Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
ed allievo Pag. 19 a 21
Bibliografia e Sitografia Pag. 22
Introduzione
1.
La figura del padre nella letteratura del Novecento è ricorrente, in quanto punto di
riferimento essenziale, tanto che diventa difficile operare una ricognizione completa di tutte
le opere che trattano questa tematica. Così è preferibile valutare opere significative, di
generazioni diverse, che illustrano come via via la figura del padre viene intuita dagli
scrittori, in relazione al loro tempo e ai sostanziali mutamenti avvenuti nella società. È però
da segnalare un dato comune: resta sempre evidente una dicotomia di approccio soprattutto
nel rapporto tra padri e figli.
Ogni generazione sembra aver dovuto affrontare lo scontro con la figura paterna intesa
come metafora dell’autorità e del dominio. Il padre è colui che istituisce la morale e che
idealmente istituisce il legame con le radici e con la tradizione.
Per poter intuire il valore della figura paterna sembra che per il figlio sia necessario operare
uno scontro violento, una contestazione radicale della figura e del ruolo del padre. È l’ottica
del figlio che, per crescere e per diventare "padre" egli stesso, sente la necessità di "provare"
fino in fondo la struttura di questo ruolo.
Nel periodo compreso tra fine Ottocento e inizio Novecento si verifica una vera svolta
epocale che sancisce il passaggio dall'uomo moderno all'uomo contemporaneo. Con questa
“crisi della ragione” vengono messi in discussione tutti i valori della ragione classica: non si
crede più nella centralità dell'uomo, nell'esistenza di una verità assoluta, unica e conoscibile.
Tale crisi sostituisce a questo insieme di valori una molteplicità di prospettive, una pluralità
di punti di vista. Il passaggio a questa nuova epoca è molto brusco poiché coinvolge ogni
tipo di indagine dell'uomo sulla realtà e su sé stesso. Nessun altro contributo filosofico ha
avuto la stessa straordinaria fortuna della psicoanalisi. Grazie all'opera di Sigmund Freud la
cultura occidentale si pone per la prima volta nella condizione di spiegare attraverso la
ragione e solide argomentazioni scientifiche le zone più buie dell'animo umano. Freud
scelse come terreno di indagine le componenti irrazionali della personalità umana: il sogno e
i ricordi dell'infanzia sprofondati nell'inconscio...
In questo lavoro vorrei cercare di analizzare, partendo dalla mitologia greca e quindi
analizzando il mito di Edipo, come questo nel corso dei secoli si sia trasformato in qualcosa
di reale nell’inconscio dell’uomo moderno. Con la psicanalisi le ossessioni di molti scrittori
di fine Ottocento vengono proiettate nei libri, nelle poesie ed in tutte le forme artistiche,
dando vita a dei veri e propri contenitori pieni di fobie ed odio; insomma, pagine pronte ad
un'analisi dettagliata.
Quadro storico
2.
Il periodo storico che andremo ad analizzare riguarda l'ultimo quinquennio dell'Ottocento e
il primo ventennio del Novecento.
Dopo le amarezze della repressione del 1898, proprio con l'ondata reazionaria di fine secolo,
il Novecento si apre in un clima apparentemente più disteso.
Da un punto di vista economico e politico la Grande Guerra (1914-1918) divide il periodo in
due fasi: la prima va dal 1895 al 1913; la seconda copre gli anni del conflitto bellico e del
dopoguerra.
Nella prima fase la lunga pace europea e il crescente benessere alimentarono il mito della
“belle époque”, di un'epoca, cioè, di spensieratezza e di eleganza. L'organizzazione
imprenditoriale subisce due vistosi cambiamenti: 1) si formano grandi società per azioni,
cartelli e “trust”, che producono una trasformazione del sistema economico; 2) capitale
finanziario e capitale produttivo, banche e imprese tendono a una fusione. In generale la
tendenza è alla scomparsa della immagine tradizionale del capitano di industria, e alla
affermazione invece di società per azioni anonime. L'aumento della produzione viene
favorito anche dalla razionalizzazione scientifica dell'organizzazione del lavoro teorizzata
dall'ingegnere americano Frederick W. Taylor all'inizio del Novecento. L'imprenditore
americano Henry Ford applica le teorie di Taylor mediante l'introduzione della prima catena
di montaggio (1913), che rende il lavoro sempre più monotono e ripetitivo, ormai
meccanico e alienante. Tutto ciò contribuisce a ridimensionare la figura dell'operaio e a
diffondere invece una massa di operai dequalificati e sottopagati.
