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Nella seguente tesina di maturità viene analizzata la parola, la quale è da sempre considerata come un potente mezzo di persuasione.
Persuasione, un’arte, per così dire, affascinante che ha accompagnato e accompagna tutt’oggi l’uomo. Se la si utilizza con i giusti mezzi, soprattutto con la giusta bravura, si è in grado di ottenere qualsiasi cosa, positiva o negativa che sia.
Perché? Quello che da sempre ha colpito l’uomo sono state la bellezza e l’eleganza dell’arte, e il miglior modo per renderla un mezzo di coinvolgimento potente ed efficace è quello di ricorrere all’uso della parola, ma questa non deve essere costituita da un linguaggio comune: essa deve essere ricca di quanti più possibili aforismi e termini ricercati.
Così facendo, infatti, la parola riesce ad essere un efficace mezzo di persuasione, ed è proprio sentendo quel particolare linguaggio che attrae fortemente l’uomo. Ed è proprio il binomio parola-persuasione che è riuscito nella storia ad emergere e a progredire grazie ad una serie di personaggi – il filosofo Empedocle di Agrigento fu il primo a dare lezioni di eloquenza – dando vita ad una vera e propria disciplina: la retorica, ossia l’arte di parlar bene con lo
scopo di persuadere, a prescindere da tutto il resto, anche talvolta dai contenuti.
Poco importa se gli oratori lo abbiano fatto per scopi encomiabili o deplorevoli; piuttosto quello che colpisce l’uditorio è la loro bravura intellettuale di connettere tra loro diverse proposizioni ed elementi con un linguaggio affascinante e ricercato. In questo modo riescono ad ottenere un elevato consenso attraverso la cosiddetta performance oratoria che può sembrare un semplice discorso ma in realtà è il frutto di uno studio particolarmente attento nella ricerca delle
parole, nell’intonazione della voce, nei gesti e nello sguardo, anch’essi ritenuti molto efficaci. La tesina quindi, attraverso tutta una serie di collegamenti interdisciplinari, permette di analizzare un'analisi della parola, che viene descritta come mezzo di persuasione.
Parola come mezzo di persuasione tesina
Italiano - L'oratoria politica di D'Annunzio.
Storia - Discorso demagogico di Mussolini.
Latino - Quintiliano, Institutio Oratoria.
Greco - Lisia, Apologia per l'uccisione di Eratostene.
Filosofia - Arthur Schopenhauer, L'arte di ottenere ragione.
Inglese - George Orwell, 1984.
Biologia - Sistema nervoso, il linguaggio interiore.
I taliano
Gabriele D’Annunzio e l’oratoria politica
Gabriele D’Annunzio è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo, aviato-
re, uomo militare e politico, simbolo del Decadentismo italiano ed anche un eroe
di guerra. Occupò una posizione importante nella letteratura italiana da essere
soprannominato il “Vate”; come esponente politico lasciò un segno tangibile nel-
la sua epoca e negli eventi che gli si sarebbero succeduti.
Fin dalla tenera età egli amò essere al centro dell’attenzione con un atteggia-
mento competitivo nei confronti della realtà tanto da fingere la sua morte con una
finta caduta da cavallo, notizia che puntò l’attenzione su di lui e sulla sua fami-
glia – cosa che egli di fatto voleva – smentendo successivamente la falsa notizia.
Nel frattempo, col passare degli anni la sua notorietà era in completa ascesa.
Negli anni immediatamente precedenti il Primo
conflitto mondiale, nella mentalità collettiva e negli
ambienti culturali di tutta l’Europa si affermò un dif-
fuso atteggiamento di esaltazione, accompagnato da
contenuti politico-ideologici. D’Annunzio intuì lo smi-
surato potere che si può trarre dai mezzi di comunica-
zione di massa e compartecipò a questo fenomeno fino
a divenirne uno dei maggiori propugnatori scommet-
tendo sulla sua formazione avvenuta a Roma, dove il
particolare ambiente culturale e mondano favorirono
lo svilupparsi del suo stile raffinato e comunicativo.
