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Economia aziendale: la cartolarizzazione, le banche, i mutui subprime, le agenzie di rating;
Matematica: il problema dell'investitore, la regola del 72;
Storia: la crisi del '29, i dopoguerra;
Geografia economica: il fordismo, la crisi del sud - est asiatico, la globalizzazione.
INDICE
1. PRESENTAZIONE
2. I CICLI ECONOMICI
L’ANDAMENTO
3. EFFETTIVO
3.1. LA MALEDIZIONE DEL 1907
LE DIFFICOLTA’ DEL PRIMO DOPOGUERRA
3.2.
3.3. LA GRANDE DEPRESSIONE DEL 1929
3.4. 1945: LA STORIA SI RIPETE –
3.5. LO CHOCK PETROLIFERO DEL 1973 1974
IL “LUNEDI’ NERO” (19 OTTOBRE 1987)
3.6. –
3.7. LA CRISI DEL SUD EST ASIATICO
3.8. LA BOLLA DI INTERNET DEL 2000
3.8.1. LE BOLLE SPECULATIVE
3.9. LA CRISI ARGENTINA
3.10.LA CRISI DEI SUBPRIME
LA CRISI DEL ‘29
4. “THE ROARING TWENTIES” (I RUGGENTI ANNI VENTI)
4.1.
4.2. LE FASI
4.3. USA: LE RISPOSTE
4.4. LA DIFFUSIONE
EUROPA: LE RISPOSTE DEI PAESI PIU’ COLPITI
4.5.
4.6. EUROPA: I CASI PARTICOLARI
4.7. LA FINANZA FUNZIONALE
“LA TEORIA GENERALE DELL’OCCUPAZIONE DEGLI INTERESSI E
4.8. DELLA MONETA” DI KEYNES
5. LA CRISI DEL 2007
5.1. LA GLOBALIZZAZIONE
5.2. IL SISTEMA BANCARIO
5.3. LE ORIGINI: I MUTUI SUBPRIME E I TITOLI TOSSICI
5.3.1. I DERIVATI
5.3.2. LA CARTOLARIZZAZIONE
5.4. LE FASI
5.4.1. IL CASO LEHMAN BROTHERS
5.5. LA DIFFUSIONE
5.5.1. I PIIGS
5.5.1.1. IL CASO SPAGNA
5.5.1.2. IL CASO IRLANDA
5.5.1.3. IL CASO PORTOGALLO
5.5.1.4. IL CASO GRECIA
5.5.1.5. IL CASO ITALIA
“MERKOZY”: L’ACCOPPIATA GERMANIA –
5.5.2. FRANCIA
LE CRITICHE RIGUARDO LE POLITICHE ANTICRISI DELL’EUROZONA
5.5.3.
5.5.4. LA RISPOSTA STATUNITENSE
6. OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI
6.1. LA DISOCCUPAZIONE E IL LAVORO
6.2. LA CRISI DEL WELFARE STATE
6.3. I BRICS
I “CAMBI DI ROTTA” POLITICI
6.4. DELL’INVESTITORE
6.5. IL PROBLEMA
6.5.1. LE AGENZIE DI RATING
6.5.2. GLI HEDGE FOUND
CONFRONTO TRA LA CRISI DEL ’29 E QUELLA ATTUALE
6.6.
7. LA LEZIONE DELLA CRISI
8. BIBLIOGRAFIA
9. SITOGRAFIA 1. PRESENTAZIONE
Questa tesina nasce dal mio interesse e dalla mia curiosità per il mondo economico e della
finanza. Negli ultimi anni si sente sempre più frequentemente fare
riferimento a termini (per lo più in lingua inglese) inerenti
il mondo dell’economia ed in modo particolare il settore
finanziario. Il problema a mio avviso è la tendenza a dare le
notizie usando parole troppo specifiche e dati puramente
matematici (ad esempio: “lo Spread è ulteriormente
cresciuto, si attesta a valori vicini a quota 500”; oppure:
“Merkozy traballa”…).
Queste frasi mi hanno spinto ad approfondire certi
argomenti e ho in tal modo appreso nozioni affascinanti e
l’esistenza di alcuni meccanismi economico-finanziari di
cui, pur essendo alla base del sistema in cui viviamo, non
ne conoscevo l’esistenza.
All’inizio la mia intenzione era quella di approfondire tutti i
collegamenti tra le varie crisi economiche e la vita reale (non sulla carta) del mondo capitalista.
Procedendo con la ricerca e la stesura, però, ho potuto costatare come non fosse possibile
indicare tutti i rapporti causa-effetto che si creano dalle congiunture economiche, in quanto esse
influenzano praticamente tutti gli ambiti della società. Mi sono dunque vista costretta a
sostanziali “tagli” e sintesi dei contenuti.
