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Biologia: Selezione naturale e Darwinismo sociale;
Italiano: L. Pirandello (Uno, nessuno e centomila);
Storia: Giolitti;
Scienze: Magnitudine apparente e assoluta;
Sistemi e informatica: Conversione analogico - digitale;
Fisica: dualismo onda - corpuscolo della luce;
Matematica: integrale definito e indefinito.
INTRODUZIONE
R
elativo è soltanto un termine, il cui significato però, soprattutto
all’insegna delle scoperte moderne e delle contraddizioni della
società, mette i brividi. Prendiamo in considerazione la scienza:
essa ha lo scopo di fornire conoscenze inopinabili, ottenute con un
processo sistematico di acquisizione delle stesse, e di giungere ad una
descrizione precisa della realtà e di una verità universalmente condivisa.
Per esempio la matematica è una scienza esatta. Ma le conoscenze
assolute e indiscutibili che la scienza ci può fornire sono veramente
minime, tutto il resto è relativo. Il pensiero di ogni uomo è relativo, non
esiste un concetto oggettivo, universalmente condiviso dagli esseri umani,
ma solo concetti relativi. Non esiste una realtà che può essere considerata
vera, ma solo realtà relative; talvolta concetti che vengono dati per
scontati e oggettivamente condivisi con un analisi approfondita della
realtà in questione non sono poi così tanto corretti. Viviamo
nell’incertezza, viviamo senza sapere chi siamo e dove siamo diretti,
possiamo solo avanzare delle ipotesi. C’è chi crede in una vita
ultraterrena, chi invece no; c’è chi crede nelle potenzialità dell’uomo, chi
invece non ha più fiducia in esso... Dunque chi ha la “reale conoscenza”?
Chi dice il vero o chi dice il falso? Non potremmo mai saperlo.
Questo concetto è molto affascinante e costituisce, secondo me, un
aspetto molto importante della vita e del mondo. Per questo motivo ho
voluto evidenziarlo attraverso alcuni argomenti affrontati durante l’anno
scolastico, sottolineando soprattutto gli aspetti del dualismo e della
molteplicità dei punti di vista per spiegare le cose, sia per quanto riguarda
l’uomo, il modo di pensare e di agire sia per quanto concerne la realtà, la
fisica, l’astronomia e la matematica.
F ILOSOFIA
Spirito apollineo e spirito
dionisiaco – F. Nietzsche
I
l concetto di dualismo all’interno
dell’uomo, in ambito filosofico,
venne presentato in maniera
approfondita dal tedesco Friedrich
Nietzsche, il quale studiando in
particolare la tragedia greca riscontrò
nei due suoi spiriti di base la
contrapposizione che possiamo
ritrovare anche tra gli impulsi
all’interno dell’uomo stesso.
“La nascita della
Nell’opera
tragedia”, infatti, il tema principale è
la distinzione tra ciò che lui chiama
spirito apollineo e spirito
dionisiaco, una coppia di impulsi opposti che secondo lui sono alla base
dell’arte greca.
Lo spirito apollineo è quello che deriva da un atteggiamento di fuga
dal divenire e che all’interno dell’arte greca trova la sua espressione
nell’armonia delle forme della scultura e della poesia epica; dunque
è caratterizzato dall’equilibrio, dalla quiete e rappresenta l’aspetto
più razionale che tende a nascondere e allontanare la tragicità della
vita. L’apollineo nasce come fuga dalla visione dionisiaca della
realtà, dal tentativo di sublimare il caos nella forma, nell’ordine, in
modo da rendere accettabile la vita.
Lo spirito dionisiaco, invece, è quello che scaturisce dalla piena
adesione al divenire e dalla forza vitale e nell’arte trova la sua
espressione nell’esaltazione della musica; quindi esso rappresenta
l’aspetto irrazionale, quello che accetta l’essenza della vita, che
secondo Nietzsche è proprio tragicità, è caos e dolore, senza voler
cercare un modo razionale per tentare di cambiare questo aspetto.
Nonostante l’uomo fugga di fronte al caos e all’imprevedibile, è quella
dionisiaca la vera realtà: le cose non hanno un senso o uno scopo. Quindi,
la cultura occidentale, basata secondo il filosofo sulla grecità, è
rinunciataria, antivitalistica, menzognera e illusoria.
