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4. Percorso argomentativo
1. Spiegazione del significato odierno di pessimismo nella psicologia.
2. Introduzione al pessimismo storico e cosmico leopardiani.
3. Collegamento con Intorno a Leopardi di F. Nietzsche (spiegazione
della sua concezione della storia) e sviluppo del tema del ricordo
mettendo a confronto il pensiero di Leopardi con il commento di
Nietzsche su Canto notturno di un pastore errante dell'Asia di
Giacomo Leopardi.
4. Il ricordo e il pessimismo secondo il pensiero di E. Montale più
precisamente testi da Occasioni e confronto sempre con la
concezione storica di Nietzsche (l'oblio) e il pessimismo storico
leopardiano.
5. Spiegazione della Dialettica dell'illuminismo, di Horkheimer (Scuola
di Francoforte) per spiegare la mia elaborazione di pessimismo
nichilistico proiettato nel futuro.
5.Il pessimismo come concepito dalla psicologia contemporanea
Non possiamo affrontare il complesso mondo di oggi e l'oscurità del domani
senza una riflessione approfondita sull'esistenza, senza tornare a porci le domande
della filosofia, della religione e della morale. Francesco Alberoni
Bisogna premettere che il pessimismo considerato in epoca
contemporanea come patologico assume connotati di malattia mentale
depressiva. La depressione si sa è un disagio psicologico che colpisce in
maniera imponente la nostra società specialmente per quanto riguarda
l'età adolescenziale. Il nostro vivere sociale si è riempito di muri o
precipizi che imprigionano gli adolescenti,(anche gli adulti, io da
ventenne parlo per i primi) in trappole, a volte purtroppo letali o molto
incidenti, da cui non si esce molto facilmente. Non entrerò nello
specifico, dirò solo ciò che studia e afferma la psicologia di oggi.
Il depresso:
• vede se stesso, il proprio mondo e il proprio futuro in modo
assolutamente e soggettivamente negativi;
• interpreta costantemente le proprie interazioni con l’ambiente
come manifestazioni di sconfitta, privazione o denigrazione;
• giudica la sua vita come costellata da un susseguirsi di ostacoli,
impedimenti, difficoltà e considera se stesso inadeguato,
immeritevole, ignobile;
• attribuisce le proprie esperienze sgradevoli ad un propria
imperfezione fisica, mentale o morale e, disprezzandosi a causa di
questa presunta mancanza, denigra e svilisce se stesso;
• è fermamente convinto che le sue angosce attuali perdureranno
all’infinito;
• nel guardare al futuro, scorge un’esistenza segnata da incessanti
avversità, frustrazioni e privazioni.
Il pessimismo è un tratto caratterizzante la depressione.
6. Pessimismo leopardiano
Il pessimismo e la condizione fondamentalmente tragica della vita
dell'uomo sono i fulcri delle riflessioni di Giacomo Leopardi. Si possono
tuttavia distinguere due fasi e due strutture diverse, ma conseguenti
l'una all'altra, della concezione di pessimismo: uno storico, correlato alla
figura della natura benigna, l'altro cosmico, collegato all'evoluzione
della natura come maligna.
La Natura benigna è vista inizialmente come una madre
protettrice che offre all'uomo le illusioni e l'immaginazione di cui ha
bisogno per allontanarsi dalla sua insoddisfazione perpetua e il vuoto
che ha nell'anima. Questi sono generati dal fatto che l' essere umano
non cerca un piacere, bensì il piacere, non uno che sia immediato e
particolare, ma uno che risulti infinito nel tempo e nello spazio. Ciò è da
intendersi in senso puramente materiale e dato che nessun piacere
particolare può essere eterno per estensione e durata, nella vita degli
uomini non rimane che vuoto. Come abbiamo detto le uniche soluzioni
che la natura offre sono l'illusione e l'immaginazione. I popoli che sono
stati per centinaia di anni legati in modo più stretto alla natura erano gli
antichi, in particolar modo Greci e Romani. La loro scarsa conoscenza
scientifica lasciava largo spazio alle illusioni che essi potevano farsi
sulla vita, sulla natura e sulle divinità creatrici del mondo a cui
dovevano rendere grazie. Il mondo antico era quindi gremito di
generose illusioni, era colmo di eroi magnanimi, forza morale e
prodezza; cose che nella società di Leopardi vengono sostituite dalla
debolezza sia morale che fisica e dal tedio che dominava le case e i
salotti aristocratici. La colpa è da attribuirsi al progresso e quindi
all'uomo stesso che l'ha portato avanti. Leopardi ha un giudizio
durissimo, in questa fase del pessimismo, nei confronti della sua epoca
e della stessa razza umana. Essa sta conducendo i suoi figli verso la
dominazione dell'inerzia e del tedio. Notiamo dunque i danni creati dal
processo storico come allontanamento progressivo dalla pienezza vitale
e felicità originarie. Tuttavia non è da scordare che la letizia che
colmava l'uomo era pur sempre illusoria e che la vera condizione
umana rimane piena di infelicità. Questo primo modo di concepire il
pessimismo in Leopardi è detto Pessimismo storico.
