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Scienze: Proteine e Fibre
si combinano a formare un composto simile ad un gel che trattiene l’acqua.
Per esempio la cottura al dente si raggiunge nel momento in cui le molecole di
amido, trasformate in gel, hanno assorbito una quantità d’acqua minima
necessaria per rendere lo spaghetto tenero.
Andrei Varlamov, un fisico russo, studiando la cottura della pasta ha scoperto
una formula fisica per trovare il tempo di cottura degli spaghetti:
2
t = ar + b
dove:
t = tempo di cottura
a = tipo di pasta (grano duro, grano tenero, all’uovo, ecc..)
r = raggio dello spaghetto
b = coefficiente che rappresenta il livello di cottura che desideriamo ( ben cotta
o al dente)
Prendiamo in considerazione la seguente tabella:
TIPO DI PASTA DIAMETRO DIAMETRO TEMPO DI COTTURA
ESTERNO (mm) INTERNO (mm) SPERIMENTALE
(min)
Capellini n.1 1.15 - 3
Spaghettini n.3 1.45 - 5
Speghettini n.5 1.75 - 8
Vermicelli n.7 1.90 - 11
Vermicelli n.8 2.10 - 13
Usando il “metodo dei minimi quadrati”, ovvero una tecnica di ottimizzazione
che permette di trovare una funzione, detta curva di regressione, che si avvicini
il più possibile ad un insieme di dati, sono riuscita a calcolarmi i coefficienti a e
b. I loro valori sono: a= 3.363 min/mm e b=-1.75 min.
2
Il coefficiente b è negativo poichè il consumatore preferisce un tipo di pasta al
dente. Adesso posso andare a verifica i tempi di cottura utilizzando i valori
trovati.
TIPO DI PASTA TEMPO DI COTTURA TEMPO DI COTTURA
SPERIMENTALE (min) TEORICO (min)
Capellini n.1 3 2.689761
Spaghettini n.3 5 5.312932 7
Speghettini n.5 8 8.541449
Vermicelli n.7 11 10.38271
Vermicelli n.8 13 13.07314
Con questi dati sono riuscita a fare il seguente grafico:
Dal grafico e dai dati ottenuti possiamo notare come il tempo di cottura
sperimentale coincida con il tempo di cottura teorico.
Perchè gli spaghetti non si rompono mai in due soli pezzi quando
vengono piegati oltre un certo raggio di curvatura ma si frantumano
invece in almeno tre frammenti?
Se prendiamo uno spaghetto per le due estremità e lentamente cominciamo a
piegarlo, come a formare un cerchio, ad un certo punto si spezzerà. In questo
fenomeno non c’è niente di strano. Ma se andiamo a vedere meglio, notiamo
che lo spaghetto si spezza in tre o quattro frammenti ( a volte può arrivare
anche a dieci): si rifiuta di spezzarsi in sole due parti!
Questo strano comportamento ha incuriosito molti scienziati, tra cui il famoso
fisico premio nobel Richard Feynman. Solo recentemente ad opera di due fisici
dell’università parigina di Pierre e Marie Curie, Auduly e Neukirch, si è potuto
avere una giustificazione quantitativa, che ha destato anche interesse per le
possibili applicazioni nel campo delle costruzioni e della ingegneria civile. Il loro
lavoro è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Physical Review
Letters” nell’agosto del 2005.
Questi scienziati hanno applicato allo spaghetto le equazioni di Gustav Robert
Kirchhoff per modellizzare le modalità secondo le quali una sottile barra 8
elastica reagisce alla sollecitazione che tende a farla incurvare.
I due ricercatori hanno scoperto che, quando la curvatura dello spaghetto
raggiunge un valore critico, questo si rompe, proprio come ci si aspetterebbe,
in due pezzi. A questo punto si potrebbe immaginare che i due frammenti si
“raddrizzino”, ovvero ritornino allo stato iniziale. Invece sorprendentemente,
questa prima rottura genera un’onda elastica che si diffonde lungo i due
frammenti. Invece di smorzarsi rapidamente, l’onda aumenta la curvatura dei
due frammenti generando ulteriori fratture, che a loro volta possono generare
delle altre onde e produrre altri frammenti.
