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Sintesi
Storia: la radio come mezzo di propaganda

Italiano: il Futurismo (la Radia)

Diritto: Roosvelt; la crisi del '29

Telecomunicazioni: il ricevitore supereterodina AM

Elettronica: filtro passa banda RLC serie

Sistemi: il diagramma di Bode
Estratto del documento

International broadcasting station 6

… nelle mani di chi sa

Radio : "

farne uso è un'arma terribile."

Il totalitarismo nel XX secolo è strettamente connesso

alla modernità e alla formazione di una società di massa,

e indica un regime al cui interno lo Stato controlla non

solo la politica e l’economia ma anche e soprattutto

l’intera società civile. Un regime totalitario è quindi

caratterizzato dai seguenti elementi:

Il fascismo e il nazismo hanno fatto un uso massiccio dei

media, definendo vere e proprie procedure

metodologiche: stampa, radio, cinema, teatro e

pubbliche manifestazioni sono stati “adattati” per servire

alla propaganda delle ideologie.

L'uso dei mass media durante i regimi totalitari assunse un'importanza straordinaria.

Dovuta soprattutto al sapore di novità che presuppone e all'intelligente opera di

strumentalizzazione

che, si deve riconoscere, ne sfrutta

la capacità di propaganda e

d’indottrinamento delle

masse. Più di ogni altro mezzo che

serve, in qualche modo i propositi dei

regimi, è proprio la radio ad assumere un

ruolo di primo piano.

Fu, comunque, stentato l'avvio del

mezzo radiofonico nel nostro

paese. Mussolini amava più il contatto

diretto con le folle e molti artisti e

intellettuali snobbarono la "scatola

parlante", mentre nel resto del

mondo la radio diventava il principale

mezzo di comunicazione (e i

nazisti ne capirono subito le

potenzialità, come vedremo). Solo

negli anni Trenta - con l'interesse

dell'industria e lo spostamento a Torino

del centro amministrativo- la radio

italiana (Eiar) decolla e si trasforma in

uno strumento di propaganda del regime.

7

8

Radio nel nazismo

Quando il partito nazista conquistò il potere in Germania nel 1933, la radio tedesca,

pur molto sviluppata e seguita dal pubblico, appariva ancora come un mezzo ricco di

potenzialità inesplorata. In particolare il suo potenziale propagandistico non era ancora

stato provato.

Nella Germania nazista invece la radio è sfruttata dall'inizio

in tutte le sue caratteristiche per diventare lo strumento

peculiare del complesso apparato propagandistico del

regime. Lo stesso Hitler, nel suo libro Mein Kampf, scrive

della radio: " … nelle mani di chi sa farne uso è un'arma

terribile ".

Goebbels, massimo teorico e

imprenditore della propaganda a

sua volta scrive : " La vera radio è propaganda. Propaganda

significa combattere in ogni campo di battaglia dello spirito

generando, moltiplicando, distruggendo, sterminando,

costruendo, disfacendo". Con la progettazione di Goebbels e

sotto la sua costante vigilanza, la radio diventa lo strumento

privilegiato per creare una quinta colonna di sicuri

ammiratori del nazismo in molti paesi stranieri - soprattutto

in quelli più ostili alla Germania - da usarsi come gruppo di

pressione per sostenere il lavoro dell'ambasciata tedesca.

Nonostante le trasmissioni radiofoniche naziste variassero da paese a paese e da

momento a momento, esse facevano sostanzialmente da eco alla propaganda interna.

La base era costituita dall'antisemitismo, considerato come un germe presente in tutti

gli stati che bisognava soltanto rendere virulento; dall'anticomunismo, il cui maggior

obiettivo era il popolo russo considerato come una massa sub-umana e dalla

superiorità della razza ariana e della nazione tedesca, la saggezza e il potere di Hitler.

La radio diventava pertanto, nella volontà nazista, uno strumento di propaganda

"intelligente" volto a creare e a mantenere negli ascoltatori uno specifico stato

emozionale. Dal tenore delle trasmissioni era evidente che il pubblico era considerato

nulla più che una folla da manipolare. La radio con il nazismo diventa così un

potentissimo mezzo di diffusione di falsità e di bugie, che miravano a una conquista

nel breve termine degli ascoltatori. Per questa ragione, la propaganda doveva essere

convalidata dai successi militari: la "confusione mentale, la contraddittorietà dei

sentimenti, l'esitazione, il panico" che, secondo Hitler,la radio doveva contribuire a

creare, dovevano poi trovare soddisfazione quando la radio, annunciando le conquiste

e le vittorie militari, dava agli ascoltatori l'impressione di unità, di forza, di sicura

vittoria alla fine della lotta.

