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Sintesi
Estratto del documento

"Non riceviamo una vita breve,ma tale la rendiamo:e non siamo poveri quanto

alla vita,ma la sprechiamo con prodigalità" (De Brevitate Vitae )

Questa frase fu scritta da uno dei più grandi scrittori Latini ,Lucio Anneo Seneca

(4a.C.- 65d.C.). Seneca, nacque all’incirca nel 4 a.C. a Cordova ed essendo

figlio di un retore, fu inviato a Roma per completare gli studi in previsione della

sua carriera politica. A Roma ebbe come maestri di filosofia lo stoico Attalo ed il

neopitagorico Sozione, mentre il retore Papirio Fabiano lo mise a contatto con la

scuola filosofica dei Sestii. Da costoro Seneca derivò un orientamento ascetico

che lo accompagnerà tutta la vita. Seneca, come del resto la maggior parte

degli intellettuali romani che si occuparono di filosofia, fu animato da un

atteggiamento non dogmatico verso le principali scuole di pensiero greco-

ellenistico. Aderì principalmente allo stoicismo, ma nella sua filosofia sono

riconoscibili anche elementi platonici, neopitagorici e cinici. Il nucleo di

pensiero prevalente fu comunque quello stoico: il suo interesse per la natura , il

concetto di divinità, l’insistita riflessione morale, lasciano arguire che Seneca

non fu solo seguace dello stoicismo, ma ne sviluppò anche con originalità

alcune posizioni. Nonostante il saldo ancoraggio alla tradizione filosofica a lui

precedente, si può notare in tutta l’opera di Seneca una continua polemica

contro la filosofia insegnata nelle scuole, sinonimo spesso di un’erudizione fine

a se stessa, contraria al principio che la sapienza non è in verbis, bensì in rebus

. La fondamentale trattazione della tematica del tempo era già stata sviluppata

da Seneca nell’opera De brevitate vitae . Oltre affermare chela vita non è

breve, ma siamo noi a renderla tale, sprecando gran parte del tempo che il

destino ci ha concesso, Seneca espone il proprio concetto di tempo, integrando

la prospettiva degli stoici con quella degli epicurei: il saggio non deve affidare

nulla della propria vita al futuro, perché la vita può cessare da un momento

4

all’altro; egli deve invece interessarsi solo al presente, vivendo ogni singolo

giorno come se fosse l’ultimo.

VALENZA FORMATIVA E MORALE DELLA MORTE

Ogni uomo, in quanto essere razionale, ha la possibilità di interrogarsi di fronte

al succedersi degli avvenimenti e, dunque, di fronte alla vita. Ma ciò significa

che, se la vita implica la morte, l'uomo ha la possibilità di interrogarsi sulla

morte. Anzi: proprio l'interrogazione relativa al senso della morte diventa uno

dei momenti che caratterizzano l'espressione della vita e, in particolare, della

vita del sapiente Di fronte alla vita, e quindi di fronte alla morte, il sapiente

stoico deve dimostrare la propria virtù: deve cioè confermare la propria

capacità di essere in sintonia con il senso complessivo del divenire. In pratica,

la virtù del sapiente consisterà nel mantenere ferma la propria forza razionale

lasciando che essa si esprima di fronte a qualsiasi evenienza, compresa quella

estrema: appunto la morte.

Ma non è facile mantenersi saldi e avere la forza di resistere incrollabili e saggi

di fronte alla morte e a quanto, come la malattia e il dolore, di essa è

l'annuncio. Anzitutto occorre rendersi conto che “la distanza dalla morte è

ovunque breve: non è che la morte si mostri in ogni luogo vicina: essa è

realmente in ogni luogo vicina”. La morte, in questa prospettiva, rivela la sua

fortissima valenza formativa.