Con la rivoluzione industriale l'Italia comincia a diventare un paese industriale moderno, in
cui si confrontano due classi sociali principali: il grande padronato capitalistico e il
proletariato operaio. Il settore trainante dello sviluppo fu quello metalmeccanico; i fattori
che determinarono il decollo furono essenzialmente due: l'introduzione dell'energia
idroelettrica e le rimesse degli emigrati concentrate principalmente al Meridione.
La presenza di un moderno padronato industriale e di una classe operaia organizzata e
l'irruzione delle masse nella vita politica obbligarono la classe dominante a passare ad una
nuova politica di massa. In risposta a tale necessità vi fu il giolittismo: fra il 1901 e il 1904
infatti Giolitti attuò una serie di riforme democratiche e praticò una linea politica di alleanza
fra padronato, aristocrazie operaie e dirigenza moderata. Significativa infine per l'effettivo
inserimento delle masse contadine e operaie nello Stato fu la riforma elettorale del 1912, che
sanciva il suffragio universale maschile.
La politica di Giolitti cominciò a incontrare delle difficoltà con la guerra in Libia contro la
Turchia (1911- 12) voluta per soddisfare le esigenze dell'industria militare. Il governo ne
uscì indebolito, ed egli fu costretto alle dimissioni nel marzo del 1914.
In questo stesso anno si registra lo scoppio della Grande Guerra: sul piano politico, il
sistema di equilibrio fra Intesa franco-russa da un lato e Triplice Alleanza (Austria,
Germania, Italia) dall'altro resse sino al 1907, quando l'Inghilterra si schierò a fianco
dell'Intesa. Sino allora quest'ultimo paese aveva garantito l'equilibrio e la pace europei
rimanendo estraneo a ogni schieramento, ma nel 1907 dovette uscire dal proprio isolamento
a causa dell'aggravarsi della situazione dei Balcani. E proprio la questione balcanica,
prodotta dalla disgregazione dell'impero ottomano, rappresentò la scintilla che fece
esplodere nel 1914 il conflitto, con l'attentato di Sarajevo del 28 giugno.
Si contrapposero da un lato Austria e Germania e dall'altro Russia, Francia e Inghilterra.
La guerra mondiale scoppiata nel 1914 vide l'Italia inizialmente attestata sulla neutralità. Le
forze contrarie all'intervento erano in netta maggioranza nel Parlamento; queste però
vennero scavalcate apertamente dalla grande industria e dalla piccola borghesia. Per la
prima volta il sovversivismo piccolo borghese ebbe un ruolo decisivo servendo da forza
unificatrice di tendenze politiche anche diverse ma convergenti nell'obiettivo di sopraffare la
volontà del Parlamento e di imporre l'intervento militare.
Così l'Italia entrò in guerra il 24 maggio 1915, schierandosi con l'Intesa, contro Austria e
Germania, sue alleate sino a quel momento. A determinare l'esito della guerra fu l'intervento
degli Stati Uniti, nel 1917, che a fianco dell'Intesa diedero un contributo rilevante mettendo
a disposizione degli stati alleati materiali, viveri e uomini in quantità illimitata, aiuti che
permisero il proseguimento della guerra anche dopo aver subito un gravissimo colpo con la
rivoluzione russa. Infine la guerra si concluse con il crollo dell'Austria per mano dell'Italia
nella battaglia di Vittorio Veneto il 24 ottobre del 1918; l'esercito italiano passato il Piave
sfondava in tre punti lo schieramento nemico e ne accerchiava le posizioni. Il crollo
austriaco determinò un forte contraccolpo per la Germania, che infine l'11 novembre del
1918 chiedeva l'armistizio.
