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Sintesi
Storia - Seconda rivoluzione industriale
Italiano - Verga, Rosso Malpelo
Inglese - Charles Dickens, Oliver Twist
Francese - Victor Hugo, Les Contemplation ( Melancholie)
Arte - Onofrio Tomaselli, I Carusi
Spagnolo - Realtà in spagna ed in Sud America dei bambini lavoratori
Estratto del documento

Negli ultimi tre decenni dell’Ottocento si verificano delle innovazioni

economiche, che gli storici chiamano seconda rivoluzione

industriale. Il processo di affermazione della società industriale

conobbe, a partire dagli anni settanta dell’Ottocento, non solo

un’accelerazione poderosa, ma anche una trasformazione

qualitativa. L’ultimo trentennio dell’Ottocento fu una fase di grande

innovazione tecnologica. La meccanica vide un incessante

perfezionamento dei macchinari. Dal canto suo, il settore

siderurgico conobbe la rivoluzione dell’acciaio, una lega di ferro e

carbonio, era conosciuta e apprezzata da tempo per la sua

robustezza.

Ma il grande salto di qualità della seconda rivoluzione industriale

venne dalla chimica, dall’elettricità e dal petrolio. La chimica

permise la fabbricazione di nuovi materiali, come l’alluminio, e diffuse la soda, i coloranti artificiali e i

concimi. Il petrolio, combustibile di alto rendimento e facile trasportabilità , consentì l’enorme sviluppo

dei motori a combustione interna: iniziava così l’era dell’automobile, che sostituì la ferrovia quale bene

strategico della civiltà industriale. Si diffuse l’impiego dell’acido solforico per la preparazione di concimi

ed esplosivi.

Nel settore agricolo, grazie allo sviluppo dei trasporti, i mercati mondiali furono inondati dai cereali

prodotti da Stati Uniti, Canada, Argentina, Australia. Poiché il loro prezzo era inferiore a quello europeo,

si verificò una tendenza al ribasso dei prezzi agricoli in Europa. I produttori europei reagirono a queste

difficoltà in due modi: da un lato chiedendo e ottenendo dai governi l’adozione di politiche

protezionistiche (dazi sulle importazioni); dall’altro con investimenti per innalzare la produttività

delle aziende agricole (meccanizzazioni, impegno di nuovi concimi chimici). Naturalmente, solo le

agricolture meglio attrezzate poterono compiere tale conversioni.

In campo industriale la crisi fu originata da sovrapproduzione. Per quanto riguarda l’offerta, ciò derivò

dalla comparsa sul mercato di nuove potenze industriali, come Stati Uniti, la Germania e il Giappone, e

dell’industrializzazione delle periferie europee: Austria, Russia, Italia. La massa della produzione

tendeva a crescere in modo eccessivo rispetto alla domanda, che rimaneva modesta a causa del basso

reddito di gran parte della popolazione. Nei settori che necessitavano dell’investimento di capitali molto

ingenti le imprese meno dotate di capitali non sopravvissero. Alcune fallirono, altre si fusero e altre

furono assorbite da aziende maggiori. Tutto ciò contrastava con la teoria della libera concorrenza e

favoriva la nascita di monopoli.

Si verifica una situazione di monopolio quando c’è solo un venditore a

fronte molti compratori. Prima della rivoluzione industriale la maggior parte della popolazione era

addetta all’agricoltura e a vivere nelle campagne. Con la nascita e lo sviluppo delle fabbriche molti si

spostarono andando a vivere nelle città . Inizialmente le condizioni igieniche lasciavano molto a

desiderare. Il sistema delle fognature fu costruito, nelle grandi città europee, solo nel corso

dell’Ottocento.

Si affermarono i primi trasporti pubblici, per

collegare i quartieri delle grandi città : dapprima

i tram trainati dai cavalli, poi quelli elettrici e,

sul finire del secolo, le ferrovie metropolitane.

