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italiano-l'infinito, leopardi
greco-la vanità della vita umana.leonida di taranto
latino-de brevitate vitae,seneca
filosofia-il tempo della vita e della scienza,bergson
arte-la persistenza della memoria, dalì
storia-la guerra dei sei giorni
INDICE
Introduzione pag. 2
Ulysses-Tennyson pag. 2
L’infinito Leopardiano pag. 2
La vanità della vita umana-Leonida di Taranto pag. 3
De Brevitate vitae-Seneca pag. 3
Tempo e durata-Bergson pag. 5
La persistenza della memoria-Salvador Dalì pag. 5
La guerra dei 6 giorni pag. 7
Conclusione pag.7
Bibliografia pag.8
Introduzione
- Film: “In time” (Andrew Niccol 2011)
Questo film rappresenterebbe l’anno 2169 dove le persone sono
PREMESSA geneticamente programmate per invecchiare soltanto fino a 25 anni.
Così sul loro braccio appare quell’orologio digitale, un timer che inizia
un conto alla rovescia che dura solo un altro anno, al termine del quale
l'individuo morirà all'istante. Questo limite può essere esteso con
ulteriore tempo. Quello che non riuscì a fare il ragazzo che correva
incontro alla madre per darle un po’ del suo per permetterle di vivere
ancora un altro giorno. In questo mondo, i ricchi non sono quelli che
hanno più soldi degli altri, ma quelli che hanno più tempo; tempo che
quindi è finito, non è mai abbastanza, vola via in un attimo e non torna
più. Achille stesso parlando con Briseide le diceva: “Gli dei ci invidiano.
Ci invidiano perché siamo mortali, perché ogni momento potrebbe essere
l'ultimo per noi. Ogni cosa è più bella per un condannato a morte e tu non
sarai mai bella come ora; questo momento non tornerà più (dal film
"Troy" di Wolfgang Petersen).” Proprio perché il tempo corre e non è
sufficiente vogliamo fare quante più cose possibili nella nostra vita,
corriamo per guadagnare tempo, osiamo spingerci oltre i limiti
consentiti proprio come Ulisse who in the Tennyson’s text, talks in the
ULYSSES first person and is aware of the short time that remains him, because
death will soon reach him, as he old. But he decided, since the weather
is going to end, to urge his comrades not to be waiting for dieing but to
travel up with him when the time permits. This is his desire to “sail
beyond the sunset, and the baths of all the western stars, until I die (vv
60-61); that which we are, we are (v 67); ”made weak by time and fate, but
strong in will to strive, to seek, to find, and not to yield (vv 69-70).”
Ulysses dunque è mosso dal desiderio di raggiungere l'inesplorato, di
superare qualsiasi limite della conoscenza e oltrepassare qualsiasi
confine terrestre. Questo è il tipico uomo leopardiano che è proteso
sempre verso l’infinito alla ricerca di un altrettanto infinito
L’INFINITO LEOPARDIANO
piacere che una volta raggiunto, l’uomo ne cercherà sempre un altro. Da
questa tensione che rimarrà sempre inappagata, verso un piacere
infinito, che sempre gli sfugge, nasce per Leopardi l’infelicità dell’uomo
però questo non deve essere inteso in senso religioso come tensione
verso un’infinità divina ma in senso materiale. L’uomo si crea
quell’infinito a cui aspira attraverso l’immaginazione perché la realtà
offre solo piaceri finiti quindi deludenti. Leopardi è dell’idea che esista
un infinito spaziale e uno temporale: nella poesia intitolata proprio
“Infinito” l’immaginazione viene sollecitata da un ostacolo, ossia dalla
siepe che impedisce di guardare oltre l’orizzonte, quindi sollecita l’idea
di un infinito spaziale, ossia di spazi senza fine in cui regnano un
silenzio e una calma così profondi da sembrare irreali; invece, una
sensazione uditiva, ossia il rumore del vento tra le piante, suscita l’idea
di un infinito temporale, l’ ”eterno”, poi il passato e il presente.
Possiamo ben capire come il tempo per Leopardi è una delle cause del
suo male interiore, della sua precarietà e della sua inconsistenza infatti
lo notiamo nella poesia “il sabato del villaggio”, nell’ultima strofa dove
esorta un ragazzetto a godere della sua vita, ancora giovane, e a non
sprecare tempo perché vola via in un attimo come afferma Leonida di
Taranto un esponente della scuola Peloponnesiaca (III-I
LA VANITA’ DELLA VITA UMANA
secolo), nella sua opera “La vanità della vita umana”, dove infatti
afferma che l’esistenza dell’uomo non è che un breve attimo. Così scrive:
ἦν, ὤνθρωπε,
“Μυρίος χρόνος πρὸ τοῦ, "Infinito fu il tempo, uomo, prima
ἄχρι ἠῶ ἦλθες,
πρὸς χὠ λοιπὸς μυρίος che venissi alla luce e infinito sarà
Ἀίδην. ὑπολείπεται, ἢ
εἰς Τίς μοῖρα ζωῆς quello dell’Ade. E quale parte di vita
ὅσον ὅσσον στιγμὴ καὶ στιγμῆς εἴ τι qui ti spetta, se non quanto un
χαμηλότερον; Μικρή σευ ζωὴ punto, o, se c’è, qualcosa più piccola
ἠδεῖ’, ἀλλ’
τεθλιμμένη· οὐδὲ γὰρ αὐτὴ d’un punto? Così breve la tua vitae
ἐχθροῦ Ἐκ
στυγνοτέρη θανάτου. τοίης chiusa, e poi non solo non è lieta, ma
ὥνθρωποι ἀπηκριβωμένοι ὀστῶν assai più triste dell’odiosa morte.
