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Sintesi
Storia dell’Arte: 3 Maggio 1808

Latino: Tacito

Filosofia: Karl Marx

Italiano: Gabriele D’Annunzio

Inglese: Oscar Wilde

Storia: il bombardamento Atomico (Hiroshima e Nagasaki)

Fisica: il nucleare

Geografia astronomica: la catena protone-protone
Estratto del documento

guerre combattute, gli incarichi portati a termine, parla di cifre,

elenca l’inventario dei beni dello Stato. Poi, a conclusione, la frase

netta e tagliente come una spada: “Depongo tutti i miei poteri, e vi

rendo le armi, le leggi, i popoli soggetti”.»

(da F. Sampoli, Il potere come vocazione, in «Archeo», 2 Novembre 2003, pp.

63 sg.)

Nonostante questa citazione possa ingannare il lettore, Augusto

rinunciando a tutto ciò che conquistò, fu implorato nel corso degli

anni dal Senato a tornare a comandare la Repubblica e così gli

vennero via via attribuiti tutti i poteri e il titolo di “Augustus”, da

“Augeo” ovvero “accrescere”: iniziò quindi l’Impero.

Historiae

Publio Cornelio Tacito intorno al 100 scrisse le e

“Annales”:

successivamente gli Nelle prime anche Tacito elogia

Ottaviano parlando, nell’ultimo libro, della sua ascesa al potere

dopo la battaglia di Azio: l’autore, nonostante reputi la dittatura di

un solo uomo l’unica soluzione per rifondare l’Impero, è

pienamente cosciente che ciò avrebbe significato la perdita della

libertà di parola, di scrittura e di pensiero: Augusto fondò infatti il

“circolo di Mecenate” e si circondò di artisti e letterati da lui protetti

in cambio di elogi e grazie (Cfr. citazione di Virgilio a inizio pagina) e

si dovette arrivare a Tacito, 50 anni dopo, quando la storia analizza

obiettivamente i fatti, per ascoltare critiche vere e proprie sul

primo imperatore.

Negli Annales, Tacito parla dell’Imperatore Traiano e

immediatamente lo confronta con Augusto: Entrambi furono tra i

pochi imperatori amati dal popolo romano ma, come la storia ci

insegna, raggiunsero la stima dei romani promettendo

l’irrealizzabile e facendo credere l’irreale.

Il popolo era così diventato una massa di parassiti, dediti alla cura

del corpo e accontentati semplicemente da “Panem et Circenses”,

interessati più ai “gossip” dei politici del tempo (si pensi alle

vicende di Claudio e Messalina, di Clodia sorella di Clodio Pulcro

ecc.) che alle vicende politiche dell’Impero, permettendo a chi

sedeva sul trono più ambito del tempo di agire indisturbato (anche

il Senato, dopo il governo di Commodo, perse via via tutta la sua

influenza).

Finisce così il nostro “viaggio” nella Roma Antica, ma prima di

parlare di due illustri personaggi con una stravagante e deleteria

visione di popolo, parleremo di uno dei critici più rivoluzionari della

nostra storia, un uomo che capì realmente com’era costituito un

sistema e tutte le sue falle, un uomo che scoprì come ogni altro

uomo fosse alienato dal resto del mondo.

Filosofia

(Karl Heinrich Marx, 1818 - 1883)

Karl Marx nasce nel 1818 da famiglia di origini ebraiche che si

convertì al Luteranesimo per motivi di discriminazione (sotto

Federico Guglielmo II). Terminati i suoi studi presso l’Università di

Berlino, il filosofo iniziò a dedicarsi da giornalista alla trattazione del

Osservazioni sulle recenti

tema della libertà di stampa: scrisse le

istruzioni per la censura in Prussia che però non pubblicò per

Dibattiti sulla libertà di stampa e sulla

prudenza e nel 1842 i

pubblicazione dei dibattiti alla Dieta. Moses Hess finanziò i suoi

articoli, egli era a capo di un movimento radicale e convertì Marx e

Engels al comunismo.

«La prima libertà di stampa» - scrive -«consiste nel fatto che essa

non è un'industria», mentre «la vera e propria cura radicale della

censura sarebbe la sua abolizione»

(Umberto Cerroni, cit., p. 20)

Le più famose opere di Karl Marx però non riguardano la censura

bensì l’economia: Il filosofo infatti, stimolato dalla lettura

dell'Abbozzo di una critica dell'economia politica di Engels, iniziò a

studiare gli Economisti Classici a Parigi e il frutto di questo studio

Manoscritti economico-filosofici del 1844

furono i : egli criticò tutti gli

scritti economici classici mettendone in evidenza ogni loro

controversia (approfondirà queste controversie anche con analisi

Il Capitale)

matematiche ne e condannò l’economia borghese

basata sul Dio-Demonio Denaro, causa dell’alienazione.

