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Questa tesina di maturità prende in esame gli usi e le interpretazioni della teoria evolutiva di Darwin. Gli argomenti che la tesina sviluppa sono i seguenti: in Italiano Giovanni Verga, in Latino Decimo Giunio Giovenale, in Filosofia Karl Marx, in Storia Hitler e il rinnovamento razziale, in Inglese Charles Dickens e in Storia dell'arte Honoré Daumier ("Il vagone di terza classe").
Italiano - Giovanni Verga.
Latino - Decimo Giunio Giovenale.
Filosofia - Karl Marx.
Storia - Hitler e il rinnovamento razziale.
Inglese - Charles Dickens.
Storia dell'arte - Honoré Daumier ("Il vagone di terza classe").
Esami di Stato A.S. 2012-2013
CINZIA ALBERTINI V D
Darwin è considerato uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, il padre della teoria
evolutiva. I fattori considerati decisivi per l’elaborazione della nuova teoria furono
molteplici:
-Il viaggio di ricognizione scientifica attorno al mondo sul brigantino Beagle in qualità
di naturalista non stipendiato. Durato circa 5 anni (dal 1831 al 1836), il viaggio fu
l’occasione per Darwin per approfondire le proprie conoscenze di storia naturale e per
osservare i resti di alcuni fossili e collezionare esemplari di nuovi tipi di piante e di
animali. “Saggio sul principio di
-La lettura del trattato di sociologia di Thomas Malthus
popolazione”, in cui l’economista inglese affermava che le risorse necessarie per la
sopravvivenza non fossero sufficienti per una popolazione a elevata crescita.
>Darwin elaborò, così, la teoria evolutiva, pubblicando nel 1859 “The origin of
species”.
La teoria afferma che gli organismi generano organismi simili e che il numero
d’individui che si riproduce e sopravvive si rivela minore del numero dei nati. Ma
l’elemento fondamentale della nuova teoria, da cui nasce la mia riflessione, è il
concetto d selezione naturale, secondo il quale, essendo il numero degli individui
che sopravvivono inferiore rispetto al numero di partenza, deve per forza esistere una
lotta per l’esistenza in cui prevalgono i più adatti alle condizioni di vita. E questa
selezione naturale è eseguita dall’ambiente, il quale “seleziona”, appunto, gli individui
che presentano le caratteristiche vincenti per la sopravvivenza (le cosiddette
variazioni favorevoli) rispetto ai propri concorrenti.
La teoria evolutiva ha costituito una posta ideologica e politica di primo ordine. Essa,
infatti, è stata oggetto di strumentalizzazioni da parte d’ideologi della borghesia, ma è
stata usata come una sorta d’ispirazione anche da parte di dittatori quali Hitler.
Attorno al concetto di selezione naturale si sono sviluppate le tendenze di pensiero più
reazionarie, le quali sostenevano che fosse possibile far corrispondere all’assetto
sociale vigente le leggi stesse di natura, in altre parole il criterio del dominio di una
classe sulle altre e il predominio del più forte sui più deboli. E’ quanto fu affermato dal
“DARWINISMO SOCIALE”.
filosofo britannico Herbert Spencer, dando vita al
Le affermazioni teoriche del darwinismo sociale furono riprese da
Giovanni Verga.
Secondo la sua visione pessimistica, la società umana era dominata dal crudele
meccanismo della lotta per la vita, per il quale il
più forte schiaccia inevitabilmente il più debole.
Per Verga le specie e gli individui si succedono e si
combattono all’infinito all’interno di questo
meccanismo naturale e cieco in cui la pulsione
egoistica al possesso e all’affermazione di sé non
lascia posto ai sentimenti umani, quali la
generosità e l’altruismo.
Questa è una legge di natura universale e
immodificabile, che governa qualsiasi società, in
tutti i tempi e in tutti i luoghi. E’, per tanto, inutile
sperare in alternative alla realtà esistente, né nel
futuro (in un’organizzazione migliore e più giusta),
né nel passato (tornando a forme precedenti ormai
superate) e neanche nella dimensione
trascendentale.
