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0.1. Esposizione del problema
Al progresso scientifico non ha fatto eco un altrettanto grande progresso in campo umano; non è una critica al fatto che le domande esistenziali (chi siamo, perché) siano ancora aperte, bensì alle ricerche di risposte che si fanno tuttora dove non si potrà trovare nulla. Non cerco le colpe di perché non abbiamo ancora risolto i quesiti ultimi dell'esistenza umana, ma tento di comprendere come mai siano ancora in piedi visioni del mondo vetuste, inattuali e senza fondamento alcuno.
Mi interrogo sull'esistenza di un mondo a due velocità , con un sapere sulla natura, sul cosmo, proprie del XXI secolo, ma in cui sopravvivono concezioni per certi versi anteriori al Medioevo.
Mi domando, insomma, come mai le nuove idee scientifiche siano per buona parte rimaste blindate nel loro campo, lasciando passare nel mondo della cultura, o della vita quotidiana, solo qualche concetto annacquato, spesso non colto, talvolta frainteso e raramente fatto proprio.
Alla fine del percorso dovrebbe risultare chiaro come mai l'uomo del mio tempo sia ancora quello della pietra e della fionda; la sua nuova potenza non ha influito quasi nulla sulla sua morale, sulla sua responsabilità , sulla sua visione del mondo. Tuttora la ricerca è finanziata solo se potrà darci qualche applicazione pratica, non lo è, invece, se potrà farci conoscere qualcosa che non ha risvolti pratici.
Di fatto, le scoperte scientifiche possono cambiare, portandoci a conoscenza di elementi nuovi, la visione che abbiamo del mondo, si pensi alla rivoluzione astronomica di Copernico e Galileo, o all'evoluzionismo di Darwin, o ancora alle nuove conoscenze che arrivano dalle neuroscienze.
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Le galassie a loro volta formano ammassi (il nostro è il gruppo locale, in cui la nostra
galassia, insieme con Andromeda distante 2,3 milioni di anni luce, svolge il ruolo di leader), che a
loro volta compongono superammassi separati da enormi spazi vuoti.
1.4. …e le precedenti.
Le cosmologie platonica, aristotelica e tolemaica, invece, disegnavano il cosmo in funzione
dell’uomo, teorizzavano un Universo a misura d’uomo, in cui la terra, immobile, è posta al centro
ed in cui i vari cieli, costituiti da sfere concentriche, ruotano con moto uniforme. Dopo Platone, che
fu il primo a disegnare una mappa completa dell’universo, il problema degli astronomi fu conciliare
il sistema geocentrico con le osservazioni. Aristarco di Samo costituì l’unica eccezione: ebbe infatti
la rivoluzionaria idea che fosse il Sole e non la Terra il centro del cosmo; la sua idea, tuttavia, non
ebbe la stessa fortuna di quelle di Platone e Tolomeo, soprattutto a causa delle resistenze di tipo
psicologico che incontrò.
1.5. La descrizione di Cicerone
Nel Somnium Scipionis Cicerone ci descrive esaurientemente, attraverso il personaggio
dell’Africano, il sistema geocentrico partendo dall’orbita più esterna ed elencando gli astri secondo
l’ordine seguente, fornendo sia la descrizione del posto occupato nella gerarchia celeste, sia il nome
e le caratteristiche di ogni astro. Lo schema sarà seguito da Dante nel Paradiso, in cui sarà aggiunto
il Primo Mobile.
