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Sintesi
Filosofia - La “noluntas” di Schopenauer e la teoria “L'uomo è ciò che mangia” di Feuerbach;
Italiano - “Mastro Don Gesualdo” di Giovanni Verga;
Inglese - Joyce e l'opera Dubliners;
Storia - La persecuzione degli Ebrei e l'entrata in guerra dell'Italia nella seconda guerra mondiale;
Storia dell'Arte - Klimt.

Collegamenti con la Divina Commedia
Estratto del documento

noi, che ci permette di raggiungere la serenità e la quiete dell'animo,

distruggendo la volontà in noi stessi.

Il processo di soppressione della “volontà di vivere” non comporta il

suicidio.

La noluntas rappresenta lo stadio finale cui può arrivare l'individuo nel

suo percorso di superamento della realtà fenomenica.

Schopenhauer articola l'iter salvifico dell'uomo in tre momenti

essenziali.

Il primo è l'arte. L'arte è conoscenza libera e disinteressata che si

rivolge alle idee. Il soggetto che contempla le idee non è più l'individuo

naturale particolare ma il

puro soggetto del conoscere, il puro occhio del mondo.

L'arte sottrae l'individuo da quella catena infinita formata dai bisogni e

dai desideri quotidiani e grazie ad essa l'uomo, finalmente, contempla la

vita.

Un posto particolare nell'arte è occupato dalla musica. Essa si pone

come rivelazione della volontà a se stessa e il filosofo afferma che è

l'arte più profonda e universale.

Ogni arte, comunque, è liberatrice ma è sempre temporanea e parziale,

infatti, costituisce semplicemente un conforto alla vita.

della pietà.

Il secondo momento è costituito dall'etica L'etica implica

un impegno nel mondo a favore del prossimo. È scaturito da

un'esperienza vissuta, cioè da un sentimento di pietà attraverso cui

avvertiamo le sofferenze degli altri e le facciamo nostre.

Il filosofo puntualizza che non basta sapere che la vita è dolore ma

bisogna sentirlo nel profondo del nostro essere.

Tramite la pietà sperimentiamo quell'unità metafisica di tutti gli esseri

che la filosofia teorizza.

La morale si concretizza in due virtù cardinali:

 la giustizia è un primo freno all'egoismo e consiste nel non fare il

male e nel riconoscere agli altri ciò che riconosciamo a noi stessi;

 la carità si identifica con la volontà positiva e attiva di fare del

bene al prossimo.

Il terzo e ultimo momento è quello dell'ascesi. Schopenahuer dice che

comunque, la morale rimane per sempre all'interno della vita e

presuppone un qualche attaccamento ad essa. Ma grazie all'ascesi noi

possiamo riuscire a raggiungere la liberazione totale dall'egoismo,

dall'ingiustizia e soprattutto dalla volontà di vivere.

L'ascesi è l'esperienza attraverso la quale l'individuo, cessando di volere

la vita e il volere stesso, si propone di estirpare il proprio desiderio di

esistere, di godere e di volere.

Il primo gradino dell'ascesi è la castità perfetta che libera dall'impulso

alla generazione. Susseguono la rinuncia ai piaceri, l'umiltà, il digiuno,

la povertà, il sacrificio e l'automacerazione che hanno tutte lo stesso

scopo cioè sciogliere la volontà di vivere dalle proprio catene.

L'unico atto di libertà possibile all'uomo è la soppressione della volontà

di vivere. A differenza dei mistici del cristianesimo, nel misticismo ateo,

Shopenhauer mette a capo il nirvana buddista, cioè il nulla inteso come

negazione del mondo stesso.

Gli Accidiosi sono collocati nella IV cornice del purgatorio. Le anime

corrono per la cornice incitandosi l'un l'altro alla sollecitudine e gli

esempi gridati rinnovano il desiderio di purificazione.

Appendice 1 L'Avarizia

Mastro-don Gesualdo di Verga

Mastro-don Gesualdo è il secondo romanzo del ciclo dei Vinti. Uscì

inizialmente in rivista nel 1888 e l'anno successivo in volume.

In una lettera del 1878, Verga scriveva già il nome dell'opera e annuncia

che il protagonista sarebbe stato un rappresentante della vita di

provincia. L'intenzione iniziale era quella di raffigurare un

arrampicatore sociale: un mastro che diventando ricco si merita il titolo

“La roba”

di Don. La novella è un anticipazione dei temi del romanzo.

