Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Storia: la settimana rossa
Sistemi: la sicurezza delle reti
Informatica: i database
Inglese: office suites and communications
Elettronica: telecomunicazioni e modulazioni
Calcolo: il campionamento
Matematica: l'integrale definito; il teorema della media; le serie numeriche; la serie di Mengoli; il criterio di D'Alembert
Il Verismo
Il Verismo nasce in Italia nella seconda metà dell’800 come conseguenza degli
influssi del Positivismo che suscitò negli intellettuali fiducia nel progresso scientifico.
L’influenza del Positivismo si manifestò in vari settori, fra i quali la letteratura.
Verso la fine degli anni ’70, grazie all’impegno
critico di Luigi Capuana e al genio narrativo di
Giovanni Verga, si afferma il Verismo.
Entrambi facevano parte del movimento della
“Scampigliatura”, nato a Milano tra il 1860-70.
Il nome che significa spostato, scapestrato, deriva
"La scapigliatura e il 6
da un romanzo del 1862,
Febbraio" di Cletto Arrighi.
Ciò che caratterizza questo movimento è la fine
degli entusiasmi risorgimentali, il rifiuto del
romanticismo patriottico e sentimentale che aveva
caratterizzato la cultura italiana della prima metà
del secolo.
G. Verga e L. Capuana
La dottrina del Verismo fu elaborata nel centro culturale più vivace di quel periodo,
l’ambiente milanese. Colui che ne enunciò per primo i canoni teorici fu Luigi
Capuana. Sulle sue teorie esercitarono il loro influsso i romanzi del naturalista
francese Emile Zola. Le idee del Capuana sul romanzo, ebbero una palese influenza
Scapigliatura
su tutto il gruppo della e in particolare su Verga, che fu spinto verso il
definitivo abbandono della maniera tardo romantica.
Giovanni Verga
Nasce a Catania il 2 Settembre del 1840 in una famiglia di agiate condizione
economiche e di origine nobiliare. I tipi di educazione ricevuta sono sul piano politico
e sul piano letterario.
Fondamentali nella sua vita sono gli anni fiorentini (1865-72), dove avviene l’incontro
con Luigi Capuana, con il quale inizia un rapporto d’amicizia. Più tardi si trasferisce
Milano. La fase milanese coincide con la maturità dello scrittore e con la grande
stagione dei capolavori. L’ultima fase della vita del Verga è caratterizzata dallo
scambio epistolare con la contessa Dina di Sordevolo, conosciuta a Roma e amata
per tutta la vita. Muore a Catania nel 1922. Discreto, solitario e riservato pur
mantenendo sempre un tratto cortese,
contrario a qualsiasi forma di pubblicità,
chiuso in una sorta di costante malinconia.
Ne emerge l’immagine di un uomo sensibile,
ma dal carattere difficile, per il quale
l’approdo al Verismo, rappresentò forse il
mezzo ideale per nascondere se stesso
dietro la propria opera.
Egli visse in un’epoca di transizione, caratterizzata dal passaggio dall’idealismo
dell’Italia risorgimentale allo scetticismo positivistico dell’Italia post-unitaria.
Questa rinuncia all’idealismo romantico in nome di un atteggiamento di fiducia nella
scienza si tradusse nel Verga in una forma di rassegnazione e accentuò la sua visione
pessimistica della vita, vista come una drammatica lotta in cui solo il più forte è
destinato a vincere e il più debole, fatalmente a soccombere.
Nelle sue opere Verga adotta un linguaggio spoglio e povero, punteggiato di modi di
dire, come nei Malavoglia.
La visione di Verga è radicalmente pessimistica e valori come altruismo o pietà sono
solo ideali e non trovano posto nella realtà dominata da interesse e egoismo.
Viene usata l’impersonalità nel Verismo di Verga, secondo la cui visione, la
narrazione deve conferire al racconto l’impronta di cosa realmente avvenuta.
A differenza del Naturalismo di Zola, nel Verismo di Verga viene usata la tecnica
regressione.
delle In Germinal quando descrive i figli di un minatore che fanno il
bagno insieme usa il termine “cucciolata di cagnolini” oppure sempre in Germinal
descrivendo la cucina dei minatori dicendo che c’è un odore di cipolle che avvelenava
l’aria, Zola da i suoi giudizi di scrittore borghese. Zola commenta dall’alto del suo
punto di vista scientifico perché crede che la scrittura possa cambiare la realtà,
mentre Verga col suo pessimismo afferma che ogni tentativo di modificare la realtà è
inutile e non resta che riprodurre la realtà così com’è.
