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Italiano: Eugenio Montale; Giovanni Verga
Storia: la guerra fredda
Scienze: il moto di rotazione della Terra
Inglese: Oscar Wilde
Fisica: la forza centripeta
Matematica: il calcolo del baricentro
Design: realizzazione del padiglione espositivo "Degas Museum"
Storia dell'arte: Edgar Degas
Spesso le discipline scolastiche vengono considerate noiose ma l’aver cercato di collegare tutte le
materie ( anche le più improbabili) alla danza mi ha permesso di interessarmi a queste e di studiarle
con piacere. NIETZSCHE E LA DANZA
Friedrich Nietzsche nasce il 15 ottobre 1844 nei pressi di Lipsia e la
sua riflessione filosofica comincia a partire della sua prima grande
opera “Nascita della tragedia a partire dello spirito della musica”, il
quale rifiutando il classicismo approda al tema della vita ed
all’accettazione del tragico dell’ esistenza e quindi della componente
irrazionale del mondo che coglie nella sua prima fase attraverso
l’arte poiché lo stesso Nietzsche afferma che l’arte è in grado di
spiegare l’essenza della vita e di conseguenza di accettare anche il
tragico dell’esistenza.
Secondo il filosofo la massima espressione culturale della civiltà
ellenica è la tragedia perché in essa si incontrano le due grandi forze
che animano lo spirito greco, l’apollineo e il dionisiaco. Lo sviluppo dell’arte greca è legato al
dualismo di questi due elementi ed è proprio in questa parte del pensiero nietzscheano che la danza
assume grande importanza. L’apollineo deriva dal dio Apollo, padrone di tutte le arti che trasmette
un ideale di equilibrio ed armonia tipico della cultura greca ma, in questi ideali si rispecchia anche
la danza classica che consiste in un codice di movimento definito e strutturato secondo regole
prefissate: la tecnica della danza accademica è fatta di passi, figure e posizioni, codificati in un
vocabolario fisso di modelli di movimento. Il codice della danza accademica pertanto mira a
formare l’artista. Un ballerino classico, infatti, cerca di avvicinarsi al massimo a un modello che
necessariamente resta astratto ed intellettuale, in quanto non nasce come il risultato diretto delle sue
esigenze espressive, ma è sempre aprioristicamente strutturato secondo i canoni puramente estetici.
Questo punto è di importanza fondamentale per chiarire una delle differenze più decisive tra danza
classica e danza moderna: mentre la prima si serve sempre di un linguaggio unico, la seconda
viceversa consiste in una molteplicità di linguaggi diversi, in quanto ogni artista crea il suo codice
per comunicare. Ed è proprio in questo momento che subentra il
dionisiaco, infatti la danza moderna con la sua volontà di ricerca di moduli
espressivi originali, al di là degli schemi statici e artificiosi imposti dalla
lunga tradizione del balletto classico corrisponde proprio allo spirito di
Dioniso, dio dell’ebbrezza e rappresentante della trasgressione, dell’andare
oltre le regole alla stessa stregua della danza moderna che cerca di liberarsi
dai canoni e dalla rigida disciplina della danza classica per approdare in
una pura libertà del movimento.
Nell’ antica Grecia esistevano proprio due distinti filoni:la danza apollinea e la danza dionisiaca che
corrispondevano ai due poli filosofico-culturali ellenici dell’Ethos e del Pathos; dalla fusione dei
due filoni si generò la danza teatrale e quindi la tragedia dove, per Nietzsche, apollineo e dionisiaco
si fondono nella perfetta sintesi costituita dal canto, dalla danza e dall’azione drammatica .
Di seguito Nietzsche propone una rinascita della cultura tragica con l’obiettivo di migliorare la
cultura decadente della sua epoca. Vagheggia ora un progetto di rinascita dell’umanità che ha per
protagonista la figura del genio, artista che inventa e produce cultura ed è in grado si sacrificare se
stesso pur di arrivare alla verità, ossia all’intuizione dell’essenza tragica della vita.