Così, vinta la guerra, dopo alcuni momenti di crisi costati perdite umane rilevantissime,
ottenuti il Trentino, la Venezia Giulia e Trieste, l'Italia visse un dopoguerra agitato e
turbolento, provocato soprattutto dai due nuovi protagonisti sociali, la classe operaia ed una
piccola borghesia inquieta e sbandata.
3. Analisi freudiana del rapporto padre-figlio (complesso edipico)
Nel contesto storico appena descritto grande influenza sull'immaginario, sulla letterature e
sull'arte ebbe lo studio dell'inconscio compiuto dal medico viennese Sigmund Freud (1856 –
1939), inventore della psicoanalisi.
Egli si dedicò alla cura di malattie mentali come l'isteria e le nevrosi ed ha così scoperto
l’esistenza dell’inconscio, lato irrazionale dell'attività psichica di cui non siamo consapevoli,
spesso responsabile di molti nostri comportamenti, legati alla sfera sessuale. L’abbondanza,
nei pazienti nevrotici, di ricordi legati a scene di seduzione ed i frequenti riferimenti a turbe
sessuali infantili, indusse Freud ad ipotizzare che la genesi della nevrosi fosse costituita da
un insieme di elementi concomitanti. La nevrosi, infatti, benché talora possa avere origini
esclusivamente organiche, nei casi accessibili alla terapia psicanalitica nasce da un insieme
di fattori indagati nelle tesi freudiane sullo sviluppo della personalità.
Freud considera l’istinto sessuale come portatore di un’energia, la libido, che non è
necessariamente indirizzata al compimento dell’attività procreativa mediante il coito
eterosessuale. La soddisfazione del desiderio sessuale mediante l’attività sessuale genitale è
possibile solo in presenza di una maturazione completa, biologica e psicologica
dell’individuo. Il raggiungimento della maturità biologica coincide con il raggiungimento
della pubertà e lo sviluppo dei caratteri sessuali; la maturità psicologica, invece, attraversa
tutte le tappe dell’infanzia e dell’adolescenza. L’osservazione clinica offre dati significativi
per la costruzione di una teoria dello sviluppo della sessualità infantile che percorre,
secondo Freud, tre tappe:
1. una fase orale (fino ai 2 anni) durante la quale nel bambino circola già l'energia
libidica, che l'adulto impiega durante gli atti sessuali comunemente intesi; questa
energia investe nel bambino altre funzioni biologiche e altri comportamenti la cui
esecuzione provoca piacere e allevia quindi quello stato di eccitazione che
l'accumularsi della libido comporta. Il nome di questa fase è dato dalla relazione più
tipica e gratificante vissuta dal bambino in questo momento, l'assunzione del latte
direttamente dal seno materno; attraverso questo comportamento, il bambino non si
limita a nutrirsi, ma soddisfa anche la ricorrente eccitazione delle mucose della
bocca. La sua sessualità così viene a concentrarsi nella zona esogena orale;
2. la fase anale (fino ai 3 anni) legata all'educazione sfinterica impartita al bambino.
Trattenendo e rilasciando gli escrementi infatti si sensibilizzano le zone erogene
anale e uretrale e viene così attivata un'altra fonte di piacere;
3. la fase fallica (fino ai 5 anni) durante la quale l'energia libidica si sposta nella zona
genitale e il desiderio infantile è costituito dal donare alla madre il fallo (per il
maschio) e di ricevere il fallo in dono (per la femmina).
Nasce così il complesso di Edipo costituito da una forte rivalità nei confronti del genitore
dello stesso sesso, che è partner sessuale reale del genitore prediletto. Questa situazione è
complicata dall’angoscia di castrazione: gli adulti puniscono e disapprovano le
manipolazioni genitali dei bambini e vietano i desideri incestuosi da essi concepiti.
L’immaturità psicologica e biologica e l’angoscia per l’impossibilità di soddisfazione del
desiderio, comportano così la rimozione del complesso edipico che precipita nell’inconscio
e diviene inaccessibile alla memoria. Attraverso l’impossibilità della realizzazione delle
fantasie edipiche il bambino apprende nel modo più chiaro la differenza tra piacere e realtà.
Egli si identificherà ora con il genitore del proprio stesso sesso, fino a quando la