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Sintesi
Filosofia - Associazione tra concetto di frutto proibito e concetto di vita eterna nel mito e in epoca rinascimentale.
Tecnologia - La Limonaia. Struttura, tamponamenti e collocazione.
Arte - Il collezionismo di agrumi e la cultura del giardino presso i Medici.
Estratto del documento

GLI AGRUMI NEL GIARDINO STORICO:

RIEVOCAZIONE DEL MITO E SIMBOLO DI VITA ETERNA.

Per i principi ed i nobili di tutta Europa la realizzazione di sontuosi giardini ove passeggiare

e conversare era un’usanza assai diffusa. Fu tuttavia solo a partire dal Cinquecento che

questi giardini iniziano ad essere costellati di splendide piante di agrumi. La scelta di

questa coltivazione non fu affatto casuale ed assunse un’importanza molto maggiore

rispetto a quella meramente ornamentale. Come molti altri elementi dei giardini storici,

anche gli agrumi vennero infatti caricati di svariati significati simbolici, secondo un usanza

tipica dell’ambiente colto e raffinato delle corti e dei palazzi europei.

Gli elementi che resero tanto apprezzata la coltivazione degli agrumi presso la nobiltà

europea sono da ricercarsi nella particolarità di queste piante. Si tratta di essenze sempre

verdi, fortemente decorative, dal fogliame e dai frutti brillanti. Cedri, limoni ed aranci

presentano infatti, nello stesso periodo e nella stessa pianta, fiori bianchi e profumatissimi,

frutti ancora acerbi di un colore verde intenso, e frutti maturi dalle forti tinte arancioni o

dorate. La forma dei frutti e le loro tonalità ben si prestavano all’identificazione di queste

piante con i mitici pomi dorati decantati dalla mitologia greca, o con i frutti dell’albero della

vita eterna dell’immaginario cattolico. La rapidità del ciclo di riproduzione degli agrumi li

rendeva inoltre particolarmente adatti al colto sperimentalismo botanico dei nobili europei i

quali amavano collezionare stranezze e rarità, soprattutto se leggermente grottesche.

1

fig. 1: Bimbi B., “Spalliera con arance, limoni, lime e lumie”, dipinto, 1715.

1 Tratto da: Tongiorgi L., Meloni S., "Bartolomeo Bimbi. Un Pittore di Piante e Animali alla Corte dei Medici",

Edifir, Firenze, 1998. 3

Pomi d’oro e frutti di vita eterna.

La storia della civiltà umana è costellata da miti e leggende di ogni sorta. Queste leggende

costituiscono ancora oggi parte della coscienza storica dell’umanità ed hanno un ruolo

centrale nell’immaginario collettivo. Nelle civiltà antiche l’importanza dei miti era enorme.

In popolazioni quasi totalmente analfabete essi rappresentavano la base culturale comune

che dava identità all’intera società. In particolare nella società greca o medioevale, questo

valore delle leggende e dei miti era testimoniato anche dall’importanza che in esse

assumevano aedi e cantastorie. In molte delle storie che venivano tramandate e che oggi

costituiscono l’apparato mitologico di civiltà anche tra loro molto distanti sia

cronologicamente che geograficamente, sono presenti piante dalle proprietà

soprannaturali. Senza dubbio l’albero è un archetipo, un topos letterario che attraversa

tutta la storia dell’umanità, fin dalle sue origini. L’albero è in genere simbolo di vita e di

rinascita, è strettamente collegato al tema dell’acqua e a quello del giardino irraggiungibile

che custodisce il segreto della vita. Spesso l’albero mitologico è la meta del pellegrinaggio

dell’eroe, i suoi frutti rappresentano la ricompensa che solo chi si è dimostrato degno può

ottenere. L’Umanesimo ed il Rinascimento prima, il Neostoicismo ed il Barocco poi,

identificarono negli agrumi queste mitiche piante dai poteri soprannaturali.

Uno dei miti principali a questo riguardo è quello dei pomi d’oro del giardino delle Esperidi.

Secondo la mitologia greca, le Esperidi, figlie della Notte, furono incaricate di custodire nel

loro giardino i pomi dorati che Gea donò ad Hera in occasione della sua unione con Zeus.

2

fig. 2: Ferrari G.B., “Allegoria del giardino delle Esperidi”, disegno, 1646.

