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Sintesi
Inglese: the origins of the term "the Big Apple"

Italiano: il flusso migratorio italiano verso gli stati uniti nel '900

Matematica: tabelle sulle principali mete dell'emigrazione, grafico su andamento delle partenze e dei rientri degli emigranti

Italiano: "Italy" di Giovanni Pascoli

Spagnolo: el fenomeno del "espanglish"

Storia dell'arte: Keith Haring e il graffitismo

Francese: La statue de la liberté
Estratto del documento

L’emigrazione italiana negli Stati Uniti

Dalla fine dell'800 in poi, milioni di italiani, per la maggior parte contadini,

provenienti sia dal meridione che dalle regioni del Nord, partirono verso gli

Stati Uniti d'America, oppure in altri paesi in via di sviluppo bisognosi di

manodopera, come l’ America latina, il Canada, l' Australia e alcuni Paesi

occidentali europei come Germania, Belgio, Francia e Svizzera.

Il primo periodo di forte emigrazione si manifestò tra la fine dell' ‘800 e l'inizio

del ‘900. Nel primo decennio del nuovo secolo, l'Italia

perse più di due milioni di abitanti. Lo scoppio

della prima guerra mondiale, interruppe il movimento migratorio durante il

conflitto, ma il flusso verso le terre straniere riprese appena questo finì. Dal

1931 ci fu un secondo arresto, dovuto intanto agli Stati Uniti d'America che

limitarono il numero di emigranti , e poi anche al nostro governo che frenò

l'emigrazione all'estero in quel periodo.

Non molti anni dopo, durante il secondo conflitto mondiale, l'arresto del flusso

migratorio fu ancora più cospicuo; questo era dovuto al fatto che i cittadini

italiani residenti in alcuni paesi stranieri, venivano considerati "nemici", poiché

l'Italia era considerata un nemico politico da combattere.

La seconda ondata di emigrazione ci fu subito dopo il secondo conflitto

mondiale, tra il 1946 e il 1971, e riprese considerevolmente, continuando a

registrare la perdita di intere generazioni di lavoratori.

I controlli sugli emigranti iniziavano dalle città di partenza ed erano necessari

alcuni giorni per poter effettuare tutte le visite mediche ai passeggeri prima di

salpare dal porto. Per chi raggiungeva

le Americhe, l‘attraversamento dell’oceano durava diversi giorni, fino l’arrivo

nella baia dove è situato il porto di New York in cui si trova Ellis Island, una

delle quaranta isole delle acque di New York divenuta famosa dal 1894 in

quanto stazione di smistamento per gli immigranti; questa venne adibita infatti

a questa nuova funzione quando il governo federale assunse il controllo del

massiccio flusso migratorio. I controlli erano severi, nel giro di alcune ore

veniva deciso il destino di intere famiglie, un fatto che fece rinominare Ellis

Island “Isola delle lacrime”.

Quando gli Stati Uniti entrarono nella prima guerra mondiale nel 1917, l’isola

divenne principalmente campo di raccolta e di smistamento per deportati e

perseguitati politici. L’immigrazione diminuì sensibilmente all’inizio della prima

guerra mondiale e i decreti sull’immigrazione emanati nel 1921 e del 1924

posero fine alla politica di “porte aperte” degli Stati Uniti.

Cittadini giapponesi, italiani e tedeschi furono detenuti a Ellis Island durante la

seconda guerra mondiale e il centro venne utilizzato principalmente per la

detenzione fino alla sua chiusura, il 12 novembre 1954.

Oggi Ellis Island è sede del Museo dell’Immigrazione. Le esposizioni del Museo,

oltre a mostrare oggetti cari portati dalla terra di origine come vestiti, tessuti,

fotografie, utensili, illustrano la storia dell’isola e mostrano come gli

immigranti venissero ispezionati.

Grafico sulle mete delle immigrazioni italiane

1876-1976

Dal grafico si può notare che l’emigrazione europea, prendendo come punto di

riferimento un periodo che va dal 1876 al 1976, interessò un totale di circa 25

milioni di persone.

Inizialmente gli italiani del Nord d’Italia predilessero i principali Paesi Europei

come Francia, Svizzera, Germania e Belgio. La scelta non fu casuale: infatti,

dovendo spesso partire solo gli uomini per lavorare, essi preferirono non

allontanarsi troppo da casa e dalla famiglia.

