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Sintesi
Scienze delle finanze: Politiche economiche di stabilizzazione
Estratto del documento

naturalmente nel caso di politiche davvero perverse. Oggi non si aumenterebbero le imposte nel bel

mezzo di una depressione, né si tenterebbe di condurre in pareggio il bilancio. La banca centrale

cercherebbe attivamente di sostenere l'offerta di moneta ed inoltre il settore pubblico ha un ruolo

nell'economia assai più ampio di quello che aveva allora. Il più alto livello della spesa pubblica, la

sua relativa lentezza a modificarsi, gli stabilizzatori automatici, inclusa la tassazione sui redditi , i

sussidi alla disoccupazione, la previdenza sociale rendono i sistemi economici più stabili di quanto

non fossero negli anni '30. Nell'economia l'intervento statale , le possibilità per una funzione attiva

del settore pubblico nella stabilizzazione economica vengono indebolite.

In un'economia in crescita la domanda deve aumentare allo scopo di mantenere la piena

occupazione della forza lavoro e la piena utilizzazione della capacità produttiva.

Una elevata disoccupazione o una forte caduta del PIL possono essere ridotte con una politica

monetaria o fiscale espansiva. In modo analogo, un'espansione inflazionistica può essere contenuta

con una politica monetaria o fiscale restrittiva.

Una parte delle difficoltà deriva dal possibile conflitto tra il mantenimento della piena occupazione

e l'obiettivo di una ridotta inflazione. Poiché politiche espansive, fiscali o monetarie, tendono ad

aumentare sia la produzione che i prezzi, una politica antirecessiva può aumentare l'inflazione.

I dati storici dell'andamento della disoccupazione nei vari paesi, riguardanti l'Italia, implicano che è

difficile attuare con successo una politica economica di stabilizzazione.

Politiche economiche non adeguate potrebbero anch'esse tendere ad allontanare il sistema

economico dalla posizione di piena occupazione. Una politica economica potrebbe essere

inadeguata perché i responsabili commettono errori, o perché essa viene manovrata per ragioni

politiche dando luogo al ciclo economico politico.

PATTO di STABILITA'

La firma dei Trattati di Maastricht sanciva, nel 1992, l'adozione, da parte degli Stati aspiranti a

entrare e a permanere nella moneta unica, di una rigorosa politica finanziaria, volta a contenere il

disavanzo dei bilanci pubblici. Il primo requisito stabilito per accedere all'euro consiste tutt'ora nel

rispetto di un fondamentale parametro finanziario (denominato Patto di stabilità): il limite massimo

del 3% nel rapporto deficit pubblico/Pil, pena l'irrogazione di pesanti sanzioni (ossia multe

europee).

PATTO DI STABILITÀ: DEFICIT PUBBLICO ≤ 3%

PRODOTTO INTERNO LORDO

PRO:

• Il contenimento del deficit dei Paesi dell'Unione monetaria è il presupposto indispensabile per la

stabilità dell'euro.

• Il Patto di stabilità deve essere rispettato da Stato, anche gli altri, un domani, potranno tutti,

sempre. Se si concede una deroga a uno chiedere di esserne esonerati.

• Il Patto di stabilità va mantenuto inalterato.

CONTRO:

• È giusto avere delle regole, ma non così rigide. Se un Paese attraversa una fase discendente del

ciclo economico, non è ragionevole obbligarlo a contenere la spesa pubblica, che potrebbe invece

essere utilizzata (con le dovute cautele) per sostenere la domanda globale insufficiente.

• Il Patto di stabilità va modificato.

Nel marzo 2005, il Patto è stato leggermente modificato, sulla base dei seguenti principi:

a) sono ammessi disavanzi superiori al 3%, purché temporanei, di lieve entità e giustificati dalla

particolare situazione economica dei Paesi;

b) sono più flessibili le regole sulla diminuzione del debito pubblico, a favore dei Paesi che

attiveranno riforme strutturali idonee a ridurre l'indebitamento futuro.

I controlli europei sul rispetto dei parametri di Maastricht

E' noto che i Trattati di Maastricht hanno imposto dei chiari vincoli all'espansione dei deficit

pubblici e del debito statale per i Paesi aderenti all'Unione monetaria europea. In Linea generale, gli

Stati che hanno adottato la moneta unica (euro) sono tenuti a rispettare i seguenti limiti di finanza

pubblica:

• rapporto debito pubblico/PIL non superiore al 60%.