Al di là di questo lavoro, posso affermare che
tali approfondimenti sono molto utili per
capire meglio i meccanismi del nostro
sistema economico e sociale. Ora posso di
dire di comprendere meglio le notizie
economiche “criptate” dai giornalisti in
termini finanziari.
2. L’ANDAMENTO CICLICO DELL’ECONOMIA
La crescita in economia non è mai stata del tutto lineare. Essa è stata anzi contraddistinta da
variazioni momentanee o fluttuazioni riguardanti in genere brevi periodi, che costituiscono
l’essenza della congiuntura, senza che le strutture siano profondamente modificate. Il termine
stesso di ciclo economico fa pensare alla presenza di fasi diverse che gli economisti hanno da
tempo definito in modo sufficientemente preciso:
Fase di crescita, nella quale il PIL e/o l’occupazione crescono abbastanza rapidamente e
di conseguenza il benessere dei consumatori tende ad aumentare;
Fase di recessione, nella quale il PIL e/o l’occupazione prima smettono di crescere poi
diminuiscono per almeno due trimestri consecutivi;
Fase di depressione, nella quale il PIL ristagna su livelli bassi e molti lavoratori risultano
disoccupati;
Fase di ripresa, nella quale PIL ed occupazione riprendono a crescere, in genere prima
lentamente e poi a ritmi più elevati.
Sulle cause delle crisi e sui modi per evitarle sono state formulate innumerevoli teorie e, nel
corso della storia, è stato fatto continuo ricorso alla ricerca di regolarità empiriche nella durata
che permettessero di prevedere l’andamento futuro. “Business
Una notevole influenza in materia è stata esercitata da Joseph Schumpeter che, nel suo
del 1939, aveva sottoposto a verifica empirica l’esistenza
cycles” di tre cicli principali.
Il ciclo massimo o maggiore o “ciclo Juglar” (dal nome dell’economista francese che per
1. primo, nel 1860, ha analizzato la nozione stessa del ciclo): esso ha durata compresa fra i
sette e gli undici anni ed è stato successivamente ripartito nelle quattro fasi di recessione,
depressione, ripresa e boom (a metà di questo ciclo scoppiano in genere le classiche crisi
di sovrapproduzione).
Il ciclo minore o “ciclo Kitchin” (dal nome dello statunitense che l’ha scoperto nel 1923):
2. è un ciclo congiunturale che mostra un andamento sostanzialmente simile a quello delle
scorte di prodotti finiti tenute dagli operatori.
I movimenti di lungo periodo Kondratieff o “onde lunghe”: esse sono state individuate
3. dal russo Nikolai Kondratieff nel 1922 e durano 45-50 anni, essendo caratterizzate da due
fasi all’incirca della stessa lunghezza, una ascendente e una discendente.
Secondo Schumpeter, l’andamento ciclico costituisce l’essenza stessa del processo di sviluppo
capitalistico: la sua spiegazione delle fluttuazioni ha un carattere fortemente dinamico. Egli
sottolinea che “lo sviluppo generato dal sistema economico è per sua natura ciclico, visto che il
il mondo economico”.
progresso rende instabile Le fluttuazioni sono dunque, a suo parere, la
conseguenza necessaria della rottura dell’equilibrio stazionario e rappresentano la forma che lo
sviluppo assume nell’era del capitalismo.
In realtà non è per nulla detto che le fasi si alternino con regolarità: in economia non esistono
regole che possano ragionevolmente garantire che una fase di recessione duri poco e che venga
seguita da una fase di espansione più lunga e con un totale recupero delle posizioni perdute.
Altro problema, forse più rilevante, riguarda le cause che portano ad orignare le fasi alterne che
costituiscono il ciclo economico. Jevons, uno dei padri fondatori della scuola neoclassica, nel
corso dell’Ottocento attribuì la responsabilità ai cicli delle macchie solari che provocavano
conseguenze sugli andamenti climatici e quindi sui rendimenti agricoli. Tale ipotesi, senza
dubbio suggestiva, non è in grado di spiegare la ciclicità economica industriale. Un contributo
fondamentale è quello apportato da Keynes che, nella sua complessa analisi economica, fa
riferimento ai soggetti che operano nel tessuto economico e al loro comportamento, che si
diversifica nel tempo, producendo così fasi di espansione e depressione.
È comunque fondamentale che la realtà si discosti sempre dalle teorie, per quanto esse possano
essere ritenute più che valide e decisamente verosimili.
3. L’ANDAMENTO EFFETTIVO
In effetti, analizzando i dati relativi all’ultimo secolo, si ossserva il ripetersi di momenti di
– – – –
recessione, i più importanti dei quali si sono registrati negli anni: 1918 1929 1945 1973
–
1997 2007. senz’altro una difficoltà conseguente ai conflitti
Da una prima analisi di tali date, si osserva
mondiali, ma anche epoche diverse, che dimostrano un susseguirsi (ogni 20-25 anni) di crisi
economiche indipendenti da situazioni di guerra. Esse dimostrano come i momenti di declino
siano necessari per un nuovo slancio economico, soprattutto tramite innovazioni (come
un trend positivo, ovvero un’andamento
sosteneva lo stesso Schumpeter) che consentano
economico generale in crescita.
