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Filosofia: Marx
Storia: Taylorismo
Inglese: Aldous Huxley
essere estraneo, come una potenza indipendente da colui che la produce; quindi la
realizzazione del lavoro si presenta come annullamento dell’operaio, come alienazione.
Rispetto al prodotto del proprio lavoro l’operaio viene a trovarsi come rispetto ad un oggetto
estraneo.
Inoltre se prodotto del lavoro è l’alienazione, la produzione stessa deve essere alienazione
dell’attività, poiché il lavoro non è volontario ma forzato, costrittivo, soddisfa bisogni estranei
e comporta una perdita di se stessi. L’uomo si sente libero soltanto quando espleta le sue
funzioni “animali”, mentre si sente “bestia” nelle sue funzioni umane, ovvero nel lavoro
sociale, quando dovrebbe sentirsi “uomo”.
Il lavoratore non è alienato soltanto rispetto al prodotto e alla stessa attività produttiva, infatti,
poiché il lavoro estraniato rende estraneo all’uomo l’uomo stesso. La sua vita produttiva
diventa soltanto un mezzo per conservare la propria esistenza fisica. L’attività libera,
cosciente, creativa e universale è il carattere specifico della specie dell’uomo, ma il lavoro
forzato, ripetitivo, unilaterale, fa della vita dell’uomo un mezzo della sua esistenza fisica.
La proprietà privata è una conseguenza inevitabile del lavoro alienato: il lavoro alienato è
l’essenza della proprietà privata e l’alienazione dell’operaio è determinata dalla proprietà
privata dei mezzi di produzione. Quindi il superamento dell'alienazione del lavoro può
avvenire solamente con l'abolizione della proprietà privata e con la creazione di una società
comunista. Il comunismo diventa quindi il mezzo con cui viene resa possibile l'annullamento
dell'alienazione, operazione che coincide con il recupero di tutte le facoltà dell'uomo e la
liberazione dell'essenza umana.
L'ideologia tedesca
Il testo fondamentale in cui Marx presenta la propria concezione materialistica della storia è
L’ideologia tedesca (1845-46), scritto in collaborazione con Engels durante l’esilio di
Bruxelles, e rimasta inedita fino al 1932. Tale concezione non si definisce materialistica
perché postula la riducibilità di tutta la realtà a materia, ma perché riconduce le forme di
esistenza umana alle condizioni materiali di vita degli uomini: non è la coscienza che
determina la vita, ma la vita che determina la coscienza.
L’originalità dell’opera risiede nel tentativo di cogliere il movimento reale della storia, al di là
delle rappresentazioni ideologiche che ne hanno velato da sempre la struttura. Basilare è qui la
contrapposizione tra scienza ed ideologia: Marx intende per ideologia una falsa
rappresentazione della realtà; essa è il processo per cui alla comprensione oggettiva dei
rapporti reali fra gli uomini si sostituisce un’immagine deformata di essi. L’intento è quello di
svelare, al di là delle ideologie mistificanti, la verità (condizioni materiali di vita) sulla storia,
mediante il raggiungimento di un punto di vista obbiettivo sulla società, che permetta di
descrivere non ciò che gli uomini possono apparire nella rappresentazione propria o altrui,
bensì quali sono realmente.
L’umanità è una specie evoluta, composta di individui associati, che lottano per la propria
sopravvivenza. Di conseguenza, la storia non è un evento spirituale, ma un processo materiale
fondato sulla dialettica bisogno/soddisfacimento. È proprio questa azione materiale che
“umanizza” l’uomo: infatti si possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza,
per la religione, per innumerevoli altri motivi, ma essi cominciarono di fatto a distinguersi
allorché, in virtù della necessità, cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza. Alla
base della storia vi è dunque il lavoro, attraverso cui l’uomo si rende tale. L’uomo lavora e
lavorando produce se stesso. 6
Nell’ambito di quella produzione sociale dell’esistenza bisogna poi distinguere due elementi
di fondo: le forze produttive e i rapporti di produzione. Il primo comprende tutto ciò che
concorre alla produzione economica (strumenti, sapere tecnico, forza lavoro), il secondo
indica le relazioni che si instaurano fra gli uomini nel corso della produzione, soprattutto
rapporti tra classi, e che trovano la loro sanzione giuridica nei rapporti di proprietà. I rapporti
di produzione risultano definiti soprattutto dal possesso o meno dei mezzi di produzione.
