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Questa tesina di terza media analizza e descrive la produzione letteraria di Alberto Moravia attraverso le sue opere principali, in particolar modo vengono descritti i viaggi effettuati dall'autore in Africa. La tesina prende in esame anche i seguenti argomenti che possono essere collegati con le seguenti materie scolastiche: in Italiano Alberto Moravia, in Storia l'imperialismo e il colonialismo in Africa, in Arte Pablo Picasso e il periodo africano, in Musica il Blues, in Educazione fisica la corsa.
La tesina di terza media continua ad analizzare in Geografia l'Africa occidentale, in Scienze l'evoluzione secondo Lamarck e in Tecnologia l'energia solare.
Italiano - Alberto Moravia.
Storia- Imperialismo e colonialismo in Africa.
Arte- Pablo Picasso e il periodo africano.
Musica - Il Blues.
Educazione fisica - La corsa.
Geografia - L'Africa occidentale.
Scienze - L'evoluzione secondo Lamarck.
Tecnologia- L'energia solare.
Letteratura: Alberto Moravia
Storia: L’imperialismo
Geografia: L’Africa Occidentale
Arte: Pablo Picasso
Scienze: Teorie evoluzionistiche di Lamarck
Tecnologia: L’energia solare
Musica: John Cage - Blues
Scienze Motorie: L’atletica leggera, “La
corsa” Alberto Moravia
Letteratura:
Opere:
• “Gli Indifferenti”
• “A quale tribù appartieni?”
Il Neorealismo
Tra le due guerre c’è un clima di instabilità e
disordine politico, sociale ed economico che
prende corpo una nuova tendenza artistica,
cinematografica e letteraria sviluppatasi già
nell’800 che rivolge la sua attenzione ai temi
sociali contemporanei. Questa corrente che
prende il nome di “Neorealismo” esplode dal
1943 al ‘49, anche se risulta fondamentale il
periodo degli anni ’30 come anticipatori di questa
nuova corrente artistica-letterale .
Nel Neorealismo lo scrittore si propone di
educare il lettore sopprimendo attraverso la
descrizione vera e cruda della realtà che gli
appartiene la letteratura esistenziale dei poeti
ermetici.
Le tematiche del Neorealismo sono:
L’antifascismo, l’olocausto, la resistenza, la
miseria durante il fascismo, la guerra e il
dopoguerra .
Con letteratura neorealista s’intendono quelle
esperienze letterarie da cui viene fuori quello
stato d’animo collettivo, quell’impegno e
soprattutto quella fiducia di rinnovamento che
sono proprie di quegli anni. Tutte queste
caratteristiche sono riprese e ampliate dalla
cinematografia che a partire dagli anni ’40 che
fino agli anni immediatamente successivi alla 2°
guerra mondiale dà libero sfogo alle tematiche
neorealiste i vari registi misero in scena la
tragedia della guerra e il dramma della
ricostruzione.
Uno degli scrittori che più contribuì e che incarnò
la vera anima neorealista fu Alberto Moravia.
La Vita
Alberto Pincherle (Moravia è uno pseudonimo)
nasce a Roma il 28 novembre 1907, in un'agiata
famiglia borghese.
Moravia trascorre un’infanzia tranquilla fino ai
nove anni, quando si ammala di una grave forma
di tubercolosi ossea, che lo costringerà a più
riprese all'immobilità fino ai 20 anni.
Moravia è costretto a compiere studi irregolari,
ma legge moltissimo e si impegna in una
prodigiosa impresa di autoanalisi.
Appena guarito, pubblica il suo primo
romanzo :Gli indifferenti.
Nel 1930, per motivi giornalistici, inizia a
viaggiare: Londra, Parigi, New York; nel 1936 si
reca in Cina.
Nel 1941 sposa la scrittrice Elsa Morante, che
allora si guadagnava da vivere compilando tesi di
laurea. Dopo la fine del fascismo e la
Liberazione, Moravia, dopo anni di stenti
economici, inizia a collaborare a quotidiani e
periodici (Il Mondo, il Corriere della
Sera, L'Europeo), mentre le sue opere narrative
ottengono successo. Nel 1952 i suoi libri sono
messi all'indice dal Sant'Uffizio.
Gli anni Sessanta vedono la crisi dei rapporti tra
Moravia e la Morante. Lo scrittore conosce Dacia
Maraini, che proprio in quegli anni si affaccia alla
vita letteraria. Continua intanto la sua infaticabile
attività di viaggiatore e scrive con regolarità
romanzi, racconti, recensioni cinematografiche e
cronache di viaggio, rimanendo un personaggio
di primo piano della letteratura europea.
Muore nel 1990.