3.1. LA MALEDIZIONE DEL 1907
Centocinque anni fa il grande panico del 1907 fu la prima crisi “globale” del Novecento. Nel
solo mese di ottobre l’indice azionario di Wall Street
perse il 37% del suo valore, in tutta l’America folle
di risparmiatori diedero l’assalto agli sportelli delle
banche fra sene di violenza e di disperazione e il
sistema del credito rimase paralizzato per settimane.
Le ripercussioni furono immediate e profonde anche
e l’Inghilterra dovette accorrere in aiuto
in Europa,
agli ex sudditi americani con una spedizione navale
di lingotti d’oro. L’eco di quegli avvenimenti non si
è mai spesa e i superstiziosi investitori chiamarono in
causa la “maledizione del 1907” quando, 80 anni
dopo, Wall Street subì un altro dei peggiori crolli della sua storia, il 19 ottobre 1987.
DIFFICOLTA’
3.2. LE DEL PRIMO DOPOGUERRA
All’indomani della Grande Guerra (1914/1918) quasi tutti i paesi europei conobbero momenti di
difficoltà, dovuti agli sforzi di una lunga guerra di resistenza
in trincea. In particolare la Germania, considerata la
colpevole maggiore del primo conflitto mondiale, fu
costretta a pagare pesantissime indennità agli stati alleati,
che servirono a pagare le pensioni ai mutilati, agli orfani e
alle vedove dei soldati mandati al fronte, si vide obbligata a
chiedere dilazioni di pagamento e a fare i conti con una
terribile inflazione. La Russia, uscita dal conflitto a causa
dei disordini causati dalla rivoluzione del 1917, dovette
fronteggiare inflazioni pesantissime (si calcola che il costo della vita era cresciuto di circa il
700%, a fronte di un aumento salariale di soli 300 punti percentuali) e mancanza di beni di prima
necessità, che si andarono a sommare alle condizioni di arretratezza agricole ed industriali di cui
Ma anche nel Regno d’Italia la situazione economica fu
già soffriva prima del conflitto.
altrettanto priblematica e confusa: sotto il profilo finanziario il nostro Stato, uscito vincitore dal
conflitto, era di nuovo sprofondato in un abisso, con le spese passate da 2 miliardi e 501 milioni
(1913-1914) a 30 miliardi e 857 milioni (1918-1919); analogamente, il debito pubblico (insieme
tramite l’emissione di titoli) era salito dai 14.089
dei prestiti che lo stato ottiene dai cittadini
milioni di lire nel 1910 a 95.017 milioni in dieci anni. Le conseguenze furono inevitabili: la
pesante svalutazione della lira, che perse valore nei confronti delle altre valute, provocò un
nei prezzi da sostenere per l’importazione dall’estero e l’inflazione divorava i redditi
rincaro
fissi, le rendite e i salari.
3.3. LA GRANDE DEPRESSIONE DEL 1929
Probabilmente si tratta della più famosa crisi
il cui emblema è il “giovedì
finanziaria della storia,
nero” del 24 ottobre 1929, in cui si è avuto un crollo
delle quotazioni in borsa di oltre il 13%, seguito da un
ulteriore 11% alcuni giorni dopo. Il crollo fu dovuto
all’esplodere di una bolla speculativa, che
coinvolgeva principalmente le nuove industrie che
stavano sorgendo in quegli anni, in modo particolare
in ambito automobilistico. Il minimo venne raggiunto
nel 1932, con una perdita degli indici vicina al 90%: per tornare ai valori del 1929 ci vollero più
di 25 anni. L’aspetto caratterizzante della “grande depressione” è il fatto che abbia coinvolto
un’ampia fetta della popolazione (gran parte del ceto medio investiva in borsa) e si riflesse anche
in Europa, nell’arco di qualche anno.
3.4. 1945: LA STORIA SI RIPETE
L'Europa, una volta uscita dalla seconda Guerra mondiale, rimane in crisi per molti anni, senza
riuscire a recuperare la sua potenza. Come già era avvenuto per il primo conflitto mondiale,
anche in questi anni i Paesi che furono coinvolti e risentirono dei bombardamenti, videro crollare
i livelli di produzione e dovettero fronteggiare una repressione agricola. Solo attorno agli anni
Cinquanta c'è una lieve ripresa economica e tornano alla luce le correnti europeiste che
intendono unificare il vecchio continente.
La Gran Bretagna, in paricolare, si trova in un periodo di profonda crisi: il suo declino si