La maggior parte degli italiani del meridione invece, in condizioni ancora più

misere, decisero di abbandonare il proprio continente e dirigersi verso Paesi o

in via di sviluppo o bisognosi di manodopera come l’America latina, il Canada e

l’Australia. Nel grafico

sottostante sono rappresentati il numero di partenze e quello dei rientri, e da

questo si nota che solamente una piccola parte di coloro che avevano

abbandonato la propria patria ne fecero ritorno.

“Italy” di Giovanni Pascoli

Il poemetto “Italy” fu scritto da Giovanni Pascoli nel 1904 e inserito nella

raccolta di poesie ispirate alla vita delle campagne “Poemetti”. Il testo,

composto da due canti, tratta il drammatico problema dell’emigrazione che, tra

la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, vide milioni di europei

abbandonare la propria patria in cerca di un lavoro e di condizioni di vita

migliori. Pascoli, prendendo spunto

da una vicenda realmente accaduta ad una famiglia, costruisce una

commovente storia di emigrazione, dolore, sofferenza, morte. Due fratelli,

Ghita e Beppe, ritornano dall’America alla propria terra natale con la loro

nipotina Molly, gravemente ammalata di tisi, nata in terra straniera.

Inizialmente Molly detesta l’Italia, ma poco dopo grazie al bellissimo rapporto

che instaura con la nonna, riesce a trovare qualche motivazione per

apprezzarla . Purtroppo il finale della vicenda non è totalmente positivo in

quanto la bambina guarisce dalla grave malattia e riesce a tornare in America

conservando un bellissimo ricordo dell’Italia, ma la nonna si ammala

gravemente e qualche tempo dopo muore.

Quest’opera racchiude in se stessa molti temi appartenenti alla poetica

dell’autore. Infatti, siamo a conoscenza del fatto che per Pascoli l’ideologia di

base viene espressa nella celebrazione del nucleo familiare . Questa idea della

famiglia, interpretata come un qualcosa di chiuso e da custodire gelosamente,

va paragonata all’idea del “nido”. Solo che, in questo caso, il “nido” non viene

più visto in modo intimo e personale, ma va ad inglobare l’intera Nazione.

Inoltre, si collocano in questa zona privata le radici del nazionalismo

pascoliano. È proprio per questo che egli parla con così tanto coinvolgimento

dell’emigrazione. Questa diviene per lui come un dramma, in quanto per lui

l’italiano che è costretto a lasciare il suolo della patria è come colui che viene

strappato dal “nido”, luogo in cui si conservano le radici più profonde del

proprio essere.

Questo componimento, però, non è solamente importante dal punto di vista

ideologico, ma anche dal punto di vista linguistico. Infatti Pascoli attua una

fusione di dialetto, di linguaggi gergali, e di lingua straniera, per accentuare

maggiormente la differenza e la confusione che si vengono a creare in una

situazione tanto drammatica e sofferente. In particolare, Pascoli mescola

l’italiano con l’inglese, che viene utilizzato dagli emigranti e dalla bambina; ma

le cose davvero sorprendenti sono che Pascoli ha la capacità di fare rimare

parole inglesi con termini italiani, e italianizzare alcune parole inglesi.

Infine, compare in “Italy” una tematica tipica del Decadentismo, quella del

rifiuto della modernità. Si nota infatti che la descrizione di quel piccolo paese

della Garfagnana, e quindi il vagheggiamento di un modo semplice, richiamano

l’evasione che vuole attuare Pascoli dalla società. Parlando quindi della

modestia legata a quel piccolo borgo, il poeta si pone, a mio giudizio, in

contrasto con la civiltà contemporanea rappresentata dagli emigrati americani.

El fenómeno del “espanglish”

En las zonas del los Estados Unidos con alta concentración de gente de origen

hispanoamericano, se encuentra un fenómeno lingüístico llamado “espanglish”.

