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Storia: Adolf Hitler; il nazismo esoterico
Filosofia: le interpretazioni moderne della magia (Malinowsky, Mauss, De Martino)
Latino: L'asino d'oro di Apuleio; Plinio il Vecchio; le leggi delle XII tavole
Fisica: Copernico; Gilbert; Newton
Inglese: the tragicall history of Doctor Faustus by C. Marlowe
Storia dell'arte: lo studiolo alchemico di Francesco I de' Medici; la pittura visionario-fantastica di Goya, Fussli e Blake
Cosa è la magia, perché l’uomo ne sente il bisogno, l’origine magica della scienza
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La cultura magica medievale si espresse soprattutto nell’alchimia, cioè nell’arte della
trasformazione. Secondo il pensiero medievale, fondato sui principi aristotelici che la materia fosse
formata dai quattro elementi (aria, acqua, terra e fuoco), gli elementi potevano essere isolati oppure,
messi insieme, potevano formare la “materia prima” costitutiva di tutte le cose. Quest’ultima poteva
essere ottenuta per mezzo della fusione dei metalli o la distillazione di sostanze organiche.
Fu elaborata una teoria di operazioni per lo studio della fusione
dei metalli: l’opera alchemica si suddivideva in alcune fasi
distinte da diversi colori; il processo aveva inizio quando la
materia, attraverso alcuni trattamenti, assumeva il colore nero,
mentre terminava nel momento in cui diventava di colore rosso.
Tuttavia l’ambizione più grande degli alchimisti era la
creazione della pietra filosofale, che avrebbe permesso di
creare l’oro attraverso altri metalli, oltre che donare
l’immortalità, e avrebbe conferito l’onniscienza, ossia la
conoscenza assoluta. Dunque l’oro degli alchimisti univa la
tradizione orientale sull’elisir di lunga vita e quella occidentale
sulla pietra filosofale.
La visione del mondo degli alchimisti si scontrò duramente con
Joseph Wright of Derby la Chiesa cattolica che al tempo era la custode del sapere
L'alchimista in cerca della pietra filosofico. Nel 1317 Papa Giovanni XXII emanò la bolla
filosofale
Spondent quas non exhibent, dove accusava gli alchimisti di promettere ciò che non si poteva
ottenere, in particolare la falsificazione dell’oro. Nonostante ciò, erano presenti alchimisti
appartenenti al cattolicesimo; il più importante fra questi fu il benedettino Teofilo Presbitero che,
nel XII secolo, riuscì ad ottenere attraverso l’unione di diversi metalli l’ottone.
Furono numerose anche polemiche antimagiche di alcuni scrittori cristiani, come Origene e
Tommaso d’Aquino. In particolare d’Aquino, nella Summa Teologica contra Gentiles, condannava
le arti magiche in quanto contrastanti col messaggio di Cristo. Da tale visione si distaccò
Sant’Agostino che nei suoi scritti fece distinzione tra stregoneria e magia benefica: quest’ultima per
il teologo di Ippona avrebbe avuto caratteri positivi, cioè sarebbe stata capace di purificare le anime
e di prepararle a ricevere gli angeli, entità che le avrebbero condotte alla visione di Dio. (“Libro
La cultura magica medievale si espresse anche con la diffusione di testi quali il Picatrix
delle Leggi o degli esperimenti”) Abū l-Qāsim Maslama Ahmad al-Majriti,
di il Tetrabiblos di
Claudio Tolomeo e l’Introductorium di Albumasar. Questi testi furono influenzati dalla magia e
della medicina naturale provenienti dal mondo islamico e da quello greco-bizantino e avranno
grande fortuna nella speculazione magica dell'età rinascimentale.
E’ solo con Ruggero Bacone e Alberto Magno, che si inizia a distinguere la magia naturale dalla
magia intesa come idolatria. Le leggende che legano Alberto alla magia sono numerose: in realtà è
stato dimostrato come questo personaggio fu particolarmente interessato a recuperare le false storie
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Il lato magico del mondo
alla magia. E’ noto infatti che egli disprezzasse tutte le materie legate all’arte magica:
legate
sosteneva che fosse impossibile trasformare in oro i metalli attraverso pratiche alchemiche o creare
l’elisir di lunga vita, tanto desiderato dagli alchimisti.