Gli indifferenti
“Gli Indifferenti” (1929): descrizione cruda e
impietosa degli aspetti più sconcertanti della vita
della borghesia romana nel 1° dopoguerra e
dell’impotenza morale dei giovani a cui lui stesso
sentiva di far parte.
Nell’opera Moravia analizza la vita di una famiglia
borghese ormai in rovina costituita da una madre
vedova, Mariagrazia Ardengo e dai suoi due figli
Michele e Carlotta .L’intera vicenda si svolge in
un brevissimo periodo (meno di 3 giorni) durante
i quali vengono narrati avvenimenti non
particolarmente importanti, mentre ben più
rilevanti sono le vicende “mentali” dei
personaggi. Si tratta quindi di un romanzo di tipo
psicologico nel quale è data grande importanza
ai pensieri e alle sensazioni dei personaggi. Il
narratore è esterno e occulto (cioè non rivela le
sue opinioni) riportando i punti
di vista dei personaggi e facendo un costante
confronto tra ciò che pensano e ciò che dicono.
Il romanzo è ambientato nel febbraio del 1929
(epoca di dittatura fascista) e si svolge nella villa
di Mariagrazia, una villa di gran valore che
contrasta con una gravissima crisi economica
della famiglia, segnata da grossi debiti della
madre con il suo amante Leo Merumeci; il quale
intrattiene questa relazione amorosa solo al fine
di impossessarsi della villa. Il romanzo continua
analizzando la vita di Carlotta la quale dopo vari
tentennamenti accetta di andare a vivere con Leo
vedendo in questa relazione l’unico modo per
cambiare la sua vita. Anche quella di Michele è
una figura complessa, egli attraversa una forte
crisi nella parte conclusiva del romanzo rifiutando
le avances della vecchia amica della madre e
tentando di uccidere Leo dopo aver saputo della
sua relazione con la sorella.
Alla fine però si rende conto di non riuscire a fare
nulla di veramente importante nella sua vita, di
essere un ragazzo completamente demotivato,
sfiduciato e soprattutto indifferente verso tutto e
tutti. La madre è invece una tipica donna
borghese che dà rilevanza solo all’aspetto
formale e materiale delle cose, in realtà non ha
reali valori in cui credere. In definitiva i temi
principali sono soprattutto la mancanza di ogni
valore della classe alto-borghese, la sua rovina e
la sua crisi.
A quale tribù appartieni ?
Alberto Moravia ci ha lasciato circa una pagina di
reportage ogni tre di narrativa. Le corrispondenze
raccolte in A quale tribù appartieni sono state
pubblicate sul «Corriere della Sera» tra il 1963 e
il 1972. Moravia vi descrive l’Africa post-coloniale
e neo-capitalista e nel descriverla, si concentra
su alcuni aspetti «di cui gli economisti di solito
non parlano». Un’Africa multicolore ma non
variopinta, spesso ritratta come una natura
morta. La città di Accra, Ghana, è «una zuppa di
cavoli neri in cui stanno a bollire dei pezzi di
pasta bianca», mentre la foresta è sempre un
pezzo di carne nera, che la strada di terra rossa
solca come una ferita «ancora aperta e viva».
Altre volte Moravia ritrae l’Africa come un’opera
d’arte astratta: «per accozzare quei colori così
violenti ci sono voluti il primitivismo e Gauguin, il
cubismo e l’art négre», commenta, nel
descrivere l’effetto prodotto dalle stoffe esposte
al mercato. È un’Africa fuori dal tempo, sospesa
tra la preistoria e il futuro. In Africa prevale la
monotonia e l’iterazione delle superfici sterminate
che «dall’aereo si contemplano mentre in
automobile si soffrono». Spazi in cui regnano i
giganti: la giraffa, l’elefante. E la paura. In questo
ambiente immenso, gli africani passano
spostandosi a piedi, spesso danzando.
Attraversano confini fittizi tra stati creati a
tavolino. Confini che spartiscono i territori ma
non riescono a dividere i popoli e ancor meno
riescono a crearne. Il confine davvero invalicabile
è quello culturale che corre tra le tribù autoctone
e le tribù dei bianchi, questi altri africani con cui i
neri condividono l’amore per l’Africa.
Nell’unico tavolo occupato, tre africani vestiti
all’occidentale siedono intorno a un capretto
arrosto da cui si servono con le mani. Uno di loro
nota che Moravia taglia la sua carne con il
coltello da caccia e «in buon inglese» glielo
chiede in prestito. «Lo prende, mi guarda e
quindi, cortesemente si informa: “E tu, a quale
tribù appartieni?”».
Età dell’Imperialismo
Storia:
Fin dall’antichità gruppi di persone si spostavano
per conquistare nuovi
territori: le colonie. Le
colonie possono
essere: di popolamento
o di sfruttamento.