In seconda battuta la natura viene concepita come ente maligno
indifferente alle vicende umane, che mira dunque alla sola
conservazione della specie. Inizialmente la concezione risulta dualistica,
vi è la divisione tra natura e fato a cui sono attribuite le caratteristiche
maligne, la natura rimane benigna. I connotati che in primo luogo erano
attribuiti al fato vengono poi ricondotti alla natura che diventa Natura
maligna. Non è più la madre protettrice che donava illusioni, diventa
un meccanismo cieco e crudele che rende l'uomo vittima della sua
malvagità. Questa indifferenza della natura nei confronti dell'intera
razza umana viene spiegata da Leopardi con un efficace paragone
nel suo Dialogo della Natura e di un Islandese:
Ponghiamo caso che uno m'invitasse spontaneamente a una sua villa, con grande
instanza; e io per compiacerlo vi andassi. Quivi mi fosse dato per dimorare una cella
tutta lacera e rovinosa, dove io fossi in continuo pericolo di essere oppresso; umida,
fetida, aperta al vento e alla pioggia. Egli, non che si prendesse cura d'intrattenermi
in alcun passatempo o di darmi alcuna comodità, per lo contrario appena mi
facesse somministrare il bisognevole a sostentarmi; e oltre di ciò mi lasciasse
villaneggiare, schernire, minacciare e battere da' suoi figliuoli e dall'altra famiglia.
Se querelandomi io seco di questi mali trattamenti, mi rispondesse: forse che ho
fatto io questa villa per te? o mantengo io questi miei figliuoli, e questa mia gente,
per tuo servigio? e, bene ho altro a pensare che de' tuoi sollazzi, e di farti le buone
spese; a questo replicherei: vedi, amico, che siccome tu non hai fatto questa villa
per uso mio, così fu in tua facoltà di non invitarmici. Ma poiché spontaneamente hai
voluto che io ci dimori, non ti si appartiene egli di fare in modo, che io, quanto è in
tuo potere, ci viva per lo meno senza travaglio e senza pericolo? Così dico ora. So
bene che tu non hai fatto il mondo in servigio degli uomini. Piuttosto crederei che
l'avessi fatto e ordinato espressamente per tormentarli. Ora domando: t'ho io forse
pregato di pormi in questo universo? o mi vi sono intromesso violentemente, e
contro tua voglia? Ma se di tua volontà, e senza mia saputa, e in maniera che io non
poteva sconsentirlo né ripugnarlo, tu stessa, colle tue mani, mi vi hai collocato; non
è egli dunque ufficio tuo, se non tenermi lieto e contento in questo tuo regno,
almeno vietare che io non vi sia tribolato e straziato, e che l'abitarvi non mi noccia?
E questo che dico di me, dicolo di tutto il genere umano, dicolo degli altri animali e
di ogni creatura.
Le parole che Leopardi mette in bocca al pastore servono a
descrivere la pessima condizione che l'uomo si trova a vivere sulla terra
in tutti gli spazi e i tempi. Nella seconda fase della concezione del
pessimismo è la natura, col suo cieco meccanismo immutabile,a
rendere gli uomini infelici. La visione tragica che pervade la realtà
umana, non essendo più legata all'epoca, al popolo o al contesto
culturale viene presentata come universale. Essa riguarda ogni epoca
storica, ogni luogo e ogni individuo che sia vissuto; quest'ultimo modo
di pensare il pessimismo viene detto Pessimismo cosmico.
