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Vuole ricondursi ad un’ oasi di originaria innocenza in cui non giungono gli echi delle violenze e
delle brutture della nostra vita, in cui si spengono i contrasti e le lotte, in cui si vanificano i nostri
problemi. Vagheggiamento che nasce da un desiderio di evasione al predominio delle cose sugli
uomini, alla frenesia della civiltà industriale, alla necessità delle guerre, all’impero del denaro.
La scoperta dell’infanzia, per Pascoli, non nasce solo dal ricordo della tragedia familiare ma anche
dall’angoscia di eventi che avrebbero travolto l’umanità nel momento in cui venivano meno le
certezze del positivismo.
La sua infanzia è un sogno di innocenza e di pace a cui lo spinge la condizione moderna. Questo
mito è la prima scoperta decadente dell’infanzia nella nostra letteratura. Decadente per il suo
carattere di evasione dai problemi del mondo moderno, di fuga dalla alienazione dell’uomo,
dall’incapacità di opporsi alla realtà; basterebbe pensare a quanto peso hanno nel suo formarsi gli
elementi ideologici come la lotta di classe ed il suo rifiuto, la lotta tra le nazione e le prospettive di
un nuovo disastro, l’ideale umanitario e le sue radici psicologiche e storiche. Decadente per il suo
carattere di malattia che rende più acuta la sua sensibilità ma rende anche morbose le sue
impressioni.
La poetica del fanciullismo nasce da un passo del Fedone di Platone dove a Socrate, che ha parlato
dell’immortalità dell’anima, due discepoli pur convinti delle teorie del maestro, dicono di aver
paura della morte come se in essi ci fosse “un fanciullino” che ha di questi sgomenti.
Le opere più importanti della produzione pascoliana sono:
Miricae 1891,
I primi poemetti del 1897 affiancati alla sua prosa critica più famosa, quella del fanciullino,
I canti di Castelvecchio del 1903,
I poemi conviviali del 1904.
Seguirono poi altre raccolte:
Odi ed inni 1906,
Nuovi poemetti, Le canzoni di re Enzio e I poemi italici 1909,
La grande proletaria 1911.
Cominciò a comporre anche i Poemi del Risorgimento ma a seguito di una malattia al fegato morì
nel 1912. Storia
Prefazione alla Prima Guerra Mondiale
Nei primi anni del Novecento si scatenarono delle rivalità tra le grandi potenze europee a causa dei
seguenti motivi:
1. contrasto anglo-tedesco sul versante economico-commerciale;
2. contrasto franco-tedesco per la questione dell’Alsazia-Lorena, che la Germania si era
annessa nel 1871;
3. l’Italia aspirava a togliere il Trentino e la Venezia-Giulia all’Austria;
4. concorrenza austro-russa nei Balcani che, a sua volta, rifletteva il dissidio tra la dominazione
asburgica sulla penisola balcanica e le velleità nazionaliste della Serbia, la quale, appoggiata
dalla Russia contava di formare un unico grande stato che raggruppasse tutti i popoli slavi
del sud.
La causa occasionale dello scoppio della Prima Guerra fu l’attentato compiuto all’arciduca
Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico, che il 28 Giugno 1914 venne assassinato da un
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gruppo di studenti bosniaci mentre si trovava a Sarajevo. L’Austria attribuì la responsabilità
dell’eccidio di Sarajevo alla Serbia cui inviò prima un ultimatum e poi il 28 Luglio le dichiarò
guerra. Subito dopo scattò l’attivazione di sistemi di alleanze contrapposte cosìcche si formarono
due grandi blocchi: La Triplice Intesa (Inghilterra-Francia-Russia) e La Triplice Alleanza
(Austria-Germania-Italia). L’Italia nonostante facesse parte dell’Alleanza proclamò, almeno
inizialmente, la propria neutralità.
Di fronte alla mobilitazione di Russia e Francia, la Germania dichiarò guerra a entrambe.
La Prima Guerra Mondiale
I tedeschi avevano elaborato negli anni precedenti un minuzioso piano militare ideato dal conte
Alfred Von Schlieffen. Il piano evitava la guerra sui due fronti, prevedeva l’invasione del Belgio,
attaccando alle spalle la Francia, prima che la Russia si potesse organizzare militarmente.