La storia si svolge tra il 1820-1821 e il 1848-1849, fra la provincia di

Palermo e Catania. Come sfondo alla storia sono presenti diversi eventi

storici: una rivolta carbonara, l'epidemia di colera, la rivoluzione del

1848 e anche la nascita della borghesia terriera.

Il romanzo è composto da ventuno capitoli, riuniti in quattro parti che

seguono momenti culminanti della vita del protagonista.

La prima parte si svolge nel febbraio-luglio 1820 o 1821. Nel primo

Bianca Trao Ninì

capitolo, un incendio invade in casa e il cugino

Rubiera, con cui ha una relazione illecita. Quest'ultimo rifiuta di

Gesualdo,

sposare la donna poiché non ha dote e si fa avanti con le sue

ambizioni di ascesa sociale. Questa decisione viene subito riferita alla

serva Diodara con cui ha avuto due figli non riconosciuti.

La prima notte di matrimonio fra Gesualdo e Bianca rivela la distanza

fra i due sposi.

Nella seconda parte, Gesualdo diventa il più ricco del paese grazie

all'asta per le terre comunali e per il vantaggio che cerca di trarre dalla

rivoluzione carbonara. Successivamente si arricchisce grazie a un

prestito fatto da don Ninì.

La terza parte inizia riassumendo la storia della figlia di Gesualdo,

Isabella, ma nata dalla relazione fra la madre e Ninì. L'azione si svolge

nel podere di Mandalavite, dove Gesualdo si rifugia con la famiglia per

sfuggire alla colera. Qua arriva la giovane ragazza educata in un

collegio di Palermo.

Si innamora del cugino Corrado, che le rivolge poesie romantiche, però,

disprezzate da Gesualdo. Il matrimonio fra i due è impossibile a causa

della situazione economica del ragazzo e il padre le organizza un

matrimonio combianto con il duca di Leyla.

La dote della ragazza è molto alta e Gesualdo è costretto a donare al

duca alcune proprietà, per placare la sua ira quando scopre che Isabella

è incinta di Corrado.

L'ultima parte parla della decadenza di Gesualdo.

Si apre con la vigilia della rivoluzione del 1848 e si chiude qualche mese

dopo. Dopo la morte della moglie Bianca, il popolo assale i suoi

magazzini. Muore malato di cancro, fra l'indifferenza e il disprezzo dei

servi.

La narrazione è dedicata ai singoli momenti della vita del protagonista

e, di conseguenza, il racconto assume un carattere frantumato, evidente

già dalla divisione in parti.

Gesualdo obbedisce alla logica economica ma ne paga il prezzo con un

crescente isolamento e rimorso nei confronti dei cari dai lui violati. Il

suo senso di colpa va verso il padre, verso Diodata che amandolo gli ha

dato due figli ma che, a causa della sua situazione sociale, non ha potuto

andare in matrimonio all'uomo, verso Bianca che sposa solo per i soldi,

per Isabella che è costretta a un matrimonio di semplice interesse e non

di amore. Gesualdo è dunque destinato al fallimento esistenziale. La sua

esistenza si esaurisce nella passione divorante per la roba, alla quale ha

sacrificato ogni altro sentimento, e porta a una morte solitaria.

Grande importanza hanno le figure femminili. Bianca e Diodata sono

entrambe vittime delle leggi sociali. La prima a causa di essere senza

dote, non ha potuto sposare il cugino che l'ha sedotta e la seconda a

causa della sua situazione economica non ha potuto sposare Gesualdo.

In Isabella si ripete il destino della madre, infatti, non può sposare

l'uomo che ama. Gesualdo la manda in un collegio dove riceve

un'educazione che, però, l'allontana dal padre. Il distacco da lui arriva al

culmine con il matrimonio con il duca di Leyla.

Nel romanzo, il realismo di Verga assume una piega amara, a volte,

anche spietata.

Gli Avari sono collocati nella quinta cornice del purgatorio assieme ai

prodighi. Essi sono distesi a terra, con mani e piedi legati, mentre

piangono. Durante il giorno ripetono esempi di povertà e liberalità

mentre durante la notte ripetono esempi di avarizia punita.

