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Latino - Amore e Psiche
Filosofia - FREUD-TRANSFERT,COMPLESSO DI EDIPO/ELETTRA
Storia - Guerra fredda e divisione dal muro (STORIA DI IDA SIEKMANN)
Storia dell'arte - HENRI de TOULOUSE-LAUTREC – A LETTO, IL BACIO
Inglese - Oscar wilde the importance of being Earnest
Fisica - Il magnetismo
Scienze - Campo magnetico terrestre
E' mi ricorda ch'io fui più ardito
per questo a sostener, tanto ch'i giunsi
l'aspetto mio col valore infinito.
(Paradiso, XXXIII, vv.76-81)
Attratto da quella insostenibile luce, Dante non riuscirà a
distoglierne lo sguardo:
nel suo profondo vidi che s'interna,
legato con amore in un volume,
ciò che per l'universo si squaderna:
sustanze e accidenti e lor costume
quasi conflati insieme, per tal modo
che ciò ch'i dico è un semplice lume.
(Paradiso, XXXIII, vv.85-90)
Dante torna così, attraverso quella luce, alla nostra origine, in
un'estasi di purezza assoluta. L'attrazione uomo-Dio diventa sintesi
perfetta. A quella luce cotal si diventa,
che volgersi da lei per altro aspetto
è impossibil che mai si consenta;
però che 'l ben, ch'è del volere obietto,
tutto s'accoglie in lei, e fuor di quella
è defettivo ciò ch'è lì perfetto.
(Paradiso, XXXIII, vv.100-105)
Grazie all'illuminazione divina il pellegrino ha realizzato il suo
desiderio di congiungersi a Dio e di comprendere il mistero della
Trinità e dell'incarnazione, ma per la sproporzione tra l'Infinito e
l'intelligenza umana può conservarne solo un vago, dolcissimo
ricordo, che le parole non sono adeguate ad esprimere.
"sì come ruota ch'igualmente
Al pari degli altri beati, Dante diviene
è mossa": la sfibrante tensione estatica si conclude, com'è giusto,
"l'amor che muove il sole e l'altre stelle".
con l'esaltazione di Dio, LATINO
Quello dell'attrazione è uno dei temi fondamentali delle
Metamorfosi di Apuleio. Lucio, il protagonista, racconta le sue
mirabolanti avventure, causate dall'attrazione che prova per la
curiositas
magia: per la sua si trasforma in asino e, prigioniero dei
briganti che lo hanno rapito, nel loro covo sente una vecchia
confortare una ricca fanciulla sequestrata dalla banda mediante il
racconto della stupenda favola di Amore e Psiche, che occupa la
parte centrale dell'opera (libri IV-VI).
La favola inizia nel più classico dei modi: c'erano una volta, in una
"erant in quadam civitate rex et regina"
città, un re e una regina, ,
che avevano tre figlie. La minore, Psiche, è una bellissima fanciulla
che diventa l'attrazione di tutti i popoli vicini, che le offrono sacrifici
e la chiamano Venere. La divinità, venuta a conoscenza di ciò,
gelosa per il nome usurpatole, invia suo figlio Amore perché faccia
innamorare la fanciulla dell'uomo più brutto e avaro della terra
coprendosi di vergogna per questa relazione, ma il dio sbaglia mira
e la freccia d'amore colpisce invece il proprio piede ed egli si
innamora perdutamente di Psiche: la conduce nel proprio palazzo
incantato, dove è servita ed onorata come una regina da ancelle
invisibili e dove, ogni notte, al buio, il dio si reca per amarla, senza
però rivelarle la sua identità. Psiche deve evitare di vedere il viso
del misterioso amante, a rischio di rompere l'incantesimo. Per
consolare la sua solitudine, la fanciulla ottiene di far venire nel
castello le sue due sorelle; ma queste, invidiose, le insinuano il
sospetto che il suo amante sia in realtà un orribile mostro. Così una
curiositas)
notte Psiche (che, proprio come Lucio, non resiste alla
contempla Amore addormentato, ustionandolo involontariamente
sulla spalla per la caduta di una goccia d’olio dalla lampada: non
vede un mostro, ma il bellissimo dio dai capelli profumati di
ambrosia e dalle ali rugiadose di luce. Dato il patto violato, Amore
caccia la sua amata. L'incantesimo, dunque, è rotto, e Psiche,
disperata, si mette alla ricerca dell'amato e tenta più volte il
suicidio, che gli dei impediscono. Arriva al tempio di Venere,
chiedendole aiuto per riconquistare il figlio, ma deve affrontare l'ira
della dea, che sfoga la sua gelosia imponendole di superare quattro
difficilissime prove, l'ultima delle quali comporta la discesa nel
regno dei morti, dove dovrà prendere la bellezza della dea
Proserpina chiusa in una scatola, ma senza aprirla. Durante il
ritorno, mossa dalla curiosità, apre l'ampolla e cade priva di vita.
