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Italiano: Pirandello (Uno, nessuno e centomila);
Inglese: Sylvia Plath (Mirror);
Filosofia: Socrate, Lacan;
Arte: Caravaggio (Narciso), Magritte (Il falso specchio), Michelangelo Pistoletto, Anish Kapoor (Cloud gate);
Geografia: il telescopio;
Fisica: interferometro, esperimento Michelson e Morley, Onda Gravitazionale, Virgo (interferometro oggi).
Specchio tra scienza e coscienza Giulia Barsotti V° b
sia in realtà indispensabile per conoscere noi stessi ma anche tutto quello che ci circonda fino a
renderci visibile la parte più nascosta dell’universo e più profonda di noi stessi.
Osservando la mia immagine allo specchio mi accorgo quanto questo al contempo ci rifletta e ci
faccia riflettere, per questo rappresenta un oggetto che ha da sempre avuto un fascino particolare sugli
ritiene che rifletta sempre l’immagine
uomini. Si chiara della verità, ma basta pensare all’antico mito
di Narciso per evidenziarne il carattere ingannevole; oltre a costituire lo spazio in cui si incontrano
realtà e illusione è stato per secoli un oggetto raro e prezioso spesso associato alla magia, si pensava
che potesse imprigionare gli spiriti.
Ci rassicura ogni mattina di essere sempre gli stessi del giorno prima, può però farci cadere in gravi
non ci riconosciamo nell’immagine che questo ci rimanda o ci accorgiamo che gli altri
crisi quando
hanno una percezione distorta del nostro riflesso che non corrisponde a quella che vi vediamo noi.
Se in arte veniva usato dai Naturalisti come strumento per avere una visione più completa del soggetto
da rappresentare, nelle opere moderne diviene questo stesso soggetto, opera d’arte, in cui
l’osservatore può riflettersi per far entrare la sua stessa immagine all’interno dell’opera d’arte.
ci poniamo importanti domande come “Chi sono?”,
Di fronte a questo per questo i filosofi antichi lo
consideravano simbolo di contemplazione, ed è quindi attraverso questo che da bambini abbiamo il
primo approccio con la nostra identità. Lo specchio diviene così strumento di conoscenza della parte
più profonda e nascosta di noi stessi, infatti, lo specchio rende visibile l’invisibile ed è per questo che
viene usato all’interno di telescopi e interferometri per darci la possibilità di vedere là dove i nostri
sensi non percepiscono, arrivando a conoscere i confini dell’universo.
di una delle istallazioni dell’artista contemporaneo Jeppe
Io e le mie compagne riflesse in uno specchio Hein presso il
Centre Pompidou di Parigi 4
Specchio tra scienza e coscienza Giulia Barsotti V° b
. Uno strumento per conoscere se stessi
I Il primo specchio fu l’acqua
I a. l’uomo poteva
Nella propria ombra vedere la proiezione delle sue fattezze, tuttavia solo attraverso lo
specchio d’acqua poteva osservare l’immagine di se stesso, un’immagine comunque riflessa, un
inganno.
Il mito: Narciso
Narciso, come ci racconta Ovidio nelle Metamorfosi, è il primo eroe dello sconvolgente incontro con
se stesso; nel mito egli è un giovane vanitoso figlio della divinità fluviale Cefiso e della ninfa Liriope.
La sua bellezza è tale che tutti si innamorano di lui che invece orgogliosamente schiva tutti.
Di lui si innamorò anche la ninfa dei monti Eco, che, punita da Giunone, non poteva esprimersi ma
tra Eco e Narciso nasce
solamente ripetere le ultime parole che le venivano rivolte. Dall’incontro
l’equivoco; lei, infatti, lo insegue, senza farsi vedere, nella caccia in un bosco e diviene per Narciso
una voce misteriosa che ripete quel che lui stesso dice; poi, uscita allo scoperto, lo abbraccia mentre
lui la respinge in malo modo dicendole di lasciarlo solo. Così, con il cuore infranto, lei si nasconde tra
le valli gemendo fino a ridursi a sola voce. Ascoltando i
lamenti di Eco, la dea Nemesi decide di punire Narciso.
Nel bosco il giovane chinatosi su una pozza per bere si
imbatte per la prima volta nella propria immagine
riflessa, e se ne innamora credendola un altro giovane.
Quando si rende conto che in realtà quello che sta
osservando è se stesso, la sua immagine, si lascia
morire disperato perché mai avrebbe potuto ottenere
quell’amore. Al suo posto le ninfe che volevano
collocare il suo corpo sul rogo funebre trovano un fiore:
un narciso.