Quindi è chiaro come alla base della poetica
verista elaborata da Verga ci siano impostazioni
positivistiche, poiché per conoscere la realtà è
necessario un approccio puramente scientifico,
fondato sull’oggettività dei fenomeni e non sulla soggettività delle sensazioni;
materialistiche in quanto il comportamento umano è assimilato a quello di ogni altro
animale e visto in dipendenza dall’egoismo individuale e dai bisogni materiali; infine
deterministiche poiché nega la libertà del soggetto come organismo in grado di
incidere sulla realtà e insiste sull’idea che l’individuo sia sempre condizionato
dall’ambiente in cui vive, dalle leggi economiche e dal condizionamento ereditario che
influisce sul suo status. E’ la darwiniana lotta per la vita, che spinge l’uomo a imporsi o
a soccombere attraverso la spietata selezione naturale.
Il principio della lotta per la sopravvivenza è espresso da Verga nel “Ciclo dei Vinti”, un
ambizioso progetto letterario che avrebbe dovuto comprendere cinque romanzi, tre dei
quali rimasti incompiuti, legati dal tema comune della lotta dell'uomo per l'esistenza.
-Nella lettera a Salvatore Paolo Verdura del 1878, Verga espone x la prima volta il suo
progetto realistico di voler mostrare tutte le fisionomie sociali e il progetto scientifico
di rivelare come esse siano condizionate dalla darwiniana lotta per la vita, attraverso
la selezione naturale.
<<Ho in mente un lavoro che mi sembra bello e grande, una specie di
fantasmagoria della lotta per la vita […]; lotta provvidenziale che guida l’umanità,
[…] tutte le fisionomie sociali, ognuna colla sua caratteristica, negli sforzi che
fanno per andare avanti in mezzo a quest’onda immensa che è spinta dai bisogni
più volgari o dall’avidità dalla scienza ad andare avanti, incessantemente, pena la
caduta e la vita, pei deboli e i maldestri>>.
Il primo progetto dei Vinti: classi sociali e lotta per la vita [Lettera a Salvatore Paolo
Verdura-21 aprile 1878]
In questa sua analisi egli procede allo studio dei meccanismi che vigono nella società
per ascendere gradualmente verso le classi più elevate. Questo perché, nella
concezione di Verga, lì dove c’era più ignoranza i meccanismi erano più istintivi e, di
conseguenza, più facilmente individuabili.
Facenti parte di questo ciclo sono i romanzi “I Malavoglia” e “Mastro-don Gesualdo”, in
vinti e la fiumana del progresso”
cui, come afferma nella prefazione ai Malavoglia “I ,
Verga si sofferma sui vinti, appunto, cioè coloro che, ciascuno nella propria condizione,
hanno avuto il proprio ruolo nella lotta per l’esistenza, per il benessere e l’ambizione,
coloro che hanno voluto far legge pur essendo essi stessi fuori dalla legge (per usare
le sue stesse parole) e che sono stati poi, invece, sconfitti e deposti sulla riva dalla
corrente che è la fiumana del progresso.
→
-I MALAVOGLIA il romanzo si presenta come uno studio quasi sociologico volto a
mostrare le condizioni sociali di un’intera comunità e come, la vita dei singoli e dei
gruppi sia condizionata dal contesto socio - economico. Viene, infatti, messo in
evidenza l’avidità degli individui e la loro egoistica inclinazione a voler soddisfare i
propri istinti e i propri interessi materiali, isolandosi e rifiutando i propri simili. La
famiglia dei Malavoglia, però, rappresenta, un’eccezione: è vero che ciascuno
all’interno della società è solo con il proprio egoismo, ma qui resta ancora la
solidarietà familiare, che a buon diritto può essere ritenuto un espediente per
scongiurare e scoraggiare la violenza e l’egoismo. La solidarietà dei membri della
famiglia è un modo per sopravvivere all’interno della feroce selezione naturale che
caratterizza l’esistenza. Tuttavia, anch’essa arriva alla fine a presentarsi come
dominata da sempre dal particolarismo dell’interesse e da rivalità egoistiche e i valori
etici, quali il rispetto per la parola data, l’onestà, l’altruismo e la solidarietà
disinteressata, di cui si faceva portatrice contro la meschinità e la grettezza ottusa del
paese, decadono. →
-MASTRO-DON GESUALDO Al contrario dei Malavoglia, la lotta per i propri
interessi è tutta concentrata nell’unico personaggio, qual è Gesualdo, il quale, avido di
ricchezza e desideroso di affermarsi, è disposto a tutto pur di costruirsi da solo il
proprio destino. Ma la logica dell’economicità e della forza non lascia spazio ai valori
etici e finiscono per procurargli solo odio e dolore da parte dei suoi vicini. Può essere,
quindi, considerato un vincitore materialmente, per essersi costruito con le sue sole
forze la propria ricchezza, ma un vinto sul piano umano, perché la roba l’ha portato
addirittura alla morte.