Amore, che non aveva smesso di amarla e di pensare a lei, viene in
aiuto dell'amata e con un bacio la riporta in vita, così da poter
vivere la loro storia d'amore. Non solo: il dio otterrà per lei da Giove
l'immortalità e la farà sua sposa. Dalla loro unione nascerà una
figlia, chiamata Voluttà.
Alla favola di Amore e Psiche si può senza dubbio attribuire una
valenza moralistica. Tra le tante interpretazioni in tal senso
ricordiamo quella di Fulgenzio (scrittore africano del VI sec. d.C.),
che interpretò cristianamente la favola come mito dell'incontro tra
psyché)
l'Anima (questo è il significato, in greco, del termine e il
(cupido)
Desiderio e di Boccaccio, che propose una lettura
allegorica di Amore e Psiche, considerandola come la storia del
percorso dell'anima razionale verso l'amore e la contemplazione di
Dio.
La favola, insomma, rappresenterebbe il destino dell'anima, che,
hýbris
per aver commesso il peccato di (tracotanza) tentando di
penetrare un mistero che non le era consentito di svelare, deve
scontare la sua colpa con umiliazioni ed affanni di ogni genere
prima di rendersi degna di ricongiungersi al dio.
FILOSOFIA
Il complesso di Edipo/Elettra è un concetto originariamente
sviluppato nell'ambito della teoria psicoanalitica da Sigmund
Freud per spiegare la maturazione del bambino/a attraverso
l'identificazione col genitore del proprio sesso e il desiderio nei
confronti del genitore del sesso opposto. Si basa, il primo,
sul mito greco di Edipo, che, a sua insaputa, uccise suo padre Laio,
e, altrettanto inconsapevolmente, sposò sua madre Giocasta; il
secondo si basa sul personaggio di Elettra, figlia
di Agamennone e Clitennestra: questa aveva fatto uccidere il suo
sposo dal proprio amante Egisto e, quando Elettra scoprì di chi
fosse la responsabilità della morte di suo padre, si vendicò
uccidendo sua madre.
Nella concezione classica freudiana, il complesso edipico indica
un insieme di desideri sessuali ambivalenti che il bambino prova nei
confronti delle figure genitoriali. Relativamente alle fasi dello
sviluppo psicosessuale, esso insorge durante la fase fallica. Si tratta
di un atteggiamento ambivalente di desiderio di morte e
sostituzione nei confronti del genitore dello stesso sesso e di
desiderio di possesso esclusivo nei confronti del genitore di sesso
opposto. Questi sentimenti sono non solo ambivalenti, ma anche
vissuti negativamente.
Il complesso di Elettra è, in psicoanalisi, una sorta di analogo
femminile del complesso di Edipo. Tale complesso si definisce come
il desiderio della bambina di possedere il pene, e della competizione
con la propria madre per il possesso del padre. Mentre il bambino
entra in competizione con il proprio padre per ottenere l'attenzione
di sua madre, la bambina, non avendo il pene, più che entrare in
conflitto aperto con il padre, non soffre del complesso di
castrazione, cioè la paura di perdere il pene, ma della frustrazione
legata al fatto di non averlo. Tra le varie reazioni che la bambina
può avere vi è quella di scegliere il padre come obiettivo sessuale;
scelta calcolata in quanto mirata ad appropriarsi del pene che le
manca, e comunque che non esclude la pulsione sessuale naturale
verso la propria madre, anche se durante la fase acuta del
complesso quest'ultima è vista sia come rivale per il possesso del
pene paterno, sia come responsabile per averla creata senza pene.
Sigmund Freud ha elaborato nel tempo il concetto di transfert
partendo dalla nozione di spostamento, considerando che, nel
transfert, il paziente “sposta” sul terapeuta i propri conflitti
intrasoggettivi che, a loro volta, sono residui delle relazioni vissute
nell’infanzia. Il transfert infatti, per Freud, rappresenta la ripetizione,
la messa in scena, di una relazione più antica legata ad intense
spinte libidiche. Pulsioni, sentimenti, quasi sempre di natura
conflittuale e ambivalente, che comprendono dunque atteggiamenti
di odio e amore, vissuti nel passato nei confronti di figure
fortemente significative, vengono riattivati e attualizzati e trasferiti
sul terapeuta; proprio per tale motivo Freud usò il termine transfert,
che sta per trasferire. Tale processo compare sempre e non solo
durante il percorso psicoterapeutico.
