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Storia: storia della radio in Italia
Ecologia: le radiazioni
una trasmissione supera l’ostacolo di una collina; questo esperimento storico concluso con
famose colpo di fucile, celebra la “nascita della radio”. 5
Pagina
2.2 DESCRIZIONE FISICA DELLE ONDE ELETROMAGNETICHE
Le onde elettromagnetiche sono costituite da due componenti accoppiate: un campo elettrico
oscillante (indicato solitamente con la lettera E) e il campo magnetico (indicato invece con
la lettera B) da esso generato. I due campi sono mutuamente
perpendicolari e oscillano in fase in
modo perpendicolare alla direzione
di propagazione determinando così
il carattere trasversale dell’onda.
Essi sono inoltre tra loro dipendenti
conoscendo l’uno, l’altro è
cosicché
perfettamente determinabile ed è
calcolabile utilizzando le equazioni
di Maxwell.
La lunghezza d'onda è la distanza
tra un punto in un ciclo e il punto corrispondente nel ciclo successivo (vedi figura), varia da
alcuni picometri come i raggi gamma, a parecchi chilometri come le onde radio.
Legata alla lunghezza d'onda, attraverso la velocità dell'onda stessa, è la frequenza misurata
in Herz in onore del famoso fisico. Essa consiste nel numero di lunghezze d'onda che passa
per un dato punto nell'unità di tempo ed è in ricavabile dal rapporto c = f
Nelle onde elettromagnetiche, inoltre, viene definita col termine polarizzazione la direzione
lungo la quale il campo elettrico oscilla durante la propagazione dell'onda Essa può essere
principalmente di tre tipi: lineare, circolare o ellittica.
Nel vuoto l'onda elettromagnetica si propaga, nella direzione perpendicolare al piano
identificato dalle direzioni delle due oscillazioni dei campi elettrico e magnetico, con una
velocità costante e pari a quella della luce ovvero 299792,458 km/s, circa 3x108 m/s. Tale
valore è stato assunto dalla fisica come valore esatto, privo di incertezza, ed è indicato con la
costante c.
La velocità di propagazione è inoltre indipendente dalla velocità della sorgente come da
quella dell'osservatore.
Nei mezzi materiali non conduttori invece la velocità delle onde è minore di quella nel vuoto
ed è ricavabile dall'equazione v = c / n dove n è l'indice di rifrazione del mezzo che può
6 però assumere valori diversi al variare della frequenza d'onda.
Pagina 2.3 LA VELOCITA’ DELLA LUCE
La prima valutazione quantitativa della
velocità della luce non fu ottenuta infatti
mediante un esperimento terrestre, ma
attraverso un esperimento che utilizzava
come sorgente luminosa un satellite di
Giove e come distanza quella esistente fra
questo pianeta e la Terra.
Il progetto e la realizzazione
dell’esperimento fu opera di Roemer e Un osservatore A, fermo rispetto a M, vede la sorgente
venne eseguito nel 1675. luminosa S ricomparire dalla parte posteriore del
Per comprendere il principio che sta alla mappamondo a intervalli di tempo T; nel secondo caso
A si muove a velocità costante verso M
sua base conviene considerare prima la
seguente analogia.
Si immagini che una sorgente luminosa S ruoti attorno a un mappamondo M con velocità
angolare costante impiegando un tempo T a compiere un giro completo. Un osservatore
fermo rispetto al mappamondo vedrà allora la sorgente S
scomparire dietro il mappamondo e poi ricomparire a
intervalli regolari di tempo di durata pari a T.
Supponiamo ora che l’osservatore A sia in moto rispetto al
mappamondo, ad esempio che si stia muovendo verso di
esso con velocità costante v.
Nel tempo T durante il quale S compie un intero giro
intorno a M, l’osservatore A sarà avanzato di un tratto AB
verso M. Perciò, ora, la luce che S emette nell’istante in
cui ricompare dalla parte posteriore di M impiegherà, per
ritornare ad A, un tempo inferiore a quello che essa
impiegava a compiere la stessa operazione quando A era
fermo rispetto a M. Misurata la differenza fra questi due
tempi e misurato il tratto AB, si può determinare
facilmente la velocità della luce.