Perciò, come mezzo di propaganda, i nazisti preferiscono la

voce alla carta stampata e fanno uso scientifico del potere

della radio. Le trasmissioni radiofoniche sono più immediate,

più vibranti, più personali e offrono le occasioni più idonee

per creare emozioni. Per " ficcare il messaggio nazista nella

testa della gente e, prima di tutto, nei cuori " la propaganda

del regime usa una tecnica precisa, basata su teorie

psicologiche. 9

Gli strumenti di questo tipo cui si ricorreva maggiormente erano tre. La riduzione e la

semplificazione dell'ideologia nazista in alcuni stereotipi, che venivano in tale veste

più facilmente acquisiti e introiettati dagli ascoltatori. Era poi usata costantemente la

tecnica della ripetizione. Gli ascoltatori erano bombardati con la stessa informazione,

le stesse frasi ripetute senza fine. Al rituale della tecnica ripetitiva si aggiunge lo

slogan come strumento atto a facilitare la memorizzazione.

Questa è la prima volta nella storia della radio che gli elementi specifici del mezzo

vengono presi in considerazione e si cerca di pianificarne l'uso per il conseguimento di

un determinato scopo. La funzione propagandistica della radio " inventata " dai nazisti

avrà larga diffusione in molti altri paesi, soprattutto in tempo di guerra. A tal proposito

Goebbels afferma: "Le notizie sono un'arma della guerra. Il loro scopo è quello di

vincere la guerra, non quello di dare informazioni". 10

Radio in Italia

La nascita della radiofonia in Italia risale

all’istituzione dell’Unione Radiofonica Italiana

(agosto 1924). Ottenuta la concessione

governativa in monopolio, l’URI iniziò le

trasmissioni (6/10/1924) lanciando l’epopea della

radio, strumento destinato ad incidere sulla vita,

la mentalità, le abitudini, e i rapporti sociali

dell’Italia del tempo.

Fino agli anni ’30 il regime favorì l’informazione e

la propaganda scritta; solo col tempo comprese la capacità di penetrazione dello

strumento radiofonico, considerati gli alti tassi d’analfabetismo e la scarsa

propensione alla lettura.

Il 27 Novembre 1927, un Decreto legislativo trasformò l’URI in Ente Italiana Audizioni

Radiofoniche (EIAR), struttura a capitale privato con sostegno finanziario dello Stato.

L'evento segna il vero e proprio atto di nascita della radiofonia in Italia che inizia ad

imporsi come mezzo di comunicazione di massa e che come tale verrà utilizzato dal

regime.

La radio è moderna e veloce. La versatilità del nuovo mezzo stupisce gli ascoltatori

sorpresi dai primi collegamenti da treni in corsa o da aeroplani. La giovane radio

intrattiene e conquista un pubblico sempre maggiore. E a mano a mano che si

definisce la fisionomia del pubblico, emergono le concrete ambizioni culturali dell'EIAR

che vuole coniugare informazione, divertimento e notizie politiche.

La radio rimase a lungo in Italia un genere di lusso, una sorta

di status symbol dell’alta borghesia urbana visti gli alti costi

di licenza, il difficile processo d’elettrificazione delle aree

poco sviluppate e l’ostilità dei settori produttivi alla

realizzazione d’apparecchi a basso costo.

Mussolini, dopo un attento studio delle potenzialità

pedagogiche e propagandistiche del mezzo, lanciò la

campagna “Il villaggio deve avere la radio” (per l’ascolto di

massa) in concomitanza con lo slogan hitleriano “La radio in

ogni casa” (per l’ascolto individuale).

