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Sintesi Percorso tra i colori, tesina
Questa tesina di maturità descrive i colori che ci hanno accompagnati per millenni, per secoli e secoli e, in piccolo, accompagnano anche la nostra vita senza che ce ne accorgiamo. Probabilmente hanno influenzato anche il nostro umore qualche volta e forse è anche per questo che ognuno di noi ha una preferenza per un solo specifico colore, quello che scegliamo sempre; forse perché ci ricorda qualcosa, o perché ci ispira, o riflette la nostra personalità. Molti, invece, non sanno nemmeno il motivo.
A volte ci capita che l’occhio, dopo averlo visto una prima volta così, di sfuggita, torna automaticamente su quell’oggetto o su quella superficie che ha proprio la cromatura del nostro colore preferito. Ci blocca un momento, ci fa riflettere un attimo e poi torniamo in noi e a quello che stavamo facendo. Tutto succede in pochissimi secondi.
Io ci ho fatto caso: a me, il mio colore preferito, mette allegria, mi dà sicurezza, mi dà vitalità, mi aiuta anche quando cerco qualche ispirazione e credo che, chi più e chi meno, queste siano le sensazioni ch ogni persona percepisce nel vedere il loro colore speciale. Il mondo esterno, così pieno di sfumature, ci colora internamente, colora la nostra anima.
“Il colore è un mezzo di esercitare sull’anima un’influenza diretta. Il colore è un tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde...”
W. Kandinskij
Collegamenti
Percorso tra i colori, tesina
Fisica - Esperimento dispersione della luce di Newton.
Filosofia - Sodalizio Goethe e Schopenhauer studi sul colore.
Storia - Rosso Comunismo, Nero Fascismo.
Storia dell'arte - Kandinsky e i suoi colori.
Italiano - "Voyelles" di Rimbaud.
Laboratorio - Colori, uomo e ambiente.
retina. I colori diventavano l'elaborazione di una teoria dei fenomeni cromatici. Divenne quindi
una ricerca sulla vista e i colori, appunto il titolo del trattato “Sulla vista e i colori” pubblicato
nel 1816.
«Goethe osserva che il rosso produce sempre uno spettro verde e viceversa; ma io
constato che qualunque superficie illuminata con grande intensità, e che non ha un
proprio colore ben definito, produce uno spettro verde»;
Goethe ammette, ma non è in grado di spiegare, che
«una linea nera su sfondo bianco, […]vista attraverso un prisma, dà il vero rosso».
L’allontanamento da parte di Goethe
Schopenhauer, nel giugno 1815, inviò al maestro il
manoscritto del trattato “Sulla vista e i colori” ma Goethe
non rispose che a ottobre, dopo essere stato sollecitato da una
seconda lettera. Lodò il pensiero del giovane ma dichiarò la
propria indisponibilità a discutere le critiche di
Schopenhauer.
La risposta di Goethe fu:
«sento anche di essermi così estraniato da quelle cose,
da non poter tollerare di accogliere in me una
contraddizione, risolverla o adattarmici. ».
Goethe segue una nuova teoria
Dopo qualche periodo Goethe scrisse a Schopenhauer:
« ebbi la fortuna di incontrare il dottor Seebeck. […]mi permetta di inviargli il Suo
lavoro e le Sue lettere ».
Ma quella che per Goethe era l’offerta di un’opportunità, a
Schopenhauer appariva un trattamento sdegnoso.
Thomas Johann Seebeck era uno scienziato. Strinse amicizia
con Goethe e presto condivise la sua battaglia contro la teoria
newtoniana sulla natura dei colori. Le procedure sperimentali
di Seebeck permettevano di esaminare accuratamente la nuova
classe di fenomeni di interferenza, i cosiddetti “colori
entottici”, termine proveniente dall’osservazione di un esperimento nella quale in alcuni pezzi
di vetro, inseriti in un fascio di luce, venivano visualizzate immagini colorate con disegni
geometrici ben definiti.
Un anno dopo Goethe scrisse a Schopenhauer:
«i colori entottici diventano sempre più importanti».
La risposta di Schopenhauer lasciò intendere che egli era all’oscuro di tutto.
Schopenhauer pensava di avere sviluppato nella giusta direzione, quella fisiologica, le
concezioni goethiane, mentre nel frattempo Goethe si era convinto che lo sviluppo più
promettente fosse quello basato sulle figure entottiche scoperte e studiate dagli esperimenti di
Seebeck.
Ecco perché non diede troppa importanza allo scritto di Schopenhauer “Sulla vista e i colori”.
Schopenhauer non era informato, non capiva, e giunse a temere che Goethe potesse “tradire la
causa”, ovvero la lotta contro Newton.
Goethe non aveva più interesse né per i particolari tecnici della teoria dei colori né per le
correzioni ai dettagli che Schopenhauer gli proponeva. Lo interessava percorrere la strada che
lo avrebbe portato al centro del dibattito scientifico dell’epoca.