Este fenómeno es el resultado del contacto de dos lenguas, el inglés y el

español. Se puede afirmar que los origenes del “espanglish” datan de la

llegada de los anglos-americanos al suroeste de los Estados Unidos a mediados

del siglo XIX. Además varios hechos históricos, como la llegada de Cristóbal

Colón a America junto a la entrada continua de inmigrantes hispanohablantes,

contribuyen a la manutención del fenómeno. Junto con la afluencia creciente de

hispanohablantes y su distribución por todo el territorio estadounidense, el

“espanglish” se ha convertido en un fenómeno cultural que se nota en todos

los aspectos de la vida, también en los medios masivos de comunicación,

aunque si factores como nacionalidad, edad y posición social hacen que este

fenómeno sea muy diversificado. El término “espanglish” apareció por primera

vez en un artículo escrito dal periodista puertorriqueño Salvador Tío, publicado

en 1952. En general, este término tenía una connotación negativa: en efecto,

era usado para criticar la manera de hablar de los hispanos dentro de lo

Estados Unidos. En los estados de California, Nueva York, Florida y Texas, las

ciudades más populosas como Los Ángeles, Miami, Houston, Nueva York y San

Antonio son las áreas donde prevalece la influencia del “espanglish”. El

impacto que ha generado el spanglish ha despertado numerosas polémicas con

respecto a si el español ha perdido su pureza de una forma irremediable como

resultado de este proceso, a si el inglés se hará menos inglés en la lengua de

los latinos, a si el spanglish es un idioma legítimo, a quién lo utiliza y por qué y

a cuáles son sus perspectivas, entre otras. Otro experto, el profesor mexicano

Llán Stavans, compara este fenómeno al "Yiddish" (la mezcla entre hebreo y

alemán) fue más lejos y, para azuzar la polémica, no sólo publicó un diccionario

de spanglish, sino que además tradujo la obra cumbre de Miguel de Cervantes,

"Don Quijote de la Mancha". Los opositores españoles, llamados “puristas”,

piensan que este fenómeno contribuye a devaluar al idioma español y

representa un grave peligro para el progreso de la cultura hispánica en Estados

Unidos. En conclusión, se ve por lo tanto que el “espanglish” permanecerá

siendo una parte de la cultura estadounidense y si las predicciones sobre el

crecimiento de la población hispana se convierten en realidad, se presume que

el uso del “espanglish” continuará creciendo.

Keith Haring

Keith Haring nasce nel 1958 in Pennsylvania. Dopo avere studiato grafica

commerciale a Pittsburgh, si trasferisce a New York nel 1978, iscrivendosi alla

School of Visual Arts. I suoi terreni d’azione sono la strada e la metropolitana:

siamo negli anni in cui esplode il fenomeno del Graffitismo, inizialmente

illegale, tanto che l’artista viene arrestato più volte. Haring ne diventa

protagonista, grazie a quel segno immediatamente identificabile, alla velocità

del gesto, alla fantasia delle scene realizzate a fronte di una serie di personaggi

sempre ripetuti che ricordano contemporaneamente il disegno infantile e le

figurazioni precolombiane. Tutte le superfici di cui Haring dispone vengono

ossessivamente ricoperte di graffiti, senza alcuna distinzione di supporto e

senza lasciare alcuna porzione di spazio libera.

Nel 1980 decora con graffiti i muri interni della metropolitana di New York,

Subway Drawings. Haring definisce questo spazio il suo

laboratorio, in quanto ha la possibilità di scambiare opinioni e pareri con le

migliaia di persone che ogni giorno utilizzano questo mezzo di trasporto.

In breve tempo acquista una grande notorietà. Intanto partecipa a mostre

importanti, apre catene di negozi, i Pop Shop, che vendono i suoi gadget. Egli

dichiara di fare immagini universalmente leggibili e di immediata

comprensione, tuttavia le sue opere, per lo più senza titolo - metafore della

società nelle quali l’uomo, ridotto a una figura schematica e anonima, appare

vittima inerte di un inarrestabile consumismo - lasciano un ruolo importante

all’interpretazione dell’osservatore, il quale cerca invano una risposta agli

interrogativi esistenziali posti dall’artista. La visione di Haring è sempre

bidimensionale. Anche quando l'artista si cimenta con la scultura i suoi

personaggi si muovono come su uno schermo dove vengono proiettate storie

semplici. Segni semplici, contorni netti, pochi colori brillantissimi ma visibili

sono gli ingredienti per una percezione veloce, come è quella richiesta dai

graffiti metropolitani. Protagonista di un modo di vita esagerato, stroncato a

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