Quelle di popolamento
venivano usate per
essere abitate e quelle
di sfruttamento
venivano usate per
sfruttare gli abitanti del
territorio conquistato
facendolo lavorare nelle
piantagioni e nelle
miniere.
Fra il 1870 e il 1914 però colonizzare divenne
una vera mania. Ogni nazione cercava di
espandersi il più possibile creando un impero.
Questo periodo venne chiamato imperialismo.
L’imperialismo viene definito come la tendenza di
uno Stato a praticare una politica di potenza per
imporre i propri interessi economici e il proprio
prestigio nei paesi più deboli. In più fra gli Stati
nacque una vera e propria gara di espansione.
Fin dall’inizio contribuirono alla formazione degli
imperi coloniali anche portatori di una civiltà
superiore.La più grande potenza imperialista
d’Europa fu l’Inghilterra..
Le cause della nascita
dell’Imperialismo
Le principali cause della nascita dell’imperialismo
sono tre: economiche, politiche e culturali.
Economiche perché dopo la rivoluzione
industriale crebbe l’importanza delle materie
prime. I Paesi europei però erano poveri di
materie prime mentre quelli asiatici e africani ne
erano ricchi. Inoltre divenne importante per gli
europei controllare il commercio di quanti più
Paesi possibili, imponendo a essi i prodotti della
propria industria.Politiche perché l’imperialismo
rappresentò una forma esasperata di
nazionalismo. L’amore per la propria nazione
portò a negare la libertà a tutte le altre. Le
conquiste coloniali divennero perciò il simbolo di
una nazione forte e prestigiosa.Culturali perché
era diffusa l’opinione che l’uomo bianco dovesse
dominare tutte le altre “razze”.
Le conseguenze
dell’Imperialismo
L’Imperialismo portò molti vantaggi e ricchezze ai
colonizzatori ma mise in crisi i paesi colonizzati.
Nel corso delle conquiste coloniali gli europei
ricorsero in modo sistematico all’uso della
violenza, con effetti aggravanti della superiorità
tecnologica. Contro le nuove terribili armi di
acciaio dei bianchi gli africani e gli asiatici
potevano opporre solamente le loro vecchie armi.
Alle frequenti, disperate ribellioni delle
popolazioni indigene, i conquistatori
rispondevano con orribili massacri.Conclusa
l’occupazione, il territorio era presidiato da un
numero limitato di coloni, che vi risiedevano
temporaneamente per garantire il controllo
politico ed economico. Soltanto in alcune colonie
alle popolazioni locali si sovrappose una quantità
consistente e permanente di bianchi. Non si
avviò nemmeno un nuovo processo di sviluppo,
in quanto i cambiamenti introdotti dai
colonizzatori miravano soltanto a ottenere
prodotti agricoli o materie prime destinate
all’esportazione.
In molte regioni fu imposta la coltivazione sullo
stesso terreno di un solo tipo di pianta. La
monocultura e spesso svantaggiosa perché
impoverisce il terreno e, quando è assoluta, crea
dipendenza da altri paesi per il rifornimento di
tutti i beni alimentari. I lavoratori locali erano
pagati con salari minimi o costretti al lavoro
forzato; d’altra parte i colonizzatori non
introdussero nuove tecnologie se non a proprio
vantaggio. La divisione tra paesi sviluppati e
paesi deboli si accentuò sino a costituire uno dei
più gravi problemi del XX secolo. Altrettanto
grave fu l’annientamento delle culture locali
operato della colonizzazione: soprattutto nei
territori le cui strutture politico-religiose erano
poco organizzate, lo scontro con gli europei fu
devastante, perché gli stili di vita tradizionali non
ressero all’invasione di lingue, abitudini, costumi
diversi.
La spartizione dell’Africa
L’Africa parve più vicina quando fu aperto il
canale di Suez (1869), che metteva in
comunicazione il Mediterraneo con il Mar Rosso:
la sua gestione finì rapidamente nelle mani
dell’Inghilterra, che poté così accrescere
l’influenza che già esercitava sull’Egitto, dove
aveva introdotto la coltivazione del cotone.
Quando poi i francesi occuparono la Tunisia, gli
inglesi risposero trasformando l’Egitto in un loro
protettorato. Il protettorato è il rapporto tra due
stati nel quale l’uno (il protettore) assume
l’impegno verso l’altro di difenderne gli interessi,
anche rappresentandolo a livello internazionale.
In realtà lo stato protettore assume sullo stato
protetto un
controllo politico.
Durante la
Conferenza
Internazionale di
Berlino (1884)
sulla carta
geografica
dell’Africa i
rappresentanti
delle diverse
nazioni
tracciarono linee
che stabilivano
le rispettive aree