L’invasione tedesca del Belgio spinse l’Inghilterra ad entrare in guerra contro Germania ed Austria;
anche il Giappone inizio una guerra parallela finalizzata alla conquista dei possedimenti tedeschi in
Cina e nel Pacifico.
Intanto travolta la debole resistenza del Belgio, i tedeschi dilagarono nella Francia settentrionale
giungendo a minacciare la stessa Parigi. Il primo scontro decisivo si ebbe lungo il fiume Marna.
La proficua difesa del generale Joffrè costrinse i tedeschi a retrocedere.
Il 31 Ottobre del 1914 la Turchia entra in guerra a fianco all’Alleanza. Intanto era iniziata la
gigantesca battaglia delle Fiandre che per circa un mese fu combattuta sull’Yser, concludendosi con
la vittoria dell’Intesa. Dopo tali avvenimenti la guerra delle grandi manovre si trasformò in una
“guerra di posizione”. Con questa strategia avrebbe vinto colui che sarebbe stato capace di resistere
al logoramento e alla distruzione di uomini e di mezzi e di produrre ingenti quantità di materiale
bellico.
Il fallimento della strategia tedesca fu pagato in prima persona da Moltke che dovette cedere il
comando supremo al generale Falkenbeyn. Gli inglesi istituirono un blocco navale creando seri
problemi per i rifornimenti agli imperi centrali. I tedeschi ingaggiarono una guerra sottomarina
diretta anche contro le navi mercantili dei paesi neutrali. Affondarono il transatlantico Lusitania con
passeggeri americani a bordo. Gli USA obbligarono poi la Germania a ridurre l’attività sottomarina.
Intanto sul fronte orientale la Russia entrò nella Prussia orientale e nella Galizia austriaca
occupando Leopoli. La reazione degli austriaci procurò una grave sconfitta ai russi ai laghi Masauri
e a Tannenberg. L’Inghilterra promosse la “spedizione Gallipoli” contro la Turchia per alleggerire
gli attacchi alla Russia, ma senza alcun successo.
L’Italia che si era dichiarata neutrale, nei mesi successivi a questa dichiarazione fu interessata da un
vivacissimo dibattito che coinvolse l’opinione pubblica, la quale si trovò divisa tra neutralisti ed
interventisti. Del primo schieramento facevano parte i cattolici, contrari ad ogni forma di guerra; i
socialisti che consideravano la guerra un affare riguardante solamente i ceti borghesi ed i capitalisti;
i liberali guidati da Giolitti, i quali pensavano di mantenere la neutralità in compenso della
concessione austriaca del Trentino e della Venezia-Giulia.
Favorevoli all’intervento, gli interventisti che raggruppavano i repubblicani, i social-riformisti, i
radical-progressisti e gli irredentisti, secondo quest’ultimi l’Italia doveva indirizzarsi contro
l’Austria così da trasformarsi in una “quarta guerra d’indipendenza”; i nazionalisti tra cui
spiccavano Arturo Labriola e Benito Mussolini.
Fallite le trattative diplomatiche con l’Austria il 26 Aprile 1915 il governo presieduto da Antonio
Salandra, concluse con l’Intesa il Patto di Londra, in cui s’impegnava entro un mese ad entrare in
guerra contro l’Alleanza e in cambio avrebbe ricevuto il Trentino, l’Alto-Adige, Trieste, l’Istria, la
Dalmazia etc…
Il Parlamento, in cui predominavano i neutralisti, tentò di opporsi al governo provocando le
dimissioni del ministro Salandra: ma gli interventisti organizzarono nelle cosiddette “radiose
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giornate di Maggio” dimostrazioni in tutto il paese e il re, richiamato Salandra, il 24 Maggio
dichiarò guerra all’Austria.
L’esercito italiano comandato dal maresciallo Luigi Cadorna avanzò nel Trentino liberando Ala e
Cortina d’Ampezzo e sull’Isonzo liberando Aquileia e Montefalcone.
L’intervento dell’Italia avvenne in uno dei momenti più difficile per l’Intesa, cioè all’epoca della
grave disfatta russa. La sconfitta russa era dovuta ad un’incapacità bellica, una mancanza di armi e
ad una corruzione di funzionari confermando la grave crisi politica dell’impero zarista.
Nei primi di Ottobre la Bulgaria entra in guerra a fianco degli imperi centrali.