Il trasferimento di grandi masse nelle nuove

città dell’età industriali, produsse una profonda

trasformazione anche sul piano dei rapporti

sociali. Se osserviamo i loro abitanti dal punto

di vista dell’occupazione, dl reddito e della loro

collocazione nella scala sociale, vediamo che

le città

presentavano un quadro molto più articolato

del passato. Un tempo, infatti nelle città

vivevano prevalentemente nobili e uomini di Chiesa, ricchi borghesi, domestici e poveri, più una

minoranza di artigiani e operai. L’industria degli svaghi e dei divertimenti diventava sempre più ricca e

piena di novità con il circo, l’operetta, il cinema: la più recente forma di intrattenimento inventata nel

1895 dai fratelli Lumière in Francia. Nei paesi più progrediti nacquero i moderni sistemi di istruzione

pubblica. Con l’avvento della società industriale di massa mutarono in modo profondo anche le

istituzioni e la concessione stessa della vita politica. Le masse, infatti, entrarono sulla scena della storia

non più in forma episodica, come era stato nella Rivoluzione francese e nei moti ottocenteschi, ma in

modo stabile e duraturo. Strumento di questa trasformazione fu il suffragio universale maschile.

Come organizzare la vita politica della nuova società industriale di massa? Strumento organizzativo e

politico di questa trasformazione fu il partito di massa.

I primi a creare partiti secondo questo modello furono i socialisti.

L’industrializzazione accrescendo la file della classe operaia e, soprattutto, concentrando grandi

quantità di lavoratori in fabbriche, favorirono la nascita di organizzazioni di massa del movimento

operaio: i sindacati, che organizzavano rivendicazioni e scioperi anche di milioni di lavoratori, e i partiti,

in cui il movimento socialista vide uno strumento capace di dare ai lavoratori l’unità e la forza per

incidere sulla vita politica nazionale, ottenendo miglioramenti e riforme.

La seconda rivoluzione industriale ha portato molti cambiamenti, spesso positivi,

ma anche negativi come il lavoro minorile che ancor oggi persiste. I bambini cominciavano a lavorare a

4-5 anni perché le condizioni delle famiglie non permettevano di allevare 7-8 figli con i due miseri

stipendi dei genitori. I bambini venivano assunti

perché erano più docili degli adulti e perché,

essendo minuti, potevano svolgere lavori che un

uomo per la corporatura non poteva fare, inoltre

perché li sottopagavano in quanto minori. Gli

imprenditori sfruttavano la richiesta di lavoro che

era cresciuta nell’800 per diminuire i salari e

aumentare le ore di lavoro, per adulti e bambini,

costringendoli ad orari massacranti che arrivavano

a 14-15 ore al giorno. La giornata lavorativa di un

lavoratore-bambino

cominciava alle 5-6 di mattina, quando si recava in

fabbrica. La sua famiglia viveva in quartieri

malfamati, assieme a ladri e criminali di ogni

genere, ma non aveva paura di essere derubata, in

quanto non c’era niente da rubare nelle loro casa:

viveva nella povertà più assoluta. Le case erano

piccole, sudice e talmente attaccate l’una all’altra

da sembrare sovrapposte. Le condizioni igieniche erano scarse o assenti e le malattie erano all’ordine

del giorno, anche una febbre, poteva essere mortale. Per le vie dei quartieri proletari la spazzatura e

l’urina venivano gettate in strada dove spesso giravano topi, portatori di malattie. Dopo essere entrato

in fabbrica il bambino cominciava il suo lavoro o meglio cominciava ad essere sfruttato. I fanciulli

venivano rinchiusi per 14 ore in una stanza, sorvegliati da controllori senza pietà, questi, appena un

lavoratore rallentava il ritmo, lo frustava. L’ambiente di lavoro era sporco e nell’aria girava una

polverina, prodotta dalle macchine, questa si annidava nei polmoni e provocava soffocamento. Ma non

solo, se un bambino si addormentava, poteva cadere nella macchina e ne usciva mutilato o ucciso, ma

a questo punto era meglio morire che vivere in un’epoca dove neanche l’opinione pubblica rimaneva

allibita davanti a questi orrori. Inoltre il lavoro, ripetitivo e monotono, provocava demenza e nel 1800 il

tasso di analfabetismo era altissimo, infatti, i bambini per mangiare dovevano lavorare e non avevano

tempo per andare a scuola. Nelle fabbriche i morti e i feriti erano all’ordine del giorno, tra i bambini

pochi tornavano a casa ancora vivi. La giornata lavorativa era interrotta dalla pausa pranzo e dalla

colazione, il pranzo ufficialmente durava quaranta minuti ma venti erano impiegati per la pulitura delle

macchine. Nella seconda rivoluzione industriale intere famiglie furono distrutte, padri e figli uccisi dal

gigante della povertà. Mentre i ricchi vivevano nel lusso milioni di bambini erano costretti a massacrarsi