ἁρμονίης ὑψοῦντ’ ἠέρα καὶ νεφέλας· Con una simile struttura d’ossa,
ὦνερ, ἴδ’, ὡς ἀχρεῖον, ἐπεὶ περὶ νήματος tenti di sollevarti fra le nubi nell’aria!
ἄκρον ἀκέρκιστον
εὐλὴ λῶπος Tu vedi, uomo, come tutto è vano:
ἐφεζομένη·τοῖον τὸ ψαλάθρειον all’estremo del filo, già c’è un verme
ἀπεψιλωμένον ἀραχναίου
οἷον πολλῷ sulla trama non tessuta della spola.
Ἠοῦν ἐξ ἠοῦς
στυγνότερον σκελετοῦ. Il tuo scheletro è più tetrodi quello
ὅσσον ὦνερ, ἐρευνῶν ἐν
σθένος, εἴης d’un ragno. Ma tu, che giorno dopo
λιτῇ κεκλιμένος βιοτῇ·αἰὲν τοῦτο νόῳ giorno cerchi in te stesso, vivi con
ἄχρις ὁμιλῇς ἐξ
μεμνημένος, ζωοῖς, οἵης lievi pensieri, e ricorda solo di che
ἡρμόνισαι καλάμης.” paglia sei fatto.”
La vita non soltanto è breve, ma risulta essere “più triste dell’odiosa
morte” poiché è proprio la morte che ricorda all’uomo la sua piccolezza.
Nonostante ciò però l’uomo sfida ciò che per lui è irraggiungibile infatti
Leonida lo ammonisce ricordandogli come tutto è vano, aggiungendo
anche una metafora al verso 11 che sta ad indicare il corpo dell’uomo,
destinato ad una inevitabile corruzione, simboleggiata dal verme
insediato all’estremità del filo. Vivere con lieti pensieri è, dunque,
ϕάπμακον
l’unico possibile dato all’uomo. Leonida consiglia di cogliere
l’aspetto gioioso della vita, che sta proprio nel vivere l’istante di vita che
ci è stato concesso. La vita infatti è lunga per chi sa come impiegarla
mentre è brevissima per chi sciupa il tempo inseguendo vane
DE BREVITATE VITAE
illusioni come gli oziosi che passano il tempo dal parrucchiere, a
cantare, ad allestire banchetti. Seneca critica questi “indaffarati” che si
annoiano in molte sue opere, che appartengono alla raccolta dei
Dialogi, come per esempio “Breve è la parte di vita che viviamo” (De
brevitate vitae 2, 1-3), “Troppo tardi cominciamo a vivere” (De brevitate
vitae 3) e anche “Solo colui che sa fare buon uso del proprio tempo vive
a lungo” (De brevitate vitae 7,3-10) dove infatti viene fuori il pensiero
dell’autore in merito a ciò. Si scaglia contro gli uomini che inseguono le
loro passioni come il denaro, il potere, la fama, quanto tempo perdono
nel pensare al proprio interesse, quanto nel tramare insidie, quanto
nell'aver timore, quanto nell'essere servili, quanto li tengano occupati
le proprie promesse e quelle degli altri, quanto i pranzi, che ormai sono
diventati anch'essi dei doveri: “vedrai in che modo i loro mali o beni non
permettano loro di respirare”. Ciò induce l’uomo a sciupare il bene più
prezioso, il tempo. Infatti egli stesso scrive:
“vita, si uti scias, longa est. ”
la vita, se tu sai usarla, è lunga.
“Exigua pars est vitae qua vivimus".
E' breve la parte della vita che viviamo.
“Ceterum quidem omne spatium non vita sed tempus est.”
Certamente tutto lo spazio rimanente non è vita ma tempo. [De b. v. 2,1-3]
“Adstricti sunt in continendo patrimonio, simul ad iacturam temporis
uentum est, profusissimi in eo […]”
Sono taccagni nel tenere il patrimonio, ma non appena si tratta di perdere tempo, sono generosissimi in
questo […] [De b.v. 3]
Invita gli uomini a fare un resoconto di tutto il tempo che hanno
sprecato in tutta la loro vita; tempo passato che