Storia di due colori
La storia dei colori ci racconta l’evoluzione delle mentalità sociali e culturali e ben presto la
politica se ne impadronì. Nel mondo della politica i movimenti e i partiti si contesero la scena
attraverso un mutevole linguaggio dei colori, giungendo spesso ad appropriarsi dei simboli
cromatici.
Prendendo in considerazione ad esempio l’Italia post-unitaria si può osservare che, in
particolare, furono due i colori protagonisti: il rosso, che rappresenta da sempre il colore della
rivoluzione e della resistenza e, in particolare, i socialisti e comunisti. Il nero, colore dei
cattolici ma che poi fu utilizzato anche per la prima volta dai fascisti.
Comunismo
Cause scoppio Rivoluzione Russa
La Russia, all’inizio del ‘900, era un paese agricolo comandato da un regime zarista. Dopo la
Prima Guerra Mondiale si trova a dover affrontare rivendicazioni indipendentistiche delle
popolazioni slave, un decollo industriale che però non era sfruttato al meglio, movimenti
interni causati da scontenti di operai, contadini e un esercito che era stanco delle sconfitte e
contrario alla guerra.
Rivoluzione di febbraio
Lo sciopero più pesante si ebbe a
Pietroburgo nel febbraio del 1917, cui
presero parte anche molti soldati
ammutinati a causa della guerra di
trincea. Questo fu un atto che segnò la
caduta dell’impero zarista con
l’abdicazione di Nicola II Romanov
Politca e partiti
In poco tempo si susseguirono tre governi provvisori che ereditarono i problemi del vecchio
regime ma che proposero un rinnovamento democratico, sognano di fare della Russia il “paese
più libero del mondo”. Da alcuni anni, in Russia si erano formati vari partiti, associazioni,
circoli che professavano idee varie, ma comunque contrarie al regime zarista. Partito Operaio
SocialDemocratico Russo; Partito Socialrivoluzionario e Partito Costituzionale Democratico. Il
POSDR si divise poi in Bolscevichi (la maggioranza), che auspicavano un partito di militanti
disciplinati da un’avanguardia rivoluzionaria che rivendicavano la statalizzazione delle
industrie, la spartizione delle terre e l’abolizione della proprietà privata, e Menscevichi (la
minoranza), propensi ad una serie di riforme che miravano a un partito di massa e alla
trasformazione riformistica della società.
Lenin
Lenin, tornato dall’esilio, si unisce ai Bolscevichi che erano di
ispirazione marxista e che quindi prevedevano di realizzare la
dittatura del proletariato e la nazionalizzazione delle terre delle
industre. Lenin era contro la guerra e contro il governo
provvisorio. Rivoluzione d’ottobre con colpo di stato
In ottobre del 1917 il governo provvisorio era debole
e Lenin progettò un colpo di stato con l’assalto al
Palazzo d’Inverno, sede del governo, a cui si unirono
alle file Bolsceviche della Armata Rossa un gran
numero di soldati ammutinati e di operai. Tutto fu
facile, senza spargimento di sangue. Lenin creò così
un governo composto da soli Bolscevichi che viene
chiamato Soviet dei Commissari del Popolo cui ne
facevano parte anche Stalin e Trotsky.
Trattati di pace
Per arginare il malcontento iniziarono le trattative di pace. Molte furono le terre espropriate ai
latifondisti e ai contadini benestanti: in realtà i Bolscevichi avrebbero voluto nazionalizzarle,
ma capirono che per il momento occorreva ascoltare le richieste dei contadini, che aspiravano a
divenire piccoli proprietari, che concepivano la rivoluzione come una spartizione di terre.
Guerra civile (1918-1923)
Il regime dei Soviet dovette subito far fronte a gravi
problemi. Il territorio russo era infatti imperversato
dalla guerra civile fra l’Armata Rossa (comunisti e
rivoluzionari) e l’Armata Bianca (antirivoluzionari,
monarchici, democratici e conservatori),
l’economia era in forte crisi e vi erano spinte
indipendentistiche dei popoli slavi. Per far fronte
alla grave crisi economica, il governo russo emanò
il cosiddetto Comunismo di guerra che prevedeva la
nazionalizzazione delle fabbriche, la
subordinazione delle attività produttive, la
costruzione di un ampio apparato burocratico capace di controllare un così vasto territorio. Ma
si rivela un grosso fallimento che fece calare ulteriormente la produzione. Il direttivo, allora,
accentrò il potere nelle sue mani. Venne varato il nuovo piano di politica economica (N.E.P.)
che riuscì però a dare risultati soltanto nel settore agricolo, dove portò un maggiore
arricchimento dei contadini proprietari terrieri.