All’interno della letteratura latina, ovviamente, non possiamo ritrovare influenze del
pensiero darwiniano. Tuttavia, se riprendiamo il concetto della storia come lotta di
classe, come dominio del più forte, numerosi sono i casi di letterati dell’età latina che
denunciano una realtà fatta di disparità sociale, di contrasti tra ricchi e poveri, tra
patroni e clienti.
Tra questi rientra Giovenale, la cui attività letteraria si caratterizza proprio per la
rappresentazione della realtà e della società romana,
caratterizzate da grande corruzione e confusione
sociale. satira,
Per far ciò si serve del genere letterario della
una scelta necessaria, come dice egli stesso, dettata
dall’ipocrisia e dai vizi che lo circondano: dinanzi a un
simile spettacolo <<è difficile non scrivere satire>>
[Satira I, v.30]. verum,
Tema centrale delle sue satire è il la realtà
enfatizzata nei suoi aspetti più mostruosi al fine di
provocare sdegno. Giovenale, denunciando il
comportamento umano, fatto di vizi e corruzione, fa
indignatio,
ricorso allo strumento dell’ il sentimento di
disprezzo che egli prova nel vedere la differenza
ingiusta tra ricchi e poveri.
Satire,
Gli argomenti delle quindi, spaziano dalla condanna dei vizi, dell’
omosessualità, della vanità delle aspirazioni umane, al rimpianto per l'abbandono
delle antiche virtù, all'invettiva contro le classi nuove e i nuovi gruppi emergenti
(liberti, orientali), al servilismo, alla miseria del popolo e alla penosa condizione dei
letterati. La sua poesia è frutto di un senso di rettitudine morale, dell'indignazione di
fronte alle prepotenze e alle dissolutezze, di cui è ogni giorno testimone.
L’astio sociale di Giovenale deriva, soprattutto, dalla sua triste e disagiata condizione
cliens,
di una figura centrale nella tradizione romana, in grado di garantire l’armonia
tra poveri e ricchi e potenti. Tuttavia il rapporto tra patrono e cliente, nella sua epoca,
tende sempre più a logorarsi e a fondarsi su criteri meramente economici. La
degenerazione del rapporto emerge in uno dei momenti fondamentali nella vita del
cliente: il banchetto. La cena diventa occasione per il patronus per ribadire la sua
superiorità sociale, mentre il cliens è disposto a diventare adulatore e a sottoporsi ad
ogni forma di servilismo, pur di essere invitato a cena. Al cliente, però, è riservato un
indegno trattamento da parte dell’arrogante patrono, che gli serve umili vivande.
divitiae,
I vizi che Giovenale accusa maggiormente sono, quindi, le le ricchezze che
inducono chi le possiede a comportamenti negativi, soprattutto nei confronti dei
poveri. Egli appare indignato verso l’iniqua distribuzione di esse nella società e verso
gli abusi nei confronti dei cittadini umili e onesti. La metropoli offre ai ricchi ogni
pauperes
genere di comodità, mentre i lottano per vivere e guadagnarsi da vivere,
spesso con immensi sacrifici e scarse ricompense.
Satira III,
E’ quanto è affermato nella un lungo monologo in cui Giovenale, attraverso
Umbricio, un’umbra del poeta, il suo alter ego, denuncia le ingiustizie che dilagano a
Roma e vi oppone la tranquillità delle provincie, in cui sono sopravvissuti le buone
mos maiorum:
abitudini e gli antichi valori del
<<Vi è una gran parte dell’Italia, in cui nessuno indossa la toga, se non
da morto. Persino quando capita di celebrare in un teatro la solennità
dei giorni festivi, vedrai lì nei posti d’onore e tra il popolo abiti simili ed
equivalenti. […] Qui l’eleganza dell’abito è al di là delle possibilità, qui
qualcosa è di troppo: talvolta si prende a prestito dall’altrui forziere.
Questo è un vizio comune: qui viviamo tutti in una povertà
pretenziosa>>.
…..e mette in evidenza come la città sia diventata crudele, poiché, come afferma con
ironia, un povero che abbia perso la casa è condannato alla rovina, mentre un ricco
che si trovi in analoga situazione è soccorso da tutti:
<<E tuttavia l’infelice ha perduto tutto quel nulla Ma il colmo della
.
misera sta nel fatto che a lui che, nudo, chiede un tozzo di pane