STORIA
La guerra fredda e la divisione dal muro di Berlino (la storia
di Ida Siekmann)
Con l'espressione "guerra fredda" si indica la contrapposizione
politica, ideologica e militare che venne a crearsi alla fine della
Seconda Guerra Mondiale (1945) tra due blocchi internazionali,
categorizzati come Occidente (gli Stati Uniti d'America, gli alleati
della NATO e i Paesi amici) ed Oriente, o "blocco comunista"
(l'Unione Sovietica, gli alleati del Patto di Varsavia e i Paesi amici).
Tale tensione, durata circa mezzo secolo, non si concretizzò mai in
un conflitto militare diretto, bensì in scontri militari indiretti,
cercando di far prevalere la potenza bellica e aiutando altri stati
nelle lotte di indipendenza. Il punto caldo del conflitto in
ambito europeo fu la Germania, e in particolare Berlino. Uno dei
simboli più vividi della guerra fredda fu proprio il Muro di Berlino.
Questo fu eretto dal governo di Pankow (Germania Est) quando,
dato l'enorme interesse sovietico nel voler risolvere la questione
berlinese, il trattato di pace che definiva la separazione della
Germania in due stati venne respinto dal governo americano, nella
speranza di realizzare in futuro la riunificazione tedesca.
Il Muro di Berlino era un sistema di fortificazioni fatto costruire
dal governo della Germania Est per impedire la libera circolazione
delle persone della Germania Ovest. Tra Berlino Ovest e Berlino
Est la frontiera era fortificata da due muri paralleli di cemento
armato, separati da una cosiddetta "striscia della morte" larga
alcune decine di metri. Il muro divise in due la città di Berlino per 28
anni, dal 13 agosto del 1961 fino al 9 novembre 1989, giorno in cui
il governo tedesco-orientale decretò l'apertura delle frontiere con la
repubblica federale. Durante questi anni, in accordo con i dati
ufficiali, furono uccise dalla polizia di frontiera della DDR almeno
133 persone, mentre cercavano di superare il muro verso Berlino
Ovest. Alcuni studiosi sostengono che furono più di 200 le persone
uccise mentre cercavano di raggiungere Berlino Ovest o catturate e
in seguito assassinate. Il Muro di Berlino è considerato il simbolo
della Cortina di ferro, linea di confine europea tra la zona
d'influenza statunitense e quella sovietica.
Durante il periodo di esistenza del muro vi furono circa 5.000
tentativi di fuga coronati da successo verso Berlino Ovest. Finché il
muro non fu completamente edificato e fortificato, i tentativi di fuga
furono messi in atto da principio con tecniche casalinghe, come
passare con una macchina sportiva molto bassa sotto le barricate o
gettandosi dalla finestra di un appartamento prospiciente il confine,
sperando di "atterrare" dalla parte giusta. Con il tempo le tecniche
di fuga si evolsero fino a costruire lunghe gallerie, scivolare lungo i
cavi elettrici tra pilone e pilone o utilizzare aerei ultraleggeri.
La prima persona a pagare con la vita il suo tentativo di fuggire
fu Ida Siekmann, che il 22 agosto del 1961 aveva tentato di
salvarsi, saltando dal suo appartamento. Siekmann abitava
nella Bernauer Straße, dove la linea di confine tra i settori
corrispondeva al muro perimetrale anteriore degli edifici siti sul lato
sud della via; gli appartamenti appartenenti a Berlino Est si
affacciavano quindi sul marciapiede appartenente a Berlino Ovest.
La Siekmann - come molti altri berlinesi - dopo il 13 agosto del 1961
non poteva più raggiungere i suoi parenti, residenti pochi isolati più
a nord. La voglia di raggiungere i suoi cari era così forte che il 22
agosto del 1961, il giorno precedente il suo sessantesimo
compleanno, Ida Siekmann tentò la fuga saltando da una finestra
del suo appartamento, sito al terzo piano, sul marciapiede che
faceva parte di Berlino Ovest. Per attutire la sua caduta aveva
gettato, prima del salto, alcuni piumoni sul marciapiede, che però
non offrirono una sufficiente protezione; le lesioni risultarono letali.