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La tesina concerne una breve storia delle relazioni diplomatiche, con particolare attenzione all'atto della dichiarazione Balfour che portò alla nascita dello Stato di Israele, citando le strutture diplomatiche di ONU e NATO.
Materie trattate: storia - inglese
- -
INDICE
• INTRODUZIONE;
• BREVE ACCENNO STORICO
¾ DIPLOMAZIA NELL’ANTICHITÀ;
¾ DIPLOMAZIA PONTIFICIA;
¾ NASCITA E SVILUPPO DELLA MODERNA DIPLOMAZIA;
¾ POSIZIONE GIURIDICA DEI DIPLOMATICI;
• UN SAGGIO DI DIPLOMAZIA: LA “DICHIARAZIONE BALFOUR”
¾ CONTESTO STORICO;
¾ DICHIARAZIONE BALFOUR;
¾ IMMEDIATE CONSEGUENZE;
• VERSO LA CREAZIONE DELLO STATO DI ISRAELE
¾ UN PROCESSO SENZA FINE;
¾ TERMINE DEL PROTETTORATO INGLESE;
¾ LO STATO DI ISRAELE;
• L’EVOLUZIONE DELLA DIPLOMAZIA
¾ ONU: LOTTA PER LA PACE;
¾ LO STATUTO DELL’ONU;
¾ COME FUNZIONA L’ONU;
¾ IMPEGNO PER LA PACE MA NON SOLO;
¾ N.A.T.O. : LA DIFESA DELLA PACE;
¾ COS’È LA N.A.T.O. ;
• CONCLUSIONE
• RINGRAZIAMENTI
• BIBLIOGRAFIA
"La cultura [...] è organizzazione, disciplina del proprio io interiore; è presa di possesso della propria
personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore
storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti, i propri doveri." Antonio Gramsci
Senza la pretesa di emulare i grandi autori, sento però necessario fare qualche dedica, non per dovere
formale ma per vivo sentimento.
A Mamma e Bruno, i miei pilastri, sempre pronti a sorreggermi in ogni occasione. Ogni
volta che ho vacillato, ogni volta che il mio piede inciampava erano lì, a volte, con un
consiglio, sempre, con una parola affettuosa. Senza di voi, senza la vostra guida,
probabilmente non sarei ciò che di me il prossimo apprezza. Un semplice “grazie” non basta,
lo so, ma pronunciato con il cuore vuol dire molto di più.
Grazie!
Ai professori, in particolare al Prof. Vettorazzo, per aver tentato di farmi apprezzare la
matematica…per avermi insegnato, con il suo esempio, l’umiltà…
Ultimo, semplicemente perché più importante, a te Nonno, che avrei voluto poter trovare a
questo traguardo così importante per me.
Maestro di vita per i tuoi nipoti, speciale punto cardinale per me.
So che la tua mano è ancora sulla mia spalla.
- INTRODUZIONE -
Può indubbiamente apparire singolare la scelta di proporre una presentazione degli
eventi di maggior spicco accaduti negli ultimi due secoli attraverso un’analisi di
quelli che sono stati i meccanismi diplomatici (anche se sarebbe spesso meglio optare
per l’espressione “artifici diplomatici”) che hanno regolato, determinato e forse più di
tutto influenzato le scelte di importanti statisti e uomini di potere. La scelta di trattare
un argomento così inusuale viene dalla grande passione da me nutrita per il mondo
diplomatico, passione che mi ha spinto a tentare di intraprendere il lungo cammino
che sfocia nella carriera diplomatica. E’ mia personale convinzione ritenere che il
potere delle parole, l’influenza ed il peso che queste possono rivestire nella
risoluzione anche delle questioni più intricate siano oggi più che mai l’unico modo
per ristabilire un equilibrio tra le civiltà che guerre e scontri, purtroppo non soltanto
ideologici, turbano continuamente. Maestri nell’uso della diplomazia e dei termini
“ovattati” per conciliare riottosi dissidenti sono stati, ad esempio, Yitschak Rabin
(Primo Ministro israeliano negli anni ’90), Giovanni Paolo II, in qualche modo Bill
Clinton (accordi di Camp David del 1992, altro grande saggio di diplomazia), il
Mahatma Gandhi, Madre Teresa di Calcutta (premio Nobel per la pace nel 1979) e
tanti altri. Questi grandi personaggi hanno saputo utilizzare con abilità le proprie
espressioni, nel tentativo tutt’altro che vano di preferire accesi dibattiti a sanguinose
guerre, anteponendo sempre il dialogo alla forza delle armi.