Forze produttive e rapporti di produzione costituiscono, nel loro insieme, la “struttura” della
società, che è definita dal modo specifico di produrre e di distribuire la ricchezza. La struttura
si identifica quindi con l’ossatura economica della società. Rispetto alla totalità sociale, la
struttura rappresenta la base reale sulla quale si eleva una “sovrastruttura” giuridica e politica
(tutto il resto che non sia una struttura sociale) e alla quale corrispondono determinate forme
della coscienza sociale. Il termine sovrastruttura sta ad indicare che i rapporti giuridici, le
forze politiche, le dottrine etiche, artistiche, religiose e filosofiche non debbono essere intese
come delle realtà a sé stanti, ma come delle espressioni dei rapporti che definiscono la
struttura di una certa società storica. Di conseguenza non sono le leggi, lo stato, le forze
politiche, le religioni, le filosofie che determinano la struttura economica della società, ma è
la struttura economica che le determina: le forze motrici della storia non sono di natura
spirituale, bensì di natura socio-economica.
Forze produttive e rapporti di produzione, oltreché rappresentare la chiave di lettura della
statica della società, sono anche lo strumento interpretativo della sua dinamica, poiché si
identificano con la molla propulsiva del suo divenire, ovvero con la legge stessa della storia. Il
materialismo storico diventa legge interpretativa del mutamento storico. Marx ritiene infatti
che ad un determinato grado di sviluppo delle forze produttive tendano a corrispondere
determinati rapporti di produzione e di proprietà. Non può esserci sempre equilibrio; il modo
di produzione muta velocemente, più dei rapporti di produzione; gli uni non sono più
funzionali agli altri. Tuttavia i rapporti di produzione si mantengono soltanto sino a quando
favoriscono le forze produttive e vengono distrutti quando si convertono in ostacoli o catene
per le medesime. Poiché le forze produttive, in connessione con il progresso tecnico, si
sviluppano più rapidamente dei rapporti di produzione (che esprimendo delle relazioni di
proprietà tendono a rimanere statici), ne segue periodicamente una situazione di frizione o di
contraddizione dialettica fra i due elementi, che genera un’epoca di rivoluzione sociale. Infatti
le nuove forze produttive sono sempre incarnate da una classe in ascesa (cioè dai rapporti di
produzione in cui è esponente una classe in ascesa), mentre i vecchi rapporti di proprietà sono
sempre incarnati da una classe dominante al tramonto. Di conseguenza, risulta inevitabile lo
scontro fra di esse. Alla fine finisce quasi sempre per trionfare la classe che risulta espressione
delle nuove forze produttive, che in tal modo riesce ad imporre la propria maniera di produrre
e di distribuire la ricchezza imponendo la propria specifica visione del mondo.
Il Capitale
Il Capitale è un opera in tre volumi di cui il primo fu pubblicato da Marx stesso nel 1867, il
secondo e il terzo furono curati da Engels, dopo la morte del filosofo, e pubblicati
rispettivamente nel 1885 e nel 1894. Esso ha come sottotitolo “critica dell’economia politica”,
il che rivela l'opposizione di Marx all’economia classica, che sosteneva l'esistenza di leggi
universali dell’economia; egli è convinto che la società borghese porti in se stessa delle
contraddizioni strutturali interne che ne minano la solidità, ponendo le basi oggettive della sua
fine. 7
La trattazione del Capitale inizia con l’analisi del concetto di merce; essa ha un duplice valore:
un valore d’uso e un valore di scambio. Il valore d’uso si basa sull'utilità di una merce nel
soddisfare un determinato bisogno, il valore di scambio deriva dal rapporto che le merci hanno
tra di loro e si esprime nella forma del denaro.