“Novem tibi orbibus vei potius globis conexa sunt omnia, quorum unus est caetestis,
extumus, qui reliquos omnes complectitur, summus ipse deus arcens et continens ceteros; in quo
sunt infixi illi, qui volvuntur, stellarum cursus sempiterni; cui subiecti sunt septem, qui versantur
retro contrario motu atque caelum; ex quibus unum globum possidet illa, quam in terris Saturniam
nominant. Deinde est hominum generi prosperus et salutaris ille fulgor, qui dicitur Iovis; tum
rutilus horribilisque terris, quem Martium dicitis; deinde subter mediam fere regionem Sol obtinet,
dux et princeps et moderator luminum reliquorum, mens mundi et temperatio, tanta magnitudine, ut
cuncta sua luce lustret et compleat. Hunc ut comites consequuntur Veneris alter, alter Mercurii
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cursus, in infimoque orbe Luna radiis solis accensa convertitur. lnfra autem iam nihil est nisi
mortale et caducum praeter animos munere deorum hominum generi datos, supra lunam sunt
aeterna omnia. Nam ea, quae est media et nona, Tellus, neque movetur et infima est, et in eam
feruntur omnia nutu suo pondera.” Cicerone, De republica VI, 17
“Tutto l’universo è formato di nove cerchi, o, per meglio dire, di nove sfere, di cui solo una,
l’ultima, è quella celeste, e rappresenta l’ente supremo e divino che regola e contiene tutte le altre
sfere. In questa sono infisse le orbite delle stelle che ruotano con moto perenne, e ad essa sono
sottoposte le sette sfere che ruotano in senso contrario a quello del cielo. La prima sfera la occupa la
stella che sulla terra chiamano Saturno. Poi c’è quell’astro favorevole e salutare per il genere umano
che si chiama Giove; quindi l’astro rosseggiante e che fa paura agli abitanti della terra, che chiamate
Marte; di seguito, più in basso, la regione centrale la occupa il Sole, guida, principe e regolatore
degli altri astri luminosi, mente e forza moderatrice dell’universo, ed è di tale grandezza che
illumina e riempie tutto con la sua luce. Lo seguono come compagni le orbite di Venere e di
Mercurio, e, nel cerchio più basso, ruota la Luna, resa brillante dai raggi del sole. Al di sotto della
Luna non c’è nulla se non mortale e destinato a perire, eccetto le anime, concesse agli uomini per
dono divino; mentre al di sopra tutto è eterno. Infatti, quella che sta al centro e al nono posto, la
terra, non si muove, è la più bassa e tutti i pesi, secondo la propria gravità, tendono verso di essa.”
Dal passaggio emergono altre due costanti delle cosmologie pregalileiane:
1. l’Universo di Cicerone ha dimensioni estremamente più ridotte rispetto a quelle che oggi si
conoscono, benché già nei passaggi successivi i personaggi si soffermino sulla piccolezza
della Terra (e dell’Impero romano, definito “quasi punctum”)
2. la duplice natura del cosmo: una parte corruttibile (sotto la Luna, con delle sue leggi fisiche
etc.) e una incorruttibile (sopra la Luna, perfetta e con altre leggi che la governano)
1.6. Conclusioni ed introduzione all’atteggiamento critico negativo
Il fatto che esistano tuttora astrologi, maghi e che tuttora si senta parlare di guarigioni
miracolose mette in luce una sorta di schizofrenia sociale, degna dello strano caso del dottor Jekyll
e di Mr. Hyde. L’atteggiamento del “fare come se nulla fosse accaduto” può essere schematizzato
con l’immagine di un cervello, i cui due emisferi risultano nettamente separati. Una parte conosce
(e perché ha studiato a scuola, e perché legge, etc.), l’altra agisce senza consultare la prima. Inoltre i
due emisferi non dialogano mai tra loro: il risultato è una persona che vive oggi, nel mio tempo, ma
che di fatto agisce ancora alla luce delle conoscenze dell’uomo della pietra e della fionda.
Cosa accadrebbe, però, qualora questi emisferi si parlassero un giorno?
Subito, probabilmente, si assisterebbe al crollo delle certezze che prima si avevano, si
genererebbe un senso di vertigine e di paura di fronte ai nuovi abissi, forse ci si arrabbierebbe anche
con la scienza per aver distrutto il mondo comodo in cui vivevamo, forse non corrispondente a
realtà, però così tranquillo e rassicurante… Questa rabbia potrebbe poi assumere i toni di una vera e
propria accusa: “In questo mondo che posto abbiamo? La nostra terra non è che un puntino
insignificante, il tempo della nostra esistenza si è ridotto ad un nulla in confronto alle dinamiche
celesti ed evolutive! Ci hanno mostrato che siamo bestie quanto le scimmie, hanno distrutto i nostri
sogni!” In realtà questo atteggiamento di crollo delle certezze è stato ed è piuttosto diffuso
(alimentato dal drammatico peggioramento della salute del nostro pianeta e dagli strumenti di
distruzione forniti da tecnologie sempre più avanzate), tanto che stenta tutt’oggi ad affermarsi una
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2. FERMARSI ALLA PARS DESTRUENS
2.1. La capacità distruttiva della scienza: il rapporto tra il pianeta e l’uomo
Science fails to recognize the single most
Potent element of human existence
[...]
