Anteprima
Vedrai una selezione di 9 pagine su 36
Miracolo Economico Italiano - Tesina per Istituto Alberghiero Pag. 1 Miracolo Economico Italiano - Tesina per Istituto Alberghiero Pag. 2
Anteprima di 9 pagg. su 36.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Miracolo Economico Italiano - Tesina per Istituto Alberghiero Pag. 6
Anteprima di 9 pagg. su 36.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Miracolo Economico Italiano - Tesina per Istituto Alberghiero Pag. 11
Anteprima di 9 pagg. su 36.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Miracolo Economico Italiano - Tesina per Istituto Alberghiero Pag. 16
Anteprima di 9 pagg. su 36.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Miracolo Economico Italiano - Tesina per Istituto Alberghiero Pag. 21
Anteprima di 9 pagg. su 36.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Miracolo Economico Italiano - Tesina per Istituto Alberghiero Pag. 26
Anteprima di 9 pagg. su 36.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Miracolo Economico Italiano - Tesina per Istituto Alberghiero Pag. 31
Anteprima di 9 pagg. su 36.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Miracolo Economico Italiano - Tesina per Istituto Alberghiero Pag. 36
1 su 36
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi
Economia: Boom economico, mercato, usi e costumi società anni 60

Alimentazione: Cambiamento delle abitudini alimentari, obesità, industria alimentare, omologazione del Gusto, Slow Food
Estratto del documento

Oltre alle libertà portate dalla democrazia,

un altro fattore importante che ha

consentito lo sviluppo è stato senza dubbio

la scelta economica della fine del

protezionismo e l’adozione di un sistema

di tipo liberista, che rivitalizzò il sistema

produttivo italiano, favorito inizialmente

dall’adesione alla Ceca (Comunità europea

del carbone e dell’acciaio) nel 1951; poi

dalla creazione del Mercato Comune

Europeo e della CEE (Comunità Economica

Europea) a cui l’Italia aderì nel 1957 con i

trattati di Roma.

Inoltre, fu importante il ruolo svolto dallo Stato, caratterizzato da un notevole interventismo

nell’economia. Venne finanziata la costruzione di un gran numero di infrastrutture, in

particolare le vie di comunicazione, essenziali per lo sviluppo economico del Paese, tramite

stanziamenti statali e prestiti a tasso agevolato che ammontarono a più di 714 miliardi di lire.

Nel 1959, Antonio Segni, Presidente della Repubblica di quel periodo,in un discorso tenuto nel

Consiglio dei Ministri, sottolineò l’importanza dei lavori pubblici che rappresentavano l’unico

rimedio possibile alla crisi congiunturale e alla disoccupazione.

La Banca d’Italia mantenne un tasso di sconto estremamente favorevole per gli istituti di

credito, i quali concessero prestiti a tassi molto bassi (circa 3,5 %) che permisero un più facile

accumulo di capitali, anche tra i piccoli risparmiatori, al fine di agevolare gli investimenti e la

nascita di piccole-medie imprese. 6

Un altro fattore determinante per la ricostruzione dell’Italia fu l’espansione del commercio

mondiale, reso sicuro da un mercato regolato in seguito agli accordi di Bretton Woods (1944), i

quali erano destinati a ripristinare un sistema monetario internazionale anche attraverso la

nascita del Fondo Monetario Internazionale, dove era necessario promuovere lo sviluppo

economico e ricreare un sistema di scambi multilaterali in condizioni di stabilità dei cambi. Nei

15-20 anni successivi, i movimenti di capitali si erano enormemente intensificati e accelerati in

un fenomeno in cui prevale la competizione internazionale dei Paesi, oggi conosciuto come

globalizzazione.

L’integrazione all’interno dell’economia europea, dunque, aprì alle esportazioni italiane un

ampio mercato.

L’economia cresce

Congiuntamente alle scelte politico-economiche dello Stato, vi furono altre condizioni

favorevoli:

la disponibilità di manodopera a basso costo rispetto alla media degli altri paesi europei,

proveniente dalle campagne e dal centro-sud;

la disponibilità di materie prime che potevano essere importate ad un prezzo costante

(N.B.: L’Italia, ancora oggi è un paese povero di materie prime!);

la disponibilità abbondante di fonti di energia grazie anche alla nascita compagnia statale

ENI (Ente Nazionale Idrocarburi);

la disponibilità di tecnologie avanzate per l’industria provenienti dall’America grazie al

piano Marshall.