La cosa sorprendente è che nel loro studio sugli spaghetti i due scienziati
hanno trovato una soluzione che vada bene per qualunque tipo di materiale, e
che quindi può spiegare altrettanto bene il modo di fratturarsi di un oggetto
rigido della stessa forma stretta e molto lunga di uno spaghetto, come il pilone
di un ponte o una canna da pesca in fibra di vetro. Quello che ancora non è
possibile prevedere sono le dimensioni dei frammenti!
C’è una relazione fra la consistenza del sugo e la dimensione della
pasta?
La velocità con il quale il fluido viscoso, nel nostro caso il sugo, fluisce il un
tubo, come i bucatini, è determinata dalla relazione:
2
v/D .
dove
v è la viscosità del liquido,
D è il diametro del tubo.
Per ottenere questa formula abbiamo usato il modello del flusso viscoso in un 9
tubo verticale, in presenza di un campo di gravità. Si osservi che l’origine
dell’accelerazione è irrilevante: essa può essere dovuta alla gravità oppure
impressa agli spaghetti mescolandoli vigorosamente nella zuppiera. Pertanto il
tempo di mescolamento viene scritto: t = v/D .
2
In definitiva, la consistenza del condimento dipende dalla grandezza della
pasta: più viscosa è la salsa, più grossa deve essere la pasta, e viceversa! 10
SECONDO PIATTO: Costolette alla piastra
Da cosa è formata la carne?
La carne è formata da fibre muscolari, tessuto connettivo e grassi. Le fibre
muscolari sono fatte di due proteine, actina e miosina. In un essere vivo,
queste proteine sono capaci di cambiare la loro forma affinchè il muscolo possa
contrarsi. Queste proteine a una temperatura maggiore di 40°C circa
denaturano,ovvero perdono la capacità di cambiare reversibilmente la forma;
questo è il motivo per il quale la carne, durante la cottura, tende a contrarsi. La
consistenza della carne diventa più rigida proprio quando le proteine
denaturano e il muscolo si contrae. In termini culinari diremo che, se il muscolo
fosse così contratto, ci troveremmo davanti a una carne tigliosa. È chiaro,
dunque, che il riscaldamento tende a rendere sempre più dura la carne.
Maggiore è la profondità con cui penetra il calore all’interno della massa,
maggiore sarà il numero di proteine denaturate. Le proteine, denaturando,
contraggono il muscolo e rendono sempre più dura la carne. Perciò più a lungo
cuocete qualunque carne e più tigliose diventeranno le sue fibre muscolari.
Un’altro componente fondamentale della carne è il grasso. I grassi animali sono
solidi nella carne cruda ma si sciolgono con la cottura. Essi contribuiscono in
larga misura a dare profumo al piatto, infatti gli odori sono piccole molecole e,
nella carne cruda, i grassi sono le uniche molecole piccole presenti. Inoltre i
grassi agiscono come una sorta di lubrificante: un pò di grasso intorno a un
pezzo di carne duro lo rende più morbido alla mastificazione.
Il componente ultimo della carne è l’acqua. La maggior parte della carne è
acqua, ben il 60 %), il che la rende il singolo componente più abbondante della
carne. Se la carne viene congelata prima della cottura, l’acqua si converte in
cristalli di ghiaccio abbandonando le proteine circostanti, cosicchè, dopo lo
scongelamento, l’acqua libera se ne va molto facilmente. Questa liberazione
d’acqua, dovuta allo scongelamento, spiega come mai la carne congelata ha
sempre un aspetto più asciutto di quella fresca. 11
Perché la carne è rossa?
Molta gente pensa che il colore rosso derivi dal sangue che scorre nelle vene e
nelle arterie. Un semplice ragionamento, tuttavia, può dimostrare che le cose
non sono così immediate. Un animale, con la macellazione, viene anche
dissanguato. Le vene e le arterie si svuotano; cosicché, il colore della carne
deve provenire da qualche altra parte.
Il colore rosso del sangue proviene dalla presenza di una speciale proteina,
l’emoglobina, che serve a trasportare l’ossigeno in giro per l’organismo. Una
parte dell’emoglobina rimane assorbita dai tessuti contribuendo al colore della
carne, ma ciò non è sufficiente. Infatti nei tessuti è presente una proteina, la
mioglobina, che è molto simile all’emoglobina. Quest’ultima assume un colore
rosso quando è ossigenata, mentre vira al rosa quando perde il suo ossigeno. I
muscoli sfruttati maggiormente, avranno bisogno di molta mioglobina e per
questo risulteranno più scuri, mentre muscoli meno sollecitati richiedono una
minor quantità di mioglobina e la loro carne sarà più chiara.