Il racconto deve essere presentato in modo da porre il lettore faccia a faccia col fatto
nudo e schietto in modo che non abbia l’impressione di vederlo attraverso la lente
dello scrittore. L’autore deve mettersi nella pelle dei suoi personaggi esprimendosi
eclissa
con le loro parole. Nelle opere di Verga il narratore si e adotta il modo di
pensare e di esprimersi dei personaggi, come se a raccontare fosse uno di loro.
Un esempio lo si ha in Rosso Malpelo in cui si fanno dipendere qualità morali di
Malpelo dal colore dei capelli rivelando una visione primitiva e superstiziosa non
appartenente di certo ad un intellettuale borghese quale era Verga. Come se a
raccontare fosse uno dei minatori della cava di rena dove lavora Malpelo.
Il Ciclo dei Vinti
"Ho in mente un lavoro, che mi sembra bello e grande, una specie di fantasmagoria della lotta per la vita,
che si estende dal cenciaiolo al ministro e all’artista, e assume tutte le forme, dalla ambizione alla avidità
del guadagno, e si presta a mille rappresentazioni del grottesco umano.”
Così scrive Verga in una lettera del 1878 all’amico Salvatore Paolo Verdura.
Il ciclo dei vinti è un ciclo di 5 romanzi dei quali, però, Verga scrisse solo i primi due: I Malavoglia (1881) e Mastro-
don Gesualdo (1888). I successivi tre titoli che dovevano completare il ciclo non sono mai stati scritti: essi
comprendono La duchessa di Leyra, L'onorevole Scipioni e L'uomo di lusso. Questi ultimi, dovevano narrare la
sconfitta di quella vanità che può sussistere solo ad un alto livello sociale, la sconfitta nelle ambizioni politiche tese
alla conquista del potere, e la sconfitta dell'artista che aspira alla gloria.
Tutta la società, ad ogni livello, è dominata da conflitti di interesse, ed il più forte trionfa, schiacciando i più deboli.
Verga però non intende parlare dei vincitori, ma sceglie come oggetto della sua narrazione i vinti.
I vinti per il Verga, sono quelli che la fiumana del progresso ha deposti sulla riva, dopo averli travolti e annegati.
Nei Malavoglia si tratta di un bisogno dei beni primari, mentre nei romanzi successivi si passerà alla ricerca del
meglio.
Perché l’analisi sia esatta occorre il principio dell’impersonalità.
I Malavoglia
I Malavoglia è la storia dei Toscano, una famiglia di pescatori soprannominati I Malavoglia, i cui membri sono rimasti
sconfitti nel loro grande sforzo per uscire dalla miseria nella lotta per i beni primari, passando alla condizione di
nullatenenti. Il tema di fondo dell’opera è la rottura dell’equilibrio di un mondo tradizionale e immobile.
C’è la visione della vita traduzionale fondata sulla saggezza antica dei proverbi. Si tratta di un romanzo corale, con
questo coro diviso in due: da una parte i Malavoglia caratterizzati da valori puri; dall’altra le comunità del paese cinica
e mossa da interesse, che ha il compito di straniare i valori proposti dai Malavoglia.
Il giovane ‘Ntoni riceve la chiamata per la leva ed entra a contatto con la società napoletana. Padron ‘Ntoni, per
guadagnare qualcosa mentre il nipote è assente, decide di compare un partita di lupini a credito, che suo figlio
Bastianazzo dovrà andare a vendere. La nave con il carico di lupini affonda e I Malavoglia sono costretti a vendere la
casa portando man mano alla disgregazione della famiglia.
Il vero protagonista dei Malavoglia è il villaggio di Aci Trezza. È senza dubbio la gente di questo paese che sa sempre
tutto e che ha un compito importantissimo, tanto che è stata suggerita non a caso, la definizione dei Malavoglia come
opera "corale". Tuttavia, l’importanza della "coralità" nel romanzo non esclude né diminuisce il rilievo di alcuni
personaggi, tra i quali spiccano il vecchio Padron ‘Ntoni e il maggiore dei suoi nipoti ‘Ntoni.
Padron ‘Ntoni è il simbolo dei valori fondati sulla tradizione, di quella "religione della casa e della famiglia", che
rappresenta uno dei punti fondamentali del romanzo. Egli era solito mostrare "il pugno chiuso", emblema di una salda
unione familiare e nel parlare, ricorre di continuo ai proverbi e ai motti, che racchiudono la saggezza degli antichi.