Il piacere fisico e gestuale della parola ricercata, del-
la sonorità fine a sé stessa, della materialità del suono
proposta come aspetto della sensualità, aveva già carat-
Laudi;
terizzato la poetica delle ma con le opere teatrali egli aveva maturato uno
stile il cui scopo era conquistare fisicamente il pubblico in un rapporto sempre
più diretto e meno letterario. Le concezioni estetiche dannunziane interpretano
la letteratura come strumento privilegiato di conoscenza; naturalmente, non si
tratta di una conoscenza razionale, ma piuttosto di intuizione o di illuminazione.
Non sorprende allora che la sua attività di scrittore sia caratterizzata da un’in-
stancabile ricerca linguistica.
mito di Roma
Facendo leva sul e su una vasta mitologia nazionale post-risorgi-
mentale, creò un modulo retorico dall’aspetto al contempo combattivo ed elitario:
l’abbandono della prosa letteraria e l’immersione nel rito collettivo della guerra
si presentò come un tentativo di conquistare la folla, da un lato per dominarla
dall’altro per annullarsi in essa, nell’ideale comunione totale tra capo e popolo. E
in queste orazioni il popolo prendeva le forme impressionistiche dell’«umanità
agglomerata e palpitante», mentre il capo era un re-filosofo, ora riproposto come
profeta della patria. - 5 -
Con le orazioni egli cercava di mettersi in risalto, di-
stinguendosi e coniando nuovi termini e modi di dire
che colpivano l’auditore passati alla storia come “mot-
ti dannunziani”: (ricorda di osare sempre)
Memento Audēre Semper
Forse il motto più famoso, nasce utilizzando le me-
desime iniziali della sigla MAS (motoscafo armato
SVAN) con cui d’Annunzio fu protagonista in una leg-
gendaria impresa bellica chiamata “beffa di Buccari”.
Ardisco Non Ordisco
Fu lanciato all’indomani del discorso all’Augusteo
di Roma nel maggio del 1919. Fu indirizzato al pre-
sidente americano Wilson che negava la città di Fiu-
me all’Italia.
La retorica bellica di D’Annunzio trovò un largo
consenso nella popolazione, affascinata dal suo cari-
sma e dall’aura di misticità che lo circondava. Egli ela-
borò in questo modo un immaginario per la propagan-
da interventista, la quale sarà la premessa e il prototipo
della propaganda fascista nel primo dopoguerra.
Famosi sono i suoi discorsi politici tenuti davanti a migliaia di persone, discor-
si pronunciati con stili ampollosi e ricercati, pieni di parole eleganti, spesso sco-
nosciute dal popolo, ma pronunciate solennemente a tal punto da accaparrarsi
l’attenzione e tutto il favore da parte di questo.
Passato alla storia è il discorso che tenne il 4 Maggio del 1919 all’Augusteo di
Roma in cui egli incita il popolo a non accettare le condizioni dell’armistizio e dei
trattati di pace, e rivendica l’annessione al territorio italiano di Fiume, territorio
che le potenze alleate vincitrici non avevano assegnato all’Italia.
[…] “Laggiù, su le vie dell’Istria, su le vie della Dalmazia, che tutte sono
romane, non udite la cadenza in un esercito in marcia?
I morti vanno più presto dei vivi.
E per tutto ritrovano essi i segni dei legionari.
Fuori la schiaveria bastarda e le sue lordure e le sue mandrie di porci!
Con le Aquile e col Tricolore, troncati gli indugi, rinnovato il suo maggio,
un’altra volta dal Campidoglio si muove l’Italia.