Roemer utilizzò come “mappamondo” il pianeta Giove,
come sorgente luminosa S uno dei quattro satelliti medicei
e come tratto AB la distanza percorsa dalla Terra verso
Giove nel tempo impiegato dal satellite a percorrere la sua
L’eclissi della luna di Giove orbita gioviana. Ecco allora che, posta la terra in B, noto il
avviene più tardi di quanto dell’astronomo Cassini 7
ritardo t rispetto alle previsioni
calcolato, quando la Terra si Pagina
valide quando la terra è in A, dovuto al tempo che la luce
allontana da Giove. Ciò permise a
Roemer di valutare la velocità della
luce
impiega per percorrere il tratto AB, si poté dare una stima della sua velocità:
2 r
c 3 E 08
m / s
t
Questo valore, estremamente elevato per quei tempi, fu accolto con molto scetticismo, ma
costituì un dato estremamente significativo, poiché per la prima volta attestava il fatto che la
velocità della luce era finita, sebbene molto elevata. I dubbi furono dissipati circa
cinquant’anni più tardi, quando James Bradley scoprì il fenomeno dell’aberrazione stellare.
Le prime misure nelle quali si fece ricorso solo a distanze terrestri furono eseguite da Fizeau
nel 1849. Un raggio di luce proveniente dalla sorgente S passa prima attraverso una lamina
semitrasparente S1 e quindi attraverso uno dei cavi di una ruota dentata R. Dopo essersi
riflesso sullo specchio S2 posto a distanza L dalla ruota R, il raggio di luce ritornerà su se
stesso e, dopo una nuova riflessione sulla lamina semitrasparente S, penetrerà nell’oculare O.
Con la ruota R ferma, un
osservatore posto in O vedrà
uno stato di luminosità continua.
Supponiamo ora di mettere in
moto la ruota R con velocità
angolare lentamente crescente.
All’inizio, quando la velocità è
ancora bassa, in O si Schema dell’esperimento di Fizeau per la determinazione della
osserveranno lampi di luce velocità della luce. I numeri progressivi indicano il cammino della
luce
intermittenti in quanto la luce
una volta passerà attraverso un cavo della ruota e un istante dopo verrà fermata dal dente
contiguo a esso.
A un certo punto però, quando cioè la velocità angolare della ruota è tale per cui il tempo
impiegato da un dente a sostituirsi al cavo contiguo è identico al tempo impiegato dalla luce
l’osservatore posto in O non vedrà più alcuna luce. Nelle
a percorrere il tragitto R-S2-R,
condizioni sopra precisate infatti, la luce che, partita da S, attraverserà un cavo della ruota R,
incontrerà, al suo ritorno, il dente contiguo e non potrà giungere nell’oculare. La misura della
velocità angolare della ruota che realizza questa condizione di oscuramento e la misura
della distanza R-S2-R consentono ora di determinare la velocità di propagazione della luce.
t
l’angolo che insiste su un dente (o su un cavo) della
Infatti, indicato con ruota, il tempo
impiegato da un dente a sostituire un cavo vale:
8
Pagina
t
e d’altra parte è anche:
2RS
2
t c
da cui: Particolare della ruota dentata rotante
con evidenziato il passaggio della
raggio luminoso tra le gole
2RS
2
c
Con questa tecnica sperimentale Fizeau ottenne per c il valore di 3,15E08 m/s. La distanza
fra R e S2 era però di quasi nove chilometri e questo ci fa capire che anche questo tipo di
esperimento non poteva essere eseguito in un normale laboratorio.
Oggi conosciamo la velocità della luce della luce nel vuoto con molta precisione, essa vale:
c = 299 792 456,2 m/s 9
Pagina
2.4 DUALISMO ONDA-PARTICELLA
In fisica con l'espressione dualismo onda-particella (o dualismo onda-corpuscolo) ci si
riferisce al fatto, espresso all'interno del principio di complementarità, che le particelle
elementari, come l'elettrone o il fotone, mostrano una duplice natura, sia corpuscolare sia
ondulatoria.
Tale evidenza nasce dall'interpretazione di alcuni esperimenti compiuti all'inizio del XX
secolo: ad esempio l'effetto fotoelettrico suggeriva una natura corpuscolare della luce, che,
d'altra parte, manifestava proprietà chiaramente ondulatorie nel fenomeno della diffrazione.