A differenza di quanto affermava la filologia accademica, Nietzsche
riteneva che originariamente il carattere della sensibilità greca era
dionisiaco, in grado di percepire l’aspetto drammatico del divenire della
vita e della morte e gli aspetti orribili dell’essere. L’apollineo, come
accennato in precedenza, è nato poi nel tentativo di sublimare il caos nella
forma, l’istinto nella razionalità.
Nietzsche individua tre diverse fasi in cui il rapporto tra questi due impulsi
è stato diverso all’interno della tragedia greca.
In un primo momento, nel periodo presocratico i due impulsi convivevano
separatamente; successivamente, nel periodo di Sofocle ed Eschilo, essi
erano in armonia tra loro e grazie a questo vennero creati dei capolavori:
la tragedia attica riuniva in modo perfetto l’apollineo con la scena e il
dramma (i dialoghi) e il dionisiaco con la musica e il coro.
Nel periodo successivo quest’armonia tra i due spiriti venne meno e
cominciò a prevalere l’apollineo, che trovava espressione soprattutto con
la tragedia di Euripide e con il razionalismo di Socrate, con il quale si attuò
praticamente l’uccisione del carattere istintuale della vita. Socrate, infatti,
rappresenta l’uomo teoretico che va contro l’uomo tragico che accetta la
vita per quello che è.
Questo processo di decadenza che aveva travolto tutto l’occidente,
secondo Nietzsche sarebbe stato superato grazie alla rinascita imminente
dell’elemento dionisiaco, soprattutto ad opera della musica di Wagner, suo
grande amico.
L’esaltazione di questo spirito tragico e dionisiaco da parte del filosofo
coincide con una forma di celebrazione della vita e con una visione del
mondo che non è né ottimista né pessimista; infatti si può dire che il
tedesco si ispira alla visione di Schopenauer per quanto riguarda il
carattere caotico e doloroso della vita, ma si differenzia da egli in quanto
noluntas
rifiuta l’ascesi, contrapponendo alla un atteggiamento di totale
ed entusiastica accettazione della vita in tutti i suoi aspetti, anche crudeli
come il disordine, la mancanza di scopo, l’assurdità e il dolore.
Secondo il filosofo, pertanto, davanti ad essa rimangono possibili solo due
atteggiamenti:
Rinunciare alla vita tramite la fuga dal divenire, come nel caso
dell’ascetismo, che è poi anche l’atteggiamento che deriva dalla
morale cristiana e dalla spiritualità comune: il cristianesimo infatti ha
fatto propria la concezione razionale e apollinea del pensiero per
contrapporsi al frenetico dinamismo dell’esistenza e tramite questa
concezione si è sviluppata tutta la civiltà occidentale;
Accettare la vita così come è: questo è l’atteggiamento che consiste
nell’esaltazione della vita in tutti i suoi aspetti.
Nietzsche si sente discepolo di Dioniso, che è l’incarnazione di tutte le
passioni che dicono sì alla vita e al mondo e secondo il filosofo solo l’arte
riesce a cogliere il lato estetico e tragico della vita (soprattutto la musica).
La “morte di Dio”
In seguito a questo ragionamento, Nietzsche successivamente scriverà
“La gaia scienza”,
un’opera, in cui annuncia la “morte di Dio”: egli infatti
vede Dio come una figura che l’uomo ha creato per cercare di dare un
senso e un ordine al mondo, ma che essendo trascendente e creatore di
un altro mondo ultraterreno positivo, in contrasto con quello terreno
considerato negativo, fa sì che l’uomo sia portato ad attendere la morte
per accedere a questo mondo positivo, mostrando un atteggiamento di
fuga e negando completamente la vita stessa.
Per il tedesco l’immagine di un cosmo ordinato e benefico è soltanto una
costruzione della nostra mente per sopportare la durezza dell’esistenza.