A NOI!” 1
1 Dal discorso tenuto all’Augusteo di Roma il 4 Maggio 1919
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S toria
Il discorso demagogico di Mussolini
Il potere di condizionamento e persuasione di Mussolini fu così forte che poté
permettersi persino il fortunato slogan “Il Duce ha sempre ragione”, e scriverlo
sui manifesti in tutt’Italia senza temere il ridicolo. Egli è passato alla storia come
uno straordinario oratore di demagogia che riuscì, attraverso le sue grandi abili-
tà, ad “ammaestrare” un intero popolo.
Era dotato di straordinarie ca-
pacità, un vero e proprio maestro
di retorica che riuscì ad accrescere
sempre più il suo potere soprat-
tutto grazie a questo suo aspetto.
Egli, infatti, a dispetto dell’im-
magine che voleva dare di sé,
di uomo colto e illuminato, che
aveva “sempre ragione” per l’ap-
punto, possedeva al contrario una
preparazione culturale piuttosto
approssimativa, era consapevole
dei suoi limiti, e cercava di ma-
scherarli atteggiandosi a uomo di
cultura, intervenendo criticamen-
te su ogni genere di questioni: po-
litiche, letterarie, artistiche e filo-
sofiche. Per i discorsi che teneva egli prendeva dai suoi “modelli” solo ciò che gli
conveniva. Gli interessavano poco le ideologie che considerava non come esempi
ma come maschere dietro cui nascondere la sua sfrenata ambizione per il potere.
I discorsi di Mussolini erano impiantati per colpire la gente, per “assuefarla”
con le parole, la voce e i gesti. Egli possedeva una voce grave e inconfondibile,
dal timbro forte, dei gesti che restavano impressi nella memoria della gente, una
capacità unica di replicare ed improvvisare ma in particolare era il suo sguardo
magnetico a risaltare. Nelle situazioni più drammatiche sapeva trovare sempre la
battuta efficace e lapidaria. La sua retorica non aveva bisogno di logica e spesso
coniava degli slogan, a volte così azzeccati e molto facili da tenere a mente.
“L’Italia o signori, vuole la pace, vuole la tranquillità, vuole la calma labo-
riosa. Noi questa calma, questa tranquillità laboriosa gliela daremo con l’amo-
re se è possibile, e con la forza, se sarà necessario.” 1
1 Dal discorso del 3 gennaio 1925 - 7 -
L
atino
Quintiliano – Institutio Oratoria
L’oratore Marco Fabio Quintiliano fu il primo maestro di retorica ad essere
stipendiato dallo Stato con l’ingente somma di centomila sesterzi annui.
Nacque in Spagna attorno al 35-40 d.C. e già in tenera età si trasferì a Roma
dove ascoltò ed ebbe l’occasione di conoscere e il retore Domizio Afro scoprendo
un grande interesse per la retorica.
Oratoria
Il suo capolavoro è l’Institutio cioè “la formazione dell’oratore”, dedi-
cato a Vittorio Marcello per l’educazione del figlio Geta. Scopo di quest’opera è
fornire un manuale per coloro che desiderano impegnarsi nell’ars oratoria. L’in-
tento di Quintiliano desiderava interessarsi all’educazione superiore: egli pensa
ad una scuola che debba formare il futuro oratore, cioè un uomo pubblico che
vir bonus dicendi peritus.
riprenda la vecchia teoria Catoniana del
Il primo libro fa parte a sé, trattando vari problemi di pedagogia relativi all’i-
struzione “elementare” dalla scelta del maestro, al modo di insegnare i primi
elementi di scrittura e lettura, alla questione se sia più utile l’istruzione pubblica
o privata. - 8 -
Il secondo, invece, chiarisce la didattica del retore, consiglia la lettura di au-
tori “optimi”, né troppo antichi né troppo moderni, esorta gli scolari a praticare
declamazioni attinenti alla vita reale con un linguaggio semplice ed appropriato.
inventio dispositio,
I libri dal III al VII trattano della e della cioè lo studio degli
argomenti da inserire nelle cause e l’arte di distribuirli.