Il paradosso rimase fino alla formulazione completa della meccanica quantistica, quando
finalmente si riuscì a descrivere i due aspetti in maniera unificata.
Il dibattito sulla natura corpuscolare o ondulatoria della materia nasce nel XVII secolo in
seguito alla contrapposizione fra le teorie di Isaac Newton e di Christian Huygens sulla
natura della luce.
In base alle osservazioni effettuate intorno al 1669 del danese Rasmus Bartholin e ai
successivi studi del francese Augustin Jean Fresnel, si stabilì che la luce era composta da
onde trasversali.
Nel 1801 l'inglese Thomas Young eseguì un esperimento, ormai diventato celebre, che
avvalorava la natura ondulatoria: due raggi di luce (originati dalla divisione di un unico
raggio di partenza) colpivano due fenditure, successivamente intersecandosi e interferendo
tra loro. L'area di intersezione non risultava più luminosa, come ci si sarebbe aspettato da un
modello particellare, ma presentava bande più o meno luminose alternate, creando
un'immagine di interferenza come prevede il modello ondulatorio.
Con le equazioni di Maxwell si comprese che la luce era solo una parte dello spettro della
radiazione elettromagnetica.
Il modello ondulatorio di Huygens sembrava quindi quello corretto fino agli inizi del
Novecento, quando nel 1905 Einstein, con un lavoro che gli valse il premio Nobel, giustificò
l'effetto fotoelettrico postulando l'esistenza di quanti di luce (che negli anni venti saranno
chiamati da Gilbert N. Lewis fotoni). In tale lavoro, che si ispirava al concetto di quanto di
energia introdotto da Max Planck, compariva un'equazione di fondamentale importanza che
lega l'energia E di un fotone con la frequenza della luce ν:
(h è la costante di Planck)
Louis de Broglie ipotizzò che tutta la materia avesse proprietà ondulatorie: ad un corpo con
p veniva infatti associata un'onda di lunghezza d'onda λ:
quantità di moto
10
Pagina Nel 1924 i fisici Clinton Joseph Davisson e Lester Halbert Germer confermarono le
previsioni della formula di de Broglie dirigendo un fascio di elettroni (che erano stati fino ad
allora assimilati a particelle) contro un reticolo cristallino e osservandone figure di
diffrazione. Esperimenti simili furono condotti diversi anni più tardi ricorrendo ai neutroni, ai
protoni e a particelle più pesanti.
La meccanica quantistica spiega bene i risultati sperimentali suddetti, nonché quelli
dell'esperimento di Young nella variante condotta con elettroni e giustifica il dualismo onda-
particella. 11
Pagina
2.5 SPETTRO ELETTROMAGNETICO
L'intero intervallo delle frequenze che può assumere un'onda elettromagnetica viene
chiamato spettro elettromagnetico.
La frequenza di un'onda elettromagnetica può assumere un qualsiasi valore positivo ed è
fλ )
inversamente proporzionale alla lunghezza d'onda ( c = e direttamente proporzionale
all'energia ( E = hf )
Onde con diversa frequenza d'onda necessitano quindi di sistemi di generazione differenti e
presentano caratteristiche diverse che le rendono più o meno adatte a particolari utilizzi.
Lo spettro elettromagnetico è stato suddiviso in più regioni, generalmente in base al tipo di
sorgente e all'utilizzo della radiazione, che ci permette una rapida catalogazione delle onde
elettromagnetiche. Spesso il confine di divisione di queste regioni non è netto poiché onde a
determinate frequenze vengono prese in considerazione da più branche della scienza che le
utilizzano in modi diversi.
12
Pagina RADIAZIONI INIONIZZANTI
Lo spettro elettromagnetico, in base all’energia, può essere diviso in due grandi gruppi:
radiazioni ionizzanti e radiazioni non ionizzanti. In questo paragrafo tratterò delle
radiazioni ionizzanti che vengono
definite come quelle radiazioni dotate
di un’energia sufficiente ad ionizzare
gli atomi o le molecole con cui
vengono in contatto.
Per allontanare gli elettroni dall’atomo
o molecola bisogna fornirgli un certo
lavoro, ovvero una certa energia.
L’energia minima di ionizzazione è di 13,6 eV (un eV è l’energia fornita ad un elettrone nel
ad una differenza di potenziale di 1 V), l’energia necessaria ad ionizzare un
vuoto sottoposto