«Il denaro è il potere alienato dell'umanità. Quello che non posso

come uomo e quindi quello che le mie forze individuali non possono,

lo posso mediante il denaro. Dunque il denaro fa di ognuna di

queste forze essenziali qualcosa che essa in sé non è, cioè ne fa il

suo contrario»

Manoscritti,

(Karl Marx, cit., p. 154.)

Rifacendosi a Feuerbach, che sosteneva che l’alienazione scindeva

l’uomo religioso dalla propria realtà, sottomettendolo ad una realtà

completamente estranea che lui stesso ha posto, Marx parla di

alienazione in chiave socio-economica.

Ogni individuo del popolo è nel “sistema”, esso contribuisce a “far

girare la ruota”, ma l’alienazione riguarda l’individuo in quattro

aspetti fondamentali:

-Il lavoratore è alienato rispetto al prodotto poiché egli produce

un oggetto che non gli appartiene e che deve essere iniettato subito

nel sistema: il lavoratore così dipende dal prodotto in tutto e per

tutto.

-Il lavoratore è alienato rispetto alla sua stessa attività la

quale è semplicemente strumento di profitto: l’uomo con la sola

ricerca del profitto si sente bestia e ha come fine ultimo della vita

niente di più che “mangiare, bere e procreare”.

-Il lavoratore è alienato rispetto alla sua essenza (Wesen)

poiché contrariamante al lavoro “libero” che la natura detta

all’uomo, il lavoro richiesto dal sistema capitalistico è restrittivo,

forzato e ripetitivo.

-Il lavoratore è alienato rispetto al prossimo dato che ogni altra

persona al mondo è solo ed esclusivamente un altro capitalista che

ha lo scopo di espropriarlo del frutto della sua fatica e subire la

stessa sorte generando automaticamente un rapporto di

conflittualità.

Il popolo che lavora, studia e vive la vita come “massa di

lavoratori”, quindi, non è semplicemente alienato dalla politica e da

ogni decisione che verte su di esso e rischia di usarlo come mezzo,

ma è anche alienato al suo interno, individuo per individuo, da un

sistema che collabora alla cancellazione di ogni valore diverso da

“mangiare, bere e procreare”, un po’ come i “panem et circenses”

di cui viveva il popolo romano: la storia è ciclica, si ripete sempre e

probabilmente non impareremo mai dai nostri errori.

L’idea di popolo, massa, stato e potere costituiscono però un

elemento negativo sull’arte. Un autore-personaggio il cui

esibizionismo lo vide più famoso prima come persona che come

scrittore, ha esposto dettagliatamente la sua singolare idea di

popolo e i suoi effetti negativi sull’arte in un saggio intitolato

“L’anima dell’uomo sotto il socialismo” .

English

(Oscar Wilde; Dublino, 16 Ottobre 1854 - Parigi 30 novembre 1900)

Oscar Wilde, partendo da una riflessione sulla disobbedienza e sulla

ribellione, attraverso le quali si è realizzato il progresso, asserisce

che lo Stato deve rinunciare a governare e lasciare in pace

l’umanità.

«La democrazia, a proposito della quale si nutrono grandi speranze,

significa semplicemente prevaricazione del popolo da parte del

popolo per il popolo. Il popolo vive la sua vita in una specie di rozzo

comfort, come bestioline vezzeggiate, che vestono vestiti usati

senza mai essere sé stessi. […] Lo Stato e il popolo uccidono

l’individualismo, la vera e unica libertà, l’unica condizione che rende

bella l’anima dell’uomo che può esprimere al meglio la propria

potenzialità. […] In particolare, l’assenza di governo è l’unica forma

di governo adatta all’artista»

(Oscar Wilde, L’anima dell’uomo sotto il socialismo, 1891)

Ma governo o folla sono indistinguibili per Wilde perché tutta

l’autorità è negativa. Poi, Wilde si fa ancora più “razzista” nei

confronti del popolo quando dice che ci sono tre tipi di despoti:

-Il despota che tiranneggia il corpo: il Principe. Ma il principe può

anche essere colto

-Il despota che tiranneggia anima e corpo: il Papa. Ma ci sono stati

Papi colti

-Il despota peggiore, con un’autorità cieca, sorda, obbrobriosa e

grottesca:

Il popolo. È impossibile per un artista vivere con il popolo

I despoti corrompono, il popolo corrompe e abbrutisce. E a chi

potrebbe dire che l’individualismo è egoismo, Wilde risponde che il

vero egoismo è chiedere agli altri di vivere come loro vorrebbero e

altruismo è lasciare in pace gli altri.