Appendice 2 La Gola

L'uomo è ciò che mangia di

Feuerbach

Nell'elaborazione del suo umanismo naturalistico, Feuerbach si ispira al

materialismo illuministico anche se non condivide l'idea della totale

naturalità dell'essere umano.

Il filosofo forma un proprio materialismo a cui conferisce una curvatura

antropologica, in quanto riserva all'uomo una collocazione particolare

del mondo. Egli è convinto che l'uomo si distingua dagli altri essere

viventi grazie alla sua sensibilità e che i sentimenti abbiano una radice

fisica nei fenomeni corporei, ma essi non devono essere ridotti, in nome

di una visione indiscriminatamente materialistica. In questo modo,

Feuerbach restituisce l'uomo alla sua essensiale unità lacerata

dall'idealismo.

Comprendendo il materialismo feuerbachiano, è più facile comprendere

la dignità filosofica e politica che nel suo pensiero viene definita «teoria

degli alimenti».

Il filosofo dice che la fame e la sete abbattono non solo il vigore fisico

ma anche quello spirituale e morale dell'uomo. Il cibo si trasforma in

sangue, il sangue in cuore e cervello, quindi è fondamentale per la

cultura e i sentimenti. l'uomo

Da queste considerazioni Feuerbach deduce la tesi secondo cui

è ciò che mangia.

Questa dottrina, inizialmente era intesa come materialismo volgare, ma

oggi è rivalutata, poiché pone l'accento sull'unità psicologica

dell'individuo e sul fatto che

bisogna migliorare le condizioni materiali, a partire dall'alimentazione.

La tesi di Feurbach è stata osservata da diversi scienziati e ha dato

forma a una delle più promettenti aree della ricerca biomedica: la

nutrigenomica, scienza che ha come obbiettivo la definizione di diete

individuali salutari.

A questo collega indirettamente il problema del lavoro, fonte prioritaria

del guadagno e quindi di sostentamento.

I golosi sono collocati nella sesta cornice del purgatorio. Le anime,

orribilmente magre per il desiderio senza fine di mangiare e bere

originato dal vedere i frutti dell'albero e l'acqua chiara della fonte, che

si trovano nella cornice, piangono e camminano svelte e pensose come

pellegrini

Appendice 3 L'Invidia

James Joyce e the Dubliners

James Joyce was born in Dublin in 1882.

He was educated at Jesuit schools, then University College. He studied

french, italian and german languages. His interest was in broader

European culture, and this led him to begin to think of himself as an

European rather than an Irishman. His attitude contrasted greatly with

that of his literary contemporaries, such as W.B. Yeats who were leading

the Irish Renaissance and were trying to rediscover the Irish Celtic

identity in order to create a national conscience.

Joyce believed than the only way to increase Ireland's awareness was by

offering a realistic portrait of its life from a European, cosmopolitan

viewpoint.

The first of his works to appear in book form was a collection of 36 short

Chamber Music. Dubliners,

poems named a collection of short stories all

about Dublin and Dublin's life, was completed in 1905.

Dubliners consists of fifteen short stories, divided into four groups:

childhood, adolescence, mature life and public life.

The opening stories deal with childhood and youth in Dublin, the others,

advancing in time and expanding in scope, concern the middle years of

characters and their social political, or religious affairs.

What holds all these stories together is a particular structure and the

presence of

the same themes, symbols and narrative techniques.

The paralysis of Dublin which Joyce wanted to portray is both physical,

resulting from external forces, and moral, linked to religion, politics and

culture.

Joyce's Dubliners either accept their condition because they are not

aware of it or because they lack the courage to break the chains that

bind them.

The main theme is the failure to find a way out of “paralysis”.

Each story is told from the perspective of a character in the form of free

direct speech and often of free direct though.

Joyce's success was to give a realistic portrait of the life of ordinary

people doing ordinary things and living ordinary lives.

Gli invidiosi sono collocati nella seconda cornice del purgatorio. Le

anime che in vita hanno goduto con la vista delle sofferenze altrui,

adesso, per la legge del contrappasso, hanno le palpebre cucite, non

possono vedere ed hanno difficoltà a piangere.

L'Ira

Rabbia e odio verso gli Ebrei: la teoria razziale.

Al centro della teoria di Hitler sta l'idea della razza. Tutta la storia, dice

Hitler, è solo espressione dell'eterna lotta tra le razze per la supremazia.

La guerra è l'espressione naturale e necessaria di questa lotta in cui il

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