Per poter sopravvivere in un mondo disordinato, infelice e crudele, gli
uomini hanno voluto vedere nel mondo, attraverso le religioni, un finto
ordine provvidenziale, logico e razionale (apollineo). Dio rappresenta di
conseguenza la più antica delle bugie, il fondamento di tutte quelle
credenze che gli uomini hanno creato per poter fronteggiare il caos
dell’esistenza. Di fronte a questo caos e all’insensatezza della vita,
Nietzsche afferma che la non esistenza di Dio non ha bisogno di essere
dimostrata, ma va solo annunciata (in questa opera viene fatto attraverso
dell’uomo folle).
il racconto
L’ateismo di Nietzsche è molto radicale, poiché non mette in discussione
solo Dio, ma ogni sua immagine e ogni cosa che possa ricondurre ad esso,
in quanto è consapevole del fatto che gli uomini non sanno vivere senza
alcun punto di riferimento e perciò, una volta che vengono demolite le loro
antiche divinità, tendono a crearne delle altre; morto Dio, l’uomo cerca di
sostituire ad esso altri idoli da sacralizzare a cui subordinarsi (la scienza, la
storia, il progresso, il socialismo, la democrazia), incapace di vivere
autonomamente.
In questo modo il filosofo attraversa una fase nichilistica, che però non
rimane tale in quanto alla negazione del senso del mondo egli trova un
superamento con l’affermazione del “superuomo”.
L’avvento del “superuomo”
La morte di Dio è un evento sconvolgente, a seguito del quale avviene la
fine dell’uomo, incapace di vivere senza Dio, e la nascita del superuomo:
egli non è altro che l’uomo stesso che diventa però capace di accettare la
perdita dei valori e delle certezze del passato e quindi diviene capace di
affrontare la vita così come è. Il filosofo, lo spirito libero, lascia con la
morte di Dio ogni certezza consolatoria, ma ottiene la possibilità di vivere
liberamente la propria esistenza.
In ogni caso l’uomo può diventare superuomo soltanto dopo la morte di
Dio: infatti il mondo è caos dionisiaco, Dio non esiste e il superuomo ha un
senso; altrimenti, se Dio esiste, il mondo non è più caos dionisiaco e il
superuomo cessa di avere senso.
Ma quali sono le caratteristiche del superuomo? Egli è colui che è in grado
di accettare la dimensione tragica e dionisiaca della vita; di reggere la
morte di Dio e la perdita delle certezze assolute; di collocarsi nella
prospettiva dell’eterno ritorno; di emanciparsi dalla morale e dal
cristianesimo; di procedere oltre il nichilismo e di porsi come volontà di
potenza.
L’Ubermensch è il tipo nuovo, è un altro uomo rispetto a quello che
conosciamo: “uber” sta a indicare un tipo di uomo potenziato, un “uomo-
oltre”, che va al di là di ogni tipo di uomo conosciuto. Ma non va confuso,
ad esempio, con l’esteta di D’annunzio, né con un’entità biologica
particolare come può essere l’ariano nazista. Egli non è l’uomo al
un uomo oltre l’uomo,
superlativo, egli è capace di creare nuovi valori e di
rapportarsi in modo inedito alla realtà. Egli è fedele alla terra, non a
speranze ultraterrene, ed è sostanzialmente corpo. Da ciò emerge una
natura terrestre del superuomo che accetta la vita in modo totale: il corpo
non è più prigione, la terra non è luogo di passaggio per andare altrove
dopo la morte.
In conclusione, per Nietzsche il progetto di vivere senza certezze
metafisiche assolute non significa unicamente distruggere ogni senso o
norma, ma responsabilizzare l’uomo in quanto fonte egli stesso di valori e
di significati. Il significato del superamento nietzscheano del nichilismo è
quello di accettare il rischio e la fatica di dare un senso al caos del mondo
dopo aver rifiutato le vecchie fedi e le vecchie certezze, o meglio le
<<menzogne millenarie del suo tempo spacciate per certezze>>.
La figura Nietzscheana del superuomo è un concetto che descrive molto
bene la visione della vita che ha il filosofo, basata sulla messa in
discussione degli antichi valori e sulla libera creazione di nuovi, accettando
pienamente la vita in ogni suo aspetto, in modo dionisiaco, anche se è
costituita dal divenire, dal caos, dall’irrazionalità e dal dolore. Ma questa
figura descritta dal tedesco non è caratteristica di tutti gli uomini: in altre
parole, secondo Nietzsche, non tutti sono in grado di raggiungere la fase
dell’Ubermensch e di accettare totalmente la vita, ma soltanto pochi
elementi vi riusciranno. Per questo motivo spesso è stata attribuita, forse
erroneamente, un’interpretazione quasi nazista al suo pensiero; di certo,
comunque, era una visione aristocratica, antidemocratica e basata su una
concezione del “più forte a sopravvivere”, presentando alcuni aspetti simili