Perchè la carne si può rosolare quando viene cotta alla griglia sopra
una fiamma, fritta in padella con un po’ d’olio o arrostita al forno,
ma non quando viene bollita nell’acqua o cotta al microonde?
La rosolatura della carne si verifica quando un’unità di carboidrato reagisce con
un aminoacido, la reazione richiede un’alta temperatura (maggiore del punto di
ebolizione dell’acqua), perciò la carne deve essere riscaldata da fiamme, pareti
calde del forno o anche olio caldo. Man mano che l’energia termica viene
trasferita per conduzione dalla superficie, l’interno della carne si scalda con
gradualità, ma non arriva a temperature superiori al punto di ebollizione
dell’acqua e quindi non si rosola mai. Se la carne viene bollita in acqua o cotta
nel forno a microonde, nemmeno la superficie si riscalda tanto, e quindi non
può rosolarsi. 12
Se una ricetta raccomanda un certo tempo di cottura per cuocere
un arrosto di un certo peso, per un arrosto che pesa il doppio va
cotto per un tempo doppio?
Per ricavare il tempo di cottura di un arrosto o di un tacchino di peso diverso da
quello riportato nella ricetta occorre affidarsi all’esperienza, perchè forni diversi
cuociono il cibo con velocità diverse e differenti pezzi di carne conducono il
calore con velocità diverse. Ecco una regola generale: se si conosce il tempo di
cottura corretto (T) per un arrosto di una certa massa, il tempo di cottura per
un arrosto di massa doppia è 2 T , per uno che pesa il triplo è 3 T. Il
2/3 2/3
rapporto tra la massa dell’arrosto e la massa riportato nella ricetta è elevato
alla potenza di 2/3.
Il motivo è che lo scambio di entropia avviene attraverso la superficie della
carne. La massa è proporzionale al volume, ovvero alla terza potenza delle
dimensioni lineari, mentre la superficie è proporzionale al quadrato delle
dimensioni lineari. Da qui il fattore 2/3:
T proporzionale Superficie; Superficie proporzionale a l ; ma l proporzionale
2
√Volume
3
Poiché volume proporzionale massa: T proporzionale M 2/3
Se T è il tempo di cottura della massa M allora per la massa M sarà:
0 0
M = M/M ·M ; T /T = M /M = (M/M ) , T = (M/M ) T
2/3 02/3 2/3 2/3
0 0 0 0 0 0 13
SECONDO PIATTO: Filetto di persico marinato
Perché la carne del pesce è bianca?
Esistono due tipi di fibre:le fibre “lente” e quelle “veloci”. Le prime bruciano
grasso per recuperare energia, i muscoli che li contengono hanno bisogno di
ossigeno per funzionare; le fibre “veloci”, invece, non necessitano di ossigeno.
Di conseguenza, i muscoli fatti di fibre veloci non hanno bisogno di mioglobina
e rimangono sempre bianchi. Una differenza importante tra le fibre veloci e
lente è che le seconde sono ben attrezzate per lavorare continuamente, mentre
le prime devono lavorare velocemente in condizioni transitorie. Tutti gli animali
terrestri devono portare in giro il loro peso, pertanto devono avere muscoli con
un’enorme quantità di fibre lente che, notoriamente, sono scure. Il pesce, al
contrario, si fa sostenere dall’acqua e perciò non ha la stessa necessità ti tante
fibre rosse. Alcuni pesci però, come lo squalo, sono più pesanti dell’acqua e
devono sempre stare in movimento per galleggiare, la loro carne perciò sarà
più scura.
Perché il pesce tende a disfarsi quando si cuoce?
A differenza degli animali terrestri, i pesci non devono sostenere il loro peso,
poichè l’acqua nella quale nuotano fornisce loro una spinta sufficiente per farli
galleggiare. Questo galleggiamento permette loro di avere muscoli dalle
strutture proteiche diverse dai mammiferi. I muscoli devono lavorare meno e
devono sopportare carichi inferiori, con sforzi minori. Di conseguenza, le
proteine dei muscoli dei pesci non sono disposte in lunghi fasci, bensì in fasci
corti. La principale differenza tra carne e pesce è che in questo non c’è
connettivo robusto tra muscoli e ossa, perciò non è necessario cuocere così a
lungo il pesce per renderlo tenero. Nel momento in cui il pesce si cuoce tende a