Dopo Lenin
Alla morte di Lenin si assistette allo scontro per la successione fra Stalin, favorevole al
Socialismo operai solo in U.R.S.S., e Trotsky, che invece era a favore dell’esportazione della
rivoluzione. Lo scontro si concluse con la vittoria di Stalin che riuscì ad accentrare il potere
interamente nelle sue mani. La dittatura Staliniana si basava sulla mitizzazione della figura di
Stalin, sull’eliminazione fisica degli avversari.
Fascismo
Il fascismo è un movimento fondato in Italia da Benito Mussolini nel 1919 con la conseguente
conquista del potere nel 1922. Ma come siamo arrivati a tutto questo?
Le cause
Furono molteplici le cause che portarono al fascismo dopo la Grande Guerra come le
gravissime perdite umane, i contrasti interni causati da malcontenti, l’inefficienza economica,
ma più di tutto ha influito il suo successo il presentarsi come unica valida alternativa al
pericolo comunista che, dopo la Prima Guerra Mondiale, si verifica in Italia a causa di una
forte pressione dalla sinistra, accentuata dalla vittoria del bolscevismo in Russia nel 1917. A
tale ondata, la vecchia classe politica liberale non riesce a far
fronte in modo credibile e deciso.
Il biennio rosso e i fasci di combattimento
Gli operai abbinavano alle loro rivendicazioni economiche,
ideologie politiche sull’esempio della rivoluzione russa, tutto
ciò avrebbe portato al “biennio rosso” (1919-1920)
caratterizzato dall’occupazione e dallo sciopero delle fabbriche
di Torino da parte degli operai che si ispirarono anche al motto
diffusosi in Europa “fare come in Russia”. È in questo scenario che si inserì Mussolini che,
finita la guerra, nel 1919 fondò i fasci di combattimento.
Da movimento a partito
Il movimento fascista tentava di fondere i motivi nazionalistici con la politica contro
l’inefficienza del parlamentarismo. Mussolini capì che poteva acquistare il potere con la forza
dei proprietari terrieri e industriali, pronti ad appoggiare chiunque fosse disposto ad usare la
“mano forte”. Così la propaganda fascista in poco tempo acquistò terreno.
L’esaltazione al nazionalismo accentuò il ricorso ai metodi della violenza fisica con
l’intervento delle squadre d’azione. Nel 1921 il movimento fascista divenne un partito.
La marcia su Roma e le relative conseguenze
La Marcia su Roma, che fu una parata propagandistica di fronte alla quale il Re Vittorio
Emanuele III si genuflesse affidandogli il compito di formare il Governo Mussolini, non fu
tuttavia la conquista del potere, ma il cammino verso il potere. Mussolini ottenne così una larga
maggioranza della Camera. L’avvio verso un sistema dittatoriale cominciò con
l’inquadramento delle camice nere nelle Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale con il
doppio scopo da parte di Mussolini di potersene servire contro i nemici politici ed esercitare un
controllo diretto sul braccio armato del suo stesso movimento.
Processo di fascistizzazione dello stato
Nel 1924 con la legge Acerbo, non solo mise a tacere
le intimidazioni fasciste, ma accentuò le violenze sui
brogli elettorali, che il deputato socialista Matteotti
denunciò alla Camera, anche se l’atto coraggioso gli
costò la vita. Inoltre eliminò di fatto il sistema
proporzionale fissando un premio di maggioranza
pari ai 2/3 dei seggi per la lista che avrebbe ottenuto
più del 25%.
Furono varate le leggi fascistissime che consacrarono
la nuova struttura e lo strapotere dello Stato. Ogni
speranza legalitaria o di riporto alla legalità del fascismo cadeva. Essa moriva con la
soppressione della libertà di stampa, le persecuzioni contro gli antifascisti, col ripristino della
pena di morte, l’istituzione dell’ O.V.R.A. polizia politica segreta, venne sostituita la nomina
governativa della podestà e della consulta.
Il Parlamento risultò svuotato di ogni prerogativa e le elezioni del 1929 vennero ridotte a
semplici plebisciti di approvazione di una “lista unica” di deputati designati dal Gran Consiglio
del Fascismo dove Mussolini poté contare su una Camera tutta composta da fascisti. Il
consenso al fascismo fu imposto soprattutto con il Tribunale speciale che reprimeva ogni forma
di opposizione.
L’organizzazione paramilitare della scuola (l’istituto dell’Opera nazionale Balilla) intervenne,
fin dalle prime classi elementari, sul processo di formazione educativa dei giovani secondo il
principio del “credere, obbedire, combattere”.
Un accordo con la Chiesa cattolica, realizzato attraverso i Patti Lateranensi del 1929, portò alla
conciliazione fra lo Stato e la Santa Sede, così da garantire a Mussolini l’appoggio delle più
alte gerarchie ecclesiastiche.
L’ascesa del fascismo culminò nel 1936 con la conquista dell’Etiopia. Nel 1938-39 Mussolini