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Estratto del documento

Barbara Simoni

Classe V D

I.T.C.S Pietro Verri

Anno scolastico 2007/2008 . . . Aspetti negativi. . .

. . . Aspetti positivi . . .

a lingua inglese ha due parole ben distinte per esprimere il concetto di

solitudine: solitude e loneliness. Il termine solitude indica l’aspetto positivo

intrinseco alla solitudine, ovvero la capacità di stare bene con se stessi e di

poter esprimere liberamente la propria creatività. Loneliness è invece

l’opposto: è una condizione tipica delle società contemporanee legata all’

incapacità di vivere da soli, a un senso di smarrimento che porta ad una

costante dipendenza da altri esseri umani.

Loneliness.

L’ aspetto negativo della solitudine è relativo alla

condizione di persone che non hanno più le risorse

economiche o psicologiche per vivere, che non hanno più

progetti; è ad esempio la solitudine del giovane che non

trova ascolto all'interno della famiglia e con prospettive per

il futuro incerte; può essere quella del lavoratore

estromesso precocemente dal mondo produttivo,

preoccupato dalla precarietà del suo impiego, dalla

possibilità del licenziamento, della disoccupazione.

E' inoltre senz'altro quella che riguarda, almeno qualche

volta nel corso dell'esistenza ciascun essere umano:

capita infatti di ritirarsi da un mondo in cui ci se sente a disagio, circondati

talora da norme e valori non condivisi.

La negatività della solitudine è ben rappresentata nella lirica di Quasimodo

(Modica, 1901-Napoli,1968) ”Ed è subito sera”, parte della raccolta pre-

ermetica Acque e terre (1930).

Ognuno sta solo sul cuor della terra

trafitto da un raggio di sole:

ed è subito sera.

I nuclei tematici di questa lirica sono la solitudine, la pena del vivere, e la

morte, e sono espressi in tre versi secondo un modello di essenzialità che

vagamente richiama la poetica ungarettiana dei versicoli e della poesia pura e

che anticipa la corrente ermetica.

Nel primo verso: “Ognuno sta solo sul cuor della terra…” viene contrapposta la

grandezza della terra alla limitatezza dell’uomo che pur vivendo al centro delle

cose, si sente solo, incapace di comunicare con i suoi simili.

Nel secondo verso la pena del vivere è rappresentata da quel momento di

felicità, definita “raggio di sole” che non riesce ad illuminare e quindi a rendere

felice, l’uomo. Al contrario la felicità addolora l’uomo in quanto dona la

consapevolezza di quanto effimera sia essa stessa.

Il sopraggiungere della sera è una metafora della morte che ne accentua la

drammaticità, in quanto le illusioni crollano con il rapido sopraggiungere della

sera, ovvero della fine della vita stessa.

Il tema dalla solitudine umana, insieme all’incombere della morte e agli altri

grandi temi dell’espressionismo quali l’angoscia esistenziale, la crisi dei

valori etici e religiosi, l’ incertezza del futuro e la disumanizzazione di una

società borghese, é presente nella pittura del norvegese Edvard MUNCH

(1863-1944).

Dopo aver subito diversi lutti, egli ha una visione della vita legata all’attesa

angosciosa della morte. Ne “IL GRIDO” (1893), realizzato con olio, tempera e

pastelli su cartone, è condensato tutto il rapporto di angoscia che l’artista

avverte nei confronti della vita. Lo spunto del quadro è infatti autobiografico

ed è descritto nel suo diario:

“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si

tinse all’improvviso di rosso sangue; mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad

un recinto ; sul fiordo nerazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I

miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura e sentivo

che un grande urlo pervadeva la natura.”

L’uomo in primo piano che urla è l’artista stesso; sulla destra il paesaggio è

innaturale: desolato e poco accogliente, mentre in alto il cielo è striato di un

rosso drammatico. Il protagonista, come tutti i suoi personaggi, è

rappresentato in maniera visionaria: ha un aspetto sinuoso che fa pensare

ad uno spirito piuttosto che ad un vero corpo, è una figura spettrale che non ha

riferimenti con la realtà ma la rappresenta per simboli universali: la testa è

completamente calva come un teschio ricoperto da pelle mummificata, le

guance smunte, gli occhi fissi hanno uno sguardo allucinato e terrorizzato, ha il

naso quasi assente mentre la bocca si apre in uno spasmo innaturale. Proprio

l’ovale della bocca è il centro compositivo del quadro: da esso le onde sonore

del grido agitano sia il corpo dell’uomo sia le onde che definiscono il paesaggio

ed il cielo. L’andamento curvilineo del quadro non coinvolge solo alcuni degli

elementi compositivi, quali il ponte e le sagome dei suoi amici che, sordi

all’urlo dell’uomo, sono incuranti della sua angoscia, testimoniando in questo

modo la falsità dei rapporti umani.

Le linee nette e sinuose e i colori, contrastanti tra loro, puri e decisi e stesi per

campiture piatte, hanno una valenza fortemente simbolica: l’intento dell’

artista è dipingere non quello che ha osservato, bensì ciò che ha provato e che

l’ ha condotto a quell’ urlo disperato che si ripercuote in tutta la natura

circostante.

Solitude.

Al contrario, il termine solitude, corrispondente ad una

condizione cercata anziché subita, esprime una condizione

intesa come opportunità di sviluppo interiore per poter

riflettere.

C’est le cas de « Le Petit Prince » d’Antoine de Saint-Exupéry (Lyon 1900,

Mars Tirrens 1944 *), dans lequel l’auteur indique au lecteur le moyen pour se

livrer de la solitude afin de chercher ce qu’il y a de plus important pour donner

un sens à la vie. En effet comme dit le Petit Prince :

« Les hommes cultivent cinq milles roses dans le même jardin...et ils ne

trouvent pas ce qu’ils cherchent... Et toutefois ce qu’ils cherchent pourrait être

trouvé dans une rose or dans l’eau.... Mais l’essentiel est invisible pour les

yeux. On ne voit bien qu’avec le coeur ». (Pag. 108).

L’homme est étendu dans une recherche pour rejoindre le vrai sens de la vie à

l’exterieur de lui-même ; il ne s’aperçoit pas qu’il s’éloigne de l’essence de sa

recherche. Grâce à la solitude on peut mieux comprendre les sentiments les

plus intimes ou analyser les pensées.

L’histoire du Petit Prince est narrée en première personne par l’auteur, un

aviateur qui,à la suite d’une panne de moteur, se trouve dans le désert du

Sahara et doit tenter seul de réparer son avion. Le lendemain de son

« s’il vous

atterrissage forcé, il est reveillé par une petite voix qui lui demande

plaît...dessine-moi un mouton ! ».

Très surpris, l’aviateur fait la connaissance de ce garçon qui lui raconte son

« à peine plus grande

histoire. Il vit sur une autre planète, l ‘astéroïde B612,

qu’une maison » dont il est le Petit Prince. Ayant assisté à la naissance d’une

rose superbe, orgueilleuse et exigeante, le Petit Prince découvre que l’amour

peut être compliqué. Il décide alors de quitter sa planète et aller explorer les

étoiles en quête d’amis.

Le Petit Prince visite sept planètes habitées chacune par une seule personne

murée à l’intérieur de sa propre solitude. La première planète est habitée par

un roi qui regne un pays sans personne ; la deuxième appartient à un vaniteux

qui veut seulement être acclamé mais étant seul, personne ne peut

« pour oublier qu’il

l’acclamer ; la troisiéme est habitée par un buveur qui boit

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