scampare alla furia nazista
andarono in Palestina. Dopo lo sterminio operato dai nazisti, l’idea sionistica acquistò enormemente
più forza tra gli Ebrei, e più consensi fra tutti i cittadini d’Europa e d’America che avevano orrore dei
quanto era accaduto e desiderio di mostrare agli Ebrei simpatia e solidarietà. Ma non poteva certo
esserci il consenso della popolazione araba di Palestina: essa si sentiva privata dei suoi diritti e delle
sue terre. Così, quando gli Ebrei di Palestina, nel 1948 si eressero in stato indipendente proclamando
la nascita della repubblica di Israele, si aprì il capitolo delle guerre fra israeliani ed arabi. Ci furono
entrambi le parti intolleranza, aggressività, violenze che purtroppo continuano anche oggi. Questo
odio verso gli Ebrei trova il suo apice nei regimi totalitari, sviluppatesi nel periodo fra le due guerre. 8
NAZISMO
1.3
Tali regimi fondano la loro forza su una particolare forma di potere assoluto, tipico della società di
massa, che non si accontenta di controllare la società, ma pretende di trasformarla dal profondo in
nome di un’ideologia onnicomprensiva di pervaderla tutta attraverso un uso combinato del terrore e
della propaganda: quel potere insomma, che non solo è in grado di reprimere, grazie ad un
onnipotente apparato poliziesco, ogni forma di dissenso, ma cerca anche di mobilitare i cittadini
attraverso proprie organizzazioni, di imporre la propria ideologia per mezzo del monopolio
dell’educazione e dei mezzi di comunicazione di massa. Nel contesto dell’ideologia e del programma
nazista, la costruzione di uno stato totalitario fortemente accentrato nelle mani del diveniva un
Führer
passaggio necessario, funzionale alla riuscita della lotta contro il “nemico assoluto” costituito dalla
razza semita. Al centro dei piani hitleriani c’era appunto un’utopia nazionalista e una razzista: Hitler
credeva nell’esistenza di una razza superiore e conquistatrice, quella “ariana”, progressivamente
inquinatasi per l’unione con razze inferiori.
Tipico del tardo ‘800 e del primo ‘900 fu non più l’antigiudaismo ma l’antisemitismo, cioè una forma
di xenofobia etnica che si fonda sulla credenza di un patrimonio genetico umano in base al quale
stabilire tra le diverse civiltà delle gerarchie di valore e di merito. Questa forma di volgare razzismo si è
alimentata anche di DARWINISMO e di TEORIE EVOLUZIONISTICHE. Le tesi razziste presero
forza, inoltre, grazie a pubblicazioni di grande successo editoriale come il “Saggio sull’ineguaglianza
delle razze umane” di Gobineau (il quale affermava che la razza bianca fosse ricca di inventiva e piena