L’uomo dell’Ottocento diventa oggetto di una forte critica del filosofo:è così chiuso a studiare solo
il passato che cessa di vivere il presente e di essere quindi protagonista attivo della propria vita
perdendo la propria natura creativa e la propria personalità. L’uomo occidentale, divenuto passivo
spettatore degli eventi, per tornare a vivere deve imparare “l’arte del dimenticare”, così da poter
agire secondo quel certo grado di incoscienza, senza il quale non c’è felicità, ma solo paura. Ancora
una volta, Nietzsche fa appello all’arte come a ciò che è in grado di guarire la civiltà dalla
decadenza e di conseguenza anche alla danza.
La seconda fase di Nietzsche è la fase illuministica in cui al genio artistico subentra lo spirito
libero il quale intende la vita come esperimento, gioca con il rischio e l’incertezza, si abbandona
all’ebbrezza, alla danza dionisiaca, al gioco.
La realizzazione estrema dello spirito libero è il superuomo, colui che ha il coraggio di accettare il
tragico dell’esistenza, non ha bisogno di sovrastrutture morali o religiose, è uno spirito libero
capace di creare nuovi valori e godere profondamente della vita. “Ho imparato a danzare” ammette
Zarathustra, colui che annuncia il superuomo e sente il bisogno di dare nuovi valori alla civiltà,cioè
ha imparato appunto a godersi la vita; lontano dalla sottomissione agli inganni della metafisica, che
costringono il corpo a un movimento meccanico, il corpo di Zarathustra, fiero,entusiasta nella
percezione di sé, libero dai falsi valori ottocenteschi, esprime se stesso artisticamente nella danza.
Il superuomo è inoltre l’uomo della volontà di potenza, il bisogno di realizzare compiutamente se
stessi, di affermarsi e oltrepassarsi: la danza è una modalità d’espressione del proprio essere, della
propria energia vitale, della propria volontà di potenza; nella danza viene espressa in forma
artistico-rappresentativa e il ballerino infatti non si accontenta mai di se stesso pretendendo sempre
di più sia dal proprio corpo che dalla propria anima.
Questo collegamento fra Nietzsche e la danza lo ha notato anche
Bèjart, uno dei coreografi più influenti del XX e XXI secolo che
rende omaggio al filosofo proponendo nel 1987 “Zarathoustra. Le
chant de la danse”, che lo stesso coreografo la definisce “un inno al
corpo umano danzante, al di là dei secoli, delle razze e delle civiltà”.
Ovviamente il coreografo si è ispirato al “Così parlò Zarathustra” di
Nietzsche e soprattutto all’affermazione di Zarathustra, il quale
sostiene di poter credere solo a un Dio che danzi. Nietzsche infatti era
completamente ateo e annuncia addirittura attraverso Zarathustra la
morte di Dio proclamando il crollo dell’edificio ricco di falsi valori
che l’uomo occidentale si era costruito pur di non sostenere il tragico
nella vita; la morte di Dio causa il nichilismo che si divide in due momenti, il nichilismo passivo è
proprio il momento in cui tutti i valori in cui l’uomo ha creduto per tanto tempo crollano poiché
sono falsi, mentre il secondo momento è quello del nichilismo attivo,dove l’uomo consapevole delle
illusioni che si era creato decide di abbattere i falsi valori al fine di sentirsi finalmente libero.
In conclusione la danza, così come qualche altra forma artistica può contribuire al sollevamento
dell’uomo, alla sua rinascita e al suo ritorno a quella dimensione creativa che con il tempo ha
completamente perso.
EUGENIO MONTALE : “LA BALLERINA STANCA”
Torna a fiorir la rosa
che pur dianzi languia…
dianzi? Vuol dire dapprima, poco fa.
e quando mai può dirsi per stagioni
che s’incastrano l’una nell’altra, amorfe?
ma si parla della rifioritura
d’una convalescente, di una guancia
meno pallente ove non sia muffito
l’aggettivo, del più vivido accendersi
dell’occhio, anzi del guardo.
è questo il solo fiore che rimane
con qualche merto d’un tuo dulcamara.
a te bastano i piedi sulla bilancia
per misurare i pochi milligrammi
che i già defunti turni stagionali
non seppero sottrarti. poi potrai
rimettere le ali non più nubecola
celeste ma terrestre e non è detto
che il cielo se ne accorga.basta che uno
stupisca che il tuo fiore si rincarna
si meraviglia. non è di tutti i giorni
in questi nivei défilés di morte.