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«Canto XX, dove si tratta de indovini e sortilegi e de l’incantatori, e de l’origine di Mantova, di che
trattare diede cagione Manto incantatrice; e di loro pene e miseria e de la condizione loro misera,
ne la quarta bolgia, in persona di Michele di Scozia e di più altri»
Anonimo commentatore dantesco del XIV secolo
Nel XX canto dell’Inferno, che si svolge nella quarta bolgia
dell'ottavo cerchio, Dante descrive la condizione di maghi e
indovini condannati ad avere per l’eternità il collo travolto
all’indietro perché “volse veder troppo davante, / di retro
cioè perché hanno preteso di vedere
guarda e fa retroso calle”,
ciò che non potevano.
Dante, come tutti ai suoi tempi, credeva negli influssi degli
astri sugli uomini; gli astrologi diventano per lui fraudolenti nel
Emilio Mazzola, Canto XX Inferno momento in cui pretendono di prevedere il futuro e di trarre
dagli astri norme di vita. Del resto, tutta la struttura del Paradiso è astrologica: i beati appaiono al
viaggiatore distribuiti nei cieli dei vari pianeti che avevano influito sulla loro indole; e tutto il
poema è pieno di riferimenti astrologici. Quello che egli respinge è l’astrologia cosiddetta
“giudiziaria”, cioè divinatoria. Dante pone nella quarta bolgia essenzialmente indovini, maghi e gli
astrologi in quanto indovini.
Dante, dopo una descrizione generale, indica tra i peccatori, attraverso le parole di Virgilio, alcuni
indovini e maghi, di cui i principali sono:
Anfirao: uno dei sette re di Tebe narrati nella Tebaide di Stazio che prevedendo la propria
morte si nascose prima dell'assedio di Tebe. Egli però venne scovato e convinto a partire in
battaglia, dove fu sconfitto e costretto alla fuga. Per impedire che venisse ucciso dai
Tebani, Giove gli aprì la terra sotto i piedi, facendolo precipitare col suo carro direttamente
al cospetto di Minosse (“s'aperse a li occhi d'i Teban la terra; / per ch'ei gridavan tutti:
“Dove rui, / Anfïarao? perché lasci la guerra?” / E non restò di ruinare a valle / fino a
Minòs che ciascheduno afferra”);
Tiresia: il mago che per aver percosso con la sua verga due serpenti in amore, da maschio
divenne femmina, e restò tale per sette anni, finché con la medesima verga non ripercosse i
medesimi serpenti (“di maschio femmina divenne, / cangiandosi le membra tutte quante”).
La sua colpa risulta essere la pretesa di dominare il destino degli altri; 7
Cosa è la magia, perché l’uomo ne sente il bisogno, l’origine magica della scienza
Arunte: leggendario indovino attinto dalla Pharsalia di Lucano, dove egli predice la vittoria
di Cesare durante le guerra civile;
accusato da Dante di “magiche
Michele Scotto: astrologo di Federico II frodi”;
Guido Bonatti: noto astrologo contemporaneo di Dante che, attraverso la semplice
osservazione degli astri, aveva preteso di indicare a Guido da Montefeltro il momento
propizio per le sue imprese militari.
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Nel Rinascimento la magia e la stregoneria vennero seguite e praticate con determinazione e
abbondanza, tanto che si verificò la grande rinascita della magia, in sostanziale parallelismo con il
crescere degli interessi scientifici. La magia rinascimentale fu dominata dal tentativo di cogliere
l’unità delle forze del Cosmo e dall’esigenza di conciliare le contraddizioni della realtà. In questo
senso le pratiche magiche vennero generalmente intese come delle arti, praticate solamente da
individui con capacità straordinarie e in grado di penetrare le realtà visibili ed invisibili
infinitamente complesse del cosmo, realtà che rimandavano al tutto e dentro le quali il tutto era
racchiuso. L'inizio di questa rinascita
Ermete Trismegisto, “Tre volte grande, ma mai magica può essere considerata
esistito” l'opera di traduzione del Corpus
Ficino nel 1463 venne incaricato da Cosimo de’ Medici di Hermeticum, degli Oracoli
tradurre il Corpus Ermeticum, e disse che il suo autore era un Caldaici e degli Inni Orfici,
certo Ermete Trismegisto, fondatore della religione egiziana e attribuite rispettivamente a
contemporaneo di Mosè. Ermete Trismegisto, Zoroastro e
Il Corpus Ermeticum divenne il Orfeo. Fu questo il motivo della
testo di riferimento degli grande abbondanza di maghi in
alchimisti e sul suo artefice questo periodo: i più importanti
sorsero numerose leggende, furono indubbiamente Pico della
anche se, non fu mai esistito. Il Mirandola (1463-1494),
suo nome, che significa “tre Cornelio Agrippa di Nettesheim
volte grande” ha probabilmente (1486-1535) e Teofrasto
origini romane: deriva dalla Paracelso (1493-1541).