Spirit-moves-through-all-things
[...]
Science has failed our world
Science has failed our Mother Earth.
(System of a down, Science, Toxicity 2002)
È stata proprio la scienza a tradire il nostro mondo e nostra madre Terra? È davvero lei la
responsabile di tragedie come Hiroshima e dell’inquinamento del nostro pianeta, o c’è qualcosa di
più? Secondo me sono altri i responsabili, ed esprimo questo mio pensiero attraverso le parole di
Feynman e Quasimodo, che sanno spiegarlo meglio di come saprei fare io.
“Il più importante pregio della scienza è familiare a tutti, ed è che le conoscenze scientifiche
ci danno i mezzi per realizzare ogni sorta di cose. Naturalmente, se sono cose buone non lo si deve
soltanto alla scienza, ma anche a una scelta morale che ci ha indirizzato verso il bene. La
conoscenza scientifica è il potere di fare il bene o il male, ma non contiene istruzioni sul modo di
usarla. E un potere il cui valore è ovvio, anche se può essere smentito da ciò che ne facciamo.
Ho imparato ad esprimere questo comune problema umano durante un viaggio a Honolulu. In un
tempio buddhista, la guida diede ai turisti alcune informazioni sul buddhismo e concluse
aggiungendo qualcosa che — disse — non avremmo mai dimenticato (e io non l’ho mai
dimenticato). Era una massima buddhista: «Ad ogni uomo viene data la chiave delle porte del
paradiso; la stessa chiave apre le porte dell’inferno».
Ebbene, qual è il valore della chiave del paradiso? Senza dubbio, se mancano chiare istruzioni per
distinguere le porte del paradiso da quelle dell’inferno, la chiave può essere un oggetto pericoloso.
Ma il suo valore è fuori discussione: come potremmo entrare in paradiso, altrimenti? Le istruzioni
sarebbero prive di valore, senza la chiave.” Da “Il piacere di scoprire” di Richard Feynman
“Ora vediamo se riesco a dare una piccola spiegazione sul perché la scienza non può influire
sulle basi fondamentali della morale.
Il problema umano tipico, quello cui la religione aspira a rispondere, si pone sempre nei seguenti
termini: Dovrei fare questo? Dovremmo fare questo? Il governo dovrebbe fare questo? Per
rispondere dobbiamo scindere la domanda in due parti. Primo, se faccio questo, che cosa succederà?
Secondo, voglio che ciò accada? Ne verrà fuori qualche cosa di buono, di valore? Ora una domanda
formulata in questi termini: « Se io faccio questo, cosa accadrà?» è prettamente scientifica. In effetti
la scienza può essere definita come un metodo per cercare di rispondere — assieme al corpo di
conoscenza ottenuto dalle risposte — solo a domande che possano essere poste nella forma: «Se
faccio così che cosa succederà? ». La tecnica per ottenere le risposte, in sostanza è: «Prova e vedi».
Allora, in conseguenza di tutti questi esperimenti, si ottiene una grande quantità di informazione.
Tutti gli scienziati ammetteranno che una domanda, di qualunque genere, filosofica o di altro tipo,
che non possa essere formulata in modo da venire verificata con un esperimento (o, in termini
semplici, che non possa essere formulata in questo modo: «Se faccio questo, che cosa succederà? »
non è una domanda scientifica, è estranea al regno della scienza. Affermo che volere che qualcosa
accada oppure no, conoscerne il valore e dare giudizi di valore sul risultato dell’azione (ciò che
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costituisce la seconda parte della domanda: « Dovrei fare questo?») non possono costituirsi come
domande a cui si possa rispondere conoscendo solo ciò che accade, e pertanto devono rimanere
estranei alla scienza.” Da “Il piacere di scoprire” di Richard Feynman
Da questi due estratti emerge l’importanza della morale: gli orrori che talvolta la scienza
provoca sono il frutto di scelte umane. Spesso si tratta di scelte irresponsabili, perché a potenzialità
superiori non corrisponde (ancora) una responsabilità maggiore, anzi…
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
- t’ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore
“Uomo del mio tempo” di Salvatore Quasimodo
Se siamo ancora quelli della pietra e della fionda, è anche perché una parte considerevole