‘Ntoni invece, incarna la ricerca del nuovo e del diverso che, sempre secondo l’ideologia verghiana, è implicita nello
scorrere inarrestabile della "fiumana del progresso".
Mastro-don Gesualdo
Rispetto a I Malavoglia, nel Mastro-don Gesualdo cambia il quadro sociale e la fisionomia dei personaggi.
L’ambiente non è più quello dei Malavoglia, anzi è un ambiente ristretto, socialmente più elevato, a metà tra la
borghesia e l’aristocrazia.
Il linguaggio è più vario rispetto ai Malavoglia, fatto di una sintassi più articolata, di un registro più analitico dei
sentimenti.
Come nei Malavoglia non c’è il narratore onnisciente e abbiamo uno scorcio della storia e dell’ascesa sociale di
Gesualdo in un momento di quiete serale dopo una giornata di lavoro, in cui Gesualdo si abbandona ai ricordi e
rievoca il suo passato, con un monologo interiore in forma indiretta libera.
Mente I Malavoglia era un romanzo corale, il Gesualdo ha al centro la figura del protagonista, infatti il punto di
osservazione dei fatti coincide con la sua visione.
Scompare nel Gesualdo la bipolarità tra personaggi depositari dei valori e i rappresentanti della legge per la lotta per
la vita. Il conflitto tra i due poli passa all’interno di Gesualdo. Pur dedicando tutta la sua vita alla conquista della roba
conserva in se un bisogno di relazioni umane autentiche.
Verga prende spunto dal personaggio di Mazzarò della novella “La roba”.
La sete di denaro di Gesualdo gli ha creato intorno il deserto nei rapporti affettivi.
Questo “mastro” muratore che ha raggiunto una notevole ricchezza, è riuscito anche a diventare “don” sposando una
figlia di una famiglia di nobili decaduti. Gesualdo rinuncia, per sposare Bianca, all’amore fedele di Diodata, la serva
affezionata che gli ha dato due figli.
L’unica figlia che Gesualdo riconosce è quella nata dal legittimo matrimonio: Isabella, che si vergogna del padre.
Gesualdo è un vincitore materialmente, ma è un vinto sul piano umano.
Novelle rusticane
Le Novelle rusticane sono una raccolta di 12 novelle pubblicate nel 1883 e segnano
un inasprimento del Verismo verghiano, che diventa più tagliente. A differenza di
Vita dei campi c'è la scomparsa di eroi "normali" per lasciare spazio agli eroi titanici
come per esempio Mazzarò ne “La Roba”. I temi cambiano e ce né uno prevalente,
la roba e la lotta per il suo possesso. Nella società che l’autore delinea ogni valore è
tramontato, i sentimenti e gli affetti non hanno più spazio, tutto si riduce,
nell’ambito della lotta per la sopravvivenza, a pura economicità.
Vita dei campi
La raccolta di novelle "Vita dei campi", pubblicata a Milano nel 1880.
Le novelle presenti nell’opera “Vita dei campi” sono sette più un prologo ai Malavoglia (Fantasticheria):
Cavalleria rusticana, La Lupa, Jeli il pastore, Rosso Malpelo, Guerra dei Santi, Pentolaccia e L’amante di
Gramigna; nella seconda edizione fu aggiunto poi Il come, il quando, il perché.
Dei sette racconti, cinque sono strutturati in modo analogo intorno al motivo amore-passione, con una
conclusione drammatica o violenta (Cavalleria rusticana, Jeli il pastore, La Lupa, Pentolaccia e L’amante
di Gramigna), mentre le due novelle restanti hanno invece come protagonista una l’intero paese (Guerra dei
Santi) e l’altra un unico personaggio (Rosso Malpelo).
Verga presenta la popolazione isolana, intenta alla sua semplice vita, di duro lavoro, di sfruttamento, animata da
intense passioni che sfociano talvolta in gesti tragici e sanguinosi.
La vita di questi personaggi, pur nella sua semplicità, risulta essere ricca di valori, dignitosa e autentica.
Viene contrapposto in quest'opera il mondo primitivo della Sicilia a quello di Milano, caratterizzato da un ambiente
raffinato e mondano dove i sentimenti sono artificiosi e non autentici.
La rappresentazione del mondo rurale è estremamente realistica, con un’impronta di pessimismo, ma anche