Chiaro è il suo risentimento con l’ambiente puritano contro il quale

la sua personalità si scontrava. La sua vita sregolata e provocatoria

con i suoi atteggiamenti clamorosi, stravaganti e spesso scandalosi,

fu condannata dalla folla popolare. Racconta Joyce che la sua

caduta fu salutata da un urlo di gioia puritana e che la folla

popolare si mise a ballare di fronte al tribunale quando Wilde venne

condannato. Eppure, nota sempre Joyce che il centro motore

dell’arte di Wilde, non si distaccò, almeno negli ultimi anni, da un

credo che muove le folle dai tempi del cristianesimo: il peccato.

«L’uomo non si può avvicinare al cuore divino se non attraverso

quel senso di separazione e di perdita che si chiama peccato»

(James Joyce, prefazione a L’anima dell’uomo sotto il socialismo)

Folla massa e popolo costituiscono una contraddizione nell’ideologia

e nel riscontro pratico dell’opera di un altro personaggio dal

protagonismo esibizionistico.

Italiano

(Gabriele D’Annunzio; Pescara, 12 Marzo 1863 – Gardone Riviera, 1 Marzo

1938)

La moderna società di massa, le “città terribili” dominate dalla

“folla”, sono per D’Annunzio viste con l’orrore di un nazionalista

individualistico, pomposamente eroico, apertamente razzista.

Il disprezzo aristocratico per la massa, per il popolo, è ampiamente

connaturato del resto nel suo superomismo, nel suo sentirsi un

essere superiore, privilegiato, nella narcisistica affermazione

dell’altezza della propria funzione sociale.

Del resto, è la Bellezza, che per D’Annunzio è un valore assoluto, ha

da allontanare il genio solitario e superiore dalla degradazione della

massa.

Ma è la caratteristica della cultura decadente quella di aspirare al

bello, al raffinato gusto estetico, all’arte quale unica fonte di

innalzamento sociale al di sopra degli altri. E D’Annunzio come

Wilde, confonde arte e vita, una vita “inimitabile” che in realtà, nel

caso di D’Annunzio, ha scatenato paradossalmente un vero e

proprio “mito di massa” . Del resto D’Annunzio ha però abilmente

sfruttato i meccanismi delle mode costruendo a differenza di Wilde

il proprio successo in base al consumo di massa della sua opera.

Anima dell’uomo sotto il socialismo

Laddove nell’ Wilde sostiene

che il pubblico di massa non deve e non è capace di valutare,

criticare o condizionare il successo di un opera, D’Annunzio si rende

ben conto che per sostenere la sua splendida vita ha bisogno di un

pubblico vasto. Allora lancia il messaggio sconfortato attraverso

Il Piacere,

l’ultimo capitolo de dove il protagonista eroe-esteta, il

quale vuole subordinare tutto all’arte, fallisce proprio perché la

società di massa con la sua volgarità economica all’arte è ostile o

indifferente.

Purtoppo Andrea Sperelli, alter-ego d’annunziano vede i suoi ideali

di bellezza soccombere contro l’invasione della volgarità e della

massa. E Claudio Cantelmo, altro personaggio alter-ego dell’autore,

le vergini delle rocce,

de convinto di appartenere a una specie

superiore ben diversa dalla volgarità del popolo, incarna bene il

superomismo d’annunziano, a volte dai tratti di una megalomania

patetica.

Prima di passare alla parte scientifica che tratterà proprio il

funzionamento delle reazioni nucleari e i rischi correlati,

spostiamoci leggermente in avanti nel tempo per parlare

dell’evento che più sconvolse la storia umana moderna: in poche

ore infatti morirono più di duecentomila persone a causa di un

episodio ancora discusso e che non si finirà mai di discutere.

Storia

(Il fungo della Bomba Atomica: Hiroshima, 6 Agosto 1945)

Correva l’anno 1945 e l’Europa aveva da poco vissuto la fine di una

guerra che la devastò fisicamente, moralmente e ne segnò la storia

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