Il suo destino era già stato rivelato alla madre, dopo la
sua nascita, dall’indovino Tiresia, il quale predisse che Narciso avrebbe raggiunto la vecchiaia solo se
mai avesse “conosciuto se stesso”. raggiungere l’Oltretomba egli cercasse ancora
Si racconta che nel
una volta il suo riflesso rispecchiandosi nelle acque dello Stige.
Il riflesso è per Narciso un inganno che confondendo realtà e illusione, inizialmente lo porta a pensare
che al dì là della superficie dell’acqua vi sia un’altra creatura, l’altro da se, poi il riconoscervi se
stesso lo porta all’autodistruzione e alla metamorfosi; conclusione di ogni mito delle Metamorfosi
ovidiane.
Narciso è accusato di aver preferito l’apparenza alla realtà rifiutando Eco e restringendo la visione a
se stesso dimenticando l’importanza della mediazione dell’altro nella conoscenza di sé.
Nel mito narrato da Ovidio ma proveniente dalla tradizione greca troviamo la tematica del riflesso non
solo per l’immagine ma anche per il suono, l’eco; vi sono poi l’illusione, il doppio, l’amore per l’altro
da se, la seduzione e l’apparenza. Ogni volta che viene ripreso, il mito presenta una nuova
problematica, nuovi significati in diversi contesti culturali. 5
Specchio tra scienza e coscienza Giulia Barsotti V° b
Il Narciso del Caravaggio
Narciso (1597-1599) olio su tela cm. 113,3x95
Michelangelo Merisi detto il Caravaggio
Galleria Nazionale dell’Arte Antica a Palazzo Barberini, Roma
Il Narciso è un quadro poco conosciuto rispetto ai più celebri dipinti di Caravaggio, anche per la sua
paternità riconosciuta in un periodo posteriore e che ancora oggi è oggetto di dibattito 6
Specchio tra scienza e coscienza Giulia Barsotti V° b
in
.Il maestro riesce a impostare il soggetto in modo del tutto simmetrico grazie all’estensione
verticale dell’opera, le braccia e il corpo creano un cerchio perfetto con il riflesso dandoci l’idea
della specularità. La teatrale drammaticità del dipinto è data dalla forte luminosità del volto e della
camicia bianca in contrasto con il resto, resa con colori intensi e vivi che fanno emergere la figura
dal buio dello sfondo.
Nella prima stesura il Narciso-riflesso rappresenta esattamente il Narciso-modello ribaltato di 180°.
In un secondo momento Caravaggio corregge il Narciso-riflesso spostando più in alto il ginocchio e
il profilo del viso (si ipotizza che abbia usato un sistema di specchi, collocandosi nell’esatta
posizione di Narciso per offrire una visione precisa dell’ipotetica realtà). Il pittore vuole
non ciò che un pittore avrebbe visto all’esterno, ma esattamente ciò che il pittore vede
rappresentare
nella posizione di Narciso. occupano l’intero spazio, dando vita ad una figura
Il Narciso-modello ed il Narciso-riflesso
circolare. Nella tradizione, il figlio di Lirìope viene sempre disegnato, in piedi o leggermente
piegato, mentre si guarda in una fonte, dove talvolta si vede la sua ombra e talvolta solo il viso
riflesso. Questo Narciso diventa testimonianza della confusione che si crea tra modello e copia,
creatore e creatura, vedente e veduto.
Narciso ha perso il mondo (Caravaggio, come possiamo constatare, non raffigura alcuno sfondo,
dietro la figura recline del giovane), affondando l’occhio nella contemplazione di sé; il cerchio si è
e realtà si è stabilito il mortale contatto ravvicinato: l’immagine mimetica
chiuso; tra immagine
uccide la realtà proprio in quanto la imita, la ripropone, senza alcuna differenza, quella differenza
che sempre è critica, oppositiva, distintiva.
“Se non noverit”v.348 da Narciso a Socrate
preannuncia l’indovino Teresia “Conosci
«Se non conoscerà se stesso» possiamo; così ricollegarci al
di Socrate, la prima regola dell’essere felici e della vita eterna.
te stesso”
La tematica della conoscenza di sé, alla quale gli uomini migliori dovevano impegnare
le proprie energie intellettuali, a Narciso viene negata.