Sul fronte orientale, sempre nel 1915, si registrò una grave sconfitta dell’Intesa: la Serbia, attaccata
contemponeareamente dalle truppe austro-tedesche e dalle truppe bulgare fu annientata.
Negli stati impegnati nella guerra si formò quello che viene definito “fronte interno”
sostanzialmente riconducibile al malcontento che si creò tra le masse contadine e i soldati per via
del costoso e doloroso protrarsi del conflitto.
I socialisti convocarono in Svizzera la “Conferenza di Zimmerwold” al fine di organizzare il
pacifismo socialista europeo.
Al termine della conferenza si profilarono due tesi:
1. quella moderata favorevole ad una pace senza annessioni e senza indennità
2. quella lenista che suggeriva di trasformare la guerra imperialista in una rivoluzione
proletaria europea.
Ebbero successo le tesi leniste e per affrontare tempestivamente la crisi politica e morale che si era
aggiunta alle devastazioni della guerra si decise di ricorrere alla formazione di nuovi governi di
coalizione nazionale.
In Italia il ministro Salandra fu nuovamente sostituito, nel 1916, da un governo di unione nazionale
presieduto da Paolo Borselli il quale dichiarò guerra alla Germania.
Nel terzo anno di guerra i tedeschi sul fronte orientale invasero la Francia, scegliendo come punto
di attacco la fortezza di Verdun, questa fu la battaglia più cruenta dell’intera guerra.
Caddero nella mischia quasi un milione di persone tra tedeschi e francesi, ma la resistenza francese
fece fallire nuovamente il piano tedesco. In primavera si mossero gli austriaci, che per punire il
tradimento italiano organizzarono la famosa “spedizione punitiva” sull’altopiano di Asiago, ma
senza evidenti risultati. In una nuova battagli sull’Isonzo furono catturati e impiccati in pubblica
piazza dal nemico i patrioti C.Battisti e F.Filzi.
Sul fronte occidentale ci fu una risposta all’attacco tedesco a Verdun portando una controffensiva
con la battaglia delle Somme nel corso della quale entrarono in azione per la prima volta i carri
armati. Subito dopo toccò agli italiani rispondere alla spedizione punitiva austriaca, sferrando un
contrattacco che gli portò a conquistare Gorizia.
La favorevole situazione dell’Intesa indusse la Romania a scendere in campo alleandosi con la
stessa, ma le forze armate dell’Alleanza sconfissero completamente l’esercito rumeno e
procedettero all’occupazione di gran parte della Romania, che divenne una fonte di rifornimento di
grano e petrolio.
Nel 1917 per ragioni politiche ed economiche gli Stati Uniti dichiararono guerra agli imperi
centrali schierandosi a fianco all’Intesa. Questa fu la mossa decisiva per la vittoria dell’Intesa.
Nel Marzo del ’17 ci fu una vera e propria rivoluzione in Russia che da Pietroburgo si estese in
tutto il paese. Lo zar Nicola II Romano fu costretto ad abdigare. Si formò un governo provvisorio
che decise di continuare la guerra malgrado l’esercito fosse disarmato. Questa sciocca decisione
suscitò una seconda ondata rivoluzionaria guidata dai bolscevichi. Il crollo bellico della Russia
portò a schierarsi, a fianco dell’Intesa, Cina e Grecia.
Per l’Italia l’avvenimento più saliente del ’17 fu la disfatta di Caporetto; l’Austria raggruppò
l’esercito togliendolo dal fronte russo, sferrando un’offensiva contro l’Italia aprendo una falla a
Caporetto e dilagando nella pianura veneta. Ci fu una mobilitazione generale in tutta l’Italia, in
modo tale da predisporre un’adeguata linea di difesa lungo il fiume Piave e sul Montegrappa
facendo retrocedere gli austriaci. 6
All’inizio del 1918 i bolscevichi assunsero la decisione di uscire dalla guerra, con la pace di “Brest-
Litovsk”. La Russia quindi, garantì ai tedeschi l’annessione di un immenso territorio che
comprendeva Polonia, Lettonia, Estonia, Lituania, Finlandia e Veraina. Poco dopo anche la
Romania concludeva con gli imperi centrali la “pace di Bucarest”.
Svincolato l’impegno sul fronte russo, la Germania sferrò un nuovo attacco sulla linea occidentale
con la “battaglia del Marna”. L’Intesa con l’aiuto degli americani sotto il comando del generale