Tra il 1958 e il 1963, anni di massima crescita economica, il PIL crebbe addirittura del 6,3% e la

produzione industriale raddoppiò, innescando un circolo vizioso che, grazie alla minor

disoccupazione, portava a maggiori consumi di massa e, quindi, a una maggior domanda di

beni interna ed esterna, grazie alle agevolazioni degli scambi commerciali all’interno degli

stati europei. 7

Mercato e industria

Sin dall’inizio, la struttura produttiva italiana si caratterizzò per il fenomeno chiamato

“dualismo”, che consisteva in un’ampia sfasatura e livello di crescita tra mercato interno ed

esterno. Infatti l’Italia presentava un vantaggio competitivo sulla produzione interna basata sui

settori tradizionali, mentre la domanda estera dei paesi ricchi e industrializzati premeva per

prodotti sempre più innovativi dove invece, i fattori produttivi maggiormente usati erano il

capitale e la tecnologia. L’urgenza di soddisfare questa domanda e quindi cercare di ottenere

un vantaggio competitivo anche in Europa, portò lo sviluppo di settori che divennero il fulcro

del boom e la base della nascente industria italiana. Si assiste, quindi, ad un mercato estero

caratterizzato da una forte dinamicità a cui si contrapponeva quello interno, decisamente

statico.

L’Italia cercò di sfruttare questo dinamismo di idee e di capitali, riuscendo ampiamente ad

imporsi nel campo degli elettrodomestici, dell’automobilismo e delle manifatture; infatti, in

questi anni nascono le grandi industrie italiane la cui produttività aumentava progressivamente,

grazie alle nuove tecnologie da

loro utilizzate. Fiat, Zanussi, Candy,

Olivetti, sono solo degli esempi del

passaggio da un’Italia

fondamentalmente agricola ad un

Paese dove l’industria era il settore

maggiormente produttivo. L’alta

tecnologia impiegata nei processi

produttivi permise alle imprese di

autofinanziarsi più facilmente,

perché non era necessario

assumere manodopera; inoltre, la stabilità dei prezzi portò a un relativo contenimento dei

salari, a un sempre maggior investimento produttivo e a una crescita dei consumi. Nonostante

questa situazione positiva portasse il Paese verso un benessere sempre maggiore, gli squilibri

non mancarono. La crescita della domanda estera conferì un’importanza eccessiva alla

produzione di beni di consumo anche di lusso, a scapito, invece, degli investimenti in

8

infrastrutture. Questa distorsione venne riscontrata anche a livello di consumi individuali,

proprio a causa del diverso dinamismo e ritmo di crescita dell’economia. Infatti, i beni primari

risultavano proporzionalmente più costosi rispetto a quelli secondari, proprio perché la volontà

di emulare le ricche società europee aveva causato un salto troppo brusco per un Paese

ancora provinciale e contadino, dove spesso l’auto era un necessario status-symbol e i servizi

igienici solo una comodità di pochi.

Gli esempi di industrie legate al boom sono stati limitati al Nord Italia; questo perché il Sud, a

causa del già noto divario industriale, riuscì ad avvertire qualche impulso solo nel 1957.

Infatti, durante questo anno venne approvata la legge che obbligava le aziende a

partecipazione statale a indirizzare nelle regioni meridionali il 60 per cento dei loro

investimenti, al fine di creare nuove aree industriali. Esse furono la FIAT e l’Olivetti, che

effettuarono la riorganizzazione aziendale, unico modo per rendere le industrie italiane adatte

all’affermazione in campo internazionale.

La FIAT, società già nata nel 1915, riuscì ad instaurare un sistema di produzione a costi

decrescenti che dipendeva da un massimo sfruttamento degli impianti, dall’allargamento del

mercato interno e da una graduale liberalizzazione degli scambi. Essa fu in grado di imporsi a

livello internazionale, diventando competitiva alla pari di altre imprese europee. La Fiat, quindi,

fu un asse portante del modello di sviluppo caratteristico del miracolo economico italiano

degli anni ’60, perché aveva esteso la sua presenza

all’estero sino a diventare un gruppo multinazionale.

Stesso percorso seguì l’Olivetti, sviluppo un piano

aziendale di produzione per rettificatrici, macchine

multiple e speciali, impianti di lavorazione

automatizzati. Nata tra il 1946 e il 1947, l’Olivetti, nel

1958, riusciva a soddisfare con ottimi risultati, tecnici e

organizzativi, una domanda sempre crescente di

macchine da scrivere e di calcolo. Lo sviluppo

industriale che si verificò in Italia fu sorprendente e

contribuì a cambiare l’opinione pubblica mondiale, che

era abituata a considerare gli Italiani come europei di secondo livello. 9

Un miracolo con molte ombre

Il grande sviluppo di fine anni ’50 ebbe un’importanza fondamentale per la modernizzazione,

non solo economica, dell’Italia; ma non risolse alcuni gravi squilibri della nostra economia:

si svilupparono soprattutto i settori ad alta intensità di lavoro (meccanico,

elettromeccanico, tessile, alimentare), cioè basati su largo impiego di manodopera più che

sull’alta innovazione tecnologica; questo fatto, unito ai modesti investimenti nella ricerca

scientifica, aggravò la dipendenza tecnologica dell’Italia dagli altri paesi avanzati, in primo

luogo dagli Stati Uniti;

vennero trascurati i consumi pubblici o sociali (case, ospedali, scuole, trasporti), dando

luogo a carenze ancora oggi rilevanti;

il sistema fiscale venne trascurato: era iniquo, poco efficiente e lasciava largo spazio all’

evasione delle imposte, provocando palesi ingiustizie, limitando le entrate dello Stato e

aggravando il costo del lavoro a causa dei contributi sociali

NORD E SUD: UNA FRATTURA SEMPRE PIÙ APERTA

La situazione al Sud

In questi anni, il divario economico tra Nord e Sud divenne ancora più accentuato. Il Meridione

aveva un’industria scarsamente sviluppata e una tecnologia arretrata, la produttività del lavoro

era molto bassa e un’alta percentuale della popolazione era dedita all’agricoltura. Inoltre, vi era

stata una scarsa capacità di accumulazione dei capitali, le infrastrutture erano insufficienti e la

classe dirigente, priva di capacità imprenditoriale, non permetteva un rinnovamento politico e

amministrativo. In questi anni, per la volontà di incentivare la nascita di un tessuto industriale

anche al sud, nasce l’esigenza di dimostrare che il Mezzogiorno non era un costo, ma un vero e

proficuo investimento anche per in Nord. Al risanamento dell’economica del Sud contribuisce la

Cassa del Mezzogiorno, nata con la legge dell’ottobre 1950. Essa operava in tre principali

direzioni: politiche tese alla costruzione di infrastrutture, agevolazioni all’impresa privata,

l’interveto diretto dello Stato. L’operato della Cassa del Mezzogiorno fu però un parziale

10

fallimento: oltre a realizzare immensi insediamenti industriali, chiamati “cattedrali nel deserto”

in città come Siracusa, Taranto o Brindisi; non fu in grado di utilizzare e formare l’abbondante

manodopera locale e creare una rete di piccole e medie imprese di fornitura, in modo da

evitare che le grandi “cattedrali” si trovassero isolate quando avevano bisogno di servizi o

prodotti esterni alla loro impresa.

Gran parte dei finanziamenti finì anche nelle mani delle organizzazioni mafiose. A pagarne le

conseguenze, ovviamente, fu la popolazione del Sud, che tra il 1951 e il 1974 dovette

abbandonare in massa le proprie case in cerca di fortuna ed occupazione al Nord.

L'emigrazione

Negli anni del miracolo economico aumenta notevolmente l’emigrazione. L’apice di questo

fenomeno, secondo lo storico Ginsborg, si verifica negli anni ’55-’63 in cui venticinque milioni

di Italiani decidono di emigrare dal

Meridione. Le mete erano le città del

Centro-Nord Italia, soprattutto Milano,

Torino, Genova, oppure quelle del nord

Europa; infatti, dopo la crescita

industriale che coinvolse anche il resto

degli Stati europei, Svizzera, Belgio e

Germania divennero meta di molti nostri

connazionali. Già prima dell’avvento del

boom, il “consueto” divario tra Nord e

Sud dell’Italia era enorme; con lo

sviluppo economico queste differenze

aumentarono, costringendo molte

persone a trasferirsi nelle ricche città del

Nord alla ricerca di una speranza.

Alla base di questo fenomeno vi sono

diversi fattori, tra cui la necessità di

maggiore denaro e di un lavoro stabile, il fascino delle nuove metropoli del Nord. Questo flusso

11

di gente divenne così imponente che lo Stato, viste le ingenti e urgenti necessità, stabilì la

creazione di un’ apposita linea ferroviaria, chiamata il “Treno del sole”, che attraversava l’Italia

da nord a sud, in modo tale da favorire e permettere nel migliore dei modi questi spostamenti.

Gli uomini trovarono lavoro come operai nelle numerose di fabbriche che nascevano in gran

numero in quegli anni, oppure nei cantieri edili; le donne, al contrario, erano occupate in lavori

a domicilio, nel campo della maglieria, del filato e della sartoria, oppure anch’esse nelle

fabbriche. Molti di questi manovali e operai acquisirono in quegli anni un’esperienza tale da

permettere loro di diventare, in seguito, imprenditori nei vari settori in cui avevano fatto

Dettagli
Publisher
36 pagine
183 download