Tutti gli esseri umani nascono e vivono nella tristezza e nel
tormento fin dalla nascita, la morte diventa quasi un sollievo in quanto
tutto oblia. Leopardi ce lo spiega con i primi sei versi della terza strofa
del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia:
Nasce l'uomo a fatica,
ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
per prima cosa; e in sul principio stesso
la madre e il genitore
il prende a consolar dell'esser nato.
7. Intorno a Leopardi di F. Nietzsche, il ricordo e l'oblio
Una volta che l'uomo ha preso coscienza della pessima condizione
che avvolge la sua esistenza, sia dal punto di vista storico, sia,
successivamente, come concezione universale, non resta che scorgere i
tratti della sua riflessione su ciò che gli impedisce di realizzarsi. Per fare
questo prenderemo in analisi il commento di Friedrich Nietzsche intorno
a Leopardi dal nome stesso della raccolta di pensieri curata da Cesare
Galimberti. Nel primo capitolo del libro lo scrittore si concentra sul tema
del ricordo. L'umanità intera e quindi il singolo stesso sono ciò che sono
in base ai ricordi che li hanno preceduti. Tuttavia tale condizione non
vale per tutti gli esseri viventi, Nietzsche infatti riprende la riflessione
che Leopardi fa sul vivere degli animali nel Canto notturno di un
pastore errante dell'Asia:
O greggia mia che posi, oh te beata,
che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perchè d'affanno
quasi libera vai;
ch'ogni stento, ogni danno,
ogni estremo timor subito scordi;
ma più perchè giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
tu se' queta e contenta;
e gran parte dell'anno
senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
e un fastidio m'ingombra
la mente, ed uno spron quasi mi punge
sì che, sedendo, più che mai son lunge
da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
e non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
o greggia mia, nè di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
dimmi: perchè giacendo
a bell'agio, ozioso,
s'appaga ogni animale;
me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?
Gli animali, in particolare quelli da pascolo e da soma sono sempre stati
denigrati dai padroni umani, ma sotto sotto i pastori invidiano i loro
schiavi proprio per la capacità che hanno di dimenticare. Le greggi
vivono in pace, scordano la realtà maligna, quando sono all'ombra,
sovra l'erbe; non sono avvolte dal tedio che abbraccia l'uomo in una
morsa straziante quando riposa come loro, dato che il suo pensare
conduce il suo essere in luoghi poco sicuri. Ciò che la razza umana
desidererebbe è l'oblio totale di cui sono capaci gli animali. Sulle pecore
il passato e il futuro non pesano per niente, l'uomo invece è pervaso
dalle preoccupazioni che occupano il suo essere stato e il suo divenire;
anch'esso vorrebbe avere la facoltà di cogliere ogni istante scordando
tutti gli altri, come se fosse il primo, come se fosse l'ultimo. Ecco invece
le parole di Nietzsche in ripresa alla riflessione di Leopardi sul vivere
degli animali:
L'uomo chiese all'animale: perché non mi parli della tua felicità e soltanto mi
guardi? L'animale dal canto suo voleva rispondere e disse: mi dimentico sempre
tutto – ma subito dimenticò anche questo e tacque; sicché l'uomo non se ne
meravigliò.
[…]
L'uomo invece resiste sotto il grande e sempre più grande carico del passato:
questo lo schiaccia a terra e lo piega da parte, come un' enorme e scuro fardello.
Tirando in ballo Leopardi Nietzsche non propone solo la descrizione
della condizione umana soggiogata dal ricordo, ma si serve dell'oblio
per portare avanti una soluzione al modo di vivere storico. Per l'appunto
la via d'uscita è: Sentire in modo non storico.
[…]
Un uomo che volesse sentire sempre e solo storicamente, sarebbe simile a colui
che venisse costretto ad astenersi dal sonno.
[…]
Dunque è possibile vivere quasi senza ricordo, anzi vivere felicemente, come