fusione di Ermes (messaggero Ermete Trismegisto, pavimento Il primo fu molto interessato alla
del Duomo di Siena
degli dei) e Thot (dio egizio tradizione esoterica ebraica della
delle lettere e delle arti). cabala, che venne da lui intesa
come una fonte di sapienza fondamentale per poter decifrare il mistero del mondo. La magia risulta
essere strettamente legata alla sapienza cabalistica: per Pico della Mirandola il mago opererebbe
attraverso particolari simboli di una realtà che va oltre il visibile, e dunque, partendo dalla natura,
può giungere a conoscere tale sfera invisibile attraverso la conoscenza della struttura matematica
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Il lato magico del mondo
che è il fondamento simbolico-metaforico della natura stessa. La magia per Pico non sarebbe
nient’altro che il “totale compimento della filosofia naturale”.
Agrippa nella sua opera principale, il De occulta philosophia, definisce la magia come la scienza
più perfetta: «Coloro che vorranno dedicarsi allo studio della Magia, dovranno conoscere
a fondo la Fisica, che rivela la proprietà delle cose e le loro virtù occulte;
dovranno essere dotti in Matematica, per scrutare gli aspetti e le immagini
degli astri, da cui traggono origine le proprietà e le virtù delle cose più
elevate; e infine dovranno intendere bene la Teologia, che dà la conoscenza
delle sostanze immateriali che governano tutte queste cose. Perché non vi può
essere alcuna opera perfetta di Magia, e neppure di vera Magia, che non
Theodor de Bry, racchiuda queste tre facoltà»
Agrippa di Nettesheim
Inoltre Agrippa suddivise la magia in tre diversi gruppi: naturale, celeste e cerimoniale, dove i primi
due rappresentano la magia bianca, e il terzo quella nera o negromantica.
Altra importante figura nel contesto magico-alchemico rinascimentale fu quella
di Teofrasto Paracelso, che risentì della simbiosi tra magia naturale e scienza
sperimentale, tipica del XVI secolo. Paracelso rovesciò la teoria aristotelica dei
quattro elementi, sostenendo che tutti i corpi, organici e inorganici, fossero
costituiti da sale, zolfo e mercurio. Inoltre affermava come lo stato di salute
dipendesse dalla perfetta unità di queste sostanze; la malattia dipende così dalla
separazione e dallo squilibrio fra queste. Paracelso sosteneva:
«Sono stato eletto da Dio per estinguere e cancellare tutte le fantasie di Ritratto di Paracelso
complicate e false opere, siano esse le parole do Aristotele, Galeno o i loro
seguaci».
Nel 1484 Papa Innocenzo VIII promulgò la bolla pontificia del Summis desiderantes, con la
quale affermava la necessità di sopprimere la stregoneria nella regione della Valle del Reno. Inoltre
nel documento si esprimevano i timori della diffusione della
stregoneria, si denunciavano come eretiche tutte le pratiche magiche e
si ratificava l’operato degli inquisitori, religiosi e laici che operavano
in gran parte dell’Europa.
Due anni più tardi due frati domenicani, Kramer e Sprenger,
(“Il Martello delle Streghe”),
pubblicarono il Malleus Maleficarum una
sorta di manuale inquisitoriale della caccia alle streghe. In particolare
questo spiegava quali comportamenti adottare in ogni singola
occasione di presunta stregoneria. L'emissione di questa bolla scatenò
una delle più feroci cacce alle streghe della storia europea.
A questo documento seguirono numerosi altri testi di vari dottori della
di fra’
Chiesa e inquisitori: tra i più noti il Tractatus de Strigibus
Prima pagina del Malleus Bernardo Rassegno, databile al primo decennio del Cinquecento. 9
Cosa è la magia, perché l’uomo ne sente il bisogno, l’origine magica della scienza
Il tribunale dell’Inquisizione
L'Inquisizione è l'istituzione ecclesiastica fondata dalla Chiesa cattolica per indagare e punire,
mediante un apposito tribunale, gli eretici.
Storicamente, l'Inquisizione si può considerare stabilita