La caratteristica che differenzia l'economia borghese dalle altre forme di economia è il fatto
che i capitalisti non producono al fine di consumare la merce, ma al fine di accumulare
ricchezza. Alla base di questo sistema economico c’è il capitalista, che investe denaro in
merci, le quali vengono usate nel processo produttivo per poi venderne il prodotto e ricavarne
una somma di denaro maggiore di quella investita. Quindi, mentre la società pre-borghese si
basava sullo schema M-D-M (merce-denaro-merce), quella capitalistica, invertendo i termini,
può essere descritta con la formula D-M-D (denaro-merce-denaro).
Tra le merci che il capitalista può acquistare ne esiste una che ha la
capacità di produrre valore: l'operaio. Egli, per mezzo del suo
lavoro, produce una nuova ricchezza, detta plusvalore, il quale non
gli viene totalmente retribuita nel salario, ma solo in parte, poiché
in caso contrario il datore di lavoro non otterrebbe alcun
guadagno; questa quantità di lavoro che non è retribuita è chiamata
pluslavoro.
Tuttavia non tutto il plusvalore diventa profitto: infatti il capitale è
costituito da due parti, il capitale variabile, che consiste nel denaro
investito nei salari, e il capitale fisso, il denaro che è servito
all'acquisto delle macchine produttive e di tutto ciò che è utile alla
produzione (materie prime, operazioni di manutenzione degli
impianti, ecc.); da qui è possibile definire il concetto di saggio di profitto, che è il rapporto tra
il plusvalore e la somma delle due componenti del capitale.
In seguito viene svolta un'analisi delle modalità con cui è possibile per il capitalista aumentare
il plusvalore. Una prima via, manifestatasi in particolare nelle prime fasi
dell'industrializzazione, è l'aumento delle ore della giornata lavorativa a parità di salario,
accrescendo quindi il plusvalore assoluto; in una fase successiva, grazie a un miglioramento
tecnologico nelle fasi della produzione, per mezzo di un processo di meccanizzazione delle
industrie, si verifica un formidabile risparmio di energia umana e una significativa riduzione
dei tempi di lavorazione, il che permette al capitalista, pur non operando alcuna variazione
agli orari di lavoro, di appropriarsi di una maggior quantità di lavoro non pagato, generando
una aumento di plusvalore definito relativo.
Secondo Marx, l'introduzione di nuove macchine nel sistema di produzione implicherà la
nascita di di nuovi consumi, a cui seguiranno nuovi bisogni, causando un accrescimento delle
conoscenze scientifiche.
“Quindi l'esplorazione sistematica della natura per scoprire nuove proprietà utili delle cose;
lo scambio universale dei prodotti di tutti i climi e di tutti i paesi; la nuova (artificiale)
preparazione degli oggetti naturali, mediante la quale si conferiscono loro nuovi valori d'uso;
l'esplorazione completa della terra per scoprire sia oggetti utili nuovi, sia nuove proprietà
utili dei vecchi, oppure le loro proprietà come materie prime; lo sviluppo delle scienze
naturali fino ai massimi livelli cui esso può giungere; la scoperta, la creazione e la
soddisfazione di nuovi bisogni derivanti dalla società stessa; la coltivazione di tutte le qualità
dell'uomo sociale e la sua produzione come uomo per quanto è possibile ricco di bisogni
perché ricco di qualità e di relazioni; ossia la sua produzione come prodotto per quanto è
possibile totale e universale della società {..}: tutto ciò è anch'esso una condizione della
produzione basata sul capitale .” [K. Marx, Grundrisse]
Tuttavia in questa potenzialità civilizzatrice del capitalismo si celano le sua maggiori
contraddizioni: infatti, una produzione che è regolata solo da cieche leggi di mercato, non da
8
interessi collettivi, si sviluppa, indipendentemente dai bisogni umani, verso un profitto fine a