di lavoro per un tozzo di pane, nessuno possedeva scarpe, perché costavano troppo, il lavoro toglieva

loro la gioia di vivere, non sapevano più giocare, vivevano in un clima di terrore e non si chiedevano

cosa avrebbero fatto il giorno dopo, ma se il giorno fossero stati ancora vivi. I bambini svolgevano vari

tipi di lavoro: maneggiavano il telaio, facevano i minatori, gli spazzacamini e i picconieri. Tutti lavori

pesantissimi che provavano ancor di più i loro corpi ormai deformi a causa del lavoro e della mancanza

di luce. Al termine della giornata lavorativa i bambini uscivano dalle fabbriche stremati e si

addormentavano sui cigli delle strade, prima ancora di tornare a casa.

3. Giovanni Verga

Giovanni Verga nacque a Catania il 2 settembre 1840. Nel 1858

s’iscrisse alla facoltà di legge, ma nel 1861 interruppe gli studi per

dedicarsi alla letteratura.

Il suo primo romanzo, scritto a soli 15 anni, fu “Amore e patria”. Nel

1866 pubblicò il suo primo romanzo autobiografico “Una

peccatrice”.

Si trasferì a Firenze dove strinse amicizia con il suo conterraneo

Luigi Capuana, che lo indirizzò verso il Verismo.

Dopo Firenze si trasferì a Milano. Qui lesse i grandi scrittori realisti

francesi: Balzac, Flaubert, Zola, Maupassant e i fratelli Goncourt.

Nel 1874 scrisse “Nedda”, definita dall’autore stesso un <<bozzetto

siciliano >>.

Nel 1878 scrisse il racconto “Rosso Malpelo”, tratto dall’opera Vita

dei campi, prima autentica testimonianza della produzione Verista.

Con “Rosso Malpelo” Verga diventa un cronista di denuncia dello

sfruttamento minorile.

Lo scrittore siciliano scrisse altre opere, come I Malavoglia, Mastro-

don Gesualdo, La duchessa di Leyra, L’onorevole Scipioni, L’uomo di lusso. Queste cinque opere fanno

parte de Il Ciclo dei Vinti. E ancora, le Novelle rusticane e la Cavalleria rusticana.

Verga morì a Catania il 14 gennaio 1922.

3.1.Rosso Malpelo

“Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo

malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di birbone. Sicché tutti alla cava della rena rossa

lo chiamavano Malpelo; e persino sua madre, col sentirgli dir

sempre a quel modo, aveva quasi dimenticato il suo nome di

battesimo...”.

Tipico esempio di come il mondo all’epoca era colmo di

pregiudizi, soprattutto nei confronti dei minori che erano visti

soltanto come degli utili veicoli da sfruttare fino all’osso per

ricavarne un facile profitto economico.

La mamma lo trascura, la sorella si vergogna di lui. Il padre,

l'unico che gli riservava una qualche forma di affetto, è morto

nella stessa cava dove lavora Malpelo, sepolto da un pilastro

di rena.

In seguito alla morte del padre, un dolore che lo segnerà per sempre, Malpelo coltiva un oscuro spirito

di vendetta. Lavora sodo, ma fa di tutto per meritarsi l'appellativo col quale è chiamato: picchia il suo

povero vecchio asino ed è cattivo con tutti.

Sviluppa un rapporto di amore-odio per un ragazzetto arrivato da poco alla cava, Ranocchio, cui una

lussazione del femore impedisce di fare il manovale, obbligandolo, invece, a lavorare sottoterra.

Malpelo lo picchia, ma gli insegna nello stesso tempo, con rabbioso affetto, le dure e feroci leggi della

vita, le uniche che egli conosca: la continua lotta di tutti contro tutti e la sopravvivenza del più forte.

Un giorno colpisce Ranocchio che si accascia a terra senza più rialzarsi. Il ragazzo è gravemente

malato di tisi e ha uno sbocco di sangue. Non è più in grado di lavorare. Malpelo, a modo suo, è

disperato, lo va a trovare, gli porta del vino e della minestra, ma il ragazzo muore.

A Malpelo toccano i lavori più ingrati e rischiosi, tanto non ha famiglia e di lui non importa niente a

nessuno. Durante un’esplorazione del sottosuolo, alla ricerca di un passaggio che colleghi ad un pozzo,

un giorno Malpelo sparisce, portando con sé gli attrezzi che furono del padre, inghiottito per sempre

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