IL “NON ESSERE” NELLA MORTE

Seneca farà presente all'amico Lucilio, che proprio il modo in cui moriamo dirà

chi davvero siamo; suggerirà quindi che il miglior rimedio per vincere la morte

è semplicemente quello di disprezzarla. Più seriamente, occorrerà considerare

la morte per quello in cui di fatto consiste: 'la morte è non essere', è la pura e

semplice condizione in cui vi è l'assenza della percezione della vita, l'occasione

in cui il venir meno del corpo si accompagna al venir meno della percezione e

quindi della coscienza; così si ricava dalla tragedia Le Troiane, vv. 401-02: “la

morte è qualcosa di indivisibile: un malanno del corpo che non risparmia lo

spirito”. Essa finisce per essere un punto d'arrivo ineffabile: si badi, non solo

dopo la morte non c'è nulla, ma il morire medesimo è qualcosa di sfuggente, è

il limite estremo di un rapidissimo spazio di tempo.

Works: he wrote "Elegy Written in a Country Churchyard". Gray took more

than seven years to write this elegy, which was probably inspired by the

death of his friend West. This poem can be divided into three moments.

Stanzas 1 - 11: in a small country churchyard in Stoke Poges, at the end

of the day, the sight of the tombs of the "rude forefathers of the hamlet"

calls up in the poet's mind images of humble country life. These images,

rich in symboilc elements, such as the elmets, the yews, the cockcrow, the

horn and the sickle, lead Gray to meditate on death and on its levelling

power. Stanzas 12 - 21: Gray compares the humble lot of poor people

with the great careers from which their fate excluded them. But he also 5

considers how their poverty also prevented them from committing crimes

and falling victims of luxury, pride and corruption.

Stanzas 22 - 32: the poem ends with the supposed death of the author,

his burial in the same churchyard and the epitaph on his tomb.

Comment: the neoclassical idealization of poor country life conceals the

denunciation of what poverty means in term of hardship and unfulfilment

so that the "rude forefathers" come to be seen in the double role of both

happy people and victims of nature and society. Their tombs silent and

obscure, become therefore the natural conclusion of an equally silent and

obscure life, simbolized, among the other things, by the "buried gem" and

the "unseen flower".

Style: the poem is base on an alteration of description and reflections.

This tecnique was dear to neoclassic poets, as it enabled them to break

the possible monotony deriving from using one only of these two types.

The sepolcal poetry became very popular in Italy, where it inspired,

aming other works, Foscolo's Sepolcri. But Foscolo, concentrated on the

function of the grave as a link between the living and the dead. Foscolo in

fact believed in life continuing after death through the memories of the

living. 6

Lo scrittore italiano Niccolò Foscolo(Ugo fu un nome assunto più tardi dal

poeta) nato a Zante nel 1778 ha una visione della morte simile a quella di

Seneca. Il Foscolo nel romanzo epistolare le "Ultime lettere a Iacopo Ortis

",storia di un giovane patriota che visto svanire tutti i propri sogni, spinto dalla

disperazione amorosa e politica , vede nella morte l' unica via d' uscita da

questa situazione negativa , al tempo stesso insostenibile e immodificabile . La

morte intesa in temimi materialistici e nichilistici , come distruzione totale e <<

nulla eterno>>. Anche nel sonetto "Alla sera" è centrale il concetto del <<

nulla eterno >> , la sera in quanto immagine della morte , è cara al poeta : la

morte ha un'efficacia liberatoria , perché rappresenta l'annullamento totale , in

cui si cancellano conflitti e sofferenze . Nel sonetto "In morte del fratello

Giovanni ", la visione della morte del Foscolo muta , è centrale nel sonetto il

motivo della tomba , che si identifica con l'immagine del nucleo familiare e

soprattutto della madre : sulla tomba il poeta spera di poter ricongiungere il

legame affettivo col fratello e con la madre che parla, con la cenere del figlio

morto , del figlio lontano. Quindi vede la morte come l' unico mezzo per

riaffermare , quel ricongiungimento col nucleo familiare che sembrava

impossibile e definitivamente negato .In questo sonetto la morte non è più <<

nulla eterno >>, ma , essendo << lacrimata >> consente un legame con la

vita. I Sepolcri sono un poemetto scritto sotto forma di epistola poetica di 295

endecasillabi sciolti,indirizzata all 'amico Pindemonte ,originato dall' editto

napoleonico di Saint-Cloud(1804) con cui si imponevano le sepolture fuori dai

confini delle città e si regolamentavano le iscrizioni sulle lapidi. Pindemonte da

un punto di vista cristiano , sosteneva il valore della sepoltura individuale ,

mentre Foscolo da un punto di vista materialistico aveva negato l'importanza

delle tombe , poiché la morte produce la fatale dissoluzione dell' essere .