Narciso può aspirare alla vita dell’essere, ma a condizione di non conoscere se stesso. L'episodio di
Narciso ben mostra la densità di senso e di pensiero della cosa-
specchio; così densa e pregnante da aver consegnato al linguaggio
della filosofia alcune delle sue parole più significative:
speculare/speculazione, riflettere/riflessione, ovvero il tornare a se
stesso del pensiero dopo che si è posato su cose e su concetti e idee
di cose.
Raccontano sia Fedro sia Diogene Laerzio che Socrate esortasse i
suoi discepoli a guardarsi nello specchio per conoscere loro stessi,
infatti se lo strumento è materiale, la conoscenza di sé che si
acquista guardando il proprio viso allo specchio sta alla base di
ogni progresso morale. La conoscenza allo specchio, potremmo
dire con parole di oggi, conduce alla cura di sé; guardarsi nello
specchio è il mezzo più sicuro per trionfare sui vizi e dominare le
passioni. Così Socrate «invitava i giovani a guardarsi spesso,
affinché, se erano belli, se ne rendessero degni, e se erano brutti,
nascondessero la loro disgrazia con l'educazione» ricordando lo
stretto rapporto che vi è per gli antichi greci tra bellezza interiore e
aspetto esteriore. 7
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Se fossero stati belli non avrebbero disonorato la loro bellezza con i cattivi costumi, mentre i brutti
avrebbero coperto la loro bruttezza con le buone abitudini.
La favola di Fedro: I due fratelli allo specchio
Stimolato da questo insegnamento
ossèrvati sovente.
Un uomo aveva
una bimba bruttissima
e un maschietto portento di bellezza.
Successe che allo specchio
dalla mamma lasciato sulla sedia
essi puerilmente
si sollazzarono a mirarsi a lungo.
L'uno s'esalta ch'è ben fatto, l'altra,
ogni cosa prendendo in contumelia,
stizzisce e non sopporta
le celie del fratello compiaciuto.
Perciò molto invidiosa
fila dal babbo suo per metter male
e biasima il maschietto
che s'immischiò di femminile oggetto.
Li abbraccia il babbo tutti e due, ne coglie
baci e fa parte all'uno e all'altro eguale
dell'amorevolezza sua soave.
Poi dice: «Son contento
che ogni giorno lo specchio adoperiate
affinché tu non dissipi bellezza
peccando in leggerezza,
e tu così vincendo l'apparenza
col buon comportamento».
di Fedro l’importanza che gli antichi davano allo specchio come strumento
Traspare da questa favola
per la conoscenza di sé, un destino “alto” attendeva quindi questo oggetto peraltro considerato frivolo
perché sempre in mano alle donne. I due elementi si uniscono anche per il filosofo Schopenhauer il
8
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quale a distanza di secoli descrive l’allegoria della saggezza come “una figura femminile che tiene in
mano il prezioso strumento in cui è possibile guardarsi e conoscersi: lo specchio” (Arthur
L’arte di conoscere se
Schopenhauer, stessi, Adelphi, 2003 p.11) ed infatti gli antichi ne disprezzano
l’uso maschile.
Roma e lo specchio come indice di decadenza morale
I b.
Specchio e sregolatezza: Seneca
Seneca dedica molte pagine delle Naturales Quaestiones libri VII (I,17) alle proprietà degli specchi e
riprende gli argomenti sostenuti da Socrate: gli specchi, scriveva, sono stati inventati perché l'uomo
La natura invita l’uomo a osservare il proprio viso perché sia indotto a vivere
conosca se stesso. nell’età della maturità il vigore di un corpo capace di
rettamente la propria vita, presentandogli,
compiere azioni valenti e in vecchiaia l’immagine dei propri capelli bianchi perché si prepari alla
l’uso
morte. Ma ai tempi di Seneca il lusso, la sregolatezza, il trionfo dei sensi avevano stravolto di
questo oggetto: lo specchio era diventato complemento rovinoso della civetteria delle donne e
strumento di piacere di cui si circondano alcuni cittadini romani. Nel libro 1 delle Naturales
Quaestiones lo scrittore opera un richiamo alla morale condannando la lussuria di Ostio Quadra che
utilizzava degli specchi ingrandenti per moltiplicare la sensualità delle sue amanti, applicandoli
ovunque ottenendo diverse angolazioni, fu poi brutalmente ucciso da uno schiavo; riguardo alla sua
aggiunge: lo si sarebbe dovuto immolare davanti al suo specchio “Fascinus
morte Seneca indignum!