L’efficienza dell’industria tedesca portò alla larga diffusione

del VE301, apparecchio pratico venduto con facilitazioni di

pagamento; il duce rispose con l’ascolto collettivo in sedi comunali di partito, scuole e

caserme, agevolando con sgravi fiscali i locali pubblici. 11

La Radio italiana sta per

raggiungere gli 800.000

abbonati: al 31 dicembre da

ancora nel 1934, “La Stampa”

calcoli fatti dall’EIAR, saranno

lamentava i costi troppo alti degli

795.000 (…) il rapporto con la

apparecchi radio in Italia:

Germania è di 1 a 6; la

Francia in soli tre anni ha

“l’industria italiana

visto triplicare il numero dei

concepisce ancora la radio

suoi abbonati; piccoli paesi

come un giocattolo di lusso. È

come il Belgio e la

un errore imperdonabile: ci

Cecoslovacchia hanno già un

vogliono, per dirla chiara e

milione di iscritti. (…) Noi non

semplice apparecchi che non

abbiamo mai creduto alle

costino più di 400 lire,

fantasiose trovate che ci

compreso l’abbonamento,

venivano offerte dagli

pagabili in dieci rate”

interessati per giustificare il

(“La Stampa”, 27 gennaio 1934)

lento sviluppo della nostra

radiofonia: il sole la luna il

clima l’atmosfera la natura il

temperamento… Tutte storie.

Se il popolo italiano era restio

alle lusinghe della radio ci

dovevano essere (…) ragioni

concrete e pratiche che

hanno la loro importanza. E

una di codeste ragioni (…)

consiste nel costo degli

apparecchi (…) 12

(La Stampa, 28 dicembre 1937)

L’Ente Radio Rurale Nel 1933 iniziarono le trasmissioni dell’Ente Radio Rurale

(1933), organo rivolto agli studenti (la domenica agli

agricoltori), allo scopo di promuovere l’acculturazione di

massa. La radiofonia entrava nelle scuole; lo stato fascista

impose all’industria la costruzione del RadioRurale,

decorato con due fasci littori fra spighe di grano.

Una vasta documentazione indica gli sforzi di ogni scuola

per l’acquisto del mezzo (donazioni, collette, lotterie).

Dopo aver già irreggimentato i giovani studenti con le sue

organizzazioni, il fascismo intendeva ora affiancarsi

all’azione didattico - educativa dei maestri, con la

proposizione di programmi: “dall’impronta vigorosa,

fascista e guerriera”.

L’ascolto collettivo nelle

scuole elementari iniziò il 19 Aprile 1933, questo il

discorso inaugurale: “L’ ERR costituito dal governo

fascista si propone di far giungere a tutte le scuole l’eco

degli avvenimenti più notevoli e delle creazioni più

geniali della vita nazionale. (…) Voi, fanciulli d’Italia

sentirete la soddisfazione di servire l’Italia, di obbedire

all’alto e sublime comando del Re e del Duce “.

Vane furono le rimostranze degli insegnanti: nei

programmi per le scuole, trasmessi almeno tre volte a

settimana, risaltavano le radioscene ispirate agli

avvenimenti principali dell’epopea fascista, rivissuti

nella trasfigurazione mitica della realtà.

Con l’anno scolastico 1938-’39 cambiò il tono delle trasmissioni; promulgate le leggi

razziali, l’Italia scivolò verso una pericolosa alleanza politico ideologica col nazismo.

Si moltiplicarono i collegamenti con caserme ed accademie militari e le esercitazioni di

radiotelegrafia; forte era la volontà di inculcare nei giovani i valori bellici e l’amor di

Patria.

Le due ore dedicate alle “Voci dalla Germania” simboleggiavano il legame ormai

indissolubile tra i due regimi totalitari.

L’ERR si mosse anche verso il mondo

rurale con “L’ora dell’agricoltore”

(1934).

Celebri i dialoghi tra Menico, Timoteo e

Dorotea, personaggi fissati in stereotipi

divenuti miti dell’immaginario

collettivo.

La nuova trasmissione rompeva

l’isolamento della vita contadina e

portava alla ribalta le masse rurali,

particolarmente fiere degli intervalli

musicali considerati segno di riscatto

sociale. 13

Il regime, nel contatto diretto con le masse, si presentava sotto la veste paternalistica

del pacificatore sociale, attento al miglioramento generale delle condizioni di vita.

In forma semplice e diretta furono diffuse indicazioni tecniche e accorgimenti sul

lavoro, fondamentali nell’ottica autarchica.

Nacque una sorta di febbre per l’ascolto de “L’ora dell’agricoltore “, le masse rurali

ribadivano lo stupore per il miracolo marconiano che: “fa leggere anche chi non

legge”.

Nell’ottica popolare, ferma la divisione dei ruoli: “La politica a Mussolini, la vanga a

noi, la musica quando si può", il mito del duce prevaleva perfino sulla fede nel

fascismo.

Nel 1936 nacque la rubrica “I dieci minuti del

lavoratore", dedicata agli operai delle fabbriche.

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