2 Tratto da: Tagliolini A., “Il giardino delle Esperidi, Gli agrumi nella storia, nella letteratura e nell'arte”, Edifir,

Firenze, 1996. 4

3

In “Il paradiso de’ fiori overo lo archetipo de’ giardini” è scritto:

“Per bellezza di foglia, per leggiadria di pianta, per fragranza d’odori, e per nobiltà di frutti

si dovrà accarezzar molto il Cedro, il quale i poeti favoleggiarono, che allora fu dalla terra

spontaneamente prodotto, quando il maritaggio di Giunone con Giove si divulgò, e

dall’antichità per la loro eccellente bellezza, furono a Venere consacrati”.

Questo breve estratto testimonia come nel Seicento la collocazione di coltivazioni di

agrumi nei giardini nobiliari fosse strettamente legata alla creazione di un colto apparato

simbolico, nutrito di classicità e significati allegorici.

Secondo il mito classico, il serpente Ladone, venne posto a protezione di questo sacro

giardino, collocato su di un’isola all’estremità occidentale della Terra. Nel lontano Oriente

era invece situato un secondo mitico giardino. Ogni giorno i cavalli del Sole pascolavano

nel giardino orientale. Ad ogni alba il carro di Apollo vi si levava per giungere nel giardino

delle Esperidi al tramonto. Il viaggio tra un giardino e l’altro simboleggiava il ciclo vitale, a

cui tutto veniva sottoposto. 4

fig. 3: Boucher F., “Il tramonto del sole”, dipinto, 1752.

Il giardino occidentale era la rappresentazione del punto finale della parabola esistenziale

dell’uomo: il tramonto altro non era che la fine della luce e della vita. È dunque solo in

questo giardino, nel punto finale dell’esistenza, che può essere custodito il mistero della

morte. La conoscenza di cosa ci sia dopo di essa è appannaggio degli eroi che lo

raggiungono. Nel giardino delle Esperidi la vita ha dunque termine ma anche origine. Non

3 Pona F., “Il paradiso de’ fiori overo lo archetipo de’ giardini”, presso Angelo Tamo, Verona, 1622.

4 Tratto da: Rossi Pinelli O., " François Boucher ", Giunti, 1977. 5

solo è nel giardino che Zeus ed Hera si congiungono dando origine alla vita, ma è nel

giardino che i più valorosi possono ottenere una seconda esistenza, questa volta

svincolata dalla morte. Secondo la leggenda sarà Ercole ad ottenere la vita eterna dopo

aver superato la sua ultima fatica ed essere riuscito a rubare uno dei pomi d’oro.

Il pomo dorato fu anche il dono che Paride fece a Venere per decretarla più bella tra le

dee, per questa ragione gli agrumi divennero il simbolo della bellezza e dell’amore, un

tema molto presente nei giardini rinascimentali e barocchi. 5

fig. 4: Frans Floris, “Il giudizio di Paride”, dipinto, 1516–1570.

Non a caso molte sistemazioni arboree nei giardini sono caratterizzate dallo schema a

“quincunx”. Il numero cinque era il numero di Afrodite e rappresentava la perfezione del

mondo, così come il dieci rappresentava la perfezione dell’universo e del divino. Cinque

erano le parti del corpo umano: le braccia, le gambe, il busto e la testa segnavano i cinque

vertici del pentagono. La stessa simmetria pentagonale è presente nei fiori del cedro, del

limone e dell’arancio.

Il legame simbolico tra gli agrumi e Venere è testimoniato anche nell’opera

6

“Hypnerotomachia Poliphili” , un celebre incunabolo che narra del viaggio di Polifilo verso

il Giardino di Venere per ricongiungersi con l’amata Polia. Nell’opera il Giardino è descritto

come un’isola dalla forma perfettamente circolare, divisa in fasce concentriche. La prima

fascia è quella dei cipressi. Attraverso una recinzione di mirto si accede quindi ad una

5 Tratto da: Fossi G., "The Uffizi. The Official Guide : all of the Works", Giunti, 2000.

6 Colonna F., nuova edizione a cura di Pozzi G., Ciapponi L., “Hypnerotomachia Poliphili”, Antenore Ed,

Padova, 1964. 6

fascia a bosco, larga esattamente un terzo del raggio dell’intera isola. A separare questa

zona dalla successiva interviene una “clausura de naranceto”. Si tratta cioè di una siepe

molto fitta di aranci che rappresentavano nell’immaginario Seicentesco le pene che

l’amore comporta così come il mirto ne rappresentava le dolcezze. 7

fig. 5: Colonna F, “Il giardino di Venere”, disegno, 1499.