Eugenio Montale è considerato un poeta anomalo per la sua formazione tardiva, cominciò infatti a
dedicarsi alla letteratura dopo il diploma da ragioniere.
Nasce a Genova da famiglia benestante e la sua produzione può essere
divisa secondo il critico Romano Luperini in quattro fasi rappresentanti
le sue opere maggiori: “Ossi di seppia”¸ “Le occasioni”, “La bufera e
altro” e “Satura”accompagnate da una diversa figura femminile per ogni
produzione in cui la donna si trasformerà da angelo a mosca.
Eugenio Montale, nel 1955 ormai poeta affermato e recensore della rubrica ‘Prime alla Scala’ del
‘Corriere della Sera’ vede per la prima volta ballare Carla Fracci e ne rimane estasiato. Esperto di
musica, particolarmente legato alla lirica e alla musica classica, tuttavia si trova a recensire anche
numerosi balletti. La frequenza assidua alla Scala permette al poeta, poco avvezzo al mondo del
balletto, di assistere a tutta la strabiliante crescita artistica della Fracci: prima volto che si confonde
tra gli altri, poi velocemente “arte che brilla” per la sua “infaticabile” e “incantevole grazia”, per la
sua “romantica leggerezza, la sua capacità di lasciarsi portare dal flutto sonoro”.
Montale segue la carriera della giovane “stella nascente” da vicino e i molteplici ruoli che
interpreta. Un ricordo speciale va al ‘Romeo e Giulietta’ di John Cranko creato per la Fracci,
rappresentato per la prima volta nel 1958 al Teatro Verdi di Venezia, con le scene di Nicola Benois:
in questo balletto – capolavoro dove i passi a due sono “oasi di musica e di danza pura” e formano
“la parte più attraente del balletto” , Carla è, secondo Montale, “una Giulietta d’alto stile”.
Questa grande ammirazione del poeta verso la danzatrice ha modo di approfondirsi in
seguito:entrambi infatti fanno una vacanza a Forte dei Marmi negli anni ’60, diventano amici e il
poeta le regala una copia autografata di ‘Ossi di Seppia’.
Particolarmente cara ad entrambi sarà l’estate del 1969, infatti
proprio da Forte dei Marmi, nell’ agosto del 1969,
intraprendono con altri amici un viaggio “alla ricerca della
memoria” per assistere al palio di Siena.
La Fracci, incinta del figlio Francesco, è bersagliata dai
fotografi che vogliono ritrarre la stella col pancione, e trova la
tranquillità in quello che ricorderà come “il viaggio col
Mestro”.
Montale , in seguito, andrà a trovare la danzatrice in ospedale
dopo il parto e sarà accanto a lei per il battesimo del figlio.
“Montale era stato ammiratore del mio piccolo ventre materno,
tanto da onorarmi con una bella lirica: “La danzatrice stanca”.
Come rievoca la stessa Fracci la vicinanza, in questo periodo
così speciale nella vita della danzatrice, ispira allo scrittore la lirica “La danzatrice stanca”,
dedicata alla nascita del figlio e alla lontananza momentanea dalle scene. Come dice lo stesso poeta
la Fracci non è più forse “celeste” creatura che attraversa “turni stagionali” del palcoscenico, la
gravidanza la rende “terrestre”, donna, non più immateriale e
lunare spirito tanto ammirato nei balletti. Tuttavia questa
esperienza, così intimamente femminile, non la rende fiore che
appassisce, ma anzi che “ torna a fiorir”, che si rincarna più
“celeste” ancora al suo ritorno in teatro.
Questa lirica è entrata a far parte della raccolta “Diario del ’71
e del ‘72”, edita da Mondadori nel 1973.
Come dice la Fracci: “ l’occasione di conoscere i veri maestri
e di incontrarli nel momento giusto, cioè quando si incomincia
a capire qualcosa della vita, sembra, oggi, un’ autentica rarità.
L’occasione di un incontro artistico e umano così straordinario tra due personaggi di tale levature,
vere icone della Danza e della Poesia del Novecento, è ancora più eccezionale.
GIOVANNI VERGA: PREFAZIONE AD “EVA”
Eccovi una narrazione - sogno o storia poco importa - ma vera, com'è stata e come potrebbe essere,
senza retorica e senza ipocrisie. Voi ci troverete qualcosa di voi, che vi appartiene, che è frutto delle