I libri dall’VIII al X, dell’elocutio, ovvero della scelta dello stile e dell’orazione.
facilitas,
Il X libro insegna i modi di acquisire la cioè la disinvoltura nell’espres-
sione; qui, prendendo in esame gli autori da leggere e da imitare, Quintiliano
inserisce un famoso excursus storico-letterario sugli scrittori greci e latini (in
cui compara Cicerone a Demostene), preziosa testimonianza sui canoni critici
dell’antichità (ma i giudizi hanno un carattere esclusivamente retorico).
memoria
L’XI libro parla della e dell’actio, cioè dell’arte di tenere a mente i di-
scorsi e di porgerli. gravissimam”,
Il XII libro (la parte “longe “di gran lunga più impegnativa”
dell’opera) presenta, infine, la figura dell’oratore ideale: le sue qualità morali, i
vir bonus dicendi peritus
principi del suo agire, i criteri da osservare, il di catonia-
na memoria.
L’oratore perfetto deve avere, secondo Quintiliano, una conoscenza a dir poco
“enciclopedica” con un ritorno ai modelli canonici come Virgilio, Orazio e Livio.
Si può parlare di un vero e proprio classicismo quintilianeo.
- 9 -
G
reco
Lisia – Apologia per l’uccisione di Eratostene
Lisia è il modello a cui molti retori della tradizione classica si sono ispirati;
la struttura della sua orazione funse, infatti, da matrice per tutta la produzione
successiva.
L’apologia per l’uccisione di Eratostene è un’orazione dall’ignota data di compo-
sizione. Scopo dell’opera è la difesa del cittadino ateniese Eufileto dall’accusa
di omicidio premeditato, da parte dei parenti dell’ucciso, Eratostene di Oe. La
strategia difensiva adottata dall’autore è semplice ed efficace: dimostrare la le-
gittimità dell’omicidio, in quanto rientrante nel “φόνος δίκαιος» (fonos dicaios),
ossia delitto d›onore, previsto dalla legge di Dracone, sostenendo che l›accusato
abbia compiuto tale gesto a causa della relazione adulterina stretta da Eratostene
con la moglie di Eufileto.
Piuttosto che cercare pathòs ed enfatizzare l’e-
sposizione, preferisce dare un’impronta ben defini-
ta, davanti alla giuria popolare, al personaggio di
Eufileto, delineandolo come cittadino onesto, ancor
prima che marito tradito, il quale agisce per il bene
comune. Lisia realizza ciò grazie ad un linguaggio
semplice e chiaro, privo quasi completamente di fi-
gure retoriche e forme poetiche, utilizzato nei suoi
aspetti più comuni, straordinariamente appropriati
ad un personaggio come Eufileto. Inoltre, evita stra-
tegicamente ogni riferimento al nome di Eratoste-
ne, sempre appellandosi a lui come “quell’uomo” o
semplicemente “l’uomo”, con l’effetto di distaccare
la giuria dall’ucciso, posto sotto la luce dell’illegali-
tà. Anche i personaggi femminili,come la moglie e la complice serva, sono trat-
teggiati in maniera negativa e ritenute infide e pusillanimi, in netta contrappo-
sizione con il “giusto” Eufileto. Grazie a tali peculiarità, l’orazione è un ottimo
esempio del “discorso di parte”, successivamente ripreso dalla tradizione orato-
ria successiva, soprattutto da Cicerone e Quintiliano.
Exordium,
L’orazione è composta da un il cui scopo è catturare l’attenzione e la
Propositio,
benevolenza dei giudici; una destinata all’introduzione dell’argomen-
Narratio,
to; la che rappresenta la parte centrale dell’opera e consiste nel racconto
Refutatio,
degli avvenimenti dal punto di vista del narratore; l’Argumentatio e la
con le quali vengono fornite le prove di innocenza (o colpevolezza) e vengono
Conclusio,