Nel mondo ebraico e cristiano gli stessi connotati legati alla vita e all’eterna giovinezza

sono presenti nell’albero della conoscenza del bene e del male, anche detto albero della

vita eterna. Tale prodigiosa pianta cresceva al centro del giardino dell’Eden, ove vennero

creati Adamo ed Eva. Tuttavia in questo caso la logica del mito viene ribaltata. Nella

mitologia greca gli eroi che si accingono a raggiungere il giardino sono mortali, sfidano il

volere divino, dimostrano la loro capacità di dominare il fato attraverso le loro fatiche ed

infine ottengono in dono la vita eterna. Nell’ottica cristiana la disubbidienza non è più un

valore da premiare ma una colpa da punire. Questo deriva evidentemente dalla mutata

caratterizzazione della divinità. Ad un vasto gruppo di corruttibili e volubili divinità se ne

sostituisce una unica, perfetta e dotata di immensa benignità e saggezza. Non ci sono più

eroi e semidei mortali, essi vengono sostituiti da esseri immortali che perdono questo dono

divino disubbidendo e mangiando del frutto dell’albero sacro. In entrambi i casi, sia nel

mondo greco che in quello ebraico, il giardino viene connotato in maniera molto simile.

7 Tratto da: Colonna F., nuova edizione a cura di Pozzi G., Ciapponi L., “Hypnerotomachia Poliphili”,

Antenore Ed, Padova, 1964. 7

Esso è il luogo delle delizie per eccellenza, un ritiro di perfetta pace ed armonia, il sacro

custode del segreto della vita eterna.

Il giardino, con le sue piante di agrumi sempre verdi, le fresche ombre e lo scrosciare

sommesso delle acque venne quindi a simboleggiare l’anelito ineliminabile dell’uomo

verso l’eternità.

Collezionismo principesco.

Per quanto concerne l’aspetto prettamente collezionistico uno egli autori più interessanti

cui si rimanda è il già citato Francesco Pona con il suo “Il paradiso de’ fiori overo lo

8 . Nell’opera il Pona sottolinea come, oltre ad affascinare per la loro

archetipo de’ giardini”

bellezza, gli agrumi incuriosissero anche per le forme grottesche che possono assumere

in particolari circostanze. Questo ebbe senza dubbio un ruolo rilevate nell’affermazione

della coltura degli agrumi presso le corti italiane ed europee. Come già accennato,

l’agrume è infatti una specie che ben si presta ad innesti, sperimentazioni e quindi al colto

collezionismo botanico delle corti dell’epoca. Non solo i principi amavano attorniarsi di

specie rare ed esotiche, essi collezionavano anche frutti particolarmente mostruosi

secondo un gusto per lo strano ed il deforme che andava diffondendosi in quegli anni e di

cui sono esempi esplicativi i piccoli quadri realizzati dal Bimbi, di cui tratteremo più

approfonditamente tra breve. 9

fig. 6: Targioni Tozzetti A., “Citrus Aurantium Limo citratum Bizzarria”, disegno, 1825.

8 Pona F., “Il paradiso de’ fiori overo lo archetipo de’ giardini”, presso Angelo Tamo, Verona, 1622.

9 Tratto da: Targioni Tozzetti A., “Raccolta di fiori, frutti ed agrumi ", Firenze, 1825. 8

VALORE PAESISTICO DELLA COLTIVAZIONE DEGLI AGRUMI:

LA PRIMAVERA ETERNA.

Come abbiamo già sottolineato in precedenza il giardino storico venne caricato di

importanti significati simbolici, molti dei quali legati al concetto di eternità. Oltre a quanto

detto, i cedri, i limoni e gli aranci, per la particolarità del fogliame sempre verde e della

fioritura continua, per i significati simbolici ad essi connessi, potevano restituire l’illusione

di una Primavera Eterna, simboleggiavano l’Età dell’Oro e facevano rivivere il mito dell’Età

Classica.

Soprattutto per i nordici gli agrumi vennero identificati con la mediterraneità, con i caldi

climi italici tanto vagheggiati, con l’epoca aurea della civiltà greco romana. Fu con queste

valenze che la coltivazione degli agrumi venne introdotta anche nelle grandi corti europee.

Veicolo di questa diffusione furono le suggestive descrizioni che le immense distese di

agrumi sempre verdi ispirarono a molti dei più grandi scrittori e poeti vissuti tra

Cinquecento ed Ottocento. Vennero decantate con toni fiabeschi non sole le coltivazioni di

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