Questo rapporto può anche essere superiore a condizione che si stia riducendo progressivamente e si

avvicini al limite stabilito con un ritmo adeguato;

• rapporto deficit/PIL non superiore al 3%.

Il deficit è la differenza tra le spese e le entrate pubbliche, tuttavia il deficit causa il debito pubblico

( dato da tutti i debiti dello stato nei confronti dei cittadini ) e in modo speculare il debito allarga il

deficit attraverso gli interessi che si vanno ad aggiungere al debito.

Inoltre, il Paese interessato potrebbe essere costretto a presentare più relazioni, a scadenze

prestabilite, che indichino i provvedimenti adottati mano a mano dal suo Governo per migliorare i

conti pubblici.

Precisiamo che il nostro Paese, afflitto da un debito pubblico molto elevato, è ormai diventato un

"sorvegliato speciale" della Commissione europea, che più volte ha espresso le sue perplessità su

alcuni aspetti e provvedimenti della politica finanziaria dei Governi italiani, ritenendoli non

sufficientemente incisivi ed efficaci per realizzare una duratura diminuzione della spesa pubblica e

uno stabile incremento delle entrate di bilancia.

Considerazioni sul debito pubblico in Italia

Una prima considerazione che si può fare sul debito pubblico in Italia riguarda il suo

progressivo espandersi in rapporto al reddito nazionale.

È noto che uno dei fondamentali requisiti previsti dai Trattati di Maastricht ai fini

dell'accesso all'Unione monetaria europea (e ai fini della duratura permanenza in essa) è il rispetto

del rapporto debito pubblico/PIL (l'unico requisito,

tra quelli prestabiliti dai Trattati, che a tutt'oggi il nostro Paese non possiede). Tuttavia,

secondo la prevalente interpretazione, si tratta di un obiettivo "tendenziale", che può

cioè essere raggiunto anche gradualmente nel tempo.

Un importante atto di politica economica, denominato documento di programmazione economico-

finanziaria, deve indicare, tra i vari obiettivi del Governo, il previsto rapporto debito pubblico/PIL.

Uno danni economici e finanziari causati da un debito pubblico eccessivo riguarda,

se lo Stato ha un debito elevato, ha un assoluto bisogno che i risparmiatori continuino a

sottoscrivere i suoi titoli, ossia continuino a "fargli credito". A tale scopo dovrà offrire loro alti tassi

di interesse, per assicurare adeguati rendimenti. Se nonché, alti rendimenti comportano un aumento

delle spese per il pagamento degli interessi, che aggrava il deficit della pubblica amministrazione

(ossia, la differenza tra spese correnti ed entrate correnti). Ora, è evidente che un deficit sempre più

elevato obbliga lo Stato a indebitarsi sempre di più. Si tratta di un circolo vizioso: il debito causa un

aumento del deficit e il deficit fa elevare il debito.

L'emissione di carta moneta

Con l'introduzione della moneta unica, le funzioni di emissione sono oggi affidate, Paesi della UE

che l'hanno adottata, alla Banca centrale europea.

Esse sono dunque sottratte alle Banche centrali nazionali, fortunatamente,.. Infatti, tempi della

"vecchia lira", il finanziamento della spesa pubblica mediante carta moneta nuova emissione (al

quale sono spesso ricorsi i Governi italiani, invitando la Banca d'Italia sottoscrivere i titoli del

debito statale) ha generato gravi tensioni inflazionistiche. L'inflazione, oltre ai guasti che può

procurare nel sistema economico in generale, causa pesar squilibri sulla ripartizione del carico

tributario tra i soggetti della collettività.

L'inflazione, da una parte, fa gonfiare artificialmente i redditi, accentuando così la progressività

delle imposte e innescando il fenomeno

del fiscal drag; dall'altra, determinando un aumento dei prezzi dei beni e dei servizi, genera una

lievitazione delle imposte indirette sui consumi, che hanno notoriamente effetti regressivi e

penalizzano i consumi dei soggetti meno abbienti.

Infine, dal momento che diminuisce il potere di acquisto della moneta, l'inflazione favorisce

un'ulteriore espansione della spesa pubblica (che provocherà altra inflazione). In base a queste

considerazioni, si può affermare che una politica finanziaria seria e responsabile non può più

permettersi di utilizzare con disinvoltura un'entrata straordinaria così "pericolosa".

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