Foscolo poi ,riprese quella discussione, ribadendo , inizialmente la tesi

materialistica sulla morte , ma superandola , poi con altre considerazioni che

7

rivalutano il significato delle tombe . Quindi anche nei Sepolcri è centrale il

motivo della morte : ma è superata l'idea , che essa sia semplicemente il <<

nulla eterno >>.Anche se Foscolo, sul piano filosofico , non vede alternative a

quella idea , le contrappone l'illusione di una sopravvivenza dopo la morte .

Questa sopravvivenza è garantita dalla tomba che conserva il ricordo del

defunto presso i vivi . La tomba assume per Foscolo un valore fondamentale

nella civiltà umana : è il centro degli affetti familiari e la garanzia della loro

durata dopo la morte . L'Ortis si chiudeva con il suicidio del protagonista , che

escludeva ogni possibilità d' intervento in una situazione bloccata. Ora invece,

attraverso l'illusione , Foscolo arriva a riproporre quella possibilità dell'azione

politica nella storia che l'analisi razionale del contesto portava ad escludere ,

ed introduce la prospettiva di riscatto dell'Italia dalla miseria presente proprio

grazie alla funzione esercitata da un passato di grandezza , tenuto vivo dal

culto delle tombe .Data la presenza di queste tematiche , i Sepolcri, pur avendo

alle spalle il genere della poesia Cimiteriale , che aveva goduto di vasta fortuna

sul finire del Settecento non possono essere ridotti in tale ambito , a differenza

della poesia sepolcrale inglese di Gray è essenzialmente poesia civile e vuole

<< animare l'emulazione politica degli Italiani >>. Ed è centrale nel poemetto

l'idea secondo cui le tombe dei Grandi spingono il << forte animo >> a grandi

imprese ,è l'avvio all'inno di Firenze e alle tombe di S. Croce . Quattro figure di

poeti risaltano nel carme .Il primo è Parini ,poeta civile per eccellenza, che

critica i costumi della società (vv.57-61).Il secondo è Foscolo stesso , che si

ripresenta come eroe perseguitato da una sorte avversa, sconfitto nello scontro

col suo tempo , che aspira ad un << riposato albergo >> nella morte (vv.145-

150).Il terzo è Alfieri,anch' egli ritratto come un'anima grande e tormentata ,in

aspro conflitto con i suoi tempi. L' ultima figura è quella di Omero, in cui si

compendia l'essenza del messaggio dei Sepolcri .Omero incarna

esemplarmente l'immagine sacrale del Poeta . E' il poeta in cui si raccoglie

tutta la tradizione di un popolo , che può così sopravvivere all'azione distruttiva

del tempo. Egli consacra la memoria delle azioni gloriose del passato ,

incitando all' emulazione , ma canta anche gli sconfitti e le loro sventure.

Il poemetto può essere suddiviso in altrettante parti:

― Il testo è suddivisibili in quattro parti, secondo il suggerimento offerto dallo

stesso autore. La prima parte ( vv 1- 90) affronta il tema dell'utilità delle tombe

e dei riti funerari. Da un punto di vista materialistico e laico, essi sono inutili, e

certamente non riscattano per chi muore la perdita della vita. Ma hanno un

senso legato alla dimensione sociale dell'uomo, alla sopravvivenza dell'estinto

nella memoria dei vivi.

― La seconda parte ( vv 91 - 150) è dedicata ad una ricognizione delle varie

concezioni e dei vari usi che si sono susseguiti, rispetto alla morte, nel corso

della civiltà umana.

― Nella terza parte ( vv 151 - 212) è trattato a fondo il rapporto tra significato

privato e significato pubblico della morte e dei riti collegati. Le tombe dei

grandi uomini comunicano ai virtuosi il loro esempio e li stimolano a

proseguirne l'opera; ne è prova ciò che accadde al poeta stesso visitando Santa

Croce, a Firenze, dove sono sepolti molti dei grandi italiani del passato. 8

― Nella quarta parte (vv 213 - 295) oltre ad essere ribadito il valore morale

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