La diplomazia si occupa specificatamente delle controversie che nascono fra i popoli.
Esse possono in realtà degenerare in conflitti locali, sempre riprovevoli per la perdita
di vite umane, per le assurde distruzioni e per i sentimenti di inimicizia che generano,
spesso in modo duraturo, fra le nazioni. Esse potrebbero persino condurre a guerre
più estese, con rischi di annientamento difficilmente calcolabili. Queste controversie
hanno generalmente fondamenti seri, ma assumono tale ampiezza perché sono spesso
esacerbate dalle passioni, passioni che complicano le situazioni e non permettono di
vedere oggettivamente la realtà. Ed è là che appunto il ruolo della diplomazia è di
capitale importanza, per affrontare più serenamente i problemi e trovare soluzioni
ragionevoli, senza trascurare la giustizia e senza ledere il legittimo orgoglio
nazionale.
In parecchi luoghi del mondo vi sono situazioni difficili come quelle di uomini,
donne e bambini che non hanno più patria. Sono rifugiati che, per via delle loro
opinioni politiche, dei loro sentimenti religiosi, delle diverse etnie o semplicemente in
seguito ai rivolgimenti provocati da guerre o da rivoluzioni, sono sottoposti a tali
timori e a tali pressioni o difficoltà di vita, a tale mancanza di libertà o anche a tali
minacce che sono praticamente costretti all’esilio lontani dalla loro patria, dovendo
fuggire talvolta a rischio della vita, o restare costretti in campi profughi, in attesa di
un’eventuale patria d’adozione, ove, in ogni caso, essi riprenderanno un altro tipo di
vita senza alcun mezzo. Si tratta di una delle piaghe terribili di cui soffre il nostro
mondo contemporaneo, come se gli uomini non fossero più capaci di riservare un
posto vivibile ai loro simili.
Ecco perché è necessario, a mio parere, profondere tutte le nostre energie per sfatare
l’aggettivo “utopistico” che sempre più spesso viene anteposto alle proposte dei
cosiddetti “tavoli di discussione”.
In questa breve presentazione ho scelto di esaminare un avvenimento della storia
degli inizi del secolo scorso che appare evidentemente come un fatto straordinario e
soprattutto senza precedenti: l’esplicito e pubblico invito a costituire un’aggregazione
politica in Palestina, un “focolare citando le parole
nazionale per il popolo ebraico”
dello stesso Ministro degli Esteri inglese, influenzato evidentemente non tanto dalla
magnanimità e dalla simpatia del governo di Londra verso il popolo ebraico ma da
specifiche intenzioni speculative di interesse internazionale, condotte con astuzia e
“savoir fair” proprio dagli esperti diplomatici inglesi del “Foreing Office” (Ministero
degli Esteri, ndr.). La dichiarazione sopracitata, detta “Dichiarazione Balfour” dal
nome del ministro firmatario, rivestì un così forte peso sulle scelte e sulle decisioni
future che è oggi considerata come la pietra miliare posta per la successiva nascita
dello Stato di Israele. Mi è sembrato d'altronde necessario fare anche una piccola
divagazione riguardo due “strutture”, se così mi è concesso definirle, che proprio
contemporaneamente alla nascita dello Stato di Israele vedevano la luce e che
rappresentano probabilmente i luoghi dove più densamente si respira aria di
diplomazia: l’ONU e la NATO. Queste due massime istituzioni hanno assunto negli
ultimi decenni l’indispensabile ruolo di “peacekeepers” e, sebbene in modo diverso e
talvolta apparentemente contrapposto, hanno contribuito a quel bene supremo che la
diplomazia è chiamata a preservare, ossia la pace.
Concludo con una citazione estrapolata dal discorso tenuto da Giovanni Paolo II il
13 Maggio 1982 a Lisbona presso l’assemblea dei diplomatici accreditati in
occasione del Pellegrinaggio Apostolico in Portogallo:
“…l’importanza della vostra missione è la pace, la sicurezza e
i rapporti fraterni fra i popoli…” Nicolò Pirola
- BREVE APPROCCIO STORICO -
"Ambasciator non porta pena" è il detto che rispecchia i privilegi e le immunità
conquistate dal Corpo diplomatico nel corso della storia.
Diplomazia è un termine che deriva dal verbo greco diploun (piegare in due). Ai
tempi dell'impero romano i documenti imperiali, come lasciapassare, permessi di
transito, eccetera, erano applicati su piastre metalliche doppie, piegate e cucite.
Questi documenti venivano chiamati "diplomas". Successivamente tutti i documenti
ufficiali, che conferivano privilegi o statuivano accordi e così via, non
necessariamente applicati su metallo, furono chiamati "diplomas". L'enorme
produzione di "diplomas" fece nascere la figura dell'archivista e decifratore di questi
documenti. L'aggettivo "diplomatica", in origine si riferiva esclusivamente alla
scienza che studia i documenti ufficiali: la “res diplomatica”, gli "affari diplomatici",
appunto. L'utilizzo dei termini "diplomazia" e "diplomatico" risale a non prima del
1796, quando in Inghilterra Edmund Burke iniziò a utilizzarli designando "l'insieme
delle procedure politico - istituzionali mediante le quali gli Stati intrattengono
relazioni reciproche". A partire dal 1815, dopo il Congresso di Vienna, il servizio
diplomatico divenne una vera e propria professione distinta da quella del politico,
acquistando così valore giuridico con norme e prescrizioni.
● DIPLOMAZIA NELL’ANTICHITA’
E' probabile che anche nella preistoria, sin dal primo organizzarsi di gruppi di uomini
separati da altri, si sentì l'esigenza di inviare emissari per proporre delle tregue ai
combattimenti che si registravano in quel periodo. E' sicuro, comunque, che l'attività
diplomatica era ampiamente praticata nell'antichità, dalle polis greche a Roma, da
Bisanzio alla Cina imperiale. Tuttavia, in nessuno Stato antico vi fu mai
un'organizzazione permanente preposta all'espletamento delle attività diplomatiche.
Nel mondo greco i rapporti diplomatici erano essenziali, dato il frazionamento delle
città - Stato. Per questo si andò elaborando una prima embrionale forma di
diplomazia organizzata, anche se siamo ancora lontanissimi dalla vera e propria
attività diplomatica permanente. Dal diritto privato, così, si sviluppò il concetto di
immunità diplomatica che, sebbene non codificato esplicitamente, costituì una regola
costante che col passare del tempo diverrà prassi formalizzata. In pratica si capì
subito che, in caso di guerra o di ostilità non guerreggiata tra Stati, se l'emissario di
una delle parti fosse stato ucciso, senza aver esaurito il suo compito, i negoziati per
una probabile pace o per una eventuale alleanza sarebbero sfumati. A partire dal VI
secolo a.C., i greci svilupparono anche la pratica di scegliere i loro ambasciatori tra i
più abili oratori o tra i più preparati avvocati del foro. Questo sta a significare che già
allora si capì l'efficacia per uno Stato di dotarsi di uomini capaci di portare
ambascerie e convincere le autorità degli altri Stati. A Roma la diplomazia si
sviluppò ampiamente solo nel tardo periodo repubblicano e durante l'impero. La
necessità principale fu quella di mantenere i contatti con un gran numero di Stati
sovrani, alleati a Roma o soggetti.
I bizantini, recepirono l'utilità delle ambasciate e, oltre a stabilire uno specifico
cerimoniale per il ricevimento degli ambasciatori, istituzionalizzarono la pratica della
consegna di credenziali e della ratifica dei trattati. L'inviolabilità degli ambasciatori,
oltre al rispetto della vita, era estesa anche alla loro immunità personale e alla
inviolabilità del palazzo in cui risiedeva. Ovviamente tutti questi privilegi furono
condizionati alla reciprocità. Gli imperatori bizantini perfezionarono i compiti
dell'inviato, chiedendo loro di spedire periodicamente rapporti dettagliati sulla
situazione interna dei Paesi stranieri in cui risiedevano, oltre ovviamente al compito
di rappresentare ufficialmente gli interessi dell'impero presso le corti assegnate.
L'inviato dove essere quindi, oltre ad un bravo oratore, anche un affidabile
osservatore con un' adeguata capacità di giudizio: inizia così a delinearsi meglio la
figura del diplomatico di professione. I sovrani barbarici, come quelli degli Stati
arabi, seguirono l'esempio di Costantinopoli, adottando il protocollo bizantino.
Anticipando la prassi moderna, tutti i trattati stipulati in questa epoca (ad esempio
quello di Verdun dell'843 o quello di Meersen dell'870) venivano preparati con l'aiuto